Ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici (art. 1, d.lgs. n. 198/2009)InquadramentoPassando al contenuto di tale azione, la finalità del ricorso è dichiaratamente quella di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, posti a repentaglio dalle condotte della p.a. o dei soggetti equiparati. Presupposto dell'azione è la sussistenza di una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, derivante da una serie di condotte tipizzate: a) violazione di termini o mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento; b) violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi; c) violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel d.lgs. n. 150/2009, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal d.lgs. n. 150/2009. Si ricorda che il d.lgs. n. 150/2009 (Attuazione della l. n. 15/2009, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) è finalizzato a garantire il buon andamento dei soggetti che amministrano il bene pubblico attraverso un migliore soddisfacimento degli interessi della collettività e la misurazione delle performance sulla base di canoni qualitativi ed economici aventi ad oggetto l'esercizio delle funzioni e l'erogazione dei servizi. Lo stesso art. 4, della l. n. 15/2009 muove dall'idea che l'attività della pubblica amministrazione, sia essa destinata all'erogazione di atti come di servizi, assuma la configurazione di un «servizio» reso alla comunità nazionale (art. 98 Cost.). In tale ambito si inquadra l'introduzione nell'ordinamento dell'azione collettiva nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici del servizio (nell'ampia accezione sopra indicata), come mezzo di tutela in forma specifica del cittadino e, al tempo stesso, come strumento di pressione sugli apparati pubblici per garantire l'efficienza del procedimento di produzione del servizio. La legittimazione al ricorso è riconosciuta ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori, a cui dalle condotte sopra elencate derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi. I limiti al ricorso sono numerosi: – sono escluse le autorità amministrative indipendenti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri; – il procedimento è sospeso o non può iniziare in caso di apertura di una istruttoria da parte delle autorità indipendenti, volta ad accertare le medesime condotte oggetto dell'azione; – non può essere chiesto il risarcimento del danno; – il giudice deve dare rilievo alle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione delle parti intimate; – l'entrata in vigore della disciplina è condizionata ad ulteriori previsioni regolamentari con disposizione non chiara. In caso di accoglimento del ricorso, è accertata la sussistenza della violazione, omissione o inadempimento e il g.a. ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine. In caso di perdurante inadempimento si può utilizzare il giudizio di ottemperanza. FormulaTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE .... [10] RICORSO [11] Nell'interesse di - [PERSONA FISICA] [12], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [13]...., C.F. .... [14], PEC: .... [15], fax .... [16], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [17]. - [PERSONA GIURIDICA] [18], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [19]...., C.F. .... [20], PEC: .... [21], fax .... [22], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [23]. [Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax .....] [24] - ricorrente - CONTRO - [Amministrazione/Ente/Autorità] [25], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [26], - resistente - E NEI CONFRONTI DI - Sig./Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... [27] - controinteressato - PER L'ACCERTAMENTO - della violazione, omissione o inadempimento di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 198/2009 E PER L'ADOZIONE DI UN ORDINE ALL'AMMINISTRAZIONE INTIMATA di porre rimedio a quanto accertato adottando le opportune misure entro un termine predeterminato. FATTO L'amministrazione intimata ha ripetutamente violato (indicare fatto), ledendo gli interessi dei consumatori e degli utenti e, in particolare di (specificare posizione del ricorrente o dell'associazione ricorrente). Il/i ricorrente/i l'associazione ricorrente ha / hanno preventivamente notificato una diffida all'amministrazione / al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessi sopra indicati. Il termine di novanti giorni è decorso senza che l'amministrazione / il concessionario abbia provveduto, o abbia provveduto in modo integrale, ad eliminare la situazione denunciata e allo stato permane la situazione denunciata con la diffida e sopra esposta. DIRITTO Il presente ricorso è proposto ai sensi del d.lgs. n. 198/2009 e i ricorrenti / l'associazione ricorrente sono/è titolare/i di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori. Dalla condotta delle amministrazioni pubbliche / dei concessionari di servizi pubblici, descritta nella parte in fatto, deriva una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi dei ricorrenti In particolare, tale lesione deriva dalla violazione .... (specificare una delle seguenti fattispecie: di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel d.lgs. n. 150/2009, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal d.lgs. n. 150/2009). Sussistono tutti i presupposti di ammissibilità del ricorso, essendo stata notificata una previa diffida con assegnazione di un termine all'amministrazione di novanta giorni senza aver ricevuto risposta / avendo ricevuto una risposta parziale e insoddisfacente. La violazione è dimostrata dai seguenti elementi di fatto: .... (indicare gli elementi probatori e la loro qualificazione al fine di dimostrare l'inefficienza della p.a. e la sua condotta antigiuridica). [indicare eventuali istanze istruttorie] Si chiede, pertanto, l'accoglimento del ricorso con accertamento delle contestate violazioni, emanazione di un ordine alla p.a. di porvi rimedio, adottando le seguenti misure: a) (specificare). All'accoglimento del ricorso seguono gli obblighi di pubblicità richiesti in parte dispositiva. Con vittoria delle spese del giudizio. P.Q.M. Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di accertare le violazioni, omissioni o inadempimenti di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 198/2009 indicati in parte motiva e di ordinare all'amministrazione intimata di porre rimedio a quanto accertato adottando le opportune misure descritte in parte motiva entro un termine predeterminato. Si chiede, inoltre, di disporre, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 198/2009, che della sentenza sia data immediatamente notizia sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati e che il ricorso sia altresì comunicato al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e alla amministrazione vigilante e, ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 198/2009, di disporre fin da ora che la sentenza sia comunicata, dopo il passaggio in giudicato, agli organismi con funzione di regolazione e di controllo preposti al settore interessato, alla Commissione e all'Organismo di cui agli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 150/2009, alla procura regionale della Corte dei conti, nonché agli organi preposti all'avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla valutazione dei dirigenti coinvolti, per l'eventuale adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza. Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione. Con vittoria di spese e onorari. Si producono i seguenti documenti: 1) [diffida alla p.a. e relativa notificazione] 2) [copia di provvedimenti e atti oggetto della contestazione] 3) [ ....] [28]. Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro .... [V. Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”] Luogo e data .... Firma Avv. [29].... PROCURA [V. formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate] ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (EVENTUALE) [V. formula “Istanza abbreviazione dei termini”] RELATA DI NOTIFICA [V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate] DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [30]. [10]Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto o comunque posto in essere l'attività oggetto delle contestazioni mosse con il ricorso, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto o di tale attività (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). [11] Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40 c.p.a. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44 c.p.a., lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale). Il ricorso è un atto di parte e, pertanto, debbono essere rispettati i limiti dimensionali e le specifiche tecniche stabiliti con il d.P.C.S. n. 167/2016. [12] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [13]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [14]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, 8° comma, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico. [15]Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. [16]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 [c.p.a.]». [17]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c.. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico (‘PAT'), il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'articolo 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, comma 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). V. Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito della copia per immagine della procura rilasciata su supporto analogico”. [18]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. [19]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [20]V. nt. 5. [21]V. nt. 8. [22]V. nt. 9. [23]V. nt. 10. [24]In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento. [25]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”. [26]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979). [27]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso. [28]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso. V. anche Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”. [29]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Ricorso”). [30]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi. CommentoDifferenza con la class action introdotta nel Codice del consumo La “class action pubblica” prevista dal d.lgs. n. 198/2009 è funzionale al conseguimento di un risultato che giovi, indistintamente, a tutti i contitolari dell'interesse diffuso al ripristino del corretto svolgimento della funzione amministrativa ovvero della corretta erogazione del servizio, mentre l'azione di classe prevista dal codice del consumo postula l'esercizio di un diritto individuale, oggetto di trasposizione in capo a ciascun titolare singolarmente identificato (Cass. S.U., n. 19453/2015, che da tale principio ha tratto la conseguenza che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda risarcitoria svolta, a norma dell'art. 140-bis del d.lgs. n. 206/2005, dall'utente di un servizio pubblico nei confronti del soggetto privato assunto come inadempiente in relazione al corrispondente contratto – nella specie, di trasporto pubblico – attuativo del servizio). In sede consultiva il Consiglio di Stato aveva evidenziato che la formula «azione collettiva» (peraltro mai figurante nel testo del d.lgs. n. 198/2009), pur richiamandola, non si identifica nella cd. «class action» introdotta nel nostro ordinamento dall'art. 2, comma 446, della l. n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), che inserisce l'art. 140-bis nel d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo). Ciò non solo e non tanto per la ragione per cui questa riguarda le lesioni dei diritti di consumatori e utenti in ambito contrattuale e, per certi ambiti, extracontrattuale, mentre quella il rapporto tra cittadini e pubbliche amministrazioni, quanto per la diversa logica sottesa: l'azione contro le imprese private protegge il consumatore dallo squilibrio di posizioni sul mercato, con effetti limitati alla fase del contatto (negoziale o non); quella verso la pubblica amministrazione interviene sullo stesso processo di produzione del servizio. In entrambe le ipotesi si cerca di indurre il soggetto erogatore dell'utilità a comportamenti virtuosi nel suo ciclo di produzione, onde evitare di scaricare il costo dell'inefficienza sugli utenti. Tale obiettivo è perseguito in modo indiretto se il produttore è un privato che agisce per scopi egoistici e nell'esercizio della sua libertà di iniziativa economica, mentre nella seconda ipotesi è perseguito direttamente, proprio perché l'organizzazione amministrativa è chiamata dalla legge a realizzare il bene pubblico. Deve comunque ritenersi che l'azione ha natura collettiva sotto un duplice profilo, quello della legittimazione ad agire e quello degli effetti della sentenza. Legittimazione ad agire La legittimazione è data dalla situazione di contatto (titolarità) della posizione soggettiva difesa in giudizio, che nella specie consiste in un interesse diffuso (l'impatto dell'attività amministrativa su beni della vita omogenei per una pluralità di soggetti). È l'inerenza a tale interesse a integrare la legittimazione del singolo. Peraltro la stessa fonte primaria evidenzia che la situazione giuridica protetta è quella pluralistica (“lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti e consumatori”), mentre la legittimazione del singolo deriva dall'interesse (non altrimenti qualificato) a far valere la lesione di detta situazione. Il Consiglio di Stato aveva suggerito di utilizzare il termine “i portatori di interessi diffusi”, ma l'osservazione non è stata poi accolta. Viene comunque precisato che ricorrendo i presupposti di cui al comma 1, il ricorso può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori. La giurisprudenza ha precisato che non sussiste la legittimazione a proporre l'azione per l'efficienza di cui al d.lgs. n. 198 del 2009 in capo a una associazione che non dimostri di rappresentare una classe “determinata ed omogenea” di “utenti e consumatori” (Cons. St. V, n. 5031/2023 relativa a una azione proposta da una associazione di consumatori onde conseguire un provvedimento giudiziale che assicurasse il rispetto di norme regolamentari ed amministrative relative alla erogazione del servizio idrico, asseritamente violate in uno certo ambito territoriale, per soddisfare i diritti e gli interessi legittimi dei relativi utenti; v. il commento di Manzo , Class action amministrativa e requisiti della legittimazione ad agire, in IUS Amministrativo - L'Amministrativista (ius.giuffrefl.it) , 28 giugno 2023). Tale principio sembra essere stato in parte successivamente attenuato dall'affermazione secondo cui la class action pubblica, prevista dall' art. 1 del decreto legislativo n. 20 dicembre 2009, n. 198, deve considerarsi come “a legittimazione diffusa”, essendo la posizione giuridica legittimante costituita da un “interesse diffuso” comune al gruppo di utenti di una determinata attività amministrativa, come nel caso di associazioni o dei comitati, in presenza del duplice presupposto della finalità dell'azione alla “tutela degli interessi dei propri associati” e della appartenenza di questi ultimi ad una “pluralità di utenti e consumatori” titolari di interessi “giuridicamente rilevanti ed omogenei” ai quali sia derivata “una lesione diretta, concreta ed attuale…dalla violazione di termini” (Cons. Stato, III, n. 1596/2025, secondo cui la conferma della natura collettiva del rimedio si trae dalle norme di favor tese a consentire l'intervento in giudizio ai soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente). La legittimazione a proporre l'azione giurisdizionale collettiva di cui all'art. 1 e ss. del d.lgs. n.198 del 20 dicembre 2009, finalizzata a “ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio” nell'ipotesi in cui ai suoi promotori “derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini…”, non va commisurata, al fine di valutarne il grado di “estensione” o diffusione, al numero dei ricorrenti (persone fisiche), ma all'oggettiva entità della situazione di inefficienza che la suddetta azione è destinata a correggere, tale da incidere sugli “interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei” afferenti ad una “pluralità di utenti e consumatori”; proprio perché l'interesse assume carattere omogeneo, indipendentemente dal numero e dalla specifica posizione procedimentale dei soggetti che ne sono portatori, è legittimamente azionato anche dalle relative associazioni rappresentative, ai sensi dell'art. 1, comma 4 del d.lgs. n. 198 del 2009 (Cons. St., III, n. 7704/2024). È stato evidenziato che l'interesse diffuso ad un comportamento qualitativamente ed economicamente virtuoso viene, in questa peculiare fattispecie, a strutturarsi, non attraverso la sua imputazione ad una associazione esponenziale, ma attraverso l'imputazione ex lege ad un qualsiasi singolo appartenente a quella collettività. In ogni caso, la natura della posizione giuridica rimane quella collettiva, secondo la traccia ampiamente solcata da dottrina e giurisprudenza, ossia, non sommatoria di interessi individuali ex se tutelabili, ma interesse indifferenziato relativo ad un bene della vita omogeneo per tutti gli appartenenti alla collettività presa a riferimento. Sotto altro profilo, è stato anche osservato che, disciplinando il diritto di intervento nell'azione dei soggetti diversi dal ricorrente, la disposizione contenuta nel comma 3 dell'art. 1 fa riferimento ai “soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente” e indica quindi una sorta di identità tra gli interessi lesi, riscontrabile, per esempio, nelle ipotesi di lesione dei cd. interessi collettivi e diffusi, ovvero di quegli interessi che sono presenti con il medesimo contenuto in capo a una pluralità di soggetti più o meno vasta e più o meno determinata o determinabile. Si pensi, per esempio, all'ipotesi dell'interesse al regolare sviluppo urbanistico di una determinata area leso dalla mancata emanazione di un atto amministrativo generale di pianificazione. I legittimati passivi dell'azione sono le amministrazioni pubbliche (dovendosi includere anche i soggetti equiparati) e i concessionari di servizi pubblici. Per le regioni e per gli enti locali, la concreta applicazione del decreto è determinata, anche progressivamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281/1997. I limiti all'esercizio dell'azione Il ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici nasce dall'intento meritorio di fornire un mezzo di tutela in forma specifica del cittadino e, al tempo stesso, uno strumento di pressione sugli apparati pubblici per garantire l'efficienza del procedimento di produzione del servizio da questi erogato. Tuttavia, il testo finale del decreto è caratterizzato da troppe esclusioni e limitazioni dell'ambito di applicazione, oltre che da un'incerta effettiva entrata in vigore della disciplina, che ne affievoliscono notevolmente l'utilità. In primo luogo, non trova giustificazione l'esclusione dall'applicazione del decreto delle autorità amministrative indipendenti e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sfuggendo la ragione per la quale determinate amministrazioni debbano essere poste su un piano differente rispetto alle altre. Per di più, le autorità indipendenti, oltre ad essere escluse dal nuovo sistema, hanno anche un potere di incidere sulla proposizione del ricorso, in quanto, ai sensi dell'art. 2, è sufficiente per paralizzare l'azione l'apertura di un procedimento, volto ad accertare le medesime condotte oggetto dell'azione, da parte dell'autorità di controllo, che peraltro determina anche la sospensione del procedimento già in corso. Inoltre, il ricorso non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti in questione, restando fermi i rimedi ordinari; si “spunta” l'azione di una delle armi migliori, quella del risarcimento del danno. Infine, appare pericoloso il rilievo che il giudice deve dare alle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione delle parti intimate, in quanto i problemi di natura organizzativa e il riparto delle risorse non sono questioni che dovrebbero incidere sula tutela giurisdizionale. Tali limiti sono stati evidenziati dalla dottrina, che ha rilevato che il c.d. ricorso per l'efficienza della P.A. e dei concessionari dei servizi pubblici prevede, solo sulla carta, una forma di tutela particolarmente pregnante a favore del consumatore od utente del servizio pubblico, ma in realtà il ricorso si rivela un'arma spuntata che difficilmente e raramente è, e sarà, adoperata dal fruitore del servizio pubblico (Deiana, L'inefficacia del ricorso per l'efficienza della P.A.: tra sindacato di merito e principio di concentrazione processuale, in Urbanistica e appalti 3/2019). L'art. 7 sull'entrata in vigore non è di facile lettura e lascia intendere che l'applicazione dell'intera fonte normativa sia subordinata ad un'ulteriore previsione regolamentare che, alla luce di un'attività di istruttoria, verifica, valutazione, definizione di standard, disciplini un “crono programma” applicativo. Anche se è stato evidenziato che questa esegesi, probabilmente coerente con il dato letterale, stride con i principi di ragionevolezza e di proporzionalità ove si consideri che il decreto, fra le ipotesi in cui l'esperimento del ricorso per l'efficienza è ammissibile, contempla, non solo la violazione di standard qualitativi, ma anche una serie di altri comportamenti non collegati alla previa definizione di standard di qualità e riguardanti il rispetto di termini di legge o, ancora, il rispetto di standard relativi a servizi pubblici, già fissati dalla carte di servizio adottate ai sensi della d.P.C.M. 27 gennaio 1994 e dell'art. 11 del d.lgs. n. 286/1999. Il procedimento e i poteri del giudice L'instaurazione del giudizio deve essere preceduta da una diffida all'amministrazione o al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati. È previsto che se l'amministrazione o il concessionario destinatari della diffida ritengono che la violazione, l'omissione o il mancato adempimento sono imputabili altresì ad altre amministrazioni o concessionari, invitano il privato a notificare la diffida anche a questi ultimi; anche se si poteva in questo caso prevedere un meccanismo di diretta trasmissione dell'amministrazione, reputatasi incompetente. Decorso il termine per provvedere, il ricorso può essere proposto entro il termine di un anno in analogia con quanto previsto per l'azione avverso il silenzio dal Codice. Al posto della diffida, il ricorrente, se ne ricorrono i presupposti, può promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia ai sensi dell'art. 30 della l. n. 69/2009; in tal caso, se non si raggiunge la conciliazione delle parti, il ricorso è proponibile entro un anno dall'esito di tali procedure. L'esito del giudizio, in caso di accoglimento del ricorso, è costituito da un accertamento della sussistenza della violazione, omissione o inadempimento e dall'ordine alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine. La class action pubblica è rimedio preordinato non tanto a superare l'inerzia dell'amministrazione rispetto alla singola pratica (rispetto al quale sono previsti altri strumenti), quanto piuttosto ad accertare (e a correggere) eventuali disfunzioni strutturali nell'organizzazione relativa alla complessiva gestione di un'attività amministrativa (Cons. Stato, III, n. 1596/2025). Ambiguo è il riferimento ai limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e all'assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; elementi che – si ripete – dovrebbero essere ininfluenti ai fini della tutela giurisdizionale. La sentenza passata in giudicato va poi comunicata agli organismi con funzione di regolazione e di controllo preposti al settore interessato, alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, alla procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilità erariale, nonché agli organi preposti all'avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla valutazione dei dirigenti coinvolti, per l'eventuale adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza, o all'amministrazione vigilante per il concessionario di pubblici servizi. In caso di perdurante inadempimento si può utilizzare il giudizio di ottemperanza. Lo stato della giurisprudenza La formula utilizzata dal legislatore con l'art. 7 d.lgs. n. 198/2009 descrive una norma incompleta che, avendo individuato in via generale e astratta posizioni giuridiche di nuovo conio, oltre che strumenti azionabili per la relativa tutela, ma non i parametri specifici della condotta lesiva, necessita di una ulteriore previsione normativa, agganciata alla peculiarità e concretezza dell'assetto organizzativo dell'agente e ai limiti della condotta diligente dal medesimo esigibili, ferme restando le risorse assegnate. Ne consegue che, allo stato, nonostante la vigenza della norma primaria, le posizioni giuridiche in via generale individuate e protette dalla stessa non sono ancora in concreto prospettabili davanti ad un giudice difettando la compiuta definizione della fattispecie lesiva o l'esatta individuazione del comportamento esigibile, oltre che la fissazione del dies a quo della concreta applicazione. Le medesime considerazioni non possano, per contro, riprodursi per quelle norme del d.lgs. n. 198/2009 che individuano fattispecie completamente definite in ogni loro aspetto, ivi compresa l'esatta perimetrazione del comportamento lesivo; quest'ultima ipotesi ricorre, in particolare, nel caso relativo all'obbligo di “emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento” (T.A.R. Lazio (Roma) III, 20 gennaio 2011, n. 552). L'art. 1 comma 3 d.lgs. n. 198/2009 consente ai “soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente” di “intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza di discussione del ricorso”. In assenza di norme processuali specifiche (eccezion fatta per il termine), l'atto di intervento soggiace alle formalità previste in via generale dall'art. 50 del vigente codice di rito, a mente del quale, l'atto deve contenere le ragioni su cui si fonda, essere corredato dai documenti giustificativi, e sottoscritto ai sensi dell'art. 40, comma 1, lettera d). Lo stesso deve inoltre essere previamente notificato alle altre parti e depositato nei termini di cui all'art. 45 c.p.a. (T.A.R. Lazio (Roma) III, 20 gennaio 2011, n. 552). Il ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi può essere proposto, nel caso in cui si contesti la mancata adozione di atti generali, anche in assenza dei decreti previsti dall'art. 7 d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198 (T.A.R. Lazio (Roma) III, 20 gennaio 2011, n. 552). Non è ammissibile l'azione avverso il silenzio dell'amministrazione, proposta da un'associazione di consumatori in relazione alla mancata adozione da parte di un comune degli atti necessari a disciplinare le modalità di consultazione delle organizzazioni di consumatori (ai sensi dell'art. 36 l. n. 142/1990 e dell'art. 11 d.lgs. n. 114/1998), dal momento che il ricorso risulta proposto in riferimento a un procedimento già concluso (la sentenza precisa che per la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori, che possa comportare pregiudizio a una pluralità di utenti e consumatori, è prevista l'azione disciplinata dal d.lgs. n. 198/2009, attualmente però non esperibile, per la mancanza degli atti richiamati dall'art. 7 stesso decreto; T.A.R. Lazio (Roma) II, 4 novembre 2010, n. 33190). Lo speciale regime di accessibilità “rafforzata”, connesso alla possibilità di controllo diffuso dell'organizzazione della p.a., è prevedibilmente finalizzato a consentire l'esercizio delle azioni collettive da parte degli utenti e delle loro organizzazioni rappresentative secondo la più recente disciplina di cui al d.lgs. n. 198/2009, ed è dunque apprestato dal legislatore ad efficace presidio dell'obbligo della p.a. di dotarsi di una organizzazione effettivamente flessibile, efficace e razionale, secondo i principi propri del d.lgs. n. 165/2001, e delle recenti innovazioni legislative. Ne consegue che l'esercizio di poteri di organizzazione dissociato da una effettiva e, parimenti, “manifesta” esigenza di interesse generale, nonché privo di una complessiva e razionale logica di efficienza, è indice sintomatico di eccesso di potere e come tale rende i relativi atti illegittimi (T.A.R. Calabria (Reggio Calabria) I, 26 gennaio 2010, n. 33). L'introduzione, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 4 l. n. 15/2009, di un'azione per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari dei pubblici servizi vale ad assicurare sul piano giuridico il principio costituzionale del buon andamento come canone del “servizio” reso dall'amministrazione ai cittadini (Cons. St., sez. atti norm., n. 1943/2009). Il rimedio della cd. “class action”, introdotto dall'art. 1, d.lgs. n. 198/2009, può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1. È inammissibile l'azione di classe proposta ex art. 1, comma 1, d.lgs. n. 198/2009, allorché con la stessa si lamenti la mancata emanazione di atti a contenuto normativo (Cons. St. VI, n. 3512/2011); sono fondamentalmente due le questioni affrontate dal Consiglio di Stato: – i presupposti per l'ammissibilità dell'azione di classe (nella specie proposta dal Codacons);- la possibilità che, attraverso il suddetto rimedio, si lamenti la mancata emanazione di atti a contenuto normativo. Per ciò che attiene al primo aspetto, il Consiglio di Stato rammenta che il rimedio introdotto dell'art. 1, d.lgs. n. 198/2009, “può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1”. Per questa via, il Consiglio di Stato ritiene di dover confermare la conclusione raggiunta dal Giudice di primo grado il quale, in accoglimento del ricorso proposto dal Codacons ai sensi del d.lgs. n. 198/2009, nella fattispecie già aveva ordinato al Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica, nonché al Ministero dell'economia e delle finanze, l'emanazione, di concerto, del piano generale di edilizia scolastica previsto dall'art. 3, comma 2, d.P.R. n. 81/2009 (contenente “norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'art. 64, comma 4, d.l. n. 112/2008, conv., con modif., dalla l. n. 133/2008”). In ordine al secondo tema, il Consiglio di Stato rileva che, per precisa scelta legislativa, l'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 198/2009, richiede per la proponibilità dell'azione ivi disciplinata “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”: alla luce di tanto, si ritiene che debba essere esclusa l'ammissibilità dell'azione allorché con la stessa si lamenti la mancata emanazione di atti a contenuto normativo. L'attività di predisposizione della modulistica per l'azione degli uffici non costituisce esercizio della funzione specifica alla quale si applica, bensì della più generale modalità di standardizzazione e procedimentalizzazione della funzione amministrativa, che ben può rientrare nell'alveo della giurisdizione del giudice amministrativo. Essa, inoltre, si presta, più di altre, a determinare prassi collettive di scorretto esercizio della funzione contro le quali è diretta l'azione prevista dal d.lgs. n. 198/2009 (T.A.R. Lombardia (Milano) III, 7 giugno 2017, n. 1267). Anche gli utenti destinatari dell'attività sanzionatoria possono essere tutelati con l'azione ex art. 1, d.lgs. n. 198/2009 (cd. «class action»), da comportamenti delle Pubbliche Amministrazioni che, per la loro ripetitività, incidono in modo collettivo sulle loro posizioni giuridiche nell'ambito dei relativi procedimenti, sebbene questi abbiano di regola carattere individuale, stante l'applicazione del principio di colpevolezza (T.A.R. Lombardia (Milano) III, 7 giugno 2017 n. 1267). La previsione di cui all'art. 1 comma 1, l. n. 198/2009 attiene ai casi in cui è fissato un termine di legge per l'adozione di un atto la cui emanazione è obbligatoria e, quindi, l'omissione concretizza una violazione di legge. L'obbligatorietà, pertanto, è un requisito essenziale perché possano integrarsi i requisiti previsti per l'esperibilità di una c.d. class action (T.A.R. Lazio (Roma) III, 5 maggio 2016, n. 5190). Non è ammissibile la class action finalizzata ad imporre alle Amministrazioni una specifica interpretazione della normativa vigente, in quanto esula dall'ambito di applicazione della class action pubblica, così come disciplinata dal d.lgs. n. 198/2009, e costituisce inoltre una indebita ingerenza nelle prerogative dell'Amministrazione (T.A.R. Lazio (Roma) II, 6 settembre 2013, n. 8154). La class action per la violazione degli standard qualitativi del servizio pubblico presuppone la presenza di una definizione dei livelli qualitativi ed economici, che non siano semplicemente desumibili dalla natura e destinazione dei beni, ma più, specificamente, “stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore”. In assenza della definizione degli standards di qualità la tutela dovrebbe essere attivata a monte, sollecitando il concessionario e/o il gestore alla redazione di Carte di servizi o alla emanazione di disposizioni, che definiscano per gli utenti del servizio i livelli qualitativi dei servizi; in tal caso, l'azione collettiva pubblica avrebbe avuto la funzione di accertamento con finalità propulsive rispetto alla mancata adozione di atti specificamente indicati nell'art. 1 del d.lgs. n. 198 citato. L'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 198 del 2009, consente, infatti, la proponibilità dell'azione per “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un provvedimento” (Cons. St. V, n. 7493/2022, relativa a una fattispecie in cui una associazione dei pendolari del trasporto ferroviario aveva agito, nei confronti della società Grandi Stazioni, per l'accertamento della “lesione diretta, concreta e attuale degli interessi degli associati utenti/pendolari per la violazione degli standard qualitativi stabiliti per la concessionaria di servizio pubblico per quanto concerne l'utilizzo degli spazi della Stazione di Milano Centrale” e per ottenere la condanna della società “ad adeguare l'uso degli spazi in gestione nel pieno rispetto dell'interesse dell'utenza, e quindi ad aumentare le sale e/o spazi attrezzati per l'attesa dei viaggiatori in arrivo ed in partenza, in modo da raggiungere il giusto rapporto proporzionale fra destinazione pubblica e destinazione commerciale dei suddetti locali). |