Ricettazione e occultamento del provento criminoso1. Bussole di inquadramentoLe condotte di ricettazione Il delitto di ricettazione punisce, ai sensi dell'art. 648, commi 1 e 2, c.p. chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta, in via diretta o in veste di intermediario, denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, ovvero da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. Le prime due condotte descritte dalla norma incriminatrice prendono in considerazione gli acquisti a qualsiasi titolo della res di provenienza criminosa. La Corte di Cassazione ha al riguardo evidenziato che ai fini del perfezionamento del delitto di ricettazione è sufficiente «l'accordo intervenuto tra le parti», non essendo invece richiesto che «segua materialmente la consegna della 'res', poiché l'art. 648 c.p. distingue l'ipotesi dell'acquisto da quella della ricezione» (Cass. II, n. 40382/2015). Secondo tale interpretazione, dunque, il reato può ritenersi integrato al momento dell'accordo tra le parti, che nel nostro ordinamento assume efficacia traslativa del bene ceduto (art. 1476 c.c.), laddove la materiale ricezione del bene da parte dell'acquirente rileverà ai fini della consumazione del delitto, determinando il tempus commissi delicti (Cass. II, n. 33957/2017). È stato così superato l'orientamento di legittimità secondo cui è invece necessario il conseguimento del possesso della res (Cass. II, n. 12763/2011), osservandosi che «la traditio della res — nella quale può ravvisarsi null'altro che un momento che pertiene all'adempimento del contratto, già perfezionato ed efficace — non può ritenersi imposta dalla norma penale, come elemento strutturale della fattispecie» (Cass. II, n. 46899/2011). In ogni caso, stante la formulazione della norma, la ricezione di danaro o cose di provenienza criminosa, a prescindere dall'esistenza di un titolo di acquisto delle stesse, assume di per sé rilevanza penale, offrendo così una tutela ad ampio raggio all'interesse tutelato dalla norma di evitare la dispersione delle cose provenienti da reato. Le condotte di occultamento L'art. 648 c.p. punisce altresì la condotta di chi abbia occultato danaro o cose provenienti da reato, ovvero si sia intromesso nel farle occultare. La nozione di occultamento, in mancanza di pronunce specifiche in materia di ricettazione, può essere desunta dall'accezione del termine accolta dalla giurisprudenza in settori diversi. In primo luogo, la Corte di Cassazione ha evidenziato che la nozione di occultamento presuppone la temporaneità e precarietà del nascondimento, dovendosi altrimenti ravvisare una condotta di soppressione, definitiva (Cass. I, n. 19068/2004). Inoltre, in relazione alle condotte di bancarotta fraudolenta, i giudici di legittimità hanno affermato che costituiscono condotte di occultamento sia quelle materiali, di nascondimento del denaro o della res, sia quelle giuridiche, mediante atti o contratti simulati che incidano sulla titolarità degli stessi, nascondendone l'effettivo titolare (Cass. V, n. 46921/2007). Con riferimento alle condotte di occultamento, nell'accezione giuridica del termine, la Corte di Cassazione ha altresì precisato che non è ravvisabile il delitto di riciclaggio ma quello di ricettazione, allorché il comportamento del reo non abbia concretamente occultato l'origine illegale del danaro o della res, limitandosi ad ostacolare la loro individuazione fisica o giuridica. Pertanto, con riferimento ad un caso di versamento sul proprio conto corrente o libretto di deposito di assegni di provenienza illecita, previa sostituzione delle generalità del beneficiario con le proprie, senza manomettere gli elementi identificativi dell'istituto bancario emittente né i numeri di serie dei titoli, è stato ravvisato il delitto di ricettazione e non già di riciclaggio, «giacché, in tal caso, non risulta concretamente occultata l'origine illegale degli stessi» (Cass. VI, n. 24941/2018). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Qual è il discrimen tra il delitto di ricettazione e quello di favoreggiamento reale?
Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione La distinzione tra il delitto di favoreggiamento reale e quello di ricettazione, nel caso di occultamento di un oggetto costituente provento di reato, è individuabile nel diverso atteggiamento psicologico dell'agente Le condotte di occultamento del danaro o delle cose provenienti da reato, punite a titolo di ricettazione, pongono problemi interpretativi in relazione al rapporto tra il reato in esame e quello di favoreggiamento reale, di cui all'art. 379 c.p. La disposizione citata, facendo salvi i casi di concorso nel reato presupposto e prevedendo espressamente una clausola di riserva in relazione al delitto di ricettazione, punisce chiunque aiuti taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato. In relazione alle condotte di ricettazione e, in particolare, a quella di occultamento — dirette o in veste di intermediario — la fattispecie di favoreggiamento reale assume carattere residuale, sicché occorre stabilire in quali casi possa trovare applicazione l'art. 379 c.p. e quando invece l'art. 648 c.p. In entrambi i casi è necessario che il danaro o i beni provengano da un reato, nel quale l'autore della condotta di ricettazione o favoreggiamento non deve aver concorso. Nell'ampia descrizione della condotta di favoreggiamento rientrano a pieno titolo le condotte punite dall'art. 648 c.p., allorché il soggetto agente aiuti taluno ad assicurarsi il prodotto, il profitto o il prezzo di un reato, mediante l'acquisto, la ricezione o l'occultamento del danaro o della res. La Corte di Cassazione ha tuttavia evidenziato che le fattispecie in questione presentano un elemento distintivo determinante sul piano dell'elemento soggettivo. Difatti, secondo i giudici di legittimità «La distinzione tra il delitto di favoreggiamento reale e quello di ricettazione, nel caso di occultamento di un oggetto costituente provento di reato, è individuabile nel diverso atteggiamento psicologico dell'agente, il quale opera, nel favoreggiamento, nell'interesse esclusivo dell'autore del reato, per aiutarlo ad assicurarsene il prezzo, il prodotto o il profitto senza trarre per sé o per altri alcuna utilità e, invece, nella ricettazione, successivamente alla commissione del reato presupposto, con il dolo specifico di trarre profitto, per sé o per terzi, dalla condotta ausiliatrice» (Cass. II, n. 10980/2018). Qualora dunque il soggetto agente abbia conseguito un compenso od ottenuto comunque un vantaggio, interpretato estensivamente dalla giurisprudenza, ivi compresa ogni utilità anche non patrimoniale, dalla condotta posta in essere in aiuto del terzo, troverà applicazione l'art. 648 c.p. Affinché il fatto possa essere qualificato in termini di favoreggiamento reale, occorre invece che il soggetto agente abbia operato «nell'interesse esclusivo dell'autore del reato, per aiutarlo ad assicurarsene il prezzo, il prodotto o il profitto» (Cass. II, n. 30744/2014). Non punibilità per particolare tenuità del fatto Qualora la condotta sia qualificata come favoreggiamento reale, così come nel caso di fatto di ricettazione di cose provenienti da contravvenzione, ex art. 648, comma 2, c.p. ovvero in tutti i casi di ricettazione di particolare tenuità, ex art. 648, comma 4, c.p., può trovare applicazione la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., dal momento che la pena edittale massima non supera i cinque anni di reclusione e, nel caso di ricettazione di cose provenienti da delitto ma di particolare tenuità, non è determinato il minimo edittale della pena detentiva (Corte cost. n. 156/2020). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220). ProcedibilitàIl delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione. In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo. Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione. Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità. Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016). Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale. Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017). Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: — del giudizio di appello entro il termine di due anni; — del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis c.p.p.). Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.). Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo. Pertanto, potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione. Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.). Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p. Composizione del tribunale Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. ConclusioniLa natura pluri-offensiva che parte della dottrina e della giurisprudenza riconosce al delitto di ricettazione, affiancando al patrimonio, quale bene giuridico tutelato, anche l'interesse dell'Amministrazione della Giustizia al recupero dei beni provento di reato, appare confermata dalla sovrapposizione che le condotte di ricettazione presentano rispetto all'analoga fattispecie di favoreggiamento c.d. reale. È stato necessario pertanto un intervento della giurisprudenza di legittimità per tracciare il confine tra le due fattispecie, rispetto alle quali opera per legge una clausola di sussidiarietà che esclude la responsabilità per il delitto di favoreggiamento quando il fatto integri una ricettazione. L'elemento distintivo, che consente di applicare o meno la predetta clausola, a fronte di condotte sussumibili in entrambe le fattispecie, è stato individuato dalla giurisprudenza nell'elemento soggettivo del reato. Si è infatti evidenziato che, nel caso di delitto di favoreggiamento reale, il soggetto agente pone in essere la condotta delittuosa nell'esclusivo interesse dell'autore del reato presupposto. Il dolo specifico della ricettazione richiede invece che il suo autore persegua un profitto, per sé e per altri, e non agisca dunque al fine esclusivo di aiutare l'autore del reato presupposto. È stato osservato invero che proprio il riferimento al profitto per “altri”, preso in considerazione dall'art. 648 c.p., consentirebbe di includervi anche le condotte poste in essere nell'interesse dell'autore del reato presupposto, con una totale sovrapposizione tra le due fattispecie e con conseguente applicazione del delitto di ricettazione in forza della predetta clausola di sussidiarietà. Secondo tale impostazione, il delitto di favoreggiamento troverebbe dunque applicazione solo quando non vi sia stata una traditio della res da parte dell'autore del reato presupposto, cui tuttavia l'autore del favoreggiamento abbia fornito un contributo indiretto, che non implichi operazioni sul danaro o le cose provento di reato: si pensi al caso in cui venga messo a disposizione un locale ove custodire la refurtiva ovvero siano messe a disposizione dell'autore del reato presupposto abilità, strumenti o risorse per ottenere il risultato di sottrarre il provento di reato alle ricerche dell'Autorità giudiziaria. Si tratta di un criterio ritenuto di più agevole accertamento, in quanto non incentrato sull'elemento psicologico del reato, che tuttavia non ha trovato accoglimento nella giurisprudenza di legittimità. |