Esecuzione del concordato preventivo e creditori irreperibili

Elisa Castagnoli
21 Dicembre 2022

Ci si domanda se nell'ambito di una proposta d concordato preventivo le somme spettanti ai creditori irreperibili possano essere gestite attraverso un trust costituito dal proponente o dall'assuntore.

È possibile prevedere, nell'ambito di una proposta di concordato preventivo, che le somme da destinare ai creditori irreperibili vengano gestite attraverso un trust, costituito dal proponente o dall'assuntore? In caso positivo, quali principi o quali regole devono essere rispettate per non violare la disciplina normativa?

Il caso - La liquidità da destinare ai creditori irreperibili in una procedura di concordato preventivo può essere gestita attraverso un trust e non deve necessariamente essere depositata presso un ufficio postale o un istituto di credito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 117, comma 4, e 180, comma 6, l. fall. (oggi, art. 112, comma 6, CCI). A questa conclusione è giunta la giurisprudenza di merito, che ha tuttavia precisato il necessario rispetto di alcuni principi. Appare ragionevole ritenere che, alle stesse condizioni, sarà possibile procedere anche sotto la vigenza del CCI.

Speigazione e conclusione - Come noto, la legge fallimentare disciplinava all'art. 117, comma 4, le sorti della liquidità da destinare ai creditori irreperibili nel fallimento, ovverosia coloro che non forniscono le coordinate bancarie su cui eseguire i pagamenti rappresentati nel progetto di riparto predisposto dal curatore.

Nel dettaglio, si prevedeva che le somme dovute ai creditori irreperibili fossero depositate presso un ufficio postale o un istituto di credito e che, decorsi cinque anni dal predetto deposito, tutto quanto non fosse stato riscosso dagli aventi diritto, se non richiesto da altri creditori insoddisfatti, fosse versato allo Stato a cura dell'ente depositario.

Per l'esecuzione del concordato preventivo, invece, la legge fallimentare si limitava a stabilire che le somme da destinare agli irreperibili fossero depositate nei modi stabiliti dal tribunale, senza replicare fedelmente il contenuto dell'art. 117, comma 4, l.fall.

Alla luce di quanto sopra, ed in assenza di una regolamentazione analoga al fallimento, ci si chiedeva se nel concordato preventivo dovessero essere seguite le stesse regole e gli stessi principi previsti nella procedura fallimentare per la destinazione delle somme che avrebbero dovuto essere corrisposte ai creditori irreperibili.

La soluzione che si doveva dare a questo quesito era negativa e trovava conferma in una recente pronuncia della giurisprudenza di merito, che ha omologato un concordato preventivo con assuntore, il cui piano prevedeva che le liquidità da destinare ai creditori irreperibili fossero versate ad un trust di nuova costituzione, per essere gestite dal trustee ed essere, infine, riconsegnate all'assuntore nell'ipotesi in cui nessun creditore avesse domandato (entro un certo lasso temporale) il pagamento di quanto dovutogli.

Precisamente, durante la vigenza della legge fallimentare, andava riconosciuto come, nel concordato preventivo, fosse possibile la gestione delle somme da destinare ai creditori irreperibili con modalità alternative rispetto al deposito delle stesse presso un istituto di credito o un ufficio postale – modalità previste dall'art. 117, comma 4, l.fall. – e come fosse ammissibile assegnare il residuo (allo spirare di un determinato arco di tempo) ad un soggetto diverso dallo Stato.

Ed infatti, in assenza di una disciplina imperativa, il versamento delle risorse al trust(in luogo del deposito presso una banca o un ufficio postale) avrebbe garantito una più agevole esecuzione della proposta di concordato preventivo ed una celere archiviazione della procedura, perseguendo l'aspirazione e la necessità di una rapida definizione dei procedimenti giudiziali pendenti, tutto sul presupposto di una gestione delle risorse da un trustee con idonei requisiti di onorabilità e affidabilità.

Del pari, nessuna norma o principio imponevano che il residuo attivo del concordato preventivo dovesse essere attribuito allo Stato, soggetto al quale vengono usualmente destinati dall'ordinamento beni o diritti – tra cui, ad esempio, gli immobili o le eredità – nelle ipotesi in cui si presume vi sia disinteresse da parte di altri soggetti di diritto privato. In questo senso deve essere letta l'ammissibilità della restituzione all'assuntore delle somme spettanti agli irreperibili.

In conclusione, appare opportuno segnalare come le indicazioni appena fornite dovrebbero poter trovare cittadinanza anche nell'attuale sistema, sotto la vigenza del CCI, essendo regolamentate in modo assolutamente analogo alla legge fallimentare la destinazione delle liquidità residue non rivendicate dai creditori irreperibili.

Dunque, il trust si manifesta come un valido strumento anche per una rapida definizione del concordato preventivo disciplinato dal CCI.

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