Ricettazione di armi da sparo1. Bussole di inquadramentoIl delitto di ricettazione: presupposti del reato Il delitto di ricettazione presuppone la provenienza da reato del danaro o delle cose oggetto della condotta di acquisto, ricezione od occultamento, posta in essere in via diretta ovvero in veste di intermediario da parte del soggetto agente, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Sul piano della tipicità occorre che l'autore della condotta di ricettazione non abbia concorso nel reato presupposto, che deve essere individuato nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storici e fattuali (Cass. II, n. 6584/2021). La recente riforma attuata con d.lgs. n. 195/2021, attuativo della direttiva n. 2018/1673/UE, ha esteso l'ambito operativo della fattispecie ex art. 648 c.p., prevedendo che il reato presupposto possa consistere anche in un delitto non doloso ovvero in una contravvenzione, purché punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. Il delitto di ricettazione è posto a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mirando ad impedire la successiva circolazione di danaro e beni di provenienza criminosa (Cass. II, n. 12744/2010), sebbene parte della dottrina assegni al delitto in esame una natura pluri-offensiva, assegnando altresì rilevanza all'amministrazione della Giustizia, con riferimento al recupero dei proventi criminosi. La Corte di Cassazione, pur non prendendo posizione in ordine alla natura pluri-offensiva del reato, ha assegnato rilevanza penale anche a condotte di ricettazione che abbiano «ad oggetto cose provenienti da un delitto che non sia contro il patrimonio, perché anche in tal caso, dall'acquisizione di beni di illegittima provenienza, che il legislatore ha inteso scoraggiare e punire, deriva un incremento patrimoniale» (Cass. II, n. 11727/2008). Sono infatti frequenti ipotesi di ricettazione di cose di provenienza illecita, la cui detenzione costituisce di per sé reato o comunque non riconducibili a reati contro il patrimonio, come nel caso di ricettazione di armi. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Qual è il rapporto tra il delitto di ricettazione e quello di detenzione illegale di un'arma da sparo?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione Sussiste un concorso materiale tra i delitti di ricettazione e di detenzione illegale di un'arma da sparo La Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine al rapporto tra i delitti di ricettazione e di detenzione illegale di un'arma comune da sparo, ravvisando tra le due fattispecie un concorso materiale di reati (Cass. I, n. 17415/2019). È stata infatti esclusa la sussistenza di un rapporto di specialità tra le due fattispecie, in termini di specialità astratta unilaterale, quando l'arma risulti provento di un reato, «attesa la diversità delle due fattispecie sia sul piano materiale e psicologico che su quello cronologico dei momenti di consumazione» (Cass. I, n. 17415/2019). La condotta di detenzione non può dunque essere ritenuta un c.d. post factum non punibile rispetto a quella di ricettazione e, viceversa, quest'ultima assume autonoma rilevanza penale e non può essere ridotta ad un ante factum non punibile, secondo lo schema della c.d. progressione criminosa, rispetto alla detenzione illegale dell'arma. La Corte di Cassazione ha infatti ormai superato i cc.dd. criteri valoriali quali strumenti di soluzione dei conflitti apparenti di norme (Cass. S.U., n. 20664/2017), assegnando rilevanza esclusiva al criterio astratto e strutturale di specialità, ex art. 15 c.p. Anche qualora il delitto presupposto sia quello di alterazione dell'arma oggetto di ricettazione, le due fattispecie concorrono tra loro (Cass. VI, n. 45903/2013), potendosi escludere il delitto di ricettazione solo quando il reo si auto-accusi, senza intenti auto-calunniatori, del delitto presupposto di alterazione dell'arma ricettata (Cass. V, n. 399/1992). La Corte di Cassazione ha al riguardo evidenziato infatti che l'art. 11 della l. n. 110/1975 prescrive che sulle armi comuni da sparo sia impresso in maniera indelebile il numero di matricola idoneo all'identificazione e al controllo di esse e pertanto, chiunque detenga un'arma deve sincerarsi dell'esistenza dei segni distintivi, il cui difetto è penalmente sanzionato, non potendosi addurre come scusante l'ignoranza della loro cancellazione. I giudici di legittimità hanno quindi ritenuto che la cancellazione del segno distintivo è sufficiente a provare, in mancanza di elementi di segno contrario, la consapevolezza nell'agente della provenienza delittuosa dell'arma stessa (Cass. I, n. 37016/2019; Cass. II, n. 33581/2009).
Domanda
La ricettazione di una sola arma, provento di una pluralità di delitti, integra un'unica fattispecie penale?
Orientamento recente della Corte di Cassazione La pluralità dei delitti presupposto commessi in relazione al medesimo oggetto non determina pluralità di reati La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in ordine ad un'ipotesi di ricettazione di un'unica arma, proveniente da delitti diversi, e si è soffermata sulla struttura del reato ex art. 648 c.p., onde stabilire se la pluralità dei reati presupposto implichi o meno l'integrazione di più delitti di ricettazione. La soluzione adottata dai giudici di legittimità è stata negativa, evidenziandosi che l'art. 648 c.p. si limita a sanzionare la condotta di chi acquista, riceve od occulta cose provenienti da un qualsiasi delitto, senza assegnare rilevanza, ai fini dell'offensività della condotta, alla pluralità dei reati presupposto (Cass. VI, n. 29677/2020). Nel caso di specie, si trattava della ricettazione di una sola arma da guerra modificata, provento dei reati di porto e detenzione illegale di armi e di alterazione di armi, posta in essere da soggetti terzi. A diverse conclusioni è invece pervenuta la Corte di Cassazione qualora la condotta di ricettazione abbia ad oggetto una pluralità di beni, provenienti da una pluralità di reati. In siffatte ipotesi, secondo i giudici di legittimità, «la condotta di chi riceve una pluralità di beni, ciascuno dei quali abbia una propria autonomia ed una distinta provenienza delittuosa, realizza una pluralità di eventi giuridici e, quindi, di reati, che non può essere esclusa per il solo fatto che il soggetto abbia ricevuto i beni nel medesimo contesto temporale e dalla stessa persona» (Cass. II, n. 11024/2019). L'offensività della condotta si apprezza infatti in relazione a ciascun bene e con riferimento ai distinti reati presupposto, integrando autonome fattispecie di ricettazione corrispondenti ciascuna ad un'autonoma offesa penalmente rilevante.
Domanda
La ricettazione di un'arma da sparo può considerarsi di particolare tenuità?
Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione Non è applicabile la circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto quando oggetto del delitto sia un'arma da sparo La Corte di Cassazione ha costantemente escluso la possibilità di ravvisare l'attenuante della particolare tenuità del fatto quando l'oggetto della condotta sia un'arma da sparo, ritenendo incompatibile tale soluzione a fronte della gravità della condotta. Fin dalle pronunce più risalenti, i giudici di legittimità sono stati, in particolare, categorici nell'escludere l'aggravante quando si tratti di un'arma clandestina (Cass. I, n. 702/1992), negando la possibilità di ravvisare il reato in forma attenuata anche in caso di armi comuni da sparo non alterate (Cass. I, n. 5171/1982). Più di recente tale soluzione negativa ha trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il giudizio di gravità del fatto avente ad oggetto un'arma da sparo, tale da escluderne la particolare tenuità, prescinde dalle condizioni in cui l'arma si trovi. L'attenuante di cui all'art. 648, comma 4, c.p. va infatti esclusa «quando oggetto del delitto sia un'arma da sparo, anche nell'ipotesi in cui essa si presenti in cattivo stato di manutenzione» (Cass. II, n. 39890/2015). La Corte di Cassazione ha inoltre escluso che possa aversi riguardo al solo valore economico dell'oggetto materiale del delitto, nella valutazione in ordine alla ricorrenza dell'attenuante. Difatti la particolare tenuità della condotta va riferita, secondo i giudici di legittimità, «non esclusivamente al valore della cosa ricettata, ma a tutti quegli elementi, di natura sia soggettiva che oggettiva, che possono caratterizzare il caso concreto e possono quindi assumere un significato determinante ai fini del riconoscimento o dell'esclusione della circostanza attenuante» (Cass. I, n. 33510/2010). Nel caso di ricettazione di un'arma da sparo, la potenzialità offensiva dell'arma e la sua micidialità implicano un giudizio di gravità della condotta incompatibile con il riconoscimento dell'attenuante. Il valore del bene è dunque «un elemento concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione dell'attenuante speciale della particolare tenuità del fatto» (Cass. II, n. 32108/2020; Cass. II, n. 51818/2013), che deve essere valutato unitamente agli ulteriori caratteristiche oggettive e soggettive del fatto che, specie a fronte di armi clandestine, non può ritenersi di particolare tenuità. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensivePer la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220). Procedibilità Il delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione. In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo. Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione. Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità. Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016). Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale. Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017). Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: — del giudizio di appello entro il termine di due anni; — del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis c.p.p.). Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.). Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo. Pertanto potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione. Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.). Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p. Composizione del tribunale Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. ConclusioniPur essendo collocato nel Titolo XIII, dei delitti contro il patrimonio, il delitto di ricettazione non trova applicazione con esclusivo riferimento alle condotte di acquisto, ricezione od occultamento aventi ad oggetto danaro o cose provenienti dai reati contro il patrimonio. Tale interpretazione restrittiva della norma incriminatrice appare infatti priva di fondamento normativo ed è stata esclusa dalla giurisprudenza di legittimità, che estende la portata applicativa del delitto di riciclaggio a qualsiasi fattispecie criminosa — ivi compresi oggi le contravvenzioni più gravi e i delitti non dolosi — da cui derivi l'oggetto materiale della condotta. La casistica applicativa vede infatti di frequente nelle aule di Giustizia applicato l'art. 648 c.p. in caso di ricettazione di armi, che ha posto diversi problemi interpretativi in giurisprudenza. In primo luogo, i giudici di legittimità si sono occupati del rapporto tra il delitto di ricettazione e quello di detenzione di armi di provenienza illecita, escludendo tuttavia che tra le fattispecie delittuose in questione sussista un concorso apparente di norme, mancando un rapporto di specialità tra le stesse. È pertanto configurabile un concorso materiale tra ricettazione e detenzione illegale di un'arma, con la precisazione che, quando l'oggetto materiale del reato di ricettazione sia unico, deve ritenersi configurato un solo delitto ex art. 648 c.p., quand'anche i reati presupposto siano molteplici. Diverso il caso in cui la condotta di ricettazione abbia ad oggetto più beni provenienti da delitti diversi, configurandosi in tale evenienza, secondo i giudici di legittimità, una pluralità di delitti di ricettazione. Ulteriore precisazione operata dalla Corte di Cassazione, in relazione alle condotte di ricettazione che abbiano ad oggetto armi da sparo, riguarda l'impossibilità di riconoscere in favore del reo l'attenuante ad effetto speciale della particolare tenuità. L'attenuante è stata infatti ritenuta incompatibile con la natura dell'oggetto materiale della condotta, finanche prescindendo dalla funzionalità dell'arma. |