La figura del “terzo” titolare di un interesse legittimo “oppositivo” e la “doppia motivazione”

01 Febbraio 2024

La sentenza in commento, dopo aver esaminato in via preliminare le figure del ‘terzo' denunciante, del controinteressato formale e di quello sostanziale, individua quale parte necessaria del processo amministrativo il terzo controinteressato in senso non solo sostanziale, ma anche formale e chiarisce che, nel caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per mancata notifica nei confronti di tale contraddittore necessario, risultano prive di rilevanza giuridiche le ulteriori argomentazioni di merito contenute nella sentenza.

Massime

Il “terzo” legittimato ad impugnare l'altrui atto ampliativo e, specularmente, controinteressato sostanziale nel giudizio contro l'altrui diniego (o altro atto sanzionatorio-repressivo), è il titolare di un interesse legittimooppositivo” che vanta una posizione qualificata e differenziata rispetto alla collettività.

Il controinteressato in senso solo sostanziale non è parte necessaria del processo amministrativo, perché è necessario che lo stesso risulti anche “individuato” nel provvedimento amministrativo impugnato e che, quindi, sia anche controinteressato in senso formale.

L'inammissibilità del ricorso costituisce una preclusione processuale per il giudice ad esaminare la controversia, sicché risultano prive di rilevanza giuridica eventuali argomentazioni di merito inserite nella motivazione della sentenza.

Il caso 

L'inammissibilità del ricorso in caso di mancata notifica al controinteressato in senso formale e in senso sostanziale e la sorte della “doppia” motivazione sul merito

La sentenza del Consiglio di Stato in commento accoglie l'appello promosso avverso la sentenza del Tar Puglia, sezione staccata di Lecce, con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso per omessa notifica al proprietario dell'unità immobiliare sulla quale insiste la terrazza, interessata dall'intervento di apertura di un vano porta, oggetto dell'ordinanza ingiunzione di chiusura e del provvedimento di diniego di accertamento di conformità impugnati dalla proprietaria dell'edificio adiacente, accertando, infine, l'infondatezza del ricorso nel merito con motivazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di primo grado.

Il giudice di appello non ha condiviso la tesi della sufficienza della facile individuabilità del controinteressato dal provvedimento amministrativo impugnato per integrare il requisito formale, che deve possedere unitamente al requisito “sostanziale”, per essere considerato parte necessaria del processo amministrativo.

In particolare, il Consiglio di Stato riconosce al proprietario di un immobile adiacente che subirebbe un danno certo dalla realizzazione di un vano porta con relativo accesso sul lastrico solare di sua proprietà, la titolarità di un interesse legittimo oppositivo e, quindi, la qualifica di controinteressato sostanziale nel processo avverso l'altrui ordine di demolizione e diniego di sanatoria. Tuttavia, ne esclude la qualifica di parte necessaria del processo, in quanto sprovvisto del requisito formale, non essendo stato “individuato” nei provvedimenti impugnati e non risultando rilevante, a tal fine, che fosse in corso nei suoi confronti un giudizio civile volto all'accertamento della proprietà dell'area solare.

Riformando la sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 41, comma 2, c.p.a., il giudice di appello passa al vaglio del merito della controversia, non prima di aver dichiarato l'irrilevanza giuridica delle ulteriori argomentazioni di merito inserite nella sentenza impugnata, dopo la pronuncia preclusiva in rito.

Nel caso in esame, secondo il Consiglio di Stato, l'irrilevanza delle considerazioni di merito fatte dal giudice di primo grado consegue anche ad altre due circostanze: che le stesse non hanno avuto alcun riflesso sul dispositivo e che, nella loro formulazione “parziale e approssimativa”, non sono qualificabili alla stregua di una «decisione che, in quanto incentrata su tutti gli aspetti della controversia, possa dirsi espressiva della funzione giurisdizionale».

In definitiva, il giudice di appello ritiene prospettabile la “doppia motivazione solo nel caso in cui il giudice esamini tutti i motivi posti a fondamento di una domanda di annullamento, compresi quelli proposti in via subordinata e che si pongono come autonoma e autosufficiente base legale della pretesa azionata, distinguendo tale ipotesi da quella in cui, per il principio della c.d. ragione più liquida, il giudice, pur rilevando la sussistenza di una ragione di definizione in rito del giudizio, decida espressamente di prescinderne.

Infine, il Consiglio di Stato passa a valutare il merito della controversia, prescindendo dalle valutazioni fatte dal giudice di primo grado, concludendo, comunque, per l'infondatezza di tutti i motivi proposti nel ricorso di primo grado.

Le questioni

Il terzo controinteressato quale parte necessaria del processo amministrativo e le tecniche redazionali delle sentenze

La sentenza in commento affronta due questioni di rilievo generale sul piano processuale, ovverossia quella relativa alla individuazione dei soggetti che devono necessariamente prendere parte al processo amministrativo, affinché lo stesso possa concludersi con una sentenza valida, e quella relativa alla netta distinzione tra l'assorbimento delle ragioni di rito, attraverso una motivazione approfondita nel merito, e la “doppia motivazione” su ulteriori motivi, seppur collocati su piani gradati rispetto a quello principale.

La prima questione richiede, come ha fatto il Consiglio di Stato nella sentenza in commento, un'analisi preliminare delle figure del terzo denunciante, del controinteressato formale e di quello sostanziale ed, in particolare, dei requisiti che deve possedere il terzo, affinché gli si riconosca la legittimazione ad impugnare un altrui provvedimento favorevole, ovvero a partecipare come controinteressato nel giudizio avverso l'altrui provvedimento di diniego, per arrivare ad individuare i requisiti che deve possedere il terzo per essere considerato contraddittore necessario.

Si tratta, quindi, di una questione che presuppone anche la distinzione tra legittimazione a ricorrere ed interesse a ricorrere, particolarmente complessa nel processo amministrativo, in considerazione della prevalente concezione della legittimazione a ricorrere in concreto, rispetto alla concezione astratta propria del modello civilistico.

La seconda questione riguarda, invece, il rilievo delle ulteriori argomentazioni di merito che il giudice di primo grado abbia inserito nella motivazione di una sentenza, a seguito di una statuizione di rito e, dunque, le sue ripercussioni sul piano processuale, in punto di onere per la parte soccombente di impugnare tali argomentazioni, per evitare la formazione di un giudicato implicito, nonché di sussistenza di un vincolo sulla decisione per il giudice di appello. Il tema è quello delle tecniche redazionali delle sentenze e della differenza tra la tecnica dell'assorbimento per il principio della “ragione più liquida” e della “doppia motivazione”.

Le soluzioni giuridiche

Il “test” del danno quale strumento di selezione dei “terzi” legittimati al ricorso e l'irrilevanza giuridica della “doppia motivazione” in caso di pronuncia di rito.

Il Consiglio di Stato risolve la questione dell'individuazione dei soggetti che, pur non essendo diretti destinatari di provvedimenti amministrativi, risultano comunque coinvolti dall'assetto regolativo di una determinata attività economica o sociale regolate dal diritto pubblico, in modo coerente con la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa.

Il giudice di appello ritiene, quindi, definitivamente da superare quella visione del “terzo”, quale figura anomala, in quanto titolare di una frazione dell'interesse pubblico e legittimato ad agire a garanzia della legittimità dell'azione amministrativa.

La soluzione seguita dal Consiglio di Stato presuppone, infatti, che debbano essere considerate come eccezionali le ipotesi nelle quali è riconosciuta tutela al solo c.d. interesse strumentale, nonché le ipotesi di legittimazioni speciali (ad es. quelle riconosciute in capo alle Autorità amministrative indipendenti) che trasformano il processo amministrativo in strumento di “controllo” della legalità.

In particolare, quanto ai requisiti sostanziali, il “terzo” deve essere il titolare di un interesse legittimo uguale e contrario a quello del diretto destinatario di un provvedimento amministrativo e, quindi, deve vantare una posizione qualificata e differenziata rispetto alla collettività. In altri termini, il “terzo” è titolare di un interesse legittimo oppositivo e, quindi, legittimato ad impugnare l'altrui atto ampliativo e controinteressato sostanziale nel giudizio contro l'altrui diniego (o altro atto sanzionatorio-repressivo).

Da ciò il Consiglio di Stato deduce l'improprietà della stessa espressione “terzo”, in quanto, “riecheggiando” il principio di relatività degli effetti del contratto, nel contesto dell'azione amministrativa, “non riveste alcuna capacità esplicativa”.

Sotto il profilo sostanziale, la selezione viene effettuata sulla base di una sorta di test del danno (o dell'attitudine lesiva, se si accoglie la concezione astratta della legittimazione), “in virtù del quale l'istante deve allegare e dimostrare il pregiudizio personale, e non meramente ‘organico' o ‘collettivo', che abbia subito o rischi di subire a causa dell'iniziativa altrui”.

Nella sentenza in commento, però, pur richiamando l'approdo recente dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (9 dicembre 2021, n. 22), il Consiglio di Stato riconduce alla legittimazione ad agire anche la suddetta verifica del danno, distinguendola, quindi, dalla condizione dell'azione dell'interesse a ricorrere.

La seconda questione sulle argomentazioni di merito contenute in sentenza dopo la pronuncia di rito viene risolta dal Consiglio di Stato nel senso della loro irrilevanza giuridica e, quindi, inidoneità a costituire un'autonoma “ratio decidendi”, escludendo con ciò, l'onere per la parte soccombente di impugnare il relativo capo della motivazione e qualsivoglia vincolo decisionale per il giudice di appello.

Al fine di verificare nel caso concreto se il giudizio è stato chiuso con una statuizione in rito, il Consiglio di Stato individua, poi, due caratteri: l'assenza di qualsiasi riferimento al merito nel dispositivo e il mancato approfondimento su tutti gli aspetti della controversia.

Osservazioni

La tutela del terzo nel processo amministrativo e la differenza tra “assorbimento” dei motivi e “doppia motivazione”.

La sentenza in commento consente di riflettere su temi di grande rilievo dogmatico, ma con notevoli ripercussioni sul piano pratico-applicativo.

Quanto alla questione dei requisiti che deve possedere il terzo per essere considerato titolare della legittimazione ad agire o ad intervenire nel giudizio, è lo stesso Consiglio di Stato ad evidenziarne la rilevanza sia sul piano del diritto processuale sia sostanziale.

Sul piano del diritto amministrativo sostanziale la nozione di “terzo” va correttamente disancorata da quella di stampo civilistico legata al principio di relatività dei diritti e degli obblighi contrattuali (art. 1372 c.c.) in considerazione della naturale multipolarità dell'azione amministrativa che normalmente intercetta una pluralità di interessi e, quindi, di soggetti rispetto ai quali il provvedimento amministrativo che regola una data attività economica e  sociale non può considerarsi una “res inter alios acta”. Si tratta, cioè, di soggetti che, pur non essendo diretti destinatari del provvedimento, sono titolari di una posizione qualificata e differenziata rispetto alla collettività, ovverossia di un interesse contrapposto a quello del destinatario del provvedimento che deve comunque essere preso in considerazione dall'amministrazione nella regolazione di una data attività.

L'individuazione e la selezione di tali soggetti, soprattutto in settori come quello edilizio, non è stata mai operazione agevole, in quanto caratterizzata nel tempo da una certa elasticità in considerazione della particolare rilevanza delle esigenze di salvaguardia del rispetto della legalità e dei valori sostanziali in materia urbanistico-edilizia.

L'orientamento originario della giurisprudenza non a caso rendeva il “terzo” una “figura anomala”, in quanto, pur non potendo considerarlo controinteressato in senso tecnico, gli si riconosceva una legittimazione ad agire a garanzia della legalità dell'azione amministrativa, anche per la protezione degli interessi superindividuali (ambiente e salute) di una data comunità.

La svolta in chiave di soggettività della giurisdizione amministrativa è stata realizzata in modo autorevole dalla pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 22/2021 che si sofferma diffusamente sull'esame delle “novità” che, rispetto al passato, concorrono a fornire una nuova fisionomia alla categoria della legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo, che non può più basarsi sulla sola “vicinitas”, ancorando, però, alla condizione dell'interesse a ricorrere la verifica del potenziale danno per la situazione giuridica soggettiva affermata in giudizio.

La sentenza in commento compie un ulteriore passo in avanti nella parte in cui riconduce la verifica del potenziale danno alla legittimazione a ricorrere e, quindi, alla condizione dell'azione che ha la principale funzione di filtro e selezione in sede di accesso alla giustizia amministrativa. In tal modo, si attribuirebbe all'interesse a ricorrere un'autonoma funzione di verificare l'utilità che la sentenza può effettivamente assicurare a chi è già individuato come legittimato ad agire.

Tale premessa sulla legittimazione ad agire del terzo è risultata funzionale ad evidenziare che quest'ultimo, seppur legittimato ad agire avverso l'altrui provvedimento ampliativo, e, quindi, controinteressato sostanziale rispetto al destinatario di un provvedimento di diniego (o altro atto sanzionatorio-repressivo), non è parte necessaria del giudizio amministrativo qualora non risulti “individuato” nell'atto impugnato. Si tratta di una soluzione, desumibile dalla lettura degli artt. 27, comma 1, 41, comma 2, primo periodo, c.p.a., che costituisce una scelta legislativa fondata sulle seguenti valutazioni di opportunità: non rendere impossibile o estremamente difficile il diritto di difesa dei controinteressati non «individuati» nell'atto ed «evitare al ricorrente e al giudice una impervia opera di investigazione dei portatori di situazioni giuridiche antagoniste». Inoltre, si garantiscono maggiormente la stabilità del giudicato e la celerità del processo.

Infine, come evidenziato dal Consiglio di Stato, la scelta di escludere dalla cerchia dei contraddittori necessari i controinteressati sostanziali non mina l'esigenza di tutela delle loro posizioni giuridiche, in quanto titolari di strumenti di tutela preventiva (interventi in primo e secondo grado) e successiva (opposizione di terzo e intervento in appello in favore dell'interventore “titolare di una posizione giuridica autonoma”).

Quanto al tema delle tecniche redazionali delle sentenze, il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, prende una posizione decisa sulla censurabilità delle pronunce dei giudici di primo grado contraddistinte da una doppia motivazione processuale e sostanziale insieme, in ragione della preclusione processuale al vaglio del merito della controversia, all'esito della rilevazione di una ragione in rito rilevata. In tal modo, viene sostanzialmente negata l'esistenza di una “doppia motivazione” che debba far scattare l'onere per l'interessato di confutare tutte le argomentazioni ostative esplicitate in sentenza, tanto in rito, quanto nel merito, onde evitare la proposizione di un appello carente sul piano dell'interesse ad agire a fronte di due motivazioni autonome.

Nel caso in cui il giudice, pur rilevando una ragione di rito, decida comunque di procedere all'esame del merito, quindi, l'unica tecnica redazionale ammessa è quella dell'assorbimento sulla base del principio della c.d. ragione più liquida. In tal caso, come sostenuto anche dalla giurisprudenza precedente, l'interessato ha l'onere di contestare la pronuncia di merito ostativa all'accoglimento della sua domanda e non anche l'eventuale questione di rito ritenuta assorbita dall'infondatezza del ricorso e, quindi, non influente sulla decisione, in quanto oggetto di una parte motivazionale della sentenza priva di carattere decisorio e, dunque, suscettibile di considerazione alla stregua di un “obiter dictum”.

La sentenza in commento, quindi, chiarisce definitivamente che una vera e propria “doppia motivazione” è solo quella fondata su più “rationes decidendi”, che devono essere tutte contestate in appello, pena, altrimenti, l'inammissibilità dell'impugnazione della sentenza.

Guida all'approfondimento

L. BERTONAZZI, Appunti sparsi sul processo amministrativo di legittimità e i terzi, in Dir. proc. amm., n. 1, 1° marzo 2023, p. 181;

A. CASSATELLA, Legittimazione a ricorrere e norme di garanzia, in Dir. proc. amm., n. 4, 1° dicembre 2022, p. 773.

A. CHIZZINI, L 'intervento nella dinamica del processo amministrativo. Profili generali, in Dir. proc. amm., n. 3, 1° settembre 2023, p. 460.

S. TRANQUILLI, Sull'incerto rapporto tra vicinitas e “vicinanza della prova” dopo la pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22/2021, in Il Processo, n. 1, 2022, p. 202.

G. TROPEA, L'intervento volontario nel processo amministrativo di primo grado, in Dir. proc. amm., n. 1, 1° marzo 2023, p. 3.

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