Deposito telematico civile, errori tecnici e rimessione in termini

07 Dicembre 2023

Il tema in esame attiene alla prova del “fatto processuale” relativo alla non imputabilità dell'errore tecnico - verificatosi lato sistemi ministeriali - che vizia il deposito e che rende impossibile per il cancelliere l'inserimento dei relativi documenti elettronici all'interno del fascicolo informatico.

Massima

Qualora il deposito telematico da parte di un soggetto esterno subisca una interruzione successivamente alla generazione della ricevuta di avvenuta consegna (nella specie: il sistema non aveva generato né la PEC di esito dei controlli automatici né la PEC di accettazione del deposito, essendosi la fase di elaborazione interrotta prima che la busta telematica potesse essere resa disponibile e quindi visibile agli applicativi di cancelleria SICID/SIECIC), la mancata acquisizione  dei documenti al fascicolo informatico non può essere ritenuta imputabile al depositante e sussistono, quindi, i presupposti per la rimessione in termini richiesta dallo stesso.

Il caso

A.A. e C.L.M. proponevano appello avverso la sentenza del 14 dicembre 2020, notificata il 7 gennaio 2021, con cui il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva dichiarato l'adottabilità dei minori A.E.A. e A.D.

All'esame della Corte d'Appello giungeva, tuttavia, un atto di impugnazione depositato con i relativi allegati solo il 24 febbraio 2022. Veniva altresì depositata un'istanza di rimessione in termini nella quale si evidenziava che l'impugnazione era stata tempestivamente depositata, a riprova del che venivano allegate le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna generate all'esito dell'invio della busta telematica. Gli appellanti chiarivano che, a fronte del deposito, da ritenersi perfezionato per via dell'avvenuta generazione della RdAC, l'Ufficio giudiziario non aveva comunicato alcun esito e che, dopo aver comunicato il problema alla Cancelleria, essi avevano provveduto ad effettuare il nuovo deposito, stante l'impossibilità per la cancelleria di recuperare la precedente busta telematica.

La Corte d'Appello di Bologna dichiarava inammissibile l'appello, siccome tardivo. Al riguardo, i giudici di merito osservavano che a mancata ricezione da parte degli appellanti della terza e della quarta p.e.c. non avrebbe di per sé inficiato il perfezionamento e la tempestività del deposito telematico, essendo a tal fine sufficiente la ricezione del secondo messaggio contenente la ricevuta di avvenuta consegna che, secondo le scansioni cartacee depositate, sarebbe avvenuta tempestivamente. Sennonché, secondo i giudici del merito, non era stato possibile verificare compiutamente il contenuto della busta telematica del primo deposito, in quanto i documenti risultavano non apribili e “palesemente viziati”.

Avverso tale pronuncia proponevano ricorso per cassazione A.A. e C.L.M.

Per un'incredibile coincidenza, i ricorrenti incorrevano in un ulteriore sfortunato errore nel deposito del ricorso per cassazione, ed erano pertanto costretti ad instare, anche in tal caso, per la rimessione in termini. Tale istanza veniva, tuttavia, accolta dalla Suprema Corte avuto riguardo al fatto che le terze PEC pervenute alla parte depositante recavano indicazione di un “errore imprevisto” e della necessità di verifiche da parte della cancelleria.

In relazione alla tempestività del deposito dell'atto di appello, il caso in esame presenta una caratteristica peculiare, vale a dire quella relativa alla mancata generazione del messaggio PEC di esito dei controlli automatici.

La questione

È principio pacifico quello secondo cui il deposito telematico di un atto processuale si perfeziona per la parte depositante nel momento in cui è generata la RdAC: tanto lo si ricava dal tenore dell'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 («Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza…»), applicabile al caso di specie ratione temporis sia dall'art. 196-sexies disp. att. c.p.c. («Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza»), in vigore dal 1° gennaio 2023 ed introdotto a seguito della c.d. “riforma Cartabia”. Sul punto, giova evidenziare che l'espressione “conferma del completamento della trasmissione” adoperata dal citato art. 196-sexies  disp. att. c.p.c. mira ad adeguare, ora per il futuro, la norma primaria alle nuove modalità di deposito telematico che saranno molto verosimilmente introdotte a breve e che contempleranno sia l'upload, sia l'utilizzo dei servizi di recapito elettronico certificato qualificato, secondo quanto previsto dal Regolamento eIDAS, accanto o in sostituzione della posta elettronica certificata. In ogni caso, va ribadito che nell'ipotesi di utilizzo di quest'ultima, la conferma del completamento della trasmissione coincide pur sempre con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna.

Fatta questa premessa, il tema in esame attiene alla prova del “fatto processuale” relativo alla non imputabilità dell'errore tecnico - verificatosi lato sistemi ministeriali - che vizia il deposito e che rende impossibile per il cancelliere l'inserimento dei relativi documenti elettronici all'interno del fascicolo informatico. Tale errore, come accennato, si è sostanziato nella mancata generazione della PEC di esito dei controlli automatici, messaggio che consente all'avvocato di sincerarsi della bontà tecnica del deposito e che dovrebbe renderlo edotto, in presenza di errori gravi e non emendabili con l'intervento manuale del cancelliere, della necessità di provvedere alla sua rinnovazione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione rileva l'errore in cui era incorsa la Corte felsinea che, nell'esaminare la “prova” dell'avvenuto deposito da parte dell'appellante (fornita evidentemente attraverso il deposito della ricevuta di avvenuta consegna completa dell'invio della busta telematica contenente il documento “atto.enc”) aveva dato atto che “non è stato possibile verificare compiutamente il contenuto delle stesse in quanto non apribili e palesemente viziati”. Al riguardo, la S.C. ritiene fondata la deduzione difensiva della parte ricorrente, la quale aveva dedotto che il documento atto.enc, in quanto ottenuto dalla cifratura della busta atto.msg, non poteva essere aperto “direttamente” dal Giudici, in quanto solo la cancelleria (rectius: il sistema informatico della cancelleria) può decrittare tale documento e rendere leggibili i documenti in esso contenuti.

Come si dà atto nella sentenza in commento, si tratta di una fattispecie venuta all'esame della S.C. per la prima volta e, pertanto, non constano precedenti di legittimità sulla questione.

Nell'esaminare il “fatto processuale”, il Supremo Collegio rileva che dal tenore della sentenza impugnata risulta che la Corte d'Appello non si era basata su alcuna certificazione della propria Cancelleria circa la non leggibilità degli allegati alla busta telematica, di tal che a tale indagine, “in una prospettiva di economia processuale intesa a contenere la durata del giudizio in termini ragionevoli”, procedeva la stessa Corte di Cassazione. La Cancelleria della Corte d'Appello forniva quindi chiesti  chiarimenti, attestando che “la busta non era visibile neppure ad essa e tuttavia che ciò era dipeso dall'interruzione del processo di acquisizione del messaggio telematico, dopo la generazione della ricevuta di avvenuta consegna rilasciata nel momento in cui il messaggio contenente la busta telematica è stato ricevuto nella casella PEC del Ministero della Giustizia (seconda p.e.c.), per evento ritenuto (correttamente ut supra) dalla stessa  sentenza impugnata incolpevole e indipendente da fatto e colpa della parte interessata”. Di qui, il provvedimento di cassazione con rinvio.

Osservazioni

La giurisprudenza è costantemente orientata nel senso di ritenere che il deposito telematico si perfezioni nel momento in cui la busta telematica di deposito è resa disponibile (“messa a disposizione”, secondo quanto prevede l'art. 6, comma 5, d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata) nella casella di posta elettronica dell'ufficio giudiziario destinatario. Vero è che, affinché un deposito telematico sia effettivamente suscettibile di inserimento nel fascicolo informatico del procedimento cui inerisce, è indispensabile che la relativa busta telematica sia formata secondo le specifiche tecniche dettate dal Provvedimento del Direttore Generali dei Sistemi Informativi del Ministero della Giustizia, ai sensi dell'art. 34 d.m. n. 44/2011. Tale conformità, come noto, viene valutata in due passaggi: un primo, che è costituito dai controlli automatici che i sistemi ministeriali eseguono per il tramite di un applicativo, il GL-PEC, che si occupa, in via automatizzata, di smistare le buste telematiche pervenute nella casella e di decrittarle mediante l'utilizzo della chiave privata dell'ufficio giudiziario. Tali controlli possono avere quattro tipi di esiti diversi: un esito favorevole, un “WARN” (vale a dire un allarme relativo a difformità tecniche trascurabili), un “ERROR” (che indica un errore, in genere forzabile da parte del cancelliere) ed un “FATAL”, il quale indica un errore irreversibile del deposito, che rende gli atti assolutamente inutilizzabili ed illeggibili.

Un secondo passaggio è quello relativo ai controlli manuali effettuati dal cancelliere, che culminano con la c.d. “quarta PEC”, vale a dire con il messaggio di posta elettronica certificata recante la comunicazione dell'accettazione (o del rifiuto) del deposito. Al riguardo, si ricorda anche che, ai sensi della Circ. Min. Giustizia del 23 ottobre 2015, «le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata».

Va ricordato che una recente pronunzia della Corte Suprema ha affermato il principio secondo cui «In tema di deposito telematico del ricorso in cassazione, il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC) con la conseguenza che, in presenza di una terza PEC segnalante "errore imprevisto", successiva alla scadenza del termine ex art. 369, comma 1, c.p.c. ed in assenza della quarta PEC, ove la parte ricorrente sia rimasta inerte sino al ricevimento di tale messaggio, deve escludersi il perfezionamento del deposito» (Cass. civ., sez. III, ord., 7 luglio 2023, n. 19307, Rv. 668130 - 01). Tale principio è stato ripreso dalla Corte Suprema a Sezioni Unite (Cass. civ., sent., sez. un., 11 ottobre 2023, n. 28403), anche allo scopo di corroborare un altro e diverso (nonché condivisibile) insegnamento, secondo il quale l'indicazione nella nota di iscrizione a ruolo di uno dei documenti asseritamente allegati ad una busta telematica di deposito non è riconducibile alla certificazione che il cancelliere operava sull'omologo documento analogico mediante l'apposizione del timbro di “depositato”, dal momento che al cancelliere stesso non è demandato alcun controllo sui documenti che siano stati o meno allegati ad un deposito telematico. Va tuttavia segnalato che il principio in parola si va ulteriormente consolidando, grazie all'ancora più recente Cass. civ., sez. I, 16 Novembre 2023, n. 31933. Tale pronuncia ha ancora più nel dettaglio precisato che «il procedimento di deposito telematico strutturato come fattispecie a formazione progressiva, la RdAC consente di ritenere perfezionato il deposito solo in via provvisoria, poiché il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito – prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della RdAC – è condizionato dalla ricezione della terza e della quarta PEC e, quindi, al buon fine dell'intero procedimento, essendo necessario il positivo superamento dei controlli, automatici (art. 13, comma 7, d.m. Giustizia n. 44/2011 e art. 14, comma 7, Provv. DGSIA del 16 aprile 2014 in tema di “Specifiche tecniche sul PCT”) e manuali (art. 13, comma 7, d.m. cit. e art. 14, comma 10, Provv. cit.), documentati dalle ultime due comunicazioni PEC (Cass. civ. n. 28982/2019Cass. civ. n. 17404/2020, Cass. civ. n. 27654/2022)».

Da un punto di vista pratico, quindi, pare potersi ricavare la seguente regola:

- se il flusso del deposito si arresta (come nel caso esaminato dalla sentenza in commento, n. 31592/2023) al momento della generazione della ricevuta di consegna, è onere del depositante provvedere ad un nuovo tempestivo deposito, ove possibile, ovvero ad instare per la rimessione in termini, corredando l'istanza con la RdAC completa contenente, quindi, anche il duplicato informatico della busta telematica atto.enc. In tal caso, la Cancelleria – ovvero il CISIA locale – dovrebbero, previe le verifiche del caso, provvedere al rilascio di attestazione di malfunzionamento dei sistemi;

- se il messaggio di esito dei controlli reca indicazione di un errore, il depositante dovrebbe sincerarsi del carattere “forzabile” o meno dello stesso e, in ipotesi negativa, ripetere il deposito provvedendo a correggere l'errore. Al riguardo, tuttavia, va evidenziato che la sintassi dei messaggi di esito dei controlli automatici non sono sempre chiari e, anzi, appaiono talvolta allarmanti quando ricorre un errore forzabile (come accade, ad esempio, nel caso di firma scaduta alla data del deposito – ancorché valida alla data dell'apposizione – presente su documenti costituenti allegati), ed eccessivamente tranquillizzanti quando, invece, si è in presenza di errore fatale, come accade nel caso di “errore imprevisto”, la cui segnalazione è seguita dalla precisazione, decisamente fuorviante, “sono necessarie verifiche tecniche da parte dell'ufficio ricevente”.

Nel descritto quadro, è doveroso sottolineare che, sull'onda della richiamata pronuncia a Sezioni Unite 11 ottobre 2023, n. 28403, si va consolidando definitivamente l'orientamento che individua nel deposito telematico civile una fattispecie a formazione progressiva, nel cui contesto il deposito telematico si deve ritenere perfezionato sì nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, ma sub condicione, vale a dire che il perfezionamento del deposito è condizionato dal superamento dei controlli automatici eseguiti dai sistemi ministeriali. Se i controlli rilevano un errore non forzabile, il cd. errore fatale, non è possibile per il cancelliere accettare l'atto nel fascicolo informatico rendendolo così visibile al giudice ed a tutti coloro che hanno accesso al fascicolo.

Riferimenti

Pietro Calorio, Errori materiali, rifiuto del deposito telematico e rimessione in termini: una ricostruzione critica, 30 maggio 2016.

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