Osservatorio antimafia - Consistenza del quadro indiziario e motivazione dell’informativa

04 Aprile 2023

Come affermato costantemente dalla giurisprudenza, la motivazione dell'informativa antimafia deve rappresentare, in maniera completa, il quadro degli elementi indiziari in virtù dei quali l'Autorità abbia ritenuto attuale e concreto il rischio di infiltrazioni mafiose all'interno della società od impresa interessata, ponendo in particolare risalto gli elementi di permeabilità criminale che possono influire anche indirettamente sull'attività dell''impresa.

Il caso. La Prefettura, ritenendo sussistere “un concreto ed attuale rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata in considerazione del concreto ed attuale pericolo di condizionamento determinato dalla convivenza familiare e dalla condivisione del medesimo indirizzo delle sedi legali tra società intestate al ricorrente e quelle amministrate dal genitore, operanti in settori economici affini e contigui”, adottava nei confronti della società ricorrente l'informazione antimafia interdittiva. La società ricorrente impugnava tale provvedimento dinanzi al Tar, eccependo l'insufficienza del quadro probatorio posto a fondamento dello stesso.

La pronuncia del TAR Lazio. Il Tribunale, dopo aver dichiarato fondato il ricorso, ha sottolineato che, se pure il provvedimento interdittivo antimafia assolve ad una funzione preventiva e si fonda su elementi prognostico-probabilistici, la motivazione dell'informativa antimafia deve rappresentare, in maniera completa, il quadro degli elementi indiziari in virtù dei quali l'Autorità abbia ritenuto attuale e concreto il rischio di infiltrazioni mafiose all'interno della società od impresa interessata, ponendo in particolare risalto gli elementi di permeabilità criminale che possono influire anche indirettamente sull'attività dell'impresa (Cons. Stato, sez. III, 8 luglio 2020 n. 4372Cons. Stato, sez. III, 24 settembre 2019 n. 6360).

In particolare, secondo i giudici, il quadro indiziario dell'infiltrazione mafiosa, posto a base dell'informativa, deve dar conto in modo organico e coerente di quei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza dai quali, sulla base della regola causale del più probabile che non, il giudice amministrativo possa pervenire in via presuntiva alla conclusione ragionevole che tale rischio sussiste tenuto conto di tutte le circostanze di tempo, di luogo e di persona specificamente dedotte a sostegno dell'adottato provvedimento (Cons. Stato, sez. III, 11 giugno 2018 n. 3506).

Emerge quindi, secondo il collegio, la necessità che un provvedimento così invasivo come l'informazione prefettizia antimafia debba fondarsi su dati di fatto concreti che denotino un pericolo attuale di infiltrazione mafiosa. In tale contesto il reato pregresso costituisce solo un indice sintomatico ("reato spia") e non è sufficiente a fondare l'interdizione così come, correlativamente, anche la mancanza di un reato non è sufficiente ad escludere il pericolo di infiltrazione mafiosa nell'impresa laddove altri fatti, oppure le stesse risultanze fattuali processuali che pure hanno condotto ad una sentenza di assoluzione, inducano a ritenere secondo un criterio probabilistico che sia verosimile un tentativo di condizionamento dell'azienda da parte di organizzazioni criminali.

In altri termini il reato non è condizione né necessaria, ma neanche sufficiente, per motivare l'emanazione dell'informativa interdittiva dovendo quest'ultima basarsi anche su circostanze concrete e di fatto, risultanti dalle indagini delle Forze di Polizia, le quali valutate nel loro insieme e nella loro concatenazione reciproca lascino presumere con alto grado di probabilità l'esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa per condizionare gli indirizzi dell'azienda (cfr. TAR Toscana Firenze, Sez. II, 14 novembre 2022, n. 1311).

In conclusione, il Collegio ha affermato che l'informativa antimafia può legittimamente fondarsi pure su circostanze risalenti nel tempo purché queste, riguardate nel loro complesso, siano idonee almeno in termini presuntivi, in conformità al criterio del "più probabile che non", a giustificare un giudizio di attualità e concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (TAR Campania-Napoli, sez. I, 7 maggio 2018, n. 3045).

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