Giudicato amministrativo: formazione e termine per proporre domanda risarcitoria

Redazione Scientifica
25 Settembre 2023

Il C.g.a. affronta il tema del passaggio in giudicato della sentenza amministrativa e della decorrenza del termine per proporre la domanda risarcitoria.

Il Consiglio di giustizia amministrativa ha dichiarato irricevibile, per tardività della notifica ai sensi dell'art. 30, comma 5, c.p.a., la domanda risarcitoria introdotta con ricorso di primo grado notificato oltre il termine di decadenza di centoventi giorni decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, ritenendo non rilevante – ai fini dell'invocata posposizione della decorrenza del termine per proporre la domanda risarcitoria ex art. 30, comma 5, c.p.a. – «la successiva proposizione di un mezzo di impugnazionestraordinario” (peraltro ad opera di un soggetto diverso dal ricorrente) come la revocazione, evento che si profila come incerto nell' an e nel quando dopo il passaggio in giudicato della sentenza di appello e che rimetterebbe in termini, sine die, sul crinale risarcitorio, chiunque avesse ottenuto una pronuncia positiva».

Il Collegio, nell'ambito di una più generale ricostruzione del sistema, illustra, in maniera articolata, il momento del passaggio in giudicato della sentenza amministrativa (coincidente con il dies a quo del termine decadenziale di cui all'art. 30, comma 5, c.p.a.), entro cui può proporsi la domanda risarcitoria:

a) la proposizione della revocazione ordinaria, essendo un mezzo di impugnazione ordinario, è ostativa alla immediata formazione del giudicato sulla sentenza revocanda, il quale dunque si forma con la pubblicazione della decisione di inammissibilità della revocazione, qualora tale ultima sentenza non sia passibile di ricorso per cassazione;

b) né, a prolungare di sei mesi tale termine, soccorre l'art. 107, comma 1, c.p.a., perché avverso la declaratoria di inammissibilità della revocazione non è ammesso il ricorso in cassazione, non potendosi configurare da parte di tale sentenza una violazione dei limiti esterni della giurisdizione;

c) ne deriva che le sentenze del Consiglio di Stato passano in giudicato, nei vari possibili casi:

c.1) con lo spirare dei termini per proporre il ricorso per cassazione o la revocazione ordinaria, ove non proposti;

c.2) con la pubblicazione della sentenza che dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;

c.3) il giorno in cui spirano i termini del ricorso per cassazione avverso la sentenza resa nel giudizio di revocazione, ove esso, avendo positivamente superato la fase rescindente e dunque revocato la sentenza gravata, abbia deciso in qualsiasi senso il c.d. giudizio rescissorio: è solo a tale ipotesi che si riferisce, ove correttamente inteso, l'art. 107, comma 1, c.p.a.;

d) la suddetta casistica non implica una sostanziale differenza tra revocazione ordinaria e straordinaria, poiché:

d.1) anche per quest'ultima, invero, superata positivamente la fase rescindente e rimosso così il giudicato che si era formato, la decisione sulla revocazione resa in esito alla fase c.d. rescissoria riapre – analogamente al caso di cui alla superiore lettera c.3) – il termine per il ricorso in Cassazione ex art. 107, comma 1, c.p.a.; nonché, ove la decisione rescissoria sia favorevole anche nel merito, altresì il termine di 120 giorni ex art. 30, comma 5, c.p.a., per proporre la domanda risarcitoria;

d.2) viceversa, la declaratoria di inammissibilità della revocazione – sia straordinaria, sia ordinaria – tiene ferma la data di formazione del giudicato e, quindi, quella di decorrenza del termine ex art. 30, comma 5, c.p.a.:

d.2.1) alla data della già avvenuta formazione del giudicato, per quella straordinaria;

d.2.2) alla data della declaratoria di inammissibilità della revocazione, per quella ordinaria;

d.2.3) salvo che, in ambo tali ipotesi, sia stato già proposto autonomamente il ricorso per cassazione, nel rispetto dei termini per esso previsti, comportando esso che il giudicato si vada a formare (non sulla decisione della revocazione, bensì sulla decisione, ove successiva, della Corte di Cassazione.

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