Pubblico impiego contrattualizzato: la prescrizione dei crediti retributivi non decorre dalla stabilizzazione nei casi di reiterazione di rapporti a tempo determinato

Teresa Zappia
16 Gennaio 2024

Non sussistendo una situazione assimilabile a quella riconosciuta dalla giurisprudenza per i rapporti di lavoro nel settore privato, non è possibile affermare che la prescrizione dei crediti retributivi, sorti nel periodo di reiterazione di contratti a tempo determinato, decorra solo dal momento della stabilizzazione.

Nell'eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita da stabilizzazione presso la stessa P.A.-datrice di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi decorre dal momento di tale stabilizzazione, tenuto conto del timore connesso al potenziale mancato rinnovo?

Nel lavoro pubblico, ancorché contrattualizzato, la prescrizione dei diritti retributivi matura in costanza di rapporto o dalla sua cessazione (per i crediti originati da essa), sia nell'ipotesi di rapporto a tempo indeterminato, sia nei casi di reiterazione di rapporti a tempo determinato (anche se illegittimi). Diversamente dal lavoro nel settore privato, infatti, dove l'instabilità del rapporto connesso alle modifiche normative in materia di licenziamento ha condotto ad un ripensamento circa il dies a quo di decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi (non prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92/2012 – v. Cass., sez. lav., 6 settembre 2022, n. 26246), le caratteristiche proprie del rapporto di lavoro nel settore pubblico, in particolare la connessione con i principi costituzionali espressi nell'art. 97 Cost., ha condotto a riconoscere a tale rapporto il carattere della stabilità.  

Su tale questione, pertanto, è stata negata una piena parificazione dei rapporti di lavoro privato e pubblico contrattualizzato. Inoltre, sebbene non si dubiti che la privatizzazione del pubblico impiego abbia comportato una scissione fra l'organizzazione amministrativa e i rapporti di lavoro, divenendo questi ultimi regolati dalla contrattazione collettiva, a presidio di tali rapporti permangono il precitato art. 97 Cost. e gli art. 28,98 e 51 Cost.

Dunque, anche se il rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato è regolato dalla disciplina di diritto comune, esso trova comunque limiti conformativi nelle norme costituzionali prefate. A ciò deve aggiungersi che, mentre nel rapporto di lavoro privato il potere di licenziamento del datore è limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico il potere di risoluzione è attorniato da garanzie e limiti che sono posti non solo nell'interesse del singolo lavoratore, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi.

È stata, pertanto, affermata l'inconfigurabilità di una situazione psicologica di soggezione del dipendente verso il datore pubblico. Con specifico riferimento alla reiterazione di contratti a tempo determinato, si precisa che il metus del mancato rinnovo del contratto a termine da parte del datore pubblico non potrebbe costituire un elemento ostativo alla posizione ermeneutica sopra tracciata. Infatti, diversamente dall'ipotesi di contratto di lavoro a tempo indeterminato, che si colloca all'interno di un rapporto di lavoro fonte di una posizione giuridica qualificabile alla stregua di diritto soggettivo tutelabile, il mancato rinnovo del contratto a tempo determinato suscita uno stato soggettivo che, per quanto meritevole di giustificabile comprensione, integra, tuttavia, una mera aspettativa di fatto non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.

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