Comunicazione degli indirizzi PEC e fax ai fini delle comunicazioni processuali (art.136 comma 1)InquadramentoLa disciplina dettata in materia di comunicazioni dall'art. 136, comma 1, c.p.a. è estremamente scarna. Nella sua attuale formulazione, la norma si limita a prevedere: a) l'onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite “ogni variazione” del recapito di fax e di quello PEC (non è esplicitato se ciò debba avvenire negli scritti difensivi o sia sufficiente, a tal fine, compilare gli appositi campi del Modulo di deposito); b) l'onere di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario; c) che la comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. La norma va tuttavia integrata sia con quanto previsto dall'art.42 del d.l. n. 90/2014, conv. in l. n.114/2014 sia, dopo l'avvio del PAT, con la disposizione regolamentare di cui all'art.13 del d.P.C.M. n. 40/2016, ora, All. 1 d.P.C.S. 28 luglio 2021. FormulaCOMUNICAZIONE DEGLI INDIRIZZI PEC E FAX AI FINI DELLE COMUNICAZIONI PROCESSUALI (ART.136, COMMA 1 C.P.a.) [1] Il/i sottoscritto/i Avvocato/i ... C.F. [2] ... nel ricorso n. R.G. ... proposto, in virtù di procura speciale, nell'interesse di: - [PERSONA FISICA] [3], nato/a a ... il ... C.F. ..., residente in ..., via/piazza ... n. ...; - [PERSONA GIURIDICA] [4], con sede legale in ..., via/piazza ..., n. ... iscritta nel registro delle imprese di ..., n. ..., P. I. ..., in persona del legale rappresentante pro tempore; comunica di voler ricevere le comunicazioni processuali inerenti al suindicato procedimento al/ai seguente/i recapito PEC ... [5] corrispondente/i al/ai sottoscritto/i difensore/i appartenenti al collegio difensivo/domiciliatario [6], comunicato/i al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e corrispondente a quello risultante/i dal ReGIndE. Per il caso di impossibilità della comunicazione a mezzo PEC comunica inoltre il seguente recapito Fax ... [7] e, in subordine, il seguente recapito fisico ex art. 25 c.p.a. ...; Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [8] Firma Avv [9] ... 1. La comunicazione degli indirizzi PEC e fax ai quali ricevere le comunicazioni processuali, nonché dell'(eventuale) domicilio fisico ai sensi dell'art. 25 c.p.a., con l'entrata in vigore del PAT, è richiesta tra le informazioni dei campi del Modulo deposito ricorso e del Modulo deposito atto. Le recenti modifiche apportate alla formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. non contemplano invece espressamente che l'indirizzo PEC al quale ricevere le comunicazioni venga indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo. Si consiglia, tuttavia, di procedere ad indicare espressamene tale informazione anche negli atti processuali (ricorso, memoria difensiva, motivi aggiunti etc). Si rammenta che è invece necessario, secondo la nuova formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. procedere alla comunicazione di ogni VARIAZIONE dell'indirizzo PEC o FAX. 2. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella legge n. 24/2010; con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del CF del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del Modulo deposito. 3. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv., con mod., in l. 15 luglio 2011 n. 111). 4. In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. 5. Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. L'art. 13 all.1 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 precisa che le comunicazioni possono essere effettuate, in alternativa, a tutti gli avvocati del collegio difensivo che abbiano indicato la propria PEC o, in alternativa, al domiciliatario (anche in tal caso, sarà necessario indicare la PEC, in quanto attualmente il Sistema Informativo della G.A. non reperisce automaticamente tali indirizzi dal ReGIndE.). Va tuttavia rilevato che nel Modulo deposito è prescritto di indicare se si vuole ricevere la comunicazione agli indirizzi del collegio difensivo e a quello del domiciliatario o, in alternativa, all'indirizzo PEC del solo domiciliatario. 6. Ai sensi dell'art. 13, All. 1 d.P.C.S. 28 luglio 2021, le comunicazioni a mezzo PEC possono essere effettuate alla PEC del domiciliatario, anche non avvocato, (solo) in alternativa al Collegio difensivo. Tuttavia non è chiaro se tale possibilità residui, dopo il 1° gennaio 2018, considerata la formulazione dell'art. 13, comma 1 quater disp.att.c.p.a., introdotto dalla l.n.197/2016, secondo cui «Sino al 31 dicembre 2017 i depositi dei ricorsi, degli scritti difensivi e della documentazione possono essere effettuati con PEC o, nei casi previsti, mediante upload attraverso il sito istituzionale, dai domiciliatari anche non iscritti all'Albo degli avvocati. Le comunicazioni di segreteria possono essere fatte alla PEC del domiciliatario.». È bene segnalare, in proposito, che i Moduli di deposito attualmente reperibili nel sito web istituzionale continuano a prevedere la possibilità di indicare anche la PEC del domiciliatario al fine della ricezione delle comunicazioni processuali, malgrado la segnalata modifica normativa introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2018. 7. Secondo la disposizione letterale della norma, anche in caso di collegio difensivo il recapito di fax sembrerebbe essere unico. L'indicazione obbligatoria nel ricorso o nel primo atto difensivo del numero di fax dell'avvocato – che può essere anche diverso da quello del domiciliatario- è prevista dall'art.136, comma 1 c.p.a. e dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis 1, d.P.R. cit., «Gli importi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 6-bis sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso. L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Ai fini del presente comma, per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove. 8. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti.. 9. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES. Va peraltro osservato che, di recente, Cons.St., III, n.744/2018 ha ribadito che l'evoluzione tecnologica non può risolversi in un ostacolo alla tutela giurisdizionale (soprattutto nei procedimenti elettorali che prevedono tempi molto brevi) e che pertanto non può ritenersi nullo l'atto sottoscritto con firma PADES – BASIC e non PADES – BES, richiesta dalle norme tecniche, in virtù del principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c. L'atto nel quale sono inserite le informazioni richieste va quindi depositato in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. n. 134/2020 (nel caso in esame attraverso il Modulo deposito Ricorso o Atto a seconda della parte che fornisce le informazioni). CommentoL'art.136, comma 1, c.p.a., per quanto attiene alle comunicazioni con modalità telematiche, si limita ad indicare gli adempimenti posti a carico delle (sole) parti costituite in giudizio – e, quindi, dei difensori o delle parti in proprio nei limitati casi in cui ciò sia possibile- propedeutici alle comunicazioni di segreteria. Va evidenziato, peraltro, che la nuova norma contenuta nell'art. 3 ter, l. n. 53 del 1994, introdotto con il dlgs 149 del 2022, espressamente prevede la possibilità che la notificazione a soggetti privati avvenga a mezzo posta elettronica certificata o a mezzo di servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando questi abbiano un indirizzo risultante da pubblici elenchi (art. 3 bis, l. n. 53 del 1994); per quanto questa innovazione riguardi le notificazioni degli atti processuali civili e, peraltro, nel processo amministrativo tale modalità è possibile, ma non doverosa, per espressa limitazione normativa, vi è da chiedersi se tale modifica sia destinata ad impattare anche nella materia delle comunicazioni di Segreteria, rendendo possibile anche il ricorso alle modalità telematiche almeno nei confronti dei privati dotati di indirizzo risultante dai pubblici elenchi, considerato che le disposizioni in materia di notificazione dettate per il civile sono direttamente applicabili (salvo limitazione espressa) nel processo amministrativo, in virtù della espressa previsione di cui all'art. 39 c.p.a.. Il legislatore della riforma ha anche modificato l'ultimo comma dell'art. 136 c.p.c. (anche se non ha abrogato l'obbligo per il difensore di indicare il proprio numero di fax sancito dall'art. 125 c.p.c..), abolendo l'obsoleto uso del fax quale forma di comunicazione del biglietto di cancelleria - in caso di impossibilità di consegna dello stesso al destinatario secondo le forme ordinarie -, stabilendo in tal caso che il biglietto sia rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica (e introducendo correlativamente anche l'art. 149 bis cpc per disciplinare la notificazione a mezzo posta elettronica certificata eseguita dall'ufficiale giudiziario), e c'è da chiedersi se anche tale previsione sia destinata ad impattare sulla previsione di cui all'art. 136 c.p.a. comma 1 e di cui all'art 13 comma 7 All. 1 e 13 comma 8 All. 2 d.P.C.S. 28 luglio 2021. Tornando invece ai difensori, se nell'originaria formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. la comunicazione a mezzo PEC era solo una delle possibili modalità con cui la segreteria poteva procedere alle comunicazioni processuali - in alternativa alla comunicazione via fax o a quella con il tradizionale “biglietto di cancelleria”- con l'avvio del PAT l'art.13, All. 1 d.P.C.S. 28 luglio 2021 prevede che nei confronti dei soggetti tenuti a dotarsi di un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi si procederà, ove ne sussista la possibilità, esclusivamente con tale modalità. Ne deriva che anche a fronte di una espressa indicazione di elezione di domicilio “fisico” da parte del difensore, le comunicazioni dovranno essere, ove possibile, effettuate a mezzo PEC. Tra i soggetti obbligati a dotarsi di PEC rientrano, innanzitutto, per effetto dell'art.16, comma 7, del d.l. n. 185/2008, conv. in l. n. 2/2009, i difensori. L'originaria formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a prevedeva che ciascun avvocato del collegio difensivo fosse espressamente tenuto ad indicare nel ricorso o nel primo scritto difensivo “il” proprio indirizzo PEC e “il” proprio recapito fax a cui ricevere le comunicazioni processuali. Con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 195/2011 (c.d. “primo correttivo” al Codice) il legislatore ha invece stabilito che, anche in caso di collegio difensivo, l'indirizzo PEC e il recapito fax da indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo dovesse essere soltanto uno. Successivamente, tuttavia, la l. n. 114/2014, di conversione del d.l. n. 90/2014, ha eliminato il riferimento all'obbligo del difensore di indicare negli atti di causa uno (o più) indirizzo PEC: né è derivato che l'attuale formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. si limita testualmente a prescrivere ai difensori di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo “un” recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario, senza nulla prevedere espressamente quanto alla PEC. A seguito delle modifiche più di recente apportate dalla l. n. 197/2016, si è invece espressamente ai difensori di comunicare alla segreteria e alle parti costituite “ogni variazione” del recapito di fax e dell'indirizzo di posta elettronica certificata a cui si intende ricevere le comunicazioni. Malgrado tale lacuna normativa, è preferibile tuttavia ritenere che il difensore sia tuttora onerato (o che comunque sia consigliabile) indicare tale informazione nel ricorso o comunque nel primo atto difensivo: nel PAT, infatti, a differenza di quanto accade nel PCT, tale indirizzo non è - allo stato attuale- reperibile automaticamente dal sistema informativo della G.A. accedendo al ReGIndE (che costituisce il registro generale degli indirizzi PEC dei difensori, gestito dal Ministero della Giustizia). Ne consegue che tale informazione dovrà essere fornita dal difensore, oltre che al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, anche alla segreteria dell'ufficio giudiziario. Né, a tal fine, considerate le implicazioni processuali conseguenti alle comunicazioni, appare sufficiente che tale informazione venga fornita attraverso la compilazione degli appositi campi del Modulo di deposito. In proposito, si segnala tuttavia che secondo quanto previsto nella FAQ n.23 pubblicata in data 29 dicembre 2016 sul sito istituzionale della G.A. – secondo una interpretazione ad avviso di chi scrive, non condivisibile - in caso di mancata corrispondenza tra i dati che l'avvocato ha inserito sul Modulo di deposito e quelli indicati sull'atto (ad es. incongruenza tra indirizzi PEC indicati o numero fax), fa fede quanto indicato sul Modulo di deposito. Va inoltre evidenziato che l'omessa indicazione dell'indirizzo PEC e del numero fax nel ricorso principale, in quello incidentale e nei motivi aggiunti che introducono domande nuove, benché non espressamente contemplata nell'art.136 comma 1, c.p.a., è (tuttora) sanzionata dall'art.13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 (T.U. Spese di giustizia), con l'aumento della metà dell'importo del contributo unificato. Malgrado la norma sanzioni espressamente la mancata “indicazione” dell'indirizzo PEC, dopo le recenti modifiche normative dell'art.136, comma 1, c.p.a. è plausibile ritenere che il pagamento del doppio del contributo unificato potrà essere comminato anche a fronte della mancata comunicazione della sua “variazione”. Dal 25 giugno 2014 inoltre, per effetto di quanto sancito dall'art. 42 del d.l. n. 90/2014, conv., in l. n. 114/2014 (“Comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo amministrativo”), l'art. 136, comma 1, c.p.a. va integrato con le disposizioni di cui ai commi 4, 6, 7, 8, 12 e 13 dell'art.16 del d.l. n. 179/2012 dettate per il processo civile telematico, espressamente estese al processo amministrativo: ne consegue che la comunicazione a mezzo fax, e, in via residuale, quella tramite biglietto di segreteria, potranno essere effettuate dalla Segreteria limitatamente ai casi di “impossibilità di procedere a mezzo PEC a causa del malfunzionamento del sistema informativo mentre al contrario, quando la comunicazione a mezzo PEC non vada a buon fine per causa imputabile al difensore destinatario della PEC, la stessa si intenderà eseguita, ad ogni effetto di legge, mediante deposito nel fascicolo informatico. L'avvocato è infatti responsabile della gestione della propria utenza PEC, nel senso che ha l'onere di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo, non potendo far valere la circostanza della mancata apertura della posta per ottenere la concessione di nuovi termini per compiere attività, processuali (cfr. Cass. sez. lav., n. 15070/2014, secondo un principio ribadito anche da Cons. St., Ad. plen., ord. n.33/2014 - con specifico riferimento alla ritualità delle comunicazioni a mezzo PEC nei confronti del dominus pur con riferimento a ricorsi nati prima dell'emanazione del c.p.a. e da Cons. St., ord. n.2658/2017 con riferimento alla comunicazione a mezzo PEC effettuata nei confronti del domiciliatario.). Dopo il 1° gennaio 2018 è dubbio se le comunicazioni processuali – che, ai sensi dell'art.13, comma 1, All. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 potevano essere effettuate anche alla PEC del domiciliatario, anche non avvocato, in alternativa a quella del difensore appartenente al collegio difensivo, sulla base di una scelta che veniva affidata alla scelta degli stessi difensori- possano essere ancora effettuate al domiciliatario. Il tenore del nuovo art. 13, comma 1 quater, secondo inciso all. 2 disp.att. c.p.a. nel prevedere che «Sino al 31 dicembre 2017 i depositi dei ricorsi, degli scritti difensivi e della documentazione possono essere effettuati con PEC o, nei casi previsti, mediante upload attraverso il sito istituzionale, dai domiciliatari anche non iscritti all'Albo degli avvocati. Le comunicazioni di segreteria possono essere fatte alla PEC del domiciliatario.» è infatti piuttosto ambiguo sicché non risulta se l'indicazione temporale delle preclusioni per il domiciliatario valga solo con riferimento al deposito o anche alle comunicazioni. È bene rilevare che la possibilità, per i difensori, di esprimere l'opzione se ricevere le comunicazioni all'intero collegio difensivo piuttosto che all'unico domiciliatario è espressamente prevista nel d.P.C.S. 28 luglio 2021 esclusivamente con riferimento alle comunicazioni a mezzo PEC, ma - ferma restando per la segreteria la possibilità di effettuare la comunicazione ad unico soggetto- nulla sembra ostare alla possibilità per il dominus di indicare negli atti processuali che debba essere il domiciliatario, anziché il dominus, anche il (solo) destinatario della comunicazione a mezzo fax o tramite biglietto di segreteria. Quanto alla efficacia della comunicazione a mezzo PEC, l'attuale formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. - a differenza della precedente, come modificata dall'art.1, comma 1, lett. o), d.lgs. n. 195/2011 - non contiene, per quanto attiene al profilo tecnologico, un esplicito riferimento alla “presunzione di conoscenza”. A tal fine, soccorre comunque sia l'esplicito rinvio dell'art.1, lett. g), All. 1 d.P.C.S. 28 luglio 2021, alle regole tecniche in materia di comunicazioni a mezzo PEC di cui al d.P.R. n. 68/2005, sia l'art.13, comma 6, All. 1 d.P.C.S. 28 luglio 2021, che esplicita che la comunicazione effettuata a mezzo PEC da parte dell'ufficio giudiziario si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli articoli 45 e 48 del d.lgs. n.82/2005 (CAD). Ciò significa, in particolare, che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore; inoltre, la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta. Con la nuova formulazione dell'art.136, comma 1, c.p.a. a seguito della l. n. 197/2017 la presunzione di conoscenza assume, invece, una particolare connotazione sotto il profilo giuridico: l'ultimo inciso dell'art.136, comma 1, c.p.a. chiarisce infatti che, ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria, è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo. In mancanza di espresse limitazioni, è da ritenere che tale disposizione valga quale che sia la modalità di comunicazione (cioè non soltanto per la comunicazione mezzo PEC, ma anche per quella effettuata a mezzo fax e per quella tradizionale tramite biglietto di cancelleria). Si segnala la recente decisione del TAR Campania, ord.209/2020, secondo cui è nulla la notifica del ricorso per motivi aggiunti - in difetto di costituzione in giudizio del Comune, eventualmente rilevante ex art 44, comma 3, c.p.a . - effettuata al Comune all'indirizzo p.e.c . tratto dall'Indice PA (che peraltro a seguito delle modifiche apportate all'art. 16-ter della L. n. 221/2012 dall'art. 45 bis, comma 2, lett . a, del D.L. n. 90/2014 non è più stato inserito tra i registri pubblici da cui trarre gli indirizzi Pec della P.A), e non invece all'indirizzo p.e.c . del difensore dell'Amministrazione Comunale resistente, regolarmente comunicato nella memoria di costituzione in giudizio, in conformità a quanto previsto dall'art. 43, comma 2, c.p.a , che testualmente prevede che "Le notifiche alle controparti costituite avvengono ai sensi dell'art. 170 c.p.c. ". In tema di validità delle comunicazioni effettuate a mezzo PEC in caso di pluralità di difensori, una recentissima sentenza della Cass. sez. lav., n. 10635/2017, confermando un orientamento ormai costante (cfr. Cass. S.U., n. 12924/2014), ribadisce che nel caso di pluralità di difensori è valida, poiché sufficiente al raggiungimento dello scopo, la comunicazione inviata ad uno solo di essi, dovendosi presumere, peraltro, che, in mancanza di una volontà di segno contrario della parte, il mandato alle liti conferito a più difensori deve ritenersi disgiunto. Ed invero, la Corte precisa che nel caso in cui la parte sia costituita in giudizio tramite due o più procuratori, la rappresentanza, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti nei confronti di ciascun procuratore; da ciò discende, dunque, la sufficienza della comunicazione ad uno solo dei procuratori costituiti. |