Tassatività delle ipotesi di “autotutela pubblicistica doverosa” operanti a valle della stipula del contratto

20 Novembre 2023

Le uniche ipotesi di “autotutela pubblicistica doverosa”, operanti a valle della stipula del contratto, nelle quali lo scioglimento del sinallagma è imposto dalla legge, sono quelle previste dagli artt. 108, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016 e 88, co. 4-ter, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; in tutti gli altri casi, in cui accade che un vizio della fase pubblicistica riaffiori dopo il perfezionamento del contratto, si riespande il potere dell'Amministrazione, tipicamente discrezionale, di valutare l'intervento in autotutela alle condizioni previste dall'art. 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241.

L'oggetto di causa. Una Società impugnava il parere di precontenzioso che veniva reso dall'Autorità Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell'art. 211, co. 1, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in merito alla legittimità dell'operato tenuto dalla Stazione appaltante della procedura aperta per l'affidamento del servizio di pulizia e sanificazione, facchinaggio e manutenzione delle aree verdi.

Veniva chiesto all'ANAC di chiarire se:

- nel caso in cui, nelle more della conclusione della gara, un operatore economico sia interessato da operazioni di affitto di ramo d'azienda, la verifica dei requisiti di partecipazione debba essere compiuta su entrambe le parti dell'accordo;

- la conoscenza, successivamente all'aggiudicazione e prima della stipula del contratto, della situazione di irregolarità contributiva dell'affidatario obblighi la stazione appaltante a disporne l'esclusione e a sottrarsi alla stipula del contratto con l'affittuario;

- la stazione appaltante sia tenuta a verificare la permanenza dei requisiti di partecipazione, da cui derivino cause di esclusione di natura automatica, ivi inclusa la regolarità contributiva, prima di stipulare il contratto con l'aggiudicatario, avendo appurato, la sopravvenuta irregolarità contributiva dell'aggiudicataria in corso di gara.

Il riscontro. L'A.N.A.C., con il gravato parere, aveva:

(i) confermato l'obbligo, per ciascun concorrente, di mantenere i requisiti di partecipazione, tra cui la regolarità contributiva, a partire dalla scadenza dei termini per la presentazione della candidatura e per tutta la durata della procedura, senza che possano rilevare eventuali regolarizzazioni postume, e, contestualmente, l'inesauribilità del potere/dovere della stazione appaltante di accertarne la ricorrenza, anche dopo l'aggiudicazione e indipendentemente dai controlli già effettuati al momento della ricezione della comunicazione di subentro;

(ii) escluso che la stazione appaltante potesse sovrapporre proprie valutazioni sulla gravità e definitività delle irregolarità contributive a quelle effettuate dagli enti previdenziali competenti e rilevabili dal Documento Unico di Regolarità Contributiva (D.U.R.C.), concludendo per l'obbligo dell'Ente Appaltante di subordinare l'autorizzazione al subentro della controinteressata alla verifica del “possesso continuativo”, da parte della cedente, del requisito di regolarità contributiva.

L'inammissibilità del ricorso: a fronte tale parere, la società istante promuoveva ricorso innanzi al TAR: azione che, tuttavia, veniva giudicata inammissibile dal TAR competente.

Invero, l'art. 211, co. 1, del d.lgs. n. 50/2016, nell'attribuire all'ANAC la speciale funzione consultiva, subordina testualmente l'obbligo delle parti di conformarsi al parere alla condizione che abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito, con la conseguenza che, in assenza di tale accordo, l'adesione alla soluzione proposta dall'Autorità è frutto di una scelta discrezionale dell'amministrazione, che può anche assumere un orientamento diverso rispetto a quello riportato nel parere. La stessa norma ammette l'impugnabilità dinanzi agli organi della giustizia amministrativa del solo parere vincolante, il cui fondamento riposa evidentemente sulla natura arbitrale del procedimento.

Il Collegio Giudicante in esame non ha disconosciuto l'orientamento giurisprudenziale incline ad ammettere l'impugnazione anche dei pareri non vincolanti dell'ANAC, laddove la stazione appaltante si conformi integralmente all'atto consultivo, che finisce, in tali casi, per sorreggere la motivazione del provvedimento, giustificando l'impugnazione congiunta dei due atti. Nel caso di specie, tuttavia, non solo non era stata ancora adottata nessuna misura sfavorevole (per la ricorrente, evidentemente, costituita dalla risoluzione del contratto), ma neppure era possibile, a ben vedere, sostenere che il parere impugnato ne anticipasse senz'altro il contenuto.

Nascendo l'obbligo di conformarsi al parere dal preventivo accordo delle parti, ai pareri non vincolanti dell'A.N.A.C., per quanto dotati di autorevolezza, non è riconosciuta la capacità di oscurare la discrezionalità della stazione appaltante, diversamente dallo strumento della raccomandazione vincolante, prevista dall'art. 211, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016, abrogato dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56.

In conclusione, anche in base all'art. 100 c.p.c.si è ritenuto che non sussistesse alcun attuale interesse della ricorrente all'annullamento del parere impugnato, in quanto la possibilità di una lesione delle situazioni giuridiche soggettive legate all'affidamento del servizio sarebbe allo stato, futura e incerta, con conseguente inammissibilità, ai sensi dell'art. 35, co. 1, lett. b), c.p.a.

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