Bando di gara: la clausola escludente contra legem va disapplicata e non sussiste l’onere di immediata impugnazione del concorrente escluso

09 Novembre 2023

La clausola del bando che prevede cause di esclusione non previste dalla legge è nulla e in quanto tale non va applicata né dal seggio di gara né, eventualmente, dal giudice. E ciò senza che sia necessaria la sua tempestiva impugnazione da parte dell'offerente escluso.

Il caso. Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla censura con la quale l'appellante ha evidenziato l'erroneità della sentenza di prime cure, laddove questa ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata tempestiva impugnazione della clausola del disciplinare di gara che ha stabilito l'esclusione dei consorzi stabili nei quali i requisiti di partecipazione (nella specie: l'iscrizione al REN) fossero posseduti dalle singole consorziate e non anche dal consorzio medesimo.

Osserva, sul punto, la sentenza che il T.A.R. ha omesso di considerare il vizio di nullità che inficia tale clausola sulla scorta di quanto previsto dall' art. 47, comma 2-bis, del d.lgs. n. 50/2016 che consente ai consorzi stabili di qualificarsi mediante spendita dei requisiti delle proprie consorziate mediante il c.d. cumulo alla rinfusa.

Simile prescrizione si pone, dunque, in contrasto con le previsioni di legge ed esorbita dal catalogo tipico delle cause di esclusione con evidente nullità della stessa. Rammenta difatti il Collegio che la nullità, quale conseguenza della violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, colpisce le clausole con le quali l'amministrazione impone ai concorrenti determinati adempimenti o prescrizioni, ai fini della ammissione alla procedura di gara, che non trovano alcuna base giuridica nelle previsioni di legge.

La soluzione. Sicché, essendo nulla ed improduttiva di effetti, detta clausola non andava semplicemente applicata né dal seggio di gara né, eventualmente, dal giudice, e ciò, senza che fosse necessaria – come erroneamente ritenuto dal TAR - la sua impugnazione da parte dell'offerente esclusa.

Non è difatti condivisibile l'affermazione della sentenza gravata nella parte in cui afferma – a sostegno dell'inammissibilità del ricorso – che il rilievo della nullità, pur dedotto dal ricorrente già in primo grado, non consente di superare la preclusione in cui è incorso in quanto la clausola del bando era perfettamente definita e insuscettibile di interpretazione quanto alla sua portata escludente. Ad assumere rilievo, chiarisce il Consiglio di Stato, non è infatti la perentorietà lessicale della clausola ma, appunto, la sua evidente nullità nella parte in cui, imponendo il possesso del requisito di partecipazione in capo al consorzio stabile (oltre che alle singole imprese consorziate), si pone in palese contrasto con le richiamate previsioni di legge.

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