Riciclaggio di veicoli1. Bussole di inquadramentoIl delitto di riciclaggio, di cui all'art. 648-bis c.p., punisce le condotte di sostituzione o trasferimento di denaro, beni o altre utilità provenienti da reato, ovvero altre operazioni poste in essere in modo da ostacolarne l'identificazione della provenienza da delitto o contravvenzione. In relazione alla idoneità ad ostacolare l'identificazione della provenienza criminosa del danaro, dei beni o delle altre utilità oggetto delle condotte di riciclaggio, la Corte di Cassazione ha evidenziato che non occorre una definitiva impossibilità di risalire all'origine dei beni, assumendo invece rilevanza ogni comportamento tale da rendere maggiormente difficoltoso tale accertamento (Cass. II, n. 23774/2020). La condotta di sostituzione ha riguardo al riciclaggio di beni fungibili, rispetto ai quali il reo proceda a ostacolarne l'identificazione della provenienza criminosa attraverso operazioni che consentano di scambiare il bene provento di reato con altro di provenienza lecita. È quanto avviene in relazione al riciclaggio di somme di danaro (Cass. V, n. 19288/2007; Cass. VI, n. 43534/2012) ovvero di beni fungibili, come nel caso del c.d. riciclaggio merceologico (Cass. II, n. 52625/2014). Per trasferimento deve invece intendersi ogni operazione che mobiliti il danaro, i beni o le altre utilità provento di reato, rendendo più difficoltosa l'identificazione della loro origine criminosa attraverso uno o più passaggi fisici o giuridici. La formulazione dell'art. 648-bis c.p., nel fare riferimento ad ogni altra operazione tale da ostacolare l'individuazione della provenienza criminosa del danaro o dei beni consente di qualificare il delitto in esame come reato a forma libera, assegnando rilevanza non già alla condotta in sé ma alla sua capacità di dissimulare l'origine delittuosa o contravvenzionale del suo oggetto. Il riciclaggio di veicoli Tra le “altre operazioni” poste in essere dall'autore del delitto di riciclaggio, in modo da ostacolare l'individuazione della provenienza criminosa del danaro o della res rientrano altresì quelle di trasformazione o l'alterazione di beni provenienti da reato, come nel caso di riciclaggio di veicoli, che nella casistica applicativa vede spesso poste in essere condotte di manipolazione dei segni identificativi (numeri di serie, numeri di telaio, codici identificativi elettronici) delle componenti dei mezzi ovvero di falsificazione dei relativi documenti. Come affermato dalla Corte di Cassazione, infatti «la manomissione di elementi identificativi di un veicolo (targa, numero di telaio, numeri di identificazione di parti meccaniche) integra il delitto di riciclaggio, perché ostacola l'accertamento della provenienza del bene» (Cass. II, n. 30842/2013; Cass. II, n. 22992/2013). I giudici di legittimità hanno tuttavia precisato, al riguardo, che lo smontaggio e la successiva vendita, o riutilizzo in altro modo, dei singoli pezzi di un'autovettura di provenienza delittuosa, integra comunque il delitto di riciclaggio «pur se non muniti di codici identificativi suscettibili di alterazione, in ragione della idoneità dell'indicata condotta ad ottenere l'occultamento della provenienza del bene» (Cass. II, n. 15092/2007). Si configura il delitto di riciclaggio altresì quando la condotta di trasformazione risulti parziale, anche senza alterazione dei dati esteriori della cosa, come nel caso in cui si sia proceduto al «semplice montaggio di un motore di origine furtiva su una autovettura “pulita”» (Cass. II, n. 17771/2014). Il delitto in esame deve inoltre ritenersi consumato e non già solo tentato, nonostante la condotta del reo non sia stata portata a compimento, dal momento che la fattispecie criminosa «si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità, sicché risponde del delitto consumato il soggetto sorpreso ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un'autovettura cui risultino già asportate le targhe identificative e il blocco motore» (Cass. II, n. 11277/2022). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
La sostituzione della targa di un veicolo di provenienza criminosa integra il delitto di riciclaggio?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione Si configura il delitto di riciclaggio anche nell'ipotesi di mera sostituzione della targa di un veicolo di provenienza criminosa Stante l'ampia portata applicativa del delitto di riciclaggio, frutto della clausola di chiusura che la norma incriminatrice presenta, mediante riferimento ad ogni altra operazione tale da ostacolare l'individuazione della provenienza da reato del bene, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la fattispecie in esame possa configurarsi allorché si sia in presenza di una sua modifica, anche solo parziale. È stato pertanto affermato che la condotta di sostituzione della targa costituisce una operazione tesa ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dell'autovettura e configura pertanto il delitto di riciclaggio (Cass. II, n. 5391/2017; Cass. II, n. 44305/2005). Difatti, come osservato dai giudici di legittimità, la targa di un'autovettura «costituisce il più significativo, immediato ed utile dato di collegamento della res con il proprietario che ne è stato spogliato» (Cass. II, n. 9026/1997). L'operazione di sostituzione della targa del veicolo provento di reato con altra di pertinenza di un mezzo diverso consente dunque di ritenere integrato il delitto e di escludere la qualificazione del fatto come ricettazione, quando il soggetto agente non si sia limitato a ricevere il mezzo di provenienza criminosa, ponendo invece in essere una condotta – quale quelle di sostituzione della targa – tale da ostacolare l'identificazione immediata del mezzo (Cass. I, n. 3373/1997). La sussistenza del delitto non è peraltro esclusa quand'anche il soggetto agente utilizzi una targa di sua proprietà, posto che – con riferimento al caso di riciclaggio di un ciclomotore – il Codice della strada richiede all'art. 97, perché il mezzo possa circolare, la dotazione della targa «che identifica l'intestatario del certificato di circolazione», con la conseguenza tale operazione «ostacola l'accertamento della provenienza delittuosa del mezzo, che appare nella legittima disponibilità dell'agente» (Cass. II, n. 39702/2018).
Domanda
È sufficiente il trasferimento del veicolo proveniente da reato per integrare il delitto di riciclaggio?
Orientamento più recente della Corte di Cassazione Integra il delitto di riciclaggio anche il mero trasferimento di un bene da un luogo ad un altro, ove idoneo a rendere di fatto più difficoltosa l'identificazione della sua provenienza delittuosa Muovendo dalla formulazione della norma incriminatrice della fattispecie di riciclaggio, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che anche il mero trasferimento materiale di un veicolo provento di reato, purché però idoneo a rendere di fatto più difficoltosa l'identificazione della sua provenienza criminosa, integra il delitto in esame (Cass. II, n. 23774/2020). Tale condizione è stata ritenuta soddisfatta nel caso di trasporto di un'autovettura, provento del delitto di appropriazione indebita, dall'Italia a un paese extracomunitario, ove sarebbe risultata particolarmente difficile, se non impossibile, la ricerca e l'individuazione del mezzo. Secondo la Corte, dunque, per trasferimento non deve intendersi in senso giuridico-negoziale, quale atto dispositivo della proprietà o del possesso, potendo invece assumere rilevanza «anche l'attività materiale di trasferimento da un luogo ad altro [...], ove valga a rendere di fatto più difficoltosa l'identificazione dell'origine illecita. Tale appare, appunto, lo spostamento di un'autovettura provento di furto all'estero: ed in particolare in uno stato extracomunitario, per l'oggettiva diminuzione delle probabilità di risalire al reato presupposto ed all'avente diritto, dovuta alla recisione del collegamento con il luogo di provenienza» (Cass. II, n. 23774/2020; Cass. II, n. 21667/2007; Cass. II, n. 23666/2008). I giudici di legittimità hanno infatti evidenziato che è sufficiente l'aver reso difficile e non necessariamente impossibile l'accertamento della provenienza del bene (Cass. II, n. 23774/2020). Tale maggiore difficoltà è stata senz'altro ravvisata a fronte del trasferimento in uno Stato estero (Cass. II, n. 51414/2013), dal momento che «l'art. 648-bis c.p. è un reato a condotta libera e la violazione della norma si realizza non solo attraverso la alterazione dei numeri identificati di automezzi rubati, o con l'assegnazione ad essi di targhe e documenti falsi, ma anche attraverso lo spostamento del bene rubato da un paese all'altro, essendo così più facile farne perdere le tracce». Orientamento meno recente della Corte di Cassazione Non integra il delitto di riciclaggio il mero trasferimento materiale di un'autovettura proveniente da reato La Corte di Cassazione, in alcune meno recenti occasioni, ha aderito ad una interpretazione restrittiva dell'art. 648-bis c.p., con particolare riferimento alla condotta di trasferimento ivi contemplata. Secondo i giudici di legittimità, infatti, «il mero trasporto in altro luogo del bene riciclato esula dalla condotta tipica di trasferimento, che deve essere intesa in senso esclusivamente giuridico di movimentazione dissimulatoria» (Cass. II, n. 1857/2016). Il trasferimento di un'autovettura oggetto di “clonazione” è stato pertanto ritenuto un comportamento ultroneo e non direttamente rilevante ai fini dell'integrazione del delitto di riciclaggio (Cass. II, n. 1857/2016). Ne deriva che, secondo tale impostazione, ove il soggetto agente non abbia posto in essere altre condotte e si sia limitato a spostare il veicolo di provenienza criminosa da un luogo ad un altro, non potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto di riciclaggio per aver trasferito il bene. Tanto non esclude invero la sussunzione del comportamento in questione nella diversa condotta di esecuzione di “altre operazioni”, purché tali da ostacolare la identificazione della provenienza criminosa del bene. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). ProcedibilitàIl delitto di riciclaggio è sempre procedibile d'ufficio, anche quando il reato presupposto sia procedibile a querela di parte e a prescindere dalla presentazione della querela per il reato presupposto, come previsto dall'ultimo comma dell'art. 648 c.p., richiamato espressamente dall'art. 648-bis, comma 5 c.p. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) A seconda che il reato presupposto del delitto di riciclaggio presenti natura delittuosa o contravvenzionale, il termine di prescrizione è destinato a mutare. Difatti, a seguito della riforma attuata con d.lgs. n. 195/2021, il comma 1 dell'art. 648-bis c.p. punisce, con la pena detentiva da quattro a dodici anni le condotte di riciclaggio di danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, mentre il comma 2 prevede, per le medesime condotte aventi però ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione (purché punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi) la reclusione da due a sei anni. Ne deriva che, per le condotte ex art. 648-bis, comma 1 c.p. il termine breve di prescrizione è pari a dodici anni, mentre per le condotte di cui al comma 2 va individuato in sei anni (cfr. art. 157 c.p.); in caso di eventi interruttivi, il primo termine sarà aumentato fino ad un massimo di quindici anni, mentre il secondo fino a sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), salvi periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). In relazione all'individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, la Corte di Cassazione ha precisato che, in presenza di più condotte attuative del reato, «attuate in un medesimo contesto fattuale e con riferimento ad un medesimo oggetto, si configura un unico reato a formazione progressiva e consumazione prolungata, che viene a cessare con l'ultima delle operazioni poste in essere» (Cass. II, n. 29869/2016). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di riciclaggio costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo. In relazione alle condotte di riciclaggio di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648-bis c.p., comunque circostanziate, non è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, in quanto il minimo edittale non supera i cinque anni di reclusione; è tuttavia possibile l'arresto facoltativo in flagranza di reato, tanto per il riciclaggio di danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, quanto per le condotte aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione (art. 381, comma 1, c.p.p.). Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648-bis c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Tutte le condotte di riciclaggio consentono l'applicazione di misure cautelari personali, ivi comprese le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), in quanto la cornice edittale detentiva prevista dai commi 1 e 2 dell'art. 648-bis c.p. soddisfa i requisiti previsti dall'art. 280, comma 1, c.p.p., essendo in entrambi i casi superiore nel massimo a tre anni; è inoltre applicabile la misura della custodia cautelare in carcere, ex art. 280, comma 2, c.p.p., dal momento che la pena detentiva supera i cinque anni di reclusione nel massimo, sia nelle ipotesi di cui al comma 1, sia in quelle di cui al comma 2 dell'art. 648-bis c.p. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Per i delitti di riciclaggio è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.). Citazione a giudizio Per i delitti di riciclaggio si procede con udienza preliminare. Composizione del tribunale Il tribunale decide in composizione monocratica in relazione alle condotte di cui al comma 2 dell'art. 648-bis c.p., aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, e in composizione collegiale in relazione alle condotte punite dal comma 1, aventi ad oggetto cose provenienti da delitto (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). 4. ConclusioniNella casistica applicativa del delitto di riciclaggio rivestono un ruolo centrale le condotte aventi ad oggetto veicoli o parti di essi, provento di reato. Le condotte di trasferimento, sostituzione o comunque di alterazione poste in essere in relazione ai veicoli di provenienza criminosa possono riguardare l'aspetto esteriore del mezzo, i segni che lo contraddistinguono o la relativa documentazione. Perché possa ritenersi perfezionato il delitto è sufficiente e, nel contempo, necessario che tali operazioni abbiano reso più difficoltosa l'identificazione del mezzo e quindi della sua provenienza da reato. La giurisprudenza ha pertanto ritenuto sufficiente, ai fini dell'integrazione del delitto di riciclaggio, la sostituzione della targa del mezzo, in quanto elemento di immediata identificazione dello stesso che, ove scambiato o alterato, determina l'effetto di ostacolarne il riconoscimento quale provento criminoso. Alle medesime conclusioni deve inoltre pervenirsi quando le condotte di riciclaggio abbiano riguardato i documenti del mezzo, tra cui la carta di circolazione. Maggiori problemi interpretativi pone la condotta di trasferimento, espressamente punita dall'art. 648-bis c.p. Difatti, parte della giurisprudenza escludeva in passato che il mero spostamento materiale di un'autovettura provento di reato fosse sufficiente a integrare il delitto di riciclaggio, sulla scorta di un'interpretazione della norma che fa riferimento alle sole operazioni di trasferimento in senso giuridico. Più di recente la giurisprudenza di legittimità ha invece accolto un'accezione più ampia di trasferimento, comprensiva delle operazioni di spostamento materiale dei beni, tale per cui integra la condotta delittuosa di riciclaggio il soggetto agente che trasferisca in un luogo diverso il mezzo, purché tuttavia tale operazione risulti idonea ad ostacolare l'accertamento della sua provenienza da reato. È infatti frequente il caso in cui autovetture provento di furto siano trasferite all'estero, in paesi extraeuropei in cui la normativa vigente rende meno agevole l'identificazione e il recupero delle stesse. |