Revoca dell'amministratore in prorogatio

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

L'amministratore in prorogatio

Per prorogatio, si intende la prosecuzione nella carica di amministratore in via provvisoria (o ad interim) proprio per sottolineare una situazione provvisoria che andrà a risolversi in futuro. L'amministratore, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuarli ad esercitare fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore. Ma tale principio – nell'elaborazione giurisprudenziale – si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell'ex amministratore, all'interesse ed alla volontà dei condomini (Cass. II, n. 1445/1993). Dunque, secondo i giudici, in tema di condominio di edifici, l'istituto della prorogatio imperii – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, comma 2, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina (Cass. VI, n. 14930/2013; Cass. II, n. 18660/2012; Cass. II, n. 1405/2007).

La durata dell'incarico e i problemi interpretativi della prorogatio

Prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio (l. n. 220/2012), l'amministratore durava in carica un anno e, al termine di questo periodo di tempo, doveva essere considerato cessato dall'incarico per scadenza del termine e proseguiva nel suo incarico in prorogatio fino alla sua riconferma o revoca, salvo il diritto di ciascun condomino, nel caso di mancata conferma alla prima assemblea utile, di ricorrere all'autorità giudiziaria per la nomina giudiziale dell'amministratore. Con la riforma, l'art. 1129, comma 10, c.c. (nuova formulazione) prevede che l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata e l'assemblea, convocata per la revoca o le dimissioni, delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore. Questa disposizione è stata interpretata dagli operatori del diritto in diversi modi. Per meglio dire, con la nuova disposizione è sorto un contrasto di lettura della norma: la durata dell'incarico è annuale (la nomina deve essere deliberata tutti gli anni); la durata dell'incarico è biennale (l'amministratore decade dal proprio mandato dopo due anni dalla nomina, continuando successivamente ad operare in regime di prorogatio fino alla nomina di un nuovo amministratore); la durata dell'incarico avviene tramite rinnovo tacito (c.d. durata 1+1 ove l'amministratore, al termine del primo anno di incarico, in assenza di dimissioni o di espressa volontà di revoca da parte dei condomini, non dovrà inserire all'ordine del giorno il punto relativo alla sua conferma, in quanto si intenderà rinnovato tacitamente e svolgerà così, un secondo anno di incarico nella pienezza dei suoi poteri. Al termine del secondo anno di incarico, però, tale rinnovo tacito non sarà più operante e l'amministratore dovrà necessariamente inserire all'ordine del giorno apposito punto relativo alla sua nomina); la durata dell'incarico avviene in maniera sine die (in assenza di dimissioni o di revoca da parte dell'assemblea dei condomini, sussiste l'automatico rinnovo dell'incarico dell'amministratore di anno in anno, senza alcuna soluzione di continuità). In conclusione, in presenza di “diverse letture” della citata norma, spetta all'interprete individuare le regola da applicare in relazione al caso da affrontare.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'amministratore in prorogatio può essere revocato da parte dell'autorità giudiziaria?

Inammissibilità della revoca dell'amministratore in prorogatio

In mancanza di nomina o in presenza di conferma avvenuta con maggioranza insufficiente, l'amministratore rimane in carica con tutti i poteri; tale situazione si protrae fino ad una nuova nomina che può avvenire ad opera dell'assemblea, del giudice su ricorso anche di un solo condomino o anche su ricorso dello stesso amministratore. Quindi, alla scadenza del termine prefissato per la carica di amministratore, il mandato si estingue per legge e, per ovviare ad una mancata nomina immediata di altro amministratore, quest'ultimo continua ad esercitare i suoi poteri provvisoriamente. Da qui, la conseguenza inevitabile che non si può revocare giudizialmente un amministratore non più in carica. Il mandato si estingue alla scadenza del termine, pertanto viene a mancare il presupposto in forza del quale può essere esercitata la domanda di revoca (Trib. Como 6 aprile 2022). Secondo questo orientamento, il ricorso per la revoca vìola il principio della sovranità dell'assemblea che ha il potere di decidere sulla revoca sottoponendo la stessa al voto, e quindi all'effettiva manifestazione di volontà, di tutti gli altri condomini. Il singolo condomino può, invece, legittimamente richiedere all'autorità giudiziaria un provvedimento ex art. 1105 c.c. che disponga la nomina di un nuovo amministratore, previa dimostrazione che l'assemblea non abbia provveduto in tal senso (Trib. Teramo 29 giugno 2016); il ricorso, dunque, è inammissibile poiché rivolto nei confronti di un amministratore per il quale l'incarico è già scaduto (Trib. Catania 10 febbraio 2014). Dunque, per tale orientamento, non si può revocare giudizialmente l'amministratore in prorogatio imperii, ma si può agire indirettamente solo per la nomina giudiziale di un nuovo amministratore (App. Lecce 10 gennaio 2022). Ciò porta alla considerazione che l'amministratore che, successivamente alla cessazione dell'incarico e prima della nomina del sostituto, commetta delle inadempienze nello svolgimento delle attività urgenti, non è soggetto alla revoca giudiziale di cui all'art. 1129, comma 11, c.c.: il condomino dissenziente può soltanto esigere il risarcimento del danno (Trib. Foggia 6 novembre 2020: non può trovare applicazione la tutela risolutoria in relazione ad un contratto già estinto o inefficace. Invero, non è applicabile la tutela risolutoria (ma esclusivamente quella risarcitoria) in relazione all'inadempimento delle obbligazioni che non hanno la loro fonte nel contratto, ma nella legge o nel contatto sociale qualificato).

Ammissibilità della revoca dell'amministratore in prorogatio

Nonostante l'orientamento contrario alla revoca dell'amministratore in prorogatio, altri giudici hanno sostenuto “una diversa lettura”. Secondo i giudici baresi, chi nega la possibilità della revoca equipara lo status di amministratore revocato a quello in prorogatio. Difatti, il comma 8 dell'art. 1129 c.c. ha invece disciplinato, indicandole in quelle urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, le attività che l'amministratore cessato dall'incarico può continuare a svolgere. La revoca giudizialmente ha, invece, come effetto quello di non consentire all'amministratore revocato di continuare a svolgere legittimamente anche tali funzioni. La pronuncia di revoca, inoltre, ha la specifica utilità di determinare, ai sensi del comma 13 dell'art. 1129 c.c., l'impossibilità in capo all'amministratore revocato di essere nuovamente nominato da parte dell'assemblea. Pertanto, ove la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio non fosse ammessa, verrebbe meno la possibilità di qualsiasi controllo giudiziale sull'operato di questi, a discapito delle minoranze dell'assemblea condominiale o di singoli condomini dissenzienti, la cui tutela dovrebbe essere il perno della disciplina legislativa inerente alla funzione assembleare (App. Bari 12 giugno 2019: nel caso di specie, oltre alla prova del mancato raggiungimento dei quorum per la nomina del nuovo professionista, i rendiconti degli anni dal 2012 al 2017 erano risultati portati in assemblea solo il 9 aprile 2018 e approvati il 27 giugno 2018, quindi con un ritardo enorme; ciò, secondo i giudici, costituiva indubbiamente un'ipotesi di grave irregolarità che consentiva la revoca dell'l'amministratore in prorogatio). Quindi, l'amministratore in prorogatio è tenuto a svolgere i propri compiti e all'osservanza dei propri doveri, sicché, successivamente alla cessazione del suo incarico e prima della nomina del sostituto, deve pur sempre essere consentito un controllo giudiziale circa la sua attività (App. Roma 25 giugno 2020: ove si seguisse l'assunto difensivo dell'amministratore, si aggirerebbe il divieto per l'assemblea di nominare nuovamente l'amministratore revocato giudizialmente ex art. 1129 c.c.; del resto, secondo il ragionamento della Corte capitolina, a seguito delle contestazioni promosse dai condomini, l'amministratore ben avrebbe potuto ovviare a tali inconvenienti attivandosi in qualche modo, ad esempio con la nomina di esperti contabili oppure promovendo azioni nei confronti di quei condomini che fossero risultati morosi; in definitiva, il comportamento inerte dell'amministratore non può trovare apprezzabile giustificazione, nel caso di specie, nella presunta “oggettiva difficoltà contabile” ereditata dalle precedenti gestioni e dal mancato riscontro di alcuni pagamenti. In conclusione, alla luce di quanto innanzi esposto, il reclamo è stato rigettato; per l'effetto, è stato confermato il provvedimento di revoca dell'amministratore). Infine, seguendo l'orientamento in esame, in applicazione del principio della prorogatio imperii, i giudici hanno precisato che le dimissioni dell'amministratore non fanno venire meno l'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti il deliberato condominiale, permanendo un interesse giuridico alla stessa, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1129, comma 13, c.c. secondo il quale in caso di revoca giudiziale dell'amministratore, lo stesso non può più essere nominato dall'assemblea (Trib. Catanzaro 15 giugno 2022: il Tribunale ha accolto la richiesta di revoca dall'incarico di amministratore del condominio, nonostante le dimissioni presentate da quest'ultimo).

Divieto di nomina assembleare dell'amministratore revocato dal Tribunale

Il divieto di nomina dell'amministratore revocato dal Tribunale disposto dall'art. 1129, comma 13, c.c., in forza del quale, “in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato” è temporaneo, e non comprime definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l'incarico, rilevando soltanto per la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione. In altri termini, il divieto di nomina posto dalla citata disposizione funziona nei confronti dell'assemblea, precludendole di rendere inoperativa la revoca giudiziale con una delibera che riconfermi l'amministratore rimosso dal Tribunale e ciò pure se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca (Cass. II, n. 3198/2023; Trib. Prato 7 settembre 2023).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Alcuni condomini comunicano all'amministratore dimissionario che, a seguito delle riscontrate inadempienze agli obblighi conseguenti alla permanenza del rapporto di mandato relativamente al corretto disbrigo degli affari relativi alla gestione ordinaria del condominio, nel caso in cui tale situazione di inadempimento continui, decorsi quindici giorni dal ricevimento della stessa comunicazione inoltrata via pec, senza ulteriore preavviso, provvederanno a chiedere la revoca giudiziale del medesimo.

Funzione e natura del giudizio

Il ricorso per la revoca dell'amministratore dimissionario del condominio è un procedimento di volontaria giurisdizione, il cui fine è quello di salvaguardare i diritti dei condomini, in caso di inerzia dell'assemblea.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'art. 71-quater disp. att. cc., introdotto dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, precisa che per le controversie in materia di condominio ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono, tra le altre, quelle degli articoli da 61 a 72 disp. att. c.c., comprendendo, dunque, l'art. 64 disp. att. c.c. relativo alla revoca dell'amministratore. Tuttavia, l'art. 5, comma 4, lett. f), come sostituito dal d.l. n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico.

Competenza

È competente il Tribunale del luogo dove si trova il condominio.

Legittimazione

In caso di inerzia dell'assemblea nel revocare l'amministratore dimissionario, la legittimazione attiva a richiederla al tribunale spetta ad uno o più condomini. Va quindi precisato che, nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell'amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore a titolo personale, non anche il condominio che, pertanto, non può intervenire in adesione all'amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente.

Profili di merito

Onere della prova

I condomini, i quali intendano chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio, hanno l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Gli stessi devono dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva volta ad addivenire alla relativa revoca giudiziale. Qualora i condomini agiscano per fare revocare l'amministratore in prorogatio dall'autorità giudiziaria adita, siccome l'assemblea è risultata inerte non avendo provveduto nonostante i rituali tentativi eseguiti a tale fine, incombe sull'amministratore del condominio convenuto l'onere di provare il venire meno dell'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per l'inesistenza di gravi violazioni inerenti la gestione condominiale, mentre resta a carico degli istanti la dimostrazione della prova contraria.

Contenuto del ricorso

La domanda per la revoca dell'amministratore in prorogatio assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dei fatti integranti la pretesa posta a fondamento del ricorso.

In particolare, il ricorso deve indicare la necessità della revoca dell'amministratore per non avere l'assemblea condominiale provveduto, a tale fine, allegando copia del verbale negativo dell'assemblea, l'istanza di revoca dell'amministratore e la fissazione dell'udienza per la decisione. Il giudice, con decreto, fissa l'udienza ed il termine entro il quale il ricorrente deve procedere alla notifica del ricorso e del decreto alla parte convenuta.

Nel ricorso, va spiegato la prorogatio dell'amministratore non fanno venire meno l'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti all'osservanza degli obblighi afferenti la gestione corrente del condominio.

Il ricorso, unitamente alla procura alla lite su atto separato, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente e depositato telematicamente – unitamente al pagamento del contributo unificato anch'esso eseguito in forma telematica – negli uffici giudiziari in cui è in vigore il processo civile telematico.

Richieste istruttorie

I condomini devono produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza della richiesta di revoca giudiziale dell'amministratore dimostrando che lo status di prorogatio non fa venire meno l'interesse dei medesimi ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti all'osservanza degli obblighi afferenti alla gestione corrente del condominio unitamente all'impossibilità dell'assemblea nel provvedere in merito. Dal canto suo, l'amministratore in prorogatio deve provare il venire meno dell'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per l'inesistenza di gravi violazioni inerenti alla gestione condominiale.

4. Conclusioni

L'istituto della prorogatio imperii – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore – è applicabile quando il condominio risulti privato dell'opera dell'amministratore e, pertanto, anche nei casi di revoca del medesimo. La ratio posta alla base di questo istituto è quella di garantire al condominio la continuità nella gestione, dando per conforme questa continuità alla volontà dei condomini.

Ciò premesso, secondo una giurisprudenza di merito, l'istanza di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, promosso da un condomino ai sensi dell'art. 1129 c.c., è improcedibile se non è preceduta dalla convocazione dell'assemblea che deve pronunciarsi su tale revoca (App. Torino 5 dicembre 2017).

Il singolo condomino è, comunque, legittimato a chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore in presenza di comportamenti contrari agli obblighi imposti dalla legge e dal regolamento di condominio che pregiudichino la gestione economica o sociale del condominio.

Il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio riveste carattere eccezionale ed urgente, ispirato dall'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore. Tali essendo le caratteristiche del giudizio, non è pertanto ammissibile, in esso, l'intervento adesivo del condominio ovvero di altri condomini rispetto a quello istante, uniche parti legittimate a parteciparvi e contraddirvi essendo il ricorrente e l'amministratore, con la conseguenza che gli effetti del regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c. devono esaurirsi nel rapporto tra costoro (Cass. II, n. 2726/2023).

La procedura di revoca dell'amministratore di condominio rientra nelle controversie in materia di condominio di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010, per le quali è prevista la mediazione obbligatoria?

Il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio – al pari di quello di nomina – riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, essendo ispirato all'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela finalizzata ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, ed è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità, ragione per cui esso non riveste, alcuna efficacia decisoria.

Pertanto, sebbene l'art. 71-quater disp. att. cc., introdotto dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, precisa che, per le controversie in materia di condominio ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono, tra le altre, quelle degli articoli da 61 a 72 disp. att. c.c., comprendendo dunque l'art. 64 disp. att. c.c. relativo alla revoca dell'amministratore, l'art. 5, comma 4, lett. f), come sostituito dal d.l. n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico (Cass. VI, n. 1237/2018).

Tuttavia, sebbene con riferimento al procedimento di revoca dell'amministratore di condominio – a cui è speculare quello volto alla nomina del nuovo amministratore – secondo parte della giurisprudenza di merito gli artt. 71-quater e 64 disp. att. c.c. rappresenterebbero una norma speciale nella specifica materia del condominio.

Si tratta, evidentemente, di orientamenti contrastanti che necessiterebbero di un intervento chiarificatore ad opera della giurisprudenza di legittimità, se non dello stesso legislatore.

Ciò premesso, lo stato di prorogatio dell'amministratore è sufficiente a fare venire meno l'interesse del condomino a proseguire il procedimento e, quindi, a determinare la cessazione della materia del contendere?

Detto in altre parole, è ammissibile la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio?

La risposta è affermativa, in quanto ove la revoca giudiziale dell'amministratore in regime di prorogatio non fosse ammessa, si determinerebbe una lesione insanabile dei diritti dei condomini (App. Bari 27 giugno 2019).

In tale ottica, va considerato che l'art. 1129, comma 8, c.c. disciplina tutte le attività urgenti che l'amministratore cessato dalla carica può continuare a svolgere, al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, ragione per cui, la revoca giudiziale ha come effetto quello di non consentire all'amministratore revocato di continuare a svolgere legittimamente anche tali funzioni, ed inoltre, la specifica utilità di determinare, ai sensi dell'art. 1129, comma 13, c.c., l'impossibilità in capo all'amministratore revocato di essere nuovamente nominato da parte dell'assemblea.

Appare evidente che ammettere l'opinione contraria significherebbe negare la possibilità di esercitare ogni forma di controllo dell'autorità giudiziaria sull'operato dell'amministratore scaduto dal mandato, e ciò a svantaggio della minoranza dell'assemblea condominiale, o di singoli condomini dissenzienti, la cui tutela dovrebbe essere, al contrario, il fulcro della disciplina afferente al regolare funzionamento dell'assemblea dei condomini.

Del resto, l'art. 1129, comma 8, c.c. può essere interpretato in conformità della ratio della riforma e della giurisprudenza fino ad oggi prevalente, sulla cui scorta le funzioni dell'amministratore in regime di prorogatio imperii impongono al medesimo di continuare ad assolvere agli obblighi previsti dalla legge nell'adempimento del mandato ad amministrare e, in mancanza, legittima il condomino a richiedere la sua revoca giudiziale.

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