Rapporti tra usura ed estorsione: il concorso di reati

SERGIO BELTRANI

1. Bussole di inquadramento

I rapporti tra usura ed estorsione

Si pone con frequenza, nelle aule dei Tribunali, il problema di qualificare giuridicamente, a fini penali, condotte consistite nella erogazione di prestiti a tasso usurario sollecitate dal debitore, onde valutarne la sussumibilità o meno subart. 644 c.p., e condotte consistite nella riscossione di ratei d'interesse usurario con violenza o minaccia, onde valutarne la sussumibilità subart. 644 c.p. e/o subart. 629 c.p., eventualmente nel concorso di entrambi i reati.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'integrazione del reato di usura viene meno quanto l'iniziativa di richiedere il prestito con interesse usurario è assunta dal debitore?

L'orientamento consolidato della giurisprudenza: l'usura è configurabile anche quando l'iniziativa è presa dal debitore

Secondo la giurisprudenza (Cass. II, n. 38551/2019), ai fini dell'integrazione del delitto di usura non è richiesta una condotta induttiva da parte di chi pone in essere la condotta usuraria, poiché assume rilievo unicamente l'usurarietà oggettiva delle condizioni pattuite, ed è privo di conseguenze giuridiche il fatto che le predette condizioni siano state volontariamente accettate dalla p.o.; ciò in quanto il nucleo essenziale dell'elemento oggettivo del reato consiste nel «farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità», non nell'«indurre taluno a farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità».

È pur vero che il riferimento all'induzione emerge in alcune massime giurisprudenziali (ad esempio, Cass. II, n. 38812/2008), ma esso risulta acriticamente mutuato, senza alcuna autonoma valutazione di rilevanza, da una precedente decisione (Cass. II, n. 6015/1999), che per prima ne aveva fatto atecnicamente menzione, ma non certo come elemento costitutivo del reato, e per di più con riferimento alla norma incriminatrice nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore delle modifiche alle disposizioni in tema di usura apportate dal d.l. n. 306 del 1992, conv. in l. n. 356 del 1992 (che, ai fini dell'integrazione della materialità del reato, attribuiva ancora rilievo all'approfittamento – da parte del soggetto attivo – dello stato di bisogno della vittima, oggi previsto come mera circostanza aggravante del reato), rispetto alla quale sono, peraltro, seguiti ulteriori interventi novellatori.

La correttezza di tale assunto è confermata dal rilievo che, ai fini dell'integrazione del reato di usura, nonostante il fatto che la formulazione legislativa «si fa dare o promettere» sembri presupporre l'iniziativa dell'usuraio, non rileva neppure il fatto che l'iniziativa di dare il via alla negoziazione usuraria sia stata presa (non dall'usuraio, bensì) dal soggetto che ha necessità del prestito (come invero accade nella gran parte dei casi di usura): invero, la ratio dell'incriminazione risiede, all'evidenza, nell'esigenza di impedire le pattuizioni di prestazioni ad usura, e non vi è alcuna ragione sostanziale per ritenere che l'usura implichi una iniziativa del soggetto attivo ed escludere il delitto nei casi, fra l'altro statisticamente più frequenti, in cui sia stessa la vittima a rivolgersi, per disperazione, all'usuraio.

D'altro canto, mai la giurisprudenza risulta aver riconosciuto rilevanza, ai fini dell'integrazione del reato, al fatto che l'iniziativa sia stata presa dall'una piuttosto che dall'altra parte della negoziazione usuraria.

Domanda
L'assenza di pressioni del creditore impedisce l'integrazione del reato di usura ?  

L'orientamento consolidato della giurisprudenza: l'assenza di pressioni del creditore non impedisce l'integrazione del reato di usura; l'esistenza di pressioni può integrare l'ulteriore reato di estorsione

Secondo la giurisprudenza (Cass. II, n. 38551/2019), ai fini dell'integrazione del reato di usura non assume rilievo il fatto che le condizioni da usura siano state volontariamente accettate dalla p.o.: la condotta tipica del reato di usura non richiede che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzano la diversa fattispecie dell'estorsione (Cass. II n. 2988/2008).

Domanda
In quali casi i reati di usura e di estorsione possono concorrere? 

L'orientamento consolidato della giurisprudenza

La giurisprudenza (Cass. II, n. 5231/2009 e Cass. II, n. 38551/2019) è ferma nel ritenere che i delitti di usura e di estorsione possono concorrere nel caso in cui la violenza o la minaccia, assenti al momento della stipula del patto usurario, siano in un momento successivo impiegate per ottenere il pagamento degli interessi pattuiti o degli altri vantaggi usurari; diversamente, risulterà configurabile il solo reato di estorsione nel caso in cui la violenza o la minaccia siano usate ab initio al fine di ottenere la dazione dei suddetti vantaggi.

Il reato di usura, che rientra tra i delitti contro il patrimonio mediante frode, si distingue, infatti, dall'estorsione, che rientra tra i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone, perché, ai fini dell'integrazione della materialità del primo reato, non occorre che il soggetto attivo ponga in essere, in danno di quello passivo, una violenza o minaccia.

Ne consegue che:

– quando la violenza o la minaccia vengano poste in essere dal soggetto attivo per «farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità», risulterà integrato il solo reato di estorsione, in virtù della sussistenza dell'elemento specializzante della violenza o minaccia finalizzata ad indurre il soggetto passivo ad accettare la pattuizione usuraia, non anche il reato di usura, che sarebbe integrata dalla mera dazione o promessa, del tutto “spontanea” (quindi, non indotta dalla coercizione) di “interessi o altri vantaggi usurari”: in tale caso, infatti, l'agente agisce con violenza o minaccia per procurare a sé un ingiusto profitto consistente nell'ottenere un vantaggio (interessi usurari) vietato dalla legge;

– l'usura e l'estorsione possono, tuttavia, concorrere, nel caso in cui la violenza o minaccia sia esercitata in un momento successivo rispetto all'iniziale pattuizione usuraia, ovvero al fine di ottenere l'ingiusto profitto consistente nella corresponsione dei pattuiti “interessi o altri vantaggi usurari” che il soggetto passivo non possa o non voglia più corrispondere.

Domanda
È configurabile il reato di estorsione o quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nel caso in cui l'agente adoperi violenze o minacce per ottenere l'adempimento di un debito usurario?

L'orientamento consolidato della giurisprudenza

I delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone (art. 393 c.p.) e di estorsione si distinguono in relazione al profilo della tutelabilità dinanzi all'autorità giudiziaria del preteso diritto cui l'azione del reo era diretta, giacché tale requisito – che il giudice è preliminarmente chiamato a verificare – deve ricorrere per la configurabilità del primo, mentre, se manca, determina la qualificazione del fatto alla stregua del secondo (Cass. II, n. 52525/2016).

Di conseguenza, secondo la giurisprudenza (Cass. VI, n. 1626/1996; Cass. II, n. 9931/2015; Cass. II, n. 26235/2017; Cass. II, 35415/2022), nell'ipotesi in cui il creditore ponga in essere una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, è sempre configurabile il delitto di estorsione, e mai quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, poiché l'agente è necessariamente consapevole di esercitare la violenza o minaccia per ottenere il soddisfacimento dell'ingiusto profitto derivante da una pretesa contra ius, essendogli negata la possibilità di ritenere ragionevolmente di far valere un diritto tutelabile con l'azione giudiziaria, in considerazione della illiceità della pretesa: invero, ai sensi dell'art. 1815, comma secondo, c.c. (come sostituito dall'art. 4, l. n. 108 del 1996), “se sono convenuti interessi usurari da ritenere tali ai sensi della disciplina in proposito dettata dall'art. 644 c.p., la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

Applicazioni

Dopo aver ribadito che è configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nei confronti del creditore che, a fronte di un'iniziale pattuizione usuraria, contraddistinta da prestiti successivi gravati da interessi parimenti illeciti, si rivolga al debitore con violenza o minaccia per ottenerne la restituzione, una giurisprudenza ha acutamente osservato che a conclusioni diverse dovrebbe, peraltro, pervenirsi nei casi in cui risulti inequivocabilmente accertato l'intervento, prima dell'esercizio della violenza o della minaccia, di una totale novazione del rapporto tra le parti, con sostituzione, rispetto al credito originario, della pretesa della sola somma capitale ovvero di altra somma gravata da interessi legittimi (Cass. II, n. 26235/2017).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1).

ProcedibilitàPer i reati di usura ed estorsione si procede sempre di ufficio.

Prescrizione del reato ed improcedibilità delle impugnazioni

Per l'estorsione, il termine-base di prescrizione è pari ad anni dieci (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni dodici e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.); il termine è ancora maggiore in presenza delle circostanze aggravanti specifiche previste dall'art. 629, comma 2, c.p.

Per l'usura, il termine-base di prescrizione è pari ad anni dieci (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni dodici e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.); il termine è ancora maggiore in presenza delle circostanze aggravanti specifiche previste dall'art. 644, comma 5, c.p.

Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, legge 27 settembre 2021, n. 134), costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare, ovvero essendo contestata la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p.;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, legge 27 settembre 2021, n. 134).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

L'arresto in flagranza è facoltativo per l'usura ed obbligatorio per l'estorsione; il fermo è sempre consentito per entrambi i reati.

Intercettazioni

È sempre consentita l'effettuazione di intercettazioni per entrambi i reati.

Misure cautelari personali

È sempre consentita l'applicazione di misure cautelari personali per entrambi i reati.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

La competenza e la citazione a giudizio

Per i reati di usura ed estorsione è sempre competente il tribunale in composizione collegiale e si procede sempre con citazione a giudizio all'esito dell'udienza preliminare.

Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Per i reati di usura e di estorsione non è mai applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

4. Conclusioni

Ai fini dell'integrazione del reato di usura, è sufficiente l'oggettiva usurarietà delle condizioni economiche stabilite dalle parti, non occorrendo che l'iniziativa di instaurare la negoziazione sia stata presa dall'usuraio, e non rilevando il fatto che la persona offesa abbia preso l'iniziativa per avviare la negoziazione usuraria, poiché la ratio dell'incriminazione s'incentra sul carattere oggettivamente usurario della pattuizione

Né, ai fini dell'integrazione della condotta tipica del reato di usura, è necessario che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzano la diversa fattispecie dell'estorsione: invero, sarà configurabile il reato di usura o di estorsione, a seconda che l'iniziale pattuizione usuraria sia stata spontaneamente accettata dalla vittima, ovvero accettata per effetto della violenza o minaccia esercitata dal soggetto attivo. I due reati possono concorrere quando la violenza o la minaccia siano esercitate al fine di ottenere il pagamento degli interessi pattuiti o degli altri vantaggi usurari.

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