Cessione di ramo d’azienda tra banche: transazione conclusa dal correntista e responsabilità della banca cessionaria
10 Luglio 2023
Massima Una pretesa restitutoria che si origina da un rapporto bancario costituisce, sotto il profilo tecnico, un debito, che in quanto tale si trasferisce alla banca cessionaria per effetto del meccanismo previsto dall'art. 58 TUB. La banca cessionaria, in deroga all'art. 2560 c.c., è responsabile per tale debito in via diretta, e non in via di solidarietà con la banca cedente). Tale responsabilità permane anche in caso di definizione transattiva dell'originario rapporto tra l'attore e la banca cedente. Il caso Tizio conviene in giudizio innanzi al tribunale di Salerno la banca Beta (cessionaria del ramo d’azienda precedentemente gestito da Banca Alfa), chiedendo, in relazione al rapporto di conto corrente intercorso, la condanna della convenuta (in ragione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi applicata e della nullità della clausola che la prevede), previa rideterminazione del saldo, al pagamento delle somme illegittimamente incassate. La banca convenuta si costituisce eccependo il difetto della propria legittimazione e, nel merito, l’infondatezza della domanda, ma il tribunale, accogliendo la domanda, condanna la banca al pagamento di circa €164.000. La banca Beta propone appello, opinando che, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, il rapporto di conto corrente intrattenuto dall’attore con la banca Alfa non rientrava nel conferimento del ramo di azienda in favore della banca Beta, poiché da tale conferimento erano stati espressamente esclusi i crediti “a sofferenza”, come quello vantato dalla banca Alfa verso l’attore; di conseguenza, qualsiasi pretesa restitutoria vantata in relazione al predetto rapporto di conto corrente avrebbe dovuto essere azionata nei confronti della banca Alfa. La corte d’appello accoglie l’appello, osservando che:
Avverso il provvedimento ricorre con ricorso principale Tizio sulla base di quattro motivi, mentre la Banca Beta resiste con controricorso. La questione Vengono in rilievo, nel provvedimento in esame, tre distinte questioni:
Le soluzioni giuridiche L'argomentazione della Suprema Corte procede sulle seguenti considerazioni:
La corte, poi, aggiunge (con una precisazione dai rilevanti risvolti operativi e applicativi, ancorché si tratti di questione che esula dal caso in esame) una menzione alla consolidata giurisprudenza in tema di azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto le rimesse su conto corrente a favore di una banca, la cui azienda sia poi stata ceduta ad altra banca, ricordando che la legittimazione passiva sussiste in capo alla cessionaria soltanto ove risulti che con l'azienda bancaria siano state trasferite tutte le attività e passività aziendali (e, dunque, anche i debiti futuri derivanti dall'azione revocatoria, in quanto obbligazioni ad oggetto determinabile), in quanto al momento della cessione erano identificabili (naturalmente, ove risultanti dalla contabilità) gli eventuali debiti in relazione ai pagamenti eseguiti dai debitori poi falliti. Osservazioni Il provvedimento in commento ha risvolti applicativi – se così può dirsi – a doppio livello, offrendo preziosi spunti “di azione” dal lato degli utenti di servizi bancari (in una materia, quella degli interessi anatocistici, che ha visto fiorire nel corso degli anni un contenzioso assai significativo), e altrettanto preziosi spunti di riflessione dall'altro lato, in particolare con riferimento all'affermato principio secondo cui i debiti restitutori (inclusi quelli potenzialmente oggetto di revocatoria fallimentare) sono e permangono tali, e possono essere oggetto di richiesta nei confronti della banca cessionaria, anche se l'originario rapporto è stato definito con la stipula di una transazione. Aspetto, questo, particolarmente significativo, dal momento che – solitamente – gli accordi transattivi raggiunti tra le parti contengono clausole c.d. di chiusura tombale, con i quali le parti rinunciano, ciascuna per quanto di propria competenza, a far valere qualsiasi pretesa con riferimento al rapporto oggetto di transazione. Ora, il provvedimento oggetto di commento non menziona in alcun modo l'esistenza di una tale pattuizione, né di eccezioni sollevate dalla banca cessionaria Beta a tal riguardo. Quello che possiamo immaginare è che (escludendo che tale argomento non sia stato sollevato per scelta o per disattenzione) il testo di transazione non contenesse la c.d. clausola tombale, o che (ed è questa l'ipotesi più verosimile) la banca cessionaria non avesse a propria disposizione il testo della transazione raggiunta tra l'attore e la banca cedente, e non potesse avvalersi di tale previsione. Sia come sia, il provvedimento costituisce un prezioso (naturalmente, dal lato dell'utente di servizi bancari) precedente in una materia in cui c'è stato (e, sia pure in misura minore, esiste tuttora) un rilevante contenzioso, stabilendo che:
Proprio quest'ultimo aspetto offre un prezioso (ancorché onerosissimo) spunto di riflessione dal lato di chi presta servizi bancari. Ove nel contesto dell'intesa transattiva raggiunta vi sia una espressa rinuncia contrattuale da parte del correntista a far valere (sia nei confronti della propria controparte, sia delle sue aventi causa) pretese in relazione ai rapporti oggetto di definizione transattiva, tale rinuncia potrebbe essere efficacemente opposta al correntista. Visto in controluce, il provvedimento pone sui soggetti cessionari un gravosissimo onere, cioè quello di raccogliere e conservare tutta la documentazione relativa ai rapporti definiti in via transattiva prima della cessione, e ciò anche con riferimento anche ai rapporti teoricamente oggetto di cessione (o di conferimento) di azienda, ma definiti in via transattiva prima della cessione. Considerato il numero di rapporti che solitamente viene ceduto/conferito unitamente al ramo d'azienda, si tratta di una mole documentale di enormi dimensioni, di cui la banca cessionaria dovrà – naturalmente, se intende avvalersi delle previsioni in proprio favore stipulate negli atti transattivi – premurarsi di avere e conservare, diligentemente, copia. |