Istanza di rimessione in termini per errore scusabile (art. 37)InquadramentoCon l'istanza di concessione dell'errore scusabile, la parte chiede al giudice di volerlo rimettere in termini per l'osservanza di un termine da cui è decaduta, allegando che il suo mancato rispetto è dipeso da causa a lei non imputabile. Si tratta di un principio processuale noto anche al codice di rito (art. 153 c.p.c.) che si applica in caso di termini perentori. Tra le ragioni che possono giustificare la rimessione in termini possono annoverarsi la sussistenza di obiettive ragioni di incertezza su questioni inerenti l'applicazione o l'interpretazione di una norma, oppure circostanze di fatto che hanno determinato l'impossibilità di rispettare il termine. Con riferimento al deposito tardivo di memorie e documenti, disciplinata dall'art. 54, v. il commento alla formula “Istanza di autorizzazione al deposito tardivo di memorie e documenti”. FormulaAL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL .... SEZIONE .... [1] Giudizio R.G. n. .... ISTANZA DI RIMESSIONE IN TERMINI EX ART. 37 C.P.A. [2] Nell'interesse di [PARTE RICORRENTE/RESISTENTE/CONTROINTERESSATO], elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., che lo/la rappresenta e difende giusta procura speciale, in relazione al ricorso n. r.g. ...., proposto da .... contro .... e nei confronti di ....; PREMESSO CHE La parte che qui si rappresenta ha posto in essere tutti gli adempimenti necessari, per quanto di propria competenza, ai fini del deposito tempestivo del [indicare atto], ma ciononostante la parte ha potuto effettuare il depositato solo in data .... a causa di [indicare la circostanza che ha determinato un grave impedimento al rispetto di tale termine, ovvero una obiettiva situazione di incertezza ad esso correlata]. .... CHIEDE per tali motivi, che codesto Tribunale voglia ritenere che il mancato rispetto del termine relativo a [ ....] sia dipeso da un errore scusabile ai sensi dell'art. 37 c.p.a. e, per l'effetto, voglia rimettere questa parte in termini ai fini del deposito del suddetto atto. Si allega: .... Luogo e data .... Firma Avv. [3] .... DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [4]. [1]Ai sensi dell'art. 136, comma 2, c.p.a., i difensori sono tenuti a depositare tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. A tal fine, il deposito avviene mediante l'utilizzo del modulo disponibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it, da inviare via PEC alla segreteria del tribunale adito (vedi le relative istruzioni disponibili sul sito www.giustizia-amministrativa.it). [2]Oltre che con istanza autonoma, l'istanza può anche essere inclusa in una memoria o atto difensivo. [3]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Atto”). [4]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi. CommentoL'art. 37 c.p.a. generalizza la rimessione in termini per errore scusabile, che è subordinata alla presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto. Ciò analogamente a quanto previsto nel processo civile l'art. 153, comma 2, c.p.c., prevede – con norma, anch'essa generale, introdotta dalla l. n. 69/2009 – che «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini». Il rimedio della rimessione in termini, in sintesi, presuppone il riconoscimento di un errore scusabile, cui è equiparabile l'esistenza di gravi impedimenti di fatto, da considerare applicazione settoriale processuale del generale principio giuridico ad impossibilia nemo tenetur. Se è vero che è spesso la parte a chiedere con istanza autonoma – o direttamente in sede di memoria – la rimessione in termini, l'errore scusabile può essere concesso anche d'ufficio. Appare tuttavia preferibile presentare apposita istanza o comunque chiedere, in via subordinata, la concessione dell'errore scusabile quando ad esempio si sostiene una determinata tesi, in base alla quale l'adempimento sarebbe tempestivo e appunto, in caso di non accoglimento della tesi, si chiede almeno la concessione dell'errore scusabile. I presupposti e il suo carattere eccezionale L'art. 37 indica in maniera specifica i presupposti per potersi ricorrere a tale istituto, stabilendo che «il giudice può disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto». Peraltro, anche art. 11, comma 5, di disciplina della translatio iudicii, contiene uno specifico riferimento all'istituto della rimessione in termine, ritenendolo applicabile, «ove ne ricorrano i presupposti», nei «giudizi riproposti» a seguito di una decisione sulla giurisdizione. La giurisprudenza formatasi anteriormente al codice considerava la rimessione in termini per errore scusabile un istituto di carattere eccezionale (Cons. St. IV, n. 6599/2008), posto che esso delinea una deroga al principio cardine della perentorietà dei termini di impugnativa. Tale principio vale anche per l'attuale art. 37, considerato dalla plenaria una norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti (art. 2, comma 1), sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (Cons. St., Ad. plen., n. 3/2010; Cons. St., Ad. plen., n. 32/2012). Il codice reca, quindi, un'espressa e generale disciplina dell'istituto della rimessione in termini per errore scusabile, per la cui applicazione richiede la presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto. Altra speciale attuazione della rimessione in termini è costituita dalla previsione di cui all'art. 44, comma 4, secondo cui, nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Il Codice ha in tal modo abrogato l'art. 49, comma 24, della l. n. 69/2009 («Il primo comma dell'articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili»), eliminando così la appena introdotta regola della rinnovazione della notificazione nulla, che invece va ora disposta solo se l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, che equivale a ritenere l'errore scusabile. Tra i presupposti si registra nella prassi anche l'errore determinato dall'incertezza derivante dall'entrata in vigore di una nuova disciplina, più volte ritenuta causa di errore scusabile. Ciò è avvenuto, ad esempio, in tema di processo amministrativo telematico (v. T.A.R. Calabria (Catanzaro) I, 9 febbraio 2017, n. 50, che ravvisa le condizioni per la rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37, in considerazione delle comprensibili e oggettive incertezze riscontrabili nel caso in cui la notificazione del ricorso è stata effettuata quando ancora non erano vigenti le norme in materia di processo amministrativo telematico, mentre il deposito ha avuto luogo successivamente all'entrata in vigore delle norme richiamate; v. anche T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, 20 aprile 2016, n. 248, in un caso di notifica via PEC in assenza di prescritta autorizzazione ex art. 52 c.p.a.), nonché con l'introduzione di una nuova disciplina in merito alla abbreviazione dei termini a seguito dell'entrata del c.p.a. (atteso che la nuova regola del dimezzamento dei termini endoprocessuali, fissata dall'art. 87 comma 2, per i giudizi in camera di consiglio, rappresentava una radicale innovazione rispetto al sistema previgente; cfr. Cons. St. III, n. 1578/2011). Deve in ogni caso trattarsi di un quadro normativo solo da poco assestatosi e di un orientamento giurisprudenziale ancora in via di consolidazione (Cons. St. V, n. 1381/2009; Cons. St. VI, n. 1574/2012). Le ragioni di incertezza su questioni di diritto o i gravi impedimenti di fatto devono riferirsi all'esercizio della potestà processuale che è stata persa per effetto dell'inutile scadenza del termine perentorio entro il quale avrebbe dovuto essere esercitata, e non anche a profili diversi. Posto, infatti, che l'errore rispetto al quale dev'essere accertata la scusabilità è quello relativo all'omessa, tempestiva attivazione di un potere processuale, non v'è dubbio che le ragioni che l'hanno impedita devono riferirsi a difficoltà interpretative della normativa di riferimento circa i presupposti, le modalità, i termini o gli effetti dell'esercizio della potestà in questione ovvero a cause di forza maggiore che hanno materialmente impedito l'adempimento processuale scaduto (Cons. St., Ad. plen., ord. n. 33/2014). Deve nella sostanza trattarsi di ostacoli assoluti; altrimenti tutti i termini processuali, ancorché formalmente perentori, sarebbero resi elastici ed opinabili, a danno di quelle esigenze di celerità, certezza, etc., che ispirano le disposizioni che li dettano (Cons. St. III, n. 3911/2013). In tale prospettiva, è stato riconosciuto il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 in favore dell'impresa ricorrente che ha notificato il ricorso avverso l'affidamento di una concessione dopo la scadenza del termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 120, comma 5, ma nel rispetto di quello, ordinario, di sessanta giorni (Cons. St., Ad. plen., n. 22/2016). L'art. 37 subordina la rimessione in termini per errore scusabile alla presenza di gravi impedimenti di fatto, fra i quali non rientra il disguido postale nel quale è incorso il difensore nel comunicare con il suo assistito, atteso che la scelta del mezzo di comunicazione è libera; di conseguenza, non essendo imposto l'utilizzo del servizio postale, la comunicazione in questione poteva essere veicolata anche con forme diverse, essendo rimessa alla diligenza delle parti l'uso anche di mezzi ulteriori, per assicurarsi, precauzionalmente, circa il corretto transito delle informazioni (Cons. St. V, n. 2243/2014). In caso di sussistenza di una situazione di oggettiva incertezza in ordine all'individuazione del giudice fornito di giurisdizione, che abbia indotto il ricorrente in un errato giudizio circa l'esistenza e l'attualità dell'onere dell'impugnazione in sede giurisdizionale amministrativa, sono da ritenersi integrati i presupposti per la rimessione in termini dei ricorrenti per errore scusabile. Con riferimento agli errori di notifica nel caso di impugnazioni, qualora ciò sia derivato da erronea indicazione contenuta nella sentenza appellata e dalla mancata attivazione della parte interessata a richiedere la correzione dell'errore materiale, è stato riconosciuto l'errore scusabile, che può essere dichiarato anche a prescindere da una domanda di parte e comporta di conseguenza la rimessione in termini per la rinnovazione della notifica dell'appello (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 22 aprile 2005, n. 278). Così anche nel caso in cui nelle more del termine per la proposizione del ricorso in appello il difensore domiciliatario della parte appellata muti il proprio indirizzo (Cons. St. VI, 4 luglio 2000, n. 3666). Nel caso in cui l'amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, deve essere riconosciuto l'errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso è stata effettuata all'indirizzo PEC tratto dall'elenco pubblico IPA [T.A.R. Napoli VIII, ord. 15 marzo 2018, n. 1653; in senso analogo, pur riferito al deposito del ricorso in appello presso la segreteria del consiglio di stato nel contenzioso elettorale, Cons. St. III, n. 744/2018, secondo cui dall'eventuale assenza nell'elenco ufficiale dell'indirizzo PEC di una pubblica amministrazione non possono derivare preclusioni processuali per la parte privata; Cons. giust. amm. reg. Sicilia, n. 216/2018, secondo cui nel caso in cui una p.a. non abbia inserito un indirizzo PEC nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia, deve essere riconosciuto l'errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica del ricorso – proposto dopo l'entrata in vigore del processo amministrativo telematico (1° gennaio 2017) – è stata effettuata ad un'Amministrazione all'indirizzo PEC tratto dall'elenco pubblico IPA e non con le tradizionali modalità cartacee]. Con riguardo all'omessa indicazione, in calce al provvedimento amministrativo, del termine e dell'autorità cui ricorrere, questa rappresenta una mera irregolarità, la quale può costituire presupposto per il riconoscimento dell'errore scusabile, solo previo accertamento, caso per caso, dei rigorosi presupposti e, quindi, in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto (Cons. St. VI, n. 422/2104; T.A.R. Sicilia (Catania), IV n. 2345/2016; T.A.R. Lecce (Puglia) III, 22 giugno 2017, n. 1022). Con riferimento all'applicazione dell'istituto nel caso di deposito degli atti processuali con modalità telematiche in presenza di problematiche tecniche che impediscono al deposito di andare a buon fine malgrado la tempestività delle attività del difensore, v. il commento alla formula “Istanza di rimessione in termini per mancato perfezionamento del deposito a mezzo PEC”. Riti speciali ed errore scusabile In diversi casi si è posta la questione relativa all'applicabilità dell'istituto dell'errore scusabile in presenza di una proposizione tardiva dell'appello e del mancato rispetto delle regole che presiedono alla disciplina del rito speciale in primo grado da parte del giudice. In altre parole la questione è se l'errore del giudice di primo grado – consistente nell'applicare il rito ordinario in luogo di quello speciale – possa far considerare consequenziale e scusabile l'errore della parte che propone appello rispettando i termini del rito ordinario anziché quelli del rito speciale. Al riguardo, la Plenaria – dopo aver ricordato che l'applicazione del rito è doverosa ed oggettiva, e non vi è spazio per una scelta del rito, o sua disapplicazione, ad opera delle parti o del giudice – afferma che se la parte non rispetta i termini del rito speciale incorre in un errore processuale che determina decadenza, salva la ricorrenza dell'errore scusabile. Parimenti, se il giudice di primo grado non rispetta il rito speciale, incorre in un errore che, se del caso, può dar luogo a vizio della sentenza contestabile con i rimedi impugnatori che l'ordinamento appresta (Cons. St., Ad. plen., n. 32/2012). Soprattutto in caso di riti speciali la giurisprudenza si è dimostrata rigorosa bel concedere l'errore scusabile, in quanto i termini in generale, e quelli dei riti speciali abbreviati in particolare, sono stabiliti dal legislatore per ragioni di interesse generale e hanno applicazione oggettiva. I presupposti per la concessione dell'errore scusabile sono, quindi, individuabili esclusivamente nella oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni della giurisprudenza, in comportamenti ambigui dell'amministrazione, nell'ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore (Cons. St. IV, n. 5066/2018). Rilevabilità d'ufficio dell'errore scusabile Viene infine confermato quanto già affermato dalla giurisprudenza circa la possibilità di concedere l'errore scusabile anche d'ufficio, in assenza di una istanza di parte (Cons. St., Ad. plen., n. 2/1996; Cons. St. VI, n. 3323/2006; Cons. St. V, n. 2192/2017; T.A.R. Puglia (Lecce) III, 22 giugno 2017 n. 1022). Nel sistema processuale la rilevabilità d'ufficio di una questione non significa che tale questione possa essere decisa d'ufficio senza essere sottoposta al contraddittorio delle parti e, di conseguenza, a fronte di una eccezione di irricevibilità del ricorso e dell'assenza di una istanza di concessione dell'errore scusabile, qualora il giudice intenda disporre d'ufficio la rimessione in termine, lo stesso deve ai sensi dell'art. 73, comma 3, indicare la questione in udienza dandone atto a verbale o assegnando alle parti un termine per il deposito di memorie se la questione emerge dopo il passaggio in decisione. |