Truffa a consumazione istantanea o prolungata: le conseguenze

SERGIO BELTRANI

1. Bussole di inquadramento

Secondo l'orientamento tradizionale della giurisprudenza (Cass. S.U.,n. 18/2000), la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo.

Nondimeno, la giurisprudenza più recente ammette che la truffa sia un reato suscettibile di c.d. consumazione prolungata, che si ha quando le erogazioni carpite al deceptus siano plurime, ma riconducibili alla medesima condotta fraudolenta. In particolare, la truffa cosiddetta “a consumazione prolungata” si configura come unico reato quando la frode è strumentale al conseguimento di erogazioni pubbliche il cui versamento viene rateizzato, e si consuma al momento della percezione dell'ultima rata di finanziamento: a tal fine, è necessario che tutte le erogazioni siano riconducibili all'originario ed unico comportamento fraudolento, mentre, nei casi in cui, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, è necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente, devono ritenersi integrati altrettanti ed autonomi fatti di reato (Cass. V, n. 32050/2014; Cass. II, n. 2576/2022).

Quando la pluralità di erogazioni sia percepita dal deceptor per effetto di una pluralità di distinte condotte fraudolente, si è, quindi, al cospetto di una pluralità di truffe, se del caso (ovvero se commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso) unificate dal vincolo della continuazione.

Ad esempio, la giurisprudenza più recente ha ritenuto che:

– il delitto di truffa commesso dall'intermediario finanziario che, senza autorizzazione, percepisca denaro da privati da investire in operazioni di trading mobiliare ha natura di reato istantaneo e si consuma al momento della diminuzione patrimoniale e dell'ingiustificato arricchimento quando le parti abbiano concluso contratti di mandato singoli, in forza dei quali l'autore del reato, ottenuto il versamento delle somme, effettua l'investimento mentre va considerato a consumazione prolungata quando, a fronte di un accordo iniziale, il cliente effettui periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo (c.d. piani di accumulo) (Cass. II, n. 189/2020: in applicazione del principio, la S.C. ha Corte ha annullato la sentenza che aveva considerato a consumazione prolungata la truffa effettuata mediante sottoscrizioni di singoli contratti di mandato, individuando erroneamente l'avvenuta consumazione al momento della mancata restituzione delle somme versate all'intermediario);

– integra il delitto di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche in danno della Regione la presentazione di documentazione falsa finalizzata ad ottenere il finanziamento da parte dell'ente indicato di un'opera pubblica, a nulla rilevando la circostanza che il ruolo di centrale di committenza sia poi svolto da un Comune, in quanto resta in capo alla Regione il potere di controllo sullo sviluppo progettuale ed esecutivo dell'opera nonché sul corretto utilizzo dei fondi erogati: trattasi di delitto a “consumazione prolungata”, il cui momento consumativo coincide con quello dell'ottenimento dell'ultima tranche del finanziamento (Cass. II, n. 3442/2020).

In tema di truffa aggravata per il conseguimento di una pensione d'invalidità, si è ritenuto che, qualora le erogazioni pubbliche a versamento rateizzato siano riconducibili ad un'originaria ed unica condotta fraudolenta, destinata a produrre effetti con cadenza periodica, la loro percezione conserva rilevanza penale anche in assenza di successive verifiche da parte dell'ente previdenziale e la consumazione del reato si realizza al momento dell'ultima percezione indebita (Cass. II, n. 23185/2019).

Questa possibile, duplice struttura del reato comporta, come si vedrà, significativi effetti.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Lo svolgimento, da parte del medico in servizio presso una struttura ospedaliera pubblica, di attività privata in assenza di autorizzazione ed in violazione della normativa intra moenia integra una pluralità di truffe istantanee, oppure un'unica truffa a consumazione prolungata?

L'orientamento meno recente

Un orientamento (Cass. II, n. 47247/2015), premesso che il reato di truffa in danno degli enti previdenziali per ricezione di indebite prestazioni di emolumenti e previdenze maturate periodicamente è normalmente un reato a consumazione prolungata, poiché l'agente, sin dall'inizio, ha la volontà di realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo, ha ritenuto che, in caso di svolgimento da parte di un medico di attività professionale privata senza informare e senza farsi autorizzare dall'ente di appartenenza, in violazione della normativa in tema di c.d. “intra moenia”, la condotta ingannatoria riveste carattere meramente omissivo, e si ripete in occasione di ogni percezione dello stipendio ovvero di illecito utilizzo di personale o di risorse dell'Ente.

L'orientamento più recente.

Secondo un orientamento successivo, si configura la truffa cd. “a consumazione prolungata”, e non una pluralità di reati, nella condotta del sanitario dipendente di una struttura ospedaliera pubblica che, omettendo di comunicare l'esercizio di attività professionale extra moenia, si garantisca la percezione periodica dell'indennità collegata all'esclusività del rapporto con l'amministrazione di appartenenza, in quanto la percezione dei singoli emolumenti è riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento, consistente nell'omissione della richiesta di passaggio al rapporto non esclusivo, prevista dalla normativa di settore, che determinerebbe la cessazione della situazione di illegittimità e l'interruzione delle indebite riscossioni (Cass. II, n. 4150/2019).

Domanda
A quali condizioni sono configurabili l'aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 7 c.p. e le attenuanti di cui all'art. 62, comma primo, n. 4 e n. 6 c.p. in riferimento alla truffa?

L'orientamento delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 3286/2009) hanno già chiarito che «i reati uniti dal vincolo della continuazione, con riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conservano la loro autonomia e si considerano come reati distinti. Ne consegue che, rispetto all'aggravante della rilevanza economica del pregiudizio patrimoniale (art. 61, comma primo, n. 7, c.p.) ed alle attenuanti della speciale tenuità (art. 62, comma primo, n. 4, c.p.) e dell'intervenuto risarcimento (art. 62, comma primo, n. 6, c.p.), l'entità del danno e l'efficacia della condotta riparatoria devono essere valutate in relazione ad ogni singolo reato e non al complesso di tutti i fatti illeciti avvinti dal vincolo della continuazione».

Come precisato dalla predetta decisione, ciò incide, all'evidenza:

– sull'individuazione del reato più grave;

– sulla determinazione della pena-base, nel caso in cui la sussistenza della circostanza riguardi la violazione ritenuta più grave;

– sulla determinazione del quantum dei rispettivi aumenti di pena, in caso di circostanza inerente ad uno ovvero a più tra gli altri reati posti in continuazione.

In ossequio alla predetta decisione, la giurisprudenza più recente ha condivisibilmente ritenuto che:

– ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 7, c.p. al reato continuato, la valutazione del danno di rilevante gravità deve essere operata non con riguardo al danno complessivamente causato dalle plurime violazioni unificate dal vincolo, ma con riguardo al danno patrimoniale cagionato da ogni singolo reato, poiché la considerazione unitaria del reato continuato è limitata ai soli effetti espressamente previsti dalla legge, mentre, ad ogni altro fine, la valutazione cumulativa può essere ammessa esclusivamente a condizione che garantisca un risultato favorevole al reo (Cass. VI, n. 50792/2019);

– l'attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 4 c.p. va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato (Cass. II, n. 9351/2018);

– la circostanza attenuante dell'integrale riparazione del danno di cui all'art. 62, comma primo, n. 6 c.p. va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, non occorrendo, per il riconoscimento della detta attenuante, che l'integrale riparazione intervenga a favore di tutte le persone offese dei singoli reati avvinti dal vincolo della continuazione; ne deriva che, ove la condotta riparatoria sia intervenuta in riferimento soltanto a taluno dei singoli fatti di reato unificati per continuazione, gli effetti dell'attenuante si producono sulla pena base quando il risarcimento riguardi il reato più grave e sugli aumenti di pena quando riguardi i reati satelliti (Cass. IV, n. 4616/2018).

L'orientamento contrario

Un orientamento contrario, episodicamente sostenuto anche dalla giurisprudenza più recente (Cass. II, n. 45505/2015; Cass. II, n. 34525/2021) ritiene che, in presenza di una pluralità di truffe unificate in continuazione, valendo, in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà del reato continuato, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno dell'aggravante del danno di rilevante gravità deve essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione commessa nei confronti di un'unica persona offesa, ma a quello complessivo causato all'unica persona offesa dalla somma delle violazioni.

La possibilità di contestare “in fatto” l'aggravante di cui all'art. 61 n. 7 c.p.

È stata ritenuta validamente contestata l'ipotesi di truffa aggravata ai sensi dell'art. 61, comma primo, n. 7, c.p. mediante l'originaria indicazione, nel capo di imputazione, del danno di rilevante gravità rappresentato dall'importo complessivo delle cambiali consegnate dall'imputato alla persona offesa in cambio del ritiro di un'istanza di fallimento, in seguito disconosciute e non onorate alla scadenza, dovendo ritenersi ammissibile la c.d. “contestazione in fatto” quando vengano valorizzati comportamenti individuati nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o ad oggetti determinati nelle loro caratteristiche, idonei a riportare nell'imputazione tutti gli elementi costitutivi della fattispecie aggravatrice, rendendo così possibile l'adeguato esercizio del diritto di difesa (Cass. II, n. 15999/2020).

Domanda
A quali condizioni sono dovuti gli aumenti di pena in continuazione? 

L'orientamento consolidato

Può ritenersi pacifico che la truffa c.d. “a consumazione prolungata” integri un solo reato, e non una pluralità di reati: ne consegue che erroneamente sarebbero applicati dal giudice territoriale aumenti di pena ex art. 81, comma secondo, c.p., per la pluralità di erogazioni percepite dal deceptor come conseguenza della condotta valorizzata (Cass. II, n. 4150/2019).

Domanda
A partire da quale momento decorre il termine di prescrizione nella truffa? 

L'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza

Secondo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza (Cass. II, n. 23185/2019; Cass. II, n. 2576/2022), ai fini della decorrenza del termine di prescrizione (art. 158 c.p.):

– in presenza di una truffa c.d. “a consumazione prolungata”, ovvero quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, il termine di prescrizione decorre dal momento della percezione dell'ultima erogazione (per una interessante applicazione del principio in fattispecie riguardante l'omesso pagamento della tassa di circolazione, cfr. Cass. II, n. 36278/2022);

– in presenza di plurimi ed autonomi reati di truffa (il che ricorre quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente), il termine di prescrizione decorre dalla consumazione dei singoli fatti illeciti, salva l'ipotesi – deve precisarsi – che la pluralità di reati sia commessa – come è ampiamente verosimile – in esecuzione del medesimo disegno criminoso, poiché in tal caso, per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020, il termine di prescrizione, ai sensi dell'art. 158, comma primo, ultima parte, c.p. (come riformulato – ripristinando l'originaria disciplina codicistica abrogata dalla l. n. 251 del 2005 – dall'art. 1, comma 1, lett. d), l. n. 3 del 2019), decorre dalla data di cessazione della continuazione.

L'orientamento minoritario

Una isolata decisione (Cass. II, n. 6864/2015) ha ritenuto che, nella truffa cosiddetta a consumazione prolungata, configurabile quando la frode è strumentale al conseguimento di erogazioni pubbliche il cui versamento viene rateizzato, il momento della consumazione del reato – dal quale far decorrere il termine iniziale ai fini della maturazione della prescrizione – è quello in cui è stata posta in essere l'ultima azione utile finalizzata ad ottenere l'erogazione dell'ulteriore tranche di finanziamento, non quello della percezione dell'ultima erogazione.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Querela (art. 336); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1).

Procedibilità

Per il reato di truffa, prima della Riforma Cartabia, si procedeva, di massima, ai sensi dell'art. 640, comma 3, c.p., a querela della p.o.; si procedeva d'ufficio ove ricorresse una delle seguenti circostanze aggravanti:

– aggravanti previste dall'art. 640, comma 2, c.p. (tra le quali rientra anche quelle di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p.);

– aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.

Ai sensi dell'art. 649-bis c.p., si procedeva, inoltre, di ufficio anche se:

– ricorressero circostanze aggravanti ad effetto speciale (inclusa la recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti: cfr. Cass. S.U. n.3585/2021);

– la persona offesa fosse incapace per età o per infermità;

– il danno arrecato alla persona offesa fosse di rilevante gravità (con duplicazione sostanziale del riferimento ai casi di cui all'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.).

Si procedeva sempre d'ufficio per la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis c.p.

Diversamente, la c.d. “Riforma Cartabia” [art. 2, comma 1, lett. o) e lett. q), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore, come stabilito dal d.l. n. 162 del 2022, conv., in l. n. 199 del 2022, dal 30 dicembre 2022], modificando gli artt. 640, comma 3, e 649-bis c.p., prevede che si proceda a querela di parte anche:

– per le truffe aggravate ai sensi dell'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.;

– per le truffe aggravate dalla recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti.

Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati:

A) nei casi in cui non pende il procedimento penale:

– se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade, pertanto, il 30/03/2023;

– in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza;

B) nei casi in cui pende il procedimento penale:

– avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella.

Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e quindi entro il 19/01/2022, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi.

Questa ultima disposizione non opera, peraltro, per il reato di truffa. Invero, per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle sole circostanza aggravanti ad effetto speciale, ma non anche della recidiva. Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione [e non anche alla truffa aggravata ex art. 61, comma primo, n. 7, c.p. (cui la norma non riconosce quoad poenam alcun “effetto speciale”, e che, pertanto, resta punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione), ovvero dalla recidiva nei casi di cui ai commi secondo e seguenti], sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281/286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p. è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura coercitiva ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità.

Alcune questioni che la nuova disciplina potrà proporre sono già state risolte dalla giurisprudenza in relazione a precedenti interventi novellatori dello stesso tenore:

– l'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che possano porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela (Cass. S.U. ,n. 40150/2018: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018 n. 36 ed i giudizi pendenti in sede di legittimità);

– non possono porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela quando la persona offesa abbia già manifestato la volontà di punizione del reo, costituendosi parte civile e persistendo in tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Cass. II, n. 28305/2019 e Cass. V, n. 44114/2019: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. n. 36 del 2018);

– la remissione della querela, pur intervenuta in un momento nel quale vigeva un regime di procedibilità d'ufficio, comporta l'obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ove disposizioni sopravvenute abbiano comportato la procedibilità di ufficio: la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, comporta, infatti, la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti (Cass. II, n. 225/2019: fattispecie riguardante la modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36). (In motivazione la Corte ha richiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, dalla quale discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti);

– non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell'art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d'ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis (Cass. I n. 1628/2020: fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato art. 61, comma 1, n. 11, c.p., divenuto procedibile a querela a seguito del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36);

– la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.lgs. 15 maggio 2018, n. 36 non costituisce prova nuova ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione: in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell'istituto della querela, la sopravvenuta disciplina più favorevole deve, infatti, essere applicata nei procedimenti pendenti, salva l'insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., se non derogata da una disposizione transitoria ad hoc (Cass. II, n. 14987/2020).

Fin qui, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sono pacifici; vi è, al contrario, contrasto sulla possibile valenza della querela tardiva o comunque, per altro verso, irrituale, sporta quando vigeva un regime di procedibilità d'ufficio:

– un orientamento ritiene privo di rilievo il fatto che la persona offesa abbia, in precedenza, manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., atteso che la valutazione in ordine alla condizione di procedibilità è ancorata al momento dell'entrata in vigore del nuovo regime normativo che prevede la procedibilità a querela, a nulla rilevando eventuali irregolarità della querela afferenti ad un momento procedimentale anteriore, in cui la querela stessa non era richiesta ai fini della procedibilità (Cass. II, n. 25341/2021; Cass. II, n. 11970/2020; Cass. S.U. , n. 5540/1982);

– altro orientamento ritiene preclusa la possibilità di esercitare il diritto di sporgere querela per la p.o. che abbia in precedenza già manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., poiché, diversamente, l'avviso si risolverebbe in una rimessione in termini, precisando che l'onere di tempestività a carico della parte che si ritenga persona offesa dal reato, sussiste indipendentemente dalla procedibilità del reato di ufficio o a querela di parte (Cass. II, n. 8823/2021; Cass. II, n. 12420/2020).

Quest'ultimo orientamento appare all'evidenza non condivisibile, pretendendo di valorizzare, al fine di precludere alla p.o. l'esercizio della facoltà di sporgere querela, vizi della medesima intervenuti quando l'atto era irrilevante, vigendo un regime di procedibilità officiosa.

Improcedibilità delle impugnazioni e prescrizione del reato

Per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al reato di truffa, comunque circostanziato:

– non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, co. 2, c.p.p.);

– non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p.

Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 61, co. 1, n. 5, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione, e non anche alla truffa non aggravata, punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

In ordine al reato di truffa non aggravata, per il quale è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, lett. i), c.p.p.), l'art. 391, comma 5, c.p.p. consente l'applicazione di misure cautelari coercitive soltanto in caso di arresto in flagranza, stabilendo che, in tali casi, “l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lett. c), e 280”.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per la truffa non aggravata si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p.

Si procede con udienza preliminare, in luogo che con citazione diretta del P.M. a giudizio, soltanto se la circostanza aggravante di cui all'art. 61, co. 1, n. 5, c.p. sia configurabile (cfr. artt. 550, comma 1, c.p.p. e 640, comma 2, n. 2-bis, c.p.).

Composizione del tribunale

Della configurabilità o meno della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa, di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p., con riguardo al reato di truffa, si deve tenere conto agli effetti previsti dall'art. 33, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica): il processo per il reato di truffa, aggravata o meno, si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Per il reato di truffa è sempre applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., a meno che non ricorrano le condizioni di cui all'art. 131-bis, comma secondo, c.p. (cfr. amplius Caso “Le truffe on line”).

4. Conclusioni

In riferimento al reato di truffa, la valutazione in ordine alla configurabilità o meno dell'aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 7, c.p. e delle attenuanti di cui all'art. 62, comma primo, nn. 4 e 6, c.p. risente necessariamente della struttura del reato:

– in presenza di una truffa a c.d. consumazione prolungata, il reato è unico, e la predetta valutazione deve essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione commessa, ma a quello complessivamente causato all'unica persona offesa dal complesso delle violazioni;

– in presenza di una pluralità di truffe, che risulti tale alternativamente in considerazione del fatto che il deceptor ha percepito una pluralità di profitti ingiusti, con altrui danno, per effetto di plurime e distinte condotte fraudolente reiterate nel tempo, ovvero in presenza di fatti-reato che ledono o mettono in pericolo il patrimonio di più persone offese, la valutazione riguardante le predette circostanza andrà operata singolarmente, truffa per truffa, persona offesa per persona offesa.

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