Domanda di condanna al rilascio di un determinato provvedimento (artt. 30, comma 1 e 34, comma 1, lett. c)InquadramentoUna delle principali novità introdotte dal Codice del processo amministrativo e, in particolare, dall'art. 34 è l'aver reso atipica l'azione di condanna, prevista dall'art. 30, comma 1, c.p.a. prevedendo non solo la condanna al pagamento di una somma di denaro, pure a titolo di risarcimento del danno per equivalente o la condanna al risarcimento in forma specifica, ma anche la condanna «all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio». Il significato della lettera c) dell'art. 34, comma 1 è stato precisato con le modifiche introdotte con il secondo correttivo al Codice (d.lgs. n. 160/2012), con cui è stato aggiunto alla citata lettera che «L'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui all'articolo 31, comma 3, contestualmente all'azione di annullamento del provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio». Tale previsione conferma la possibilità di chiedere la condanna al rilascio di un determinato provvedimento in modo simile alla azione di adempimento, prevista nell'ordinamento tedesco e il cui inserimento nel Codice era stato proposto dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato. Le potenzialità di tale previsione non sono state del tutto esplorate ancora dalla giurisprudenza e per questo motivo, in presenza dei presupposti previsti dal Codice, può essere opportuno proporre in modo espresso una domanda diretta ad ottenere tale tipo di condanna in modo da rendere necessaria una pronuncia del giudice sul punto. Il vantaggio di avere una sentenza che contenga la condanna al rilascio di un determinato provvedimento sta nell'avere in questo modo una statuizione espressa sulla spettanza del c.d. bene della vita senza necessità di ulteriori passaggi in sede di ottemperanza e mettendo al riparo la spettanza del bene da fatti sopravvenuti. Tale tipo di azione è esercitabile principalmente con riferimento a interessi legittimi di tipo pretensivo. FormulaTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ....] [4] RICORSO [5] Nell'interesse di - [PERSONA FISICA] [6], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [7] ...., C.F. .... [8], PEC .... [9], fax .... [10], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [11] . - [PERSONA GIURIDICA] [12], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [13] ...., C.F. .... [14], PEC .... [15], fax .... [16], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [17] . [Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax .....] [18] - ricorrente - CONTRO - [AMMINISTRAZIONE/ENTE/AUTORITÀ] [19], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [20], - resistente - E NEI CONFRONTI DI - Sig./ Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... [21] - controinteressato - PER L'ANNULLAMENTO - del provvedimento ...., prot. n. ...., notificato in data .... [22], avente ad oggetto .... [23]; - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente incluso .... [24] . E PER LA CONDANNA dell'amministrazione a rilasciare il provvedimento di autorizzazione a .... (o altro provvedimento) richiesto dal ricorrente FATTO [ ....] DIRITTO 1. [indicare i motivi per quali si ritiene illegittimo l'impugnato provvedimento, indicando nella loro descrizione una o più delle seguenti tipologie di vizi: incompetenza dell'autorità o organo che ha emanato l'atto, violazione di legge (con indicazione degli articoli della Costituzione, di legge o di altra normativa che si assume violata), eccesso di potere (indicando ove ricorra una delle figure sintomatiche, quali ad esempio: irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà dell'atto, travisamento o erronea valutazione dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, difetto di motivazione)] [indicare eventuali istanze di remissione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea o di legittimità costituzionale] [indicare eventuali istanze istruttorie] 2. Dimostrata l'illegittimità del provvedimento impugnato con cui l'amministrazione ha negato ...., sussistono i presupposti per disporre la condanna della p.a. al rilascio del provvedimento richiesto ai sensi degli artt. 30, comma 1 e 34, comma 1, lett. c), c.p.a. Infatti, nel caso di specie, non sussiste alcun limite per pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, non residuando – a seguito dell'accoglimento della domanda di annullamento – alcun ulteriore margine di discrezionalità in capo all'amministrazione. (spiegare se si tratta di attività vincolata o se i margini di discrezionalità sono ormai esauriti con il provvedimento impugnato e di cui è stata dimostrata l'illegittimità) Inoltre, la domanda del ricorrente risulta essere stata istruita e non sono necessari ulteriori adempimenti istruttori che devono essere compiuti dall'amministrazione e, di conseguenza, alcun ostacolo, anche sotto profilo, sussiste per l'accoglimento della domanda di condanna all'adozione di un determinato provvedimento. P.Q.M. Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di disporre l'annullamento del provvedimento impugnato, come indicato in epigrafe, nonché di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso e di condannare l'amministrazione al rilascio in favore del ricorrente del provvedimento di .... [indicare il provvedimento richiesto]. Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione. Con vittoria di spese e onorari. Si producono i seguenti documenti: 1) [copia del provvedimento impugnato ove disponibile] 2) [copia di eventuali atti antecedenti, conseguenti e connessi] 3) [ ....] [25] Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro .... [rinvio a Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”] Luogo e data .... Firma Avv. [26] .... PROCURA [Rinvio a formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate] ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (EVENTUALE) [Rinvio a formula “Istanza abbreviazione dei termini”] RELATA DI NOTIFICA [Rinvio a formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate] DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [27] . [4]Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 (ossia il T.A.R. nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio). [5]Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40 c.p.a. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44 c.p.a., lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale). Il ricorso è un atto di parte e, pertanto, debbono essere rispettati i limiti dimensionali e le specifiche tecniche stabiliti con il decreto del Presidente del Cons. St., n. 167/2016. [6]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011). [7]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [8]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, 8° comma, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico. [9]Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. [10]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'art. 136 [c.p.a.]”. [11]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico (‘PAT'), il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, comma 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). V. Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito della copia per immagine della procura rilasciata su supporto analogico”. [12]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. [13]V. nt. 4. [14]V. nt. 5. [15]V. nt. 6. [16]V. nt. 7. [17]V. nt. 8. [18]In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento. [19]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”. [20]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979). [21]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso. [22]Indicare il numero e la data del provvedimento. In caso di mancata notifica o comunicazione, indicare il momento in cui lo stesso è stato conosciuto. [23]È utile indicare altresì una breve descrizione dell'oggetto e del contenuto del provvedimento. [24]Indicare eventuali atti prodromici, preparatori o consequenziali di cui si chiede l'annullamento. [25]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso vedi anche Formula [“Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”]. [26]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Ricorso”). [27]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi. CommentoIl passaggio dalla sola azione di annullamento alle altre azioni che completano la tutela giurisdizionale Prima dell'entrata in vigore del Codice, il processo amministrativo era già caratterizzato da una tutela ben più ampia della mera azione di annullamento e, con l'art. 44 della l. n. 69/2009, il legislatore delegante ha inteso chiaramente ampliare la tipologia delle azioni esperibili, facendo riferimento al risultato che con le stesse può essere conseguito («prevedere le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa»). Nel testo predisposto dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, caratterizzato dalla scelta (poi confermata) di inserire nel codice anche la disciplina delle azioni, le norme sono state redatte in coerenza con la tradizionale tripartizione delle azioni di cognizione (costitutive, di accertamento e di condanna) e senza trascurare le specificità dei giudizi amministrativi, dando autonomo rilievo ad azioni che pur rientrando in una delle tre tipologie presentavano tratti peculiari: azione avverso il silenzio rispetto all'azione di accertamento; azione di adempimento rispetto all'azione di condanna. Nell'ambito di tale sistema era stata disciplinata l'azione di condanna, come azione atipica esercitatile quando era necessaria una tutela in forma specifica mediante la modificazione della realtà materiale (condanna ad un facere) o per porre rimedio all'inadempimento ad un'obbligazione di pagamento o comunque per ottenere ogni altra misura idonea a tutelare la posizione giuridica soggettiva. Il carattere residuale della condanna atipica («all'adozione di ogni altra misura idonea a tutelare la posizione giuridica soggettiva») era esplicitato dalla previsione secondo cui doveva trattarsi di una misura «non conseguibile con il tempestivo esercizio delle altre azioni». Il comma 1 dell'art. 30, entrato in vigore, configura l'azione di condanna come azione complementare all'esercizio di altre azioni nella giurisdizione di legittimità; non vi è il limite della condanna al solo pagamento di somme di denaro, ed è quindi ammissibile la condanna della p.a. ad un facere, come chiarito anche nella relazione di accompagnamento, ma tale domanda deve essere collegata all'esercizio di altre azioni (ad es., di annullamento). L'azione autonoma di condanna è, invece, ammissibile nelle materie di giurisdizione esclusiva e per la condanna al risarcimento del danno nei limiti fissati dal comma 3 (v. infra). Non si tratta, pertanto, di una azione residuale per ottenere misure non conseguibili con il tempestivo esercizio delle altre azioni, ma di una azione complementare alle altre azioni. La atipicità dell'azione di condanna trovava già conferma nell'originaria versione dell'art. 34, comma 1, lett. c) del Codice, che (tuttora) prevede, tra i poteri del giudice, quello di condannare «all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio». Il significato della lettera c) dell'art. 34, comma 1 è stato precisato con le modifiche introdotte con il secondo correttivo al Codice (d.lgs. n. 160/2012), con cui è stato aggiunto alla citata lettera che «L'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui all'art. 31, comma 3, contestualmente all'azione di annullamento del provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio». Tale previsione conferma la possibilità di chiedere la condanna al rilascio di un determinato provvedimento in modo simile alla azione di adempimento, prevista nell'ordinamento tedesco. Del resto, ancor prima della modifica normativa intervenuta nel 2012, vi erano elementi per ritenere ammissibili la azione di condanna al rilascio di un determinato provvedimento, in quanto il Governo aveva sì espunto l'azione di adempimento, ma ne aveva lasciato traccia in altre disposizioni. In primo luogo, nella disciplina dell'azione avverso il silenzio (art. 31, comma 3), è stata confermata la (già vigente) possibilità per il g.a., di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in un giudizio avverso il silenzio ed è stato previsto che il giudice possa pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. L'accertamento della fondatezza della pretesa non è, quindi, limitato all'attività vincolata, ma si estende ai casi in cui non residuano margini di discrezionalità per la P.A. Dall'art. 31, comma 3, non si poteva, tuttavia, trarre il principio secondo cui l'accertamento della pretesa è consentito solo nei ricorsi avverso il silenzio, e non in caso di domanda di annullamento, in quanto, già prima dell'entrata in vigore del Codice, la giurisprudenza era tesa ad accertare la fondatezza della pretesa anche in sede di annullamento, ove possibile in relazione ai motivi di ricorso proposti e ai margini di discrezionalità, che residuavano dopo la pronuncia in capo all'amministrazione e la fondatezza di tale tesi è stata successivamente confermata dal legislatore con la richiamata modifica all'art. 34, operata nel 2012 con il secondo correttivo. La giurisprudenza ha condiviso la tesi dell'ammissibilità di una azione di condanna atipica, di contenuto simile a quello dell'azione di adempimento, propria dell'ordinamento tedesco. È stato affermato che è esercitatile, anche in presenza di un provvedimento espresso di rigetto e sempre che non vi osti la sussistenza di profili di discrezionalità amministrativa e tecnica, l'azione di condanna volta ad ottenere l'adozione dell'atto amministrativo richiesto (Cons. St., Ad. plen., n. 3/2011; Cons. St., Ad. plen., n. 15/2011). I presupposti per chiedere la condanna al rilascio di un determinato provvedimento L'ammissibilità dell'azione di condanna al rilascio di un determinato provvedimento non deve significare che tale domanda diventi una sorta di clausola di stile da inserire in aggiunta ad ogni domanda di annullamento. Normalmente si tratta di una azione complementare a quella di annullamento e, infatti, l'art. 30, comma 1, prevede che l'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma. Il successivo art. 34, comma 1, lett. c), novellato nel 2012, dispone che l'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui all'articolo 31, comma 3, contestualmente all'azione di annullamento del provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio. Si tratta quindi di una azione che, tranne alcune ipotesi in materie di giurisdizione esclusiva, accompagna il ricorso proposto per l'annullamento di un atto (un diniego) o proposto avverso il silenzio. L'azione è ovviamente esperibile anche in sede di ottemperanza. L'accertamento della spettanza del provvedimento sarà possibile solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. Nel formulare la domanda è necessario indicare e motivare se si tratta di attività vincolata, o perché sono ormai esauriti i margini di discrezionalità di cui gode(va) l'amministrazione e perché non sono necessari ulteriori adempimenti istruttori. Altro limite contenuto nell'art. 34, comma 2, è quello che esclude che il giudice possa pronunciare in relazione a poteri amministrativi ancora non esercitati e ciò al fine di evitare domande dirette ad orientare l'azione amministrativa pro futuro, con palese violazione del principio della divisione dei poteri. Con riferimento all'azione di condanna al rilascio di un determinato provvedimento, i già indicati limiti che richiedono l'esaurimento della discrezionalità amministrativa escludono che ci possa essere il rischio che l'azione possa essere utilizzata in relazione a poteri amministrativi non esercitati. Va precisato che non opera il limite dei poteri non esercitati in presenza dell'azione avverso il silenzio, in quanto l'inerzia della p.a. determina una situazione in cui interviene il giudice con possibilità di condanna al rilascio di un determinato provvedimento o di completa sostituzione in sede di ottemperanza. Un esempio di margini di discrezionalità esauriti si registra quando dopo un primo annullamento l'amministrazione riesercita il proprio potere sempre in senso sfavorevole al privato ricorrente e anche il secondo provvedimento (diniego) viene annullato. In tali casi, la giurisprudenza ha inteso evitare la possibilità per la p.a. di pronunciarsi un numero di volte in via di principio infinito sullo stesso affare, ove questa ogni volta ponesse a sostegno del «nuovo» provvedimento fatti o elementi «nuovi» (in quanto non precedentemente esaminati), vanificando in tal modo l'effettività della tutela giurisdizionale. Tra le contrapposte esigenze di garanzia della inesauribilità del potere di amministrazione attiva e della portata cogente del giudicato, il punto di equilibrio è stato individuato in via empirica dalla giurisprudenza, imponendo all'amministrazione – dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo – di esaminare l'affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati (Cons. St. IV, n. 1018/2014, che richiama Cons. St. V, n. 134/1999). Tale regola può avere una limitata eccezione unicamente in relazione a rilevanti fatti sopravvenuti o che non sono stati esaminati in precedenza per motivi indipendenti dalla volontà dell'Amministrazione ovvero in relazione ad una nuova normativa (purché essa non persegua il fine di incidere sull'esercizio della funzione giurisdizionale, poiché altrimenti si dovrebbe dubitare della compatibilità costituzionale della stessa). Nell'ordinamento italiano quindi, per costante elaborazione pretoria non trova riconoscimento la teoria c.d. del one shot (viceversa ammessa in altri ordinamenti e che prevede che l'amministrazione possa pronunciarsi negativamente una sola volta, facendo in detta occasione emergere tutte le possibili motivazioni che si oppongono all'accoglimento della istanza del privato), ma vige il principio che accorda alla P.A. due chances: al diniego di atto ampliativo vittoriosamente gravato in sede giurisdizionale, non consegue sempre e comunque l'obbligo per l'Amministrazione rimasta soccombente di rilasciare il titolo ampliativo medesimo, potendo essa, quantomeno in sede di prima riedizione del potere, evidenziare ulteriori elementi preclusivi (una sola volta, però). Ciò non significa però che si debba attendere sempre un secondo provvedimento negativo per poter ritenere esaurita la discrezionalità amministrativa in presenza di attività vincolata, perché altrimenti l'effettiva portata della novità sull'ammissibilità di una azione di condanna al rilascio di un provvedimento verrebbe fortemente ridimensionata. Ben potrà il privato dimostrare in sede di ricorso per l'annullamento di un primo diniego che la discrezionalità è esaurita e sarà compito dell'amministrazione dimostrare il contrario. A seguito delle modifiche dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990, apportate dal d.l. n. 76/2020 (d.l. semplificazioni) è oggi più difficile per le p.a. riesercitare il potere in senso negativo al privato nei procedimenti ad iniziativa di parte, in quanto ogni possibile ragione ostativa all'accoglimento della istanza del privato deve essere rappresentata dall'amministrazione nel corso del procedimento e non può essere addotta per la prima volta dopo l'annullamento in giudizio dell'atto. Con lo stesso d.l. n. 76/2020 è stato introdotto l'art. 21-decies della l. n. 241/1990, che prevede la possibilità di chiedere l'attivazione di un procedimento semplificato in caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale. Inoltre, si segnala l'esigenza, dopo aver proposto tale domanda di condanna, di sostenerla nelle successive memorie o con il rilievo che l'amministrazione non ha contestato l'esaurimento della discrezionalità o la necessità di ulteriore istruttoria (se così è) o con la contestazione delle deduzioni sul punto svolte dall'amministrazione. Si ricorda che i limiti per tale richiesta di condanna si ricavano appunto dalla disposizione sul silenzio (art. 31, comma 3 ora richiamata dall'art. 34, comma 1, lett. c), che non ha fatto altro che codificare un principio già applicato dal g.a. per procedere all'accertamento della pretesa in caso di azione di annullamento. La differenza sta nel fatto, non privo di rilievo, che con l'azione di condanna è possibile avere direttamente nella parte dispositiva della sentenza l'accertamento della spettanza del bene della vita, che costituisce appunto il presupposto per la condanna al rilascio del provvedimento richiesto. La domanda può essere anche accompagnata dalla richiesta, ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. e), di anticipare la fase di esecuzione in sede di giudizio ordinario di cognizione, all'esito del quale il giudice può già disporre la nomina di un commissario ad acta con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza. Può, infatti, essere utile chiedere fin da subito al giudice di disporre le misure idonee ad assicurare l'attuazione della sentenza, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza, in modo da avere fin da subito un termine certo entro cui l'amministrazione deve rilasciare il provvedimento e alla scadenza del quale in caso di inerzia scatta l'intervento del commissario ad acta senza ulteriore necessità del ricorso in ottemperanza (v. formula “Richiesta di misure esecutive in sede di cognizione”). |