Codice di Procedura Civile art. 473 bisInquadramentoNel contesto dell'ampia riforma del processo civile, il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, dettò norme rivolte a disciplinare con disposizioni uniformi le procedure in tema di stato delle persone, di minori e di famiglia. Il provvedimento dava attuazione alle direttive rivolte al Governo con la legge delega 26 novembre 2021, n. 206, la quale, nelle sue linee programmatiche, aveva per finalità ultima la semplificazione dei riti, la riduzione del loro numero e lo sveltimento dei tempi di loro durata (l'art. 1 della legge delega n. 206/2011 disponeva che i decreti delegati dovessero essere adottati «… in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile ..»). Il proposito, come sempre, è stato realizzato soltanto in parte in quanto, già dal momento della formulazione delle direttive, l'intervento di riordino doveva distinguere dal rito ordinario quello specifico alle persone, ai minorenni e alla famiglia; e così è avvenuto. Il processo in queste materie è oggetto di una disciplina separata, autonomamente costruita e sostituiva dei vari riti camerali previsti in precedenza. Esso sarà affidato in futuro ad un giudice specializzato, del quale si è disposta la costituzione per favorirne la preparazione quale organo unico, civile e penale, avente mansioni omnicomprensive ed esclusive nelle citate materie. Il legislatore delegante denominava quale rito unificato il procedimento da introdurre nell'ordinamento in parallelo al rito ordinario di cognizione da rimodellare. Anche del rito ordinario si intendeva organizzare la semplificazione e la riduzione dei riti speciali: e pertanto si sarebbero contrapposti due tipi di processo ciascuno dei quali giustificato da una asserita e da tempo auspicata uniformità di disciplina. Il riferimento a modelli unici sia per l'una che per l'altra delle procedure si è rivelato costituire soltanto una linea guida nell'applicazione di diritto positivo. La contrapposizione delle discipline processuali non nasconde al loro interno profonde diversità normative che in pratica vengono a dar vita a plurimi procedimenti differenziati per la peculiarità di taluni aspetti dei rapporti cui si riferiscono. Nel rito ordinario sono state introdotte modifiche soltanto lessicali (rito semplificato di cognizione invece del rito sommario, ad esempio) ma sono rimaste anche le diversificazioni di forme processuali, con trattazioni scritte, orali e scorciatoie per giungere rapidamente ad una conclusione nel merito (le ordinanze provvisorie, le decisioni con decreto). Nell'ambito del diritto familiare l'intento semplificatorio si è dovuto scontrare con la difficile riconduzione a unità di fattispecie aventi caratteristiche troppo difformi. Norme diversificatrici sono state dettate, entro il così detto rito uniforme familiare, a proposito dei procedimenti riguardanti la violenza domestica (artt. 473-bis.40 ss.); la separazione, il divorzio, lo scioglimento dell'unione civile, la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale e la modifica delle relative condizioni (artt. 473-bis.47 ss.); dopo il correttivo alla riforma Cartabia, anche le domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari; l'interdizione, l'inabilitazione e l'amministrazione di sostegno (artt. 473-bis.52 ss.); l'assenza e la morte presunta (artt. 473-bis.59 ss.); le disposizioni da applicare ai minori, agli interdetti e agli inabilitati (artt. 473-bis.64 ss.); i rapporti patrimoniali tra coniugi (artt. 473-bis.67 ss.); e gli ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 473-bis.69 ss.). Inoltre, a completare un quadro di protratta multiformità, l'art. 473-ter c.p.c. conserva il rito della camera di consiglio per tutta una serie di procedimenti la cui elencazione è soltanto in parte contenuta in questa disposizione (si veda, ad esempio di altre disposizioni, l'art. 30-bis del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, in tema di procedimenti per l'efficacia di decisioni straniere disciplinati dal diritto dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali). La riforma del diritto processuale della famiglia è parzialmente in itinere. Infatti, dovrà essere costituito il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie con innovazioni che hanno richiesto tempi di attuazione ancora da venire (tre anni dalla pubblicazione del d.lgs. n. 149/2022: art. 49, come da ultimo modificato dal d.l. n. 92/2024), modifiche all'ordinamento giudiziario e riordino di organici e posizioni amministrative. Tale nuovo organo assorbirà le funzioni attualmente svolte dal tribunale ordinario, dal tribunale per i minorenni e dal giudice tutelare. Inoltre, già la legge delega prevedeva la pubblicazione di uno o più provvedimenti di correzione delle disposizioni del decreto legislativo delegato Il processo per le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia nelle sue linee essenzialiFatte salve le disposizioni specifiche dettate per taluni tipi di procedimento, il processo per i rapporti familiari di competenza del tribunale ordinario si svolge secondo uno schema che riprende in parte quello disciplinato dalla riforma per l'innovato ordinario giudizio di cognizione. Di similare ad esso vi sono l'innovazione costituita dall'introduzione per atto di ricorso, invece che con atto di citazione; la conseguente determinazione della data della prima udienza da parte del giudice e non più dall'attore; la rilevante scelta legislativa di far preparare dalle parti la materia del decidere entro la fase di introduzione del giudizio, così che nel momento della prima udienza costoro e il giudice abbiano chiara e tendenzialmente completa l'esposizione delle tesi contrapposte e l'indicazione delle prove. Avuta la comparizione delle parti, ed esperito il tentativo di conciliazione, il giudice assume i provvedimenti interinali di volta in volta occorrenti (nel giudizio ordinario le eventuali ordinanze di condanna provvisoria; nel giudizio di famiglia i provvedimenti nell'interesse dei coniugi e della prole) e provvede all'istruzione della causa. La decisione è poi rimessa al collegio. Segnano diversità dal giudizio ordinario la trattazione collegiale nel rito familiare uniforme se il presidente non ritiene di dover nominare un giudice relatore; e il regime di modifica e di reclamo dei provvedimenti temporanei e urgenti. Al giudice e al pubblico ministero sono affidati maggiori poteri, di iniziativa e di indagine. Il giudice può, a tutela dei minori, nominare d'ufficio il curatore speciale, disporre mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità stabiliti dal codice civile e ordinare l'integrazione della documentazione depositata dalle parti, l'esibizione di documenti nonché l'effettuazione di indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita delle parti. Il pubblico ministero, oltre a proporre direttamente i ricorsi di sua competenza, può assumere informazioni, acquisire atti e svolgere accertamenti anche avvalendosi della polizia giudiziaria e dei servizi sociali, sanitari e assistenziali. Ambito di applicazione del procedimento in materia di persone, di minori e di famigliaL'ambito di applicazione del procedimento disciplinato dagli artt. 473-bis e seguenti è indicato da questa disposizione come individuato dalle controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia. Il riferimento allo stato delle persone è da talune norme successive sinteticamente indicato con l'indicazione «persone», senza specificazioni. In tal senso sono state modificate, ad esempio, le norme di cui all'art. 49 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario; mentre il successivo art. 50.1, lett. a) precisa che il tribunale per le persone, per i minorenni e la famiglia di cui all'art. 49 esercita la giurisdizione in materia civile nei procedimenti aventi ad oggetto lo stato delle persone – oltre alla loro capacità, alla famiglia, all'unione civile, alle convivenze, e ai minori. Contribuisce a definire l'ambito di applicazione della normativa processuale familiare l'art. 473-bis.47 c.p.c., per il quale tale normativa riguarda la separazione personale dei coniugi, lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, lo scioglimento dell'unione civile, la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli nati fuori del matrimonio, la modifica delle relative condizioni e le azioni di risarcimento del danno da violazione dei doveri familiari. Il disposto del detto art. 473-bis.47 vale, più precisamente, a delimitare le controversie cui si riferiscono le specifiche disposizioni ad esso successive, certamente rientranti nel più generale ambito delle cause relative a “persone” e comunque alla disciplina della famiglia. Il fatto che tale norma preveda procedimenti estranei ad una rigorosa nozione di status delle persone, quali la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale e le azioni di danno, dimostra però che l'indicazione “stato delle persone” contenuta nell'art. 473-bis non può essere presa alla lettera. La sfera di riferimento del rito uniforme familiare è più ampia di quella strettamente riguardante gli status; e di maggior rilievo appare essere l'ulteriore indicazione di cui alla medesima norma, costituita dal riguardare comunque la “famiglia”. La relazione ministeriale illustrativa al disegno di legge delegata supplisce definisce «ampia» la previsione normativa e la descrive come rivolta a determinare non già le varie fattispecie bensì il perimetro entro il quale il nuovo rito deve trovare la sua applicazione. Spetta pertanto all'interprete e di volta in volta all'operatore stabilire da quale normativa un determinato procedimento su rapporti che riguardano le persone fisiche debba essere regolato. Procedimenti in materia di stato delle personePer «status» si intende indicare nel mondo del diritto la condizione giuridica di una persona e la sua posizione in un sistema sociale o in un ordinamento giuridico. Con questo termine si possono descrivere situazioni soggettive di diritto pubblico (la cittadinanza) o di diritto privato (la filiazione). Lo status può venire in discussione sia per averne accertamento che per ottenerne la modifica o il ripudio. E, per quanto concerne i relativi procedimenti, rientrano tra quelli da trattare con il rito uniforme per le relazioni familiari di cui agli artt. 473-bis e ss. c.p.c. i giudizi riguardanti: – lo status di figlio (riconoscimento, disconoscimento, contestazione dello stato di figlio, reclamo dello stato di figlio, dichiarazione giudiziale di paternità e maternità); – lo status di coniuge (separazione, scioglimento del matrimonio, cessazione degli effetti civili del matrimonio; nullità del matrimonio, annullamento del matrimonio). Negli status cui si riferisce la normativa rientra certamente quello di figlio, che attualmente prescinde dalle abrogate qualificazioni di legittimo, illegittimo, naturale e incestuoso. Nessun dubbio applicativo può sussistere in ordine ai procedimenti aventi ad oggetto questioni dalle quali dipende l'accertamento o l'eliminazione dello status di coniuge: qualità della persona, questa, che la distingue come centro riconosciuto di diritti, doveri e collocazione nel corpo sociale. Vanno rilevate le seguenti particolarità: Status di figlio – La riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 ha modificato l'art. 250 c.c. riguardante la disciplina del procedimento per ottenere la sentenza di riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio nel caso di mancato consenso ad opera del genitore che ha riconosciuto il figlio per primo. La modifica ha comportato la soppressione del peculiare procedimento bifasico precedentemente disciplinato dalla norma citata e l'attribuzione della competenza a conoscerne al tribunale per i minorenni nel caso dell’ultimo comma della disposizione codicistica. In tal senso infatti dispone attualmente il primo comma dell'art. 38 disp. att. al c.c. sostituito dal citato d.lgs. n. 149/2022. La riserva a detto tribunale sarà eliminata con la costituzione del tribunale per le persone, i minori e la famiglia: e sin d'ora l'art. 50.5 del r.d.l. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario, come modificato in vista della futura costituzione del tribunale familiare dispone nel suo testo innovato che il menzionato tribunale provvederà al riguardo in camera di consiglio. – Per l'adozione di soggetto maggiorenne sono state conservate dalla riforma le regole disposte dagli artt. 311 e ss. c.c. che costruiscono una procedura specifica; la specialità della materia ha forse costituito il motivo per il quale è stato conservato il procedimento camerale di cui alla disciplina precedente la detta riforma; – L'art. 473-ter c.p.c. dispone la trattazione in camera di consiglio dei procedimenti in materia di attribuzione del cognome al figlio minorenne (art. 262 c.c.); – Altri procedimenti sono esclusi dalla trattazione con rito uniforme familiare per precisa indicazione dell'art. 473-bis: essi sono costituiti dalle procedure in tema di adozione minorile (dichiarazione di adottabilità e adozione, ex lege n. 184/1983, modificata dal d.lgs. n. 149/2022) e dalle procedure in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, affidate alle sezioni specializzate; – La sussistenza di altri procedimenti estranei alla disciplina del rito uniforme si ricava da disposizioni che la riforma del processo civile ha conservato e la cui persistente vigenza è compatibile con il disposto generale di cui all'art. 473-bis in quanto esso fa salve le diverse norme di legge. Possono ricordarsi: l'autorizzazione al riconoscimento di figli incestuosi minori di età di cui all'art. 251 c.c. (riportata alla originaria competenza del tribunale per i minorenni dall'art. 38 disp. att. c.c. come modificato dalla l. 26 novembre 2021, n. 206); e l'interdizione del minore emancipato o da pronunciare nell'ultimo anno della minore età, da pronunciarsi dal tribunale per i minorenni (art. 40 disp. att. al c.c.); – La procedura per mutamento e rettificazione di sesso, di cui alla l. 14 aprile 1982, n. 164, comunque sfuggirebbe al rito uniforme in quanto l'art. 1 di detta legge dispone nel secondo comma che i procedimenti sono regolati dall'art. 31 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150; esso, a sua volta, dispone che tali procedimenti sono trattati dal tribunale con il rito ordinario di cognizione. Status di coniuge - Matrimonio In quanto rivolti a incidere sul presupposto giuridico dal quale dipende l'acquisto o la perdita dello stato di coniuge rientrano nell'ambito dei procedimenti che osservano le norme del rito familiare uniforme le controversie aventi ad oggetto la nullità e l'annullamento del matrimonio (artt. 117 e ss. c.c.). Non sono svolti secondo le forme del rito familiare: – i procedimenti che l'art. 38 disp. att. riserva al tribunale per i minorenni (autorizzazione al matrimonio di minorenne, art. 84 c.c.; nomina di curatore speciale al minorenne per la stipula delle convenzioni matrimoniali, art. 90 c.c.); – i procedimenti in camera di consiglio: autorizzazione al matrimonio prima dei trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 89 c.c.); il ricorso al tribunale avverso il rifiuto della pubblicazione (art. 98 c.c.); la riduzione del termine o l'omissione delle pubblicazioni (art. 100 c.c.); l'opposizione al matrimonio, art. 102., v. art. 473-ter c.p.c.). Status di coniuge - Divorzio La riforma apportata dal d.lgs. n. 149/2022 ha soppresso nella legge sul divorzio 1 dicembre 1970, n. 898, le norme di natura processuale e ha ricondotto i procedimenti per lo scioglimento del matrimonio e per la cessazione degli effetti civili del matrimonio instaurati dopo il 28 febbraio 2023 al rito uniforme per le relazioni familiari di cui agli artt. 473-bis e ss. c.p.c. Le norme processuali erano contenute: nell'art. 4, interamente soppresso; nell'art. 5, comma nono, relativo alle produzioni sulle condizioni economiche ad onere di parte; nell'art. 8, riguardante le garanzie e l'attuazione del credito per l'assegno divorzile e per il mantenimento dei figli; nell'art. 9, primo comma, avente a oggetto revisione dei provvedimenti, e nell'art. 10, primo comma, sulla trasmissione della sentenza di divorzio all'ufficiale di stato civile. Il giudizio di divorzio è attualmente regolato dalle disposizioni generali dettate dagli artt. da 473-bis a 473-bis.29 e dalle disposizioni specifiche di cui agli artt. da 473-bis.47 a 473-bis.50. In particolare, esse riprendono, nel corpo del rito uniforme, le regole anteriormente disposte per: le produzioni documentali (artt. 473-bis.12 e 473-bis.48); le garanzie e l'attuazione dei provvedimenti del giudice (artt. 473-bis.36 e ss.); e la revisione delle pronunce giudiziali (art. 473-bis.29). Status di coniuge - Separazione coniugale In linea di principio la separazione coniugale dichiarata nelle forme di legge non incide direttamente sul vincolo matrimoniale, che non ne viene dissolto. Gli effetti della pronuncia, dell'accordo, o della certificazione di separazione si risolvono nello sciogliere i coniugi dall'obbligo della convivenza e nel prodursi delle conseguenze sui rapporti con i figli di cui all'art. 155 c.c. (che peraltro attualmente rinvia alle disposizioni di cui al Capo II del Titolo IX, Libro primo, del Codice) nonché sui rapporti patrimoniali, come pattuito consensualmente o come stabilito dal giudice ai sensi dell'art. 156 c.c. Nell'ambito di una profonda riorganizzazione dei procedimenti nella vasta materia delle relazioni attinenti alle persone e alla famiglia, la riforma del processo civile ha sostituito la disciplina previgente del giudizio di separazione, contenziosa o a domanda congiunta, ora rientrante nel novero delle procedure disciplinate dal rito uniforme di cui agli artt. 473-bis e ss. La riforma ha inoltre concluso un percorso che ha condotto a rendere comune la normativa processuale avente ad oggetto il divorzio e la separazione personale. La l. n. 898/1970 aveva costruito il giudizio di divorzio come procedimento autonomamente regolato rispetto al già esistente giudizio di separazione. Progressivamente la legislazione avvicinò le due discipline accogliendo gli auspici della dottrina. L'ultimo intervento in ordine di tempo descrive un procedimento unico, soggetto alle disposizioni generali di cui agli artt. da 473-bis a 473-bis.29 c.p.c. ed a quelle specifiche di cui agli artt. da 473-bis.47 a 473-bis.51 c.p.c. In particolare: – la riforma ha conservato le norme di natura sostanziale dettate dal codice civile riguardanti: le fattispecie di separazione, giudiziale o consensuale (artt. 150, 151); la riconciliazione (art. 154); gli effetti sui rapporti patrimoniali dei coniugi (art. 156); il cognome della moglie (art. 156.bis); e la cessazione degli effetti della separazione (art. 157). – la riforma ha abrogato le disposizioni processuali di cui agli artt. da 706 a 711 c.p.c. attualmente interamente sostituite da quelle del rito uniforme familiare; – ha mutato il regime processuale relativo alla separazione consensuale per quanto concerne il caso in cui l'accordo proposto dai coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli sia ritenuto contrario all'interesse di costoro (già art. 158, secondo comma, c.c., attualmente art. 473-bis.51, quarto comma, c.p.c.). Il sub procedimento descritto dalle nuove disposizioni può condurre, come in precedenza, al rigetto della domanda di omologa. Ma attualmente è disposto che prima deve essere ordinata la comparizione delle parti allo scopo di indicar loro le modificazioni da adottare. Assenza e morte presunta Possono essere ricondotti all'ambito dei procedimenti sullo status le procedure per la dichiarazione di assenza e di morte presunta. A fugare qualche perplessità sulla esattezza di questa riconduzione vale la constatazione che tali procedure sono comunque disciplinate dal vigente diritto positivo nel contesto della normativa dedicata alla disciplina del rito familiare uniforme, sia pure con disposizioni adattate alla peculiare materia trattata (artt. 473-bis.59 ss. c.p.c., che hanno sostituito gli artt. 721 ss. c.p.c.). Il codice civile detta norme per la dichiarazione di assenza (artt. 48 ss.) e di morte presunta (artt. 58 ss.) aventi contenuto anche processuale, in quanto descrivono sommariamente le forme, i termini e gli effetti del procedimento e della pronuncia. Queste disposizioni sono state conservate dalla riforma e dunque si pone all'operatore la questione di conciliarle con quelle introdotte per i giudizi in tema stato delle persone e di famiglia. I provvedimenti di cui all'art. 48 c.c. (nomina del curatore; misure per la conservazione del patrimonio dello scomparso) sono assunti nelle forme del rito in camera di consiglio (art. 473-bis.59 c.p.c.). Procedimenti in materia di capacità delle personeLa capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale (art. 23 c.c.). L'ordinamento italiano regola con norme di diritto positivo le condizioni di diritto sostanziale per la dichiarazione di interdizione (artt. 414 ss. c.c.), la dichiarazione di inabilitazione (artt. 415 ss. c.c.), l'amministrazione di sostegno di chi si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi (artt. 404 ss. c.c.) e l'annullamento di atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere al momento del fatto (art. 428 c.c.). Mentre l'interdizione e l'inabilitazione sono istituti di protezione di soggetti dei quali si dichiara con formale provvedimento giudiziale l'incapacità di agire, l'incapacità naturale, da un lato, e l'amministrazione di sostegno sono riferite a condizioni di capacità circoscritte rispettivamente ad un singolo episodio o di entità tale da non escludere o scemare grandemente la capacità di agire. La normativa regolatrice del rito familiare uniforme comprende la disciplina delle procedure rivolte alla dichiarazione di interdizione o di inabilitazione e alla nomina dell'amministratore di sostegno e dunque annovera tra i procedimenti relativi alla capacità delle persone anche quello, in particolare, che al soggetto da tutelare fornisce l'assistenza di un amministratore. Per tal modo la scelta legislativa tronca sul nascere ogni dubbio che possa sorgere in dipendenza della riconduzione dell'amministrazione di sostegno a reali situazioni di incapacità di agire. Per tutte queste fattispecie il d.lgs. n. 149/2022 ha dettato disposizioni (formalmente nuove) che fanno di tali procedimenti applicazioni particolari del pur affermato rito uniforme delle relazioni familiari (artt. 473-bis.52 e ss. c.p.c.). Nessuna disposizione processuale è stata dettata a proposito dell'art. 428 c.c. Esso appresta il rimedio dell'azione di annullamento degli atti e dei contratti compiuti dalla persona che, senza essere stata previamente dichiarata interdetta, ha agito in condizioni di incapacità di intendere o di volere. Si tratta di una situazione di fatto, contrapposta a quella di diritto conseguente alla pronuncia giudiziale; che richiede il concreto accertamento, di volta in volta, della condizione di incapacità quale presupposto dell'annullamento dell'atto, mentre la situazione di diritto lascia presumere che l'incapacità abbia viziato la volontà dell'agente. In particolare: – La riforma del processo civile ha modificato l'art. 425 c.c. nel senso che l'esercizio dell'impresa da parte dell'inabilitato è autorizzato direttamente dal giudice tutelare e non più dal tribunale su parere del giudice tutelare. Ciò significa che la relativa procedura si svolge nelle forme della camera di consiglio, posto che il giudice tutelare pronuncia decreti in esito alla camera di consiglio (art. 473-ter c.p.c.). – Ferme le norme di diritto sostanziale relative all'interdizione e all'inabilitazione, per quanto concerne le disposizioni processuali gli artt. da 473-bis.52 a 473-bis.57c.p.c. hanno completamente sostituito i previgenti artt. da 712 a 720 c.p.c. senza introdurre modifiche di particolare rilevanza. La domanda è proposta con ricorso; l'udienza di comparizione è fissata dal presidente del tribunale che nomina il relatore; all'udienza, con l'intervento del pubblico ministero, il giudice procede all'esame dell'interdicendo e assume tutte le informazioni esercitando tutti i poteri istruttori attribuiti al giudice del lavoro dall'art. 419 c.p.c. Se l'interdicendo o l'inabilitando non può comparire per legittimo impedimento è il giudice a recarsi da lui: ma può disporre che l'udienza si svolga mediante collegamento audiovisivo a distanza. In proposito l'art. 152-octies disp. att. c.p.c. rimanda per le modalità del collegamento ad un apposito provvedimento della direzione generale del Ministero della giustizia. – La disciplina sostanziale dell'amministrazione di sostegno è stata conservata dalla riforma del processo civile, salvo per un particolare. È stata espunta dal testo dell'art. 411 c.c. la disposizione secondo cui i provvedimenti di autorizzazione all'amministratore di sostegno preliminare al compimento degli atti indicati negli artt. 375 e 376 c.c. dovevano essere pronunciati dal giudice tutelare. La competenza spetta attualmente al tribunale, circostanza che ha ricondotto il procedimento autorizzativo nell'ambito delle procedure del rito uniforme familiare. La normativa processuale, già regolata dall'art. 720-bis c.p.c., è stata trasferita nell'art. 473-bis.58 c.p.c., di contenuto pressoché identico nella sua portata descrittiva. Si accenna, ancora, ai decreti del giudice tutelare (per confermare che avverso di essi è ammesso il reclamo). Ma l'attribuzione del procedimento alle competenze del tribunale lascia spazio esiguo all'azione del giudice singolo. In proposito va considerato che la riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 ha abrogato gli artt. 732,733,734 c.p.c. recanti la disciplina dei provvedimenti del tribunale su parere del giudice tutelare relativi ad atti da compiersi per conto e nell'interesse di minori, interdetti e inabilitati. Si vedano attualmente gli artt. 473-bis.64 e seguenti c.p.c. I procedimenti riguardanti i minoriL'indicazione contenuta nell'art. 473-bis riferita genericamente ai procedimenti in materia di minori va intesa come riguardante sia i procedimenti la cui cognizione è affidata al tribunale ordinario e sia i procedimenti la cui competenza è attribuita al tribunale per i minorenni. In questo senso l'estensione di ambito di applicazione disposta dalla norma citata appare chiaramente indicata, ed è comprensiva anche delle procedure di competenza del giudice tutelare. Siffatta estensione riguardante le funzioni del tribunale ordinario ha la portata di una anticipazione. Quando sarà istituito il tribunale per le persone, per i minori e per la famiglia, il tribunale per i minorenni sarà assorbito da questo e molte delle ragioni per differenziarne le competenze verranno meno, se non scompariranno del tutto. Nell'attesa della piena entrata in vigore della riforma affidata all'organo giudiziario di nuova costituzione, tribunale ordinario e tribunale per i minorenni rimangono autonomamente regolati e differenziati per compiti e composizione. L'aspetto in comune è costituito dal comune procedimento di rito familiare uniforme. Esso si applica anche ai figli maggiorenni portatori di handicap grave (art. 473-bis.9). La principale linea di demarcazione tra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario è segnata ancora dall'art. 38 delle disposizioni di attuazione al codice civile. Esso assegna al tribunale per i minori i procedimenti per: l'autorizzazione al matrimonio del minorenne (art. 84 c.c.); la nomina del curatore speciale per le convenzioni matrimoniali del minore (art. 90 c.c.); l'autorizzazione al riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio ad opera di genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età (art. 250 c.c.); l'autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso (art. 251 c.c.); il diritto degli ascendenti ad avere rapporto con il minore (art. 317-bis u.c.); la decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.); la reintegrazione nella responsabilità genitoriale (art. 332 c.c.); condotta del genitore pregiudizievole al figlio (art. 333 c.c.); la rimozione dalla responsabilità genitoriale (art. 334 c.c.); riammissione nella responsabilità genitoriale (art. 335 c.c.); e la continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del minore (art. 371 c.c.). Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Si veda l'art. 38 disp. att. c.c. per le ulteriori regole di ripartizione delle competenze, come modificate dal provvedimento di correzione alla riforma Cartabia. Seguono il rito familiare uniforme i provvedimenti relativi ai minori interdetti e inabilitati (artt. 473-bis.64 e segg. c.p.c.). La ripartizione di attribuzioni come sopra indicata soffre rilevanti eccezioni in ragione della connessione tra domande. Se è pendente o viene instaurato davanti al tribunale ordinario un procedimento per la separazione, il divorzio, il rifiuto del coniuge del consenso al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, i provvedimenti nell'interesse del figlio nel corso dell'impugnazione del riconoscimento (art. 268 c.c.), i provvedimenti impartiti con la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 277 c.c.), il contrasto tra genitori su questioni di particolare importanza (art. 316 c.c.), o la modifica delle condizioni dettate da precedenti provvedimenti a tutela minore; la competenza per i procedimenti previsti dagli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 appartiene, per attrazione, al tribunale ordinario e il tribunale per i minori, disposte le eventuali misure temporanee e urgenti nell'interesse del minore, gli trasmette gli atti. Le forme del giudizio sono poi quelle del rito familiare uniforme. Il tribunale per i minori è competente per il ricorso previsto per l'irrogazione delle sanzioni quando è pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli artt. 330,332,33,334 e 335 c.c. Si veda, in particolare, il successivo paragrafo 9. Sfuggono al rito uniforme, in quanto da trattarsi nelle forme della camera di consiglio (art. 473-ter c.p.c.), i procedimenti in tema di cognome al figlio minorenne nato fuori dal matrimonio e riconosciuto (art. 262 c.c.); contrasto tra genitori su questioni di particolare importanza (art. 316 c.c.: v. art. 152-ter disp. att. c.p.c.); esercizio della tutela (art. 371 c.c.); misure applicabili ai minori irregolari (artt. 25 ss. r.d. 20 luglio 1934, n. 1404, conv. in l. 27 maggio 1935, n. 835); misure di tutela a favore di minori immigrati (artt. 31,33, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286); misure in tema di protezione internazionale (artt. 18, 19, 19-bis l. 18 agosto 2015, n. 142). I procedimenti riguardanti le famiglieL'art. 473-bis c.p.c. indica con il termine «famiglie» l'oggetto di procedimenti che unitamente a quelli riguardanti gli status e i minori devono essere trattati con le forme del rito uniforme. Il termine è estremamente generico ed ampio nel suo ambito di riferimento, di per sé comprensivo anche di quanto si riferisce alle relazioni coniugali ed ai rapporti tra genitori e figli. Si è verosimilmente inteso da parte del legislatore delegante utilizzare locuzioni non escludenti per quanto possibile una applicazione larga delle nuove norme processuali ed evitare a tale scopo elencazioni o classificazioni. L'utilizzo della parola “famiglie”, al plurale, è verosimilmente motivato dall'intento di riferirsi anche ai nuclei di persone che non corrispondono necessariamente e soltanto alla nozione tradizionale di famiglia nella sua composizione di coniugi, di figli e di parenti e affini. L'evoluzione dei costumi verso forme semplificate di coabitazione e convivenza fondate sulla condivisione della vita ha mutato quella nozione sino a comprendervi formazioni esulanti da crismi di riconoscimento ufficiale e persino contrarie a quella originariamente basata sull'incontro dei sessi. L'ordinamento ha con la sua normativa attribuito dignità giuridica alla convivenza di fatto e alle unioni tra persone dello stesso sesso. In questa situazione si è inserita la riforma del processo civile con disposizioni esplicitamente rivolte alle unioni civili, alcune delle quali si applicano alle unioni di fatto (si veda il paragrafo che segue). Per individuare dunque i procedimenti ai quali si riferisce l'indicazione normativa occorre ricercare al di fuori da quanto riguarda direttamente il regime strettamente coniugale e la filiazione. Vengono in considerazione in primo luogo le procedure in materia di rapporti patrimoniali della famiglia (artt. 159 ss. c.c.). Il codice civile detta le norme disciplinatrici del regime familiare nel contesto del Libro I delle sue disposizioni, dedicato alle persone e alla famiglia, e non v'ha dubbio che l'economia familiare abbia una importanza fondamentale nei rapporti interni alla famiglia e nei rapporti di essa con il mondo esterno. Proprio per rispondere nel miglior modo presumibile alle finalità cui tende l'istituzione familiare l'art. 159 dispone che il regime patrimoniale legale della famiglia è, in difetto di pattuizione diversa, costituito dalla comunione dei beni, vale a dire, dalla condivisione delle risorse. A protezione dei beni di servizio alla famiglia possono esserne vincolati alcuni mediante la costituzione di un fondo patrimoniale funzionale ai bisogni del nucleo familiare; con limitazioni all'esercizio di azioni incisive su di esso ad opera dei coniugi o dei terzi. Per le stesse finalità sono vigenti norme che disciplinano la separazione dei beni e la comunione convenzionale. E costituisce oggetto di disposizioni specifiche l'esercizio dell'impresa svolto nella collaborazione dei partecipanti al gruppo familiare. Le controversie che sorgono in relazione ai rapporti pertinenti a queste materie rientrano nell'ambito di quelle da trattarsi con il rito uniforme di cui agli art. 473-bis ss. c.p.c. In particolare, sono regolati dalle norme del rito familiare uniforme i procedimenti riguardanti i rapporti patrimoniali tra i coniugi (artt. 473-bis.67 e segg. c.p.c.). Deve ritenersi che la ragione per cui le cause in tema di regime patrimoniale della famiglia debbono seguire le forme processuali suddette sia da ravvisare nel fatto che esse attengono direttamente al modo di essere, alla conservazione, alla tutela di rapporti che incidono sul sostentamento economico e sul mantenimento di unità del complesso familiare. Di altro genere possono porsi controversie tra i coniugi o tra costoro e altri componenti della famiglia ma senza riferirsi al regime patrimoniale di questa per esaurirsi in questioni personali, pur di contenuto economico, quali la pretesa di restituzione di mutui o la divisione di beni ereditari non caduti in comunione. Per indubbia affinità possono essere ritenuti ricondotti al rito familiare uniforme i procedimenti in materia di alimenti (artt. 433 ss. c.c.). L'obbligazione alimentare si fonda precipuamente su doveri di solidarietà e di assistenza che sorgono da legami di sangue, di affinità e di relazioni domestiche e per questo motivo le controversie relative rientrano a buon diritto tra quelle riguardanti la famiglia. Sono da trattarsi in camera di consiglio i procedimenti di intervento giudiziale nel disaccordo tra i coniugi di cui all'art. 145 c.c. (art. 152-terdecies disp. att. c.p.c.) e i procedimenti per la cessazione del patrimonio familiare (art. 171 c.c.). Il provvedimento di correzione al d.lgs. n. 149/2022 di riforma del processo civile ha aggiunto nel testo dell'art. 473-bis.47 la menzione delle azioni per il risarcimento del danno da violazione dei doveri familiari. Si veda in proposito il successivo paragrafo 9. Le unioni civili e le convivenzeL'art. 473-bis c.p.c. non fa menzione delle unioni civili e delle convivenze di fatto registrate. Una indicazione è invece contenuta nel successivo art. 473-bis.47, che indica la competenza del tribunale per le domande di scioglimento dell'unione civile. Il riferimento è specifico e non riguarda gli altri rapporti tra i componenti dell'unione civile disciplinati dalla l. n. 76/2016. L'applicazione del rito familiare uniforme anche a questi particolari rapporti risulta in ogni caso certa in forza di elementi concordanti. Un riferimento di natura testuale è rilevabile nel disposto dell'art. 50.1 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario il quale assegna al futuro tribunale per le persone, i minori e la famiglia la giurisdizione in primo e in secondo grado e in materia civile, anche nei procedimenti relativi alle unioni civili e alle convivenze. Anche in questo caso la norma in divenire evidenza una scelta chiara legislativa nel senso di raccogliere presso un unico giudice specializzato tutte le controversie concernenti i rapporti personali di famiglia in senso stretto e quelli regolati dal diritto a sua somiglianza. Sul punto, e sotto il profilo sistematico, va considerato che la l. 20 maggio 2016, n. 76, già indica esplicitamente quali applicabili alle unioni civili le norme principali dettate dal codice civile per la famiglia (art. 1, commi 5, 7, 13, 17, 19, 21 della legge) e quelle disposte dalla legge sul divorzio (art. 1 , commi 23, 25). In senso sostanzialmente analogo il medesimo provvedimento dispone per quanto riguarda le convivenze di fatto. Le domande connesse Le domande connesseIl fatto che per i procedimenti nelle specifiche materie indicate dall'art. 473-bis c.p.c. sia stato introdotto un modello processuale pressoché autonomo nella disciplina e caratterizzato da una competenza funzionale fa sorgere la questione relativa alla possibilità di considerare attratte in tale competenza riservata le domande connesse. Tanto sarebbe consentito dall'art. 40 c.p.c. per il quale se le cause connesse sono assoggettate a differenti riti speciali esse debbono essere trattate col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza. E nei casi di accadimento maggiormente ipotizzabile, di domanda accessoria o di causa riconvenzionale, la competenza prevalente è generalmente determinata dalla causa principale: quella in materia di persone, di minori e di famiglia. La fattispecie che si è presentata in concreto nell'esperienza giudiziaria ha riguardato la domanda di risarcimento del danno endofamiliare proposta unitamente alla richiesta di provvedimenti di riconoscimento della filiazione, di risoluzione di questioni riguardanti gli assegni per il coniuge o per i figli, di alimenti o, più in generale, di separazione e di divorzio. La Corte di cassazione escluse la sussistenza dei presupposti di operatività della connessione quale ragione processuale di attribuzione della competenza in deroga ai criteri ordinari della sua ripartizione (Cass, n. 18870 /2014). Essa ribadì l'orientamento sino ad allora costante secondo cui la trattazione congiunta di cause soggette a riti diversi opera soltanto nel caso di connessione «forte». La Corte di legittimità, a proposito della richiesta di separazione con addebito, affermò che essa e la richiesta di risarcimento dei danni, in quanto soggette a riti diversi, non sono cumulabili nel medesimo giudizio, atteso che, trattandosi di cause tra le stesse parti e connesse solo parzialmente per «causa petendi», sono riconducibili alla previsione di cui all'art. 33 c.p.c. e non anche alla disposizione del successivo art. 40, il quale consente il cumulo nell'unico processo di domande soggette a riti diversi esclusivamente in presenza di ipotesi qualificate di connessione «per subordinazione» o «forte» (artt. 31,32,34,35 e 36, c.p.c.). Successivamente la Corte di legittimità ha aperto a soluzioni diverse. Essa ebbe ad affermare che tra la domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio e quella, proposta in via riconvenzionale, volta ad ottenere l'annullamento dell'accordo di separazione consensuale per vizio del consenso, (in allora) assoggettate a riti diversi, è configurabile una situazione di connessione «per subordinazione» o «forte», atteso il nesso di pregiudizialità che lega le azioni, la quale rende applicabile l'art. 40, comma 3, c.p.c., salva ogni determinazione del giudice di merito in ordine alla sospensione ex art. 295 c.p.c. della domanda (pregiudicata) di divorzio in attesa della definizione di quella (pregiudicante) sul richiesto annullamento della separazione (Cass. I, ord. n. 22700/2021). La stessa Corte ritenne sussistente una ragione di connessione forte per altre situazioni processuali riconducibili alla fattispecie avente una delle due domande soggetta a rito speciale; tra queste fattispecie quella costituta dalla controversia instaurata per il pagamento degli onorari di avvocato con la domanda riconvenzionale del cliente di contestazione dell'esistenza del rapporto o sull'an debeatur (Cass. II, n. 10864/2023; S.U. , n. 4485/2018); e, in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, la richiesta di accertamento incidentale della violazione dei diritti d'autore, quale questione tecnicamente pregiudiziale e rilevante ai fini dell'attrazione della controversia principale alla competenza specialistica della sezione specializzata in materia di impresa (Cass. III, n. 2331/2023). Verosimilmente il legislatore delegante ha tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale divenuto ammissivo e, in ossequio delle istruzioni delegate, il d.lgs. n. 149/2022 ha disposto all'art. 30 che presso le sezioni circondariali del tribunale per le persone, i minori e la famiglia siano trattate oltre alle controversie in tali materie anche quelle aventi ad oggetto le domande di risarcimento del danno connesse per l'oggetto o per il titolo. Nell'attesa dell'istituzione del tribunale unico per la famiglia il provvedimento di correzione del d.lgs. n. 149/2022, frutto della delega, ha modificato il testo dell'art. 473-bis con l'inserzione in esso della menzione esplicita dell'applicabilità del rito familiare anche alle azioni di risarcimento del danno conseguente alla violazione di doveri familiari. Discorso che conduce al medesimo risultato può farsi a proposito delle domande relative alla sorte della comunione dei beni in conseguenza della richiesta di separazione o di divorzio. L'art. 191 c.c. dispone che la comunione tra i coniugi si scioglie, nel giudizio contenzioso, al momento in cui il presidente del tribunale (oggi, collegio o giudice istruttore) autorizza i coniugi a vivere separati. Poiché tale autorizzazione sopraggiunge dopo la proposizione della domanda introduttiva del processo e dopo che le parti hanno esposto le loro tesi, le loro difese e le istanze probatorie (art. 473-bis.17 c.p.c.), potrebbe reputarsi tardiva e dunque inammissibile la domanda sullo scioglimento della comunione e di divisione dei beni che sia proposta nella fase precedente al provvedimento giudiziale di scioglimento dell'obbligo di convivenza. In realtà va considerato che per affermazione giurisprudenziale il fatto costitutivo del diritto ad ottenere lo scioglimento della comunione (cioè l'affermata separazione coniugale) non è una condizione di procedibilità della relativa domanda ma è una condizione dell'azione, con conseguente sua proponibilità nelle more del giudizio di separazione, essendo sufficiente che la condizione sussista al momento della decisione (Cass. n. 4492/2021). La volontaria giurisdizioneLa Relazione illustrativa al disegno di legge delegata afferma che resta estranea alla materia disciplinata dal decreto di riforma del processo civile la volontaria giurisdizione. Essa si limita ad affermare: «Quanto all'articolo 473-ter c.p.c., tenuto conto dell'applicazione del rito unitario ai procedimenti contenziosi, e in ossequio alle esigenze di riordino e coordinamento evidenziate dal principio contenuto nell'articolo 1, comma 23, lett. a), ultima parte, l. n. 206/2021, si è ritenuto opportuno introdurre una norma ricognitiva da applicare a tutti i procedimenti privi di una disciplina ad hoc e sino ad oggi tendenzialmente retti dalle norme relative al rito camerale». L'affermazione appare esplicita nel contrapporre le procedure cui riferire la generica disposizione citata a procedimenti ben distinti da quelli disciplinati come da tenersi nelle forme del rito in materia di persone, di minori e di famiglia che negli artt. 473-bis e seguenti c.p.c. hanno trovato una espressa ed uniforme regolamentazione. Mancano nella citata Relazione delucidazioni od esempi e pertanto spetta all'interprete ricercare quali siano le residue procedure da ricondurre a una disciplina di giurisdizione volontaria. Preliminare all'indagine è l'esatta determinazione della nozione di giurisdizione volontaria, che il codice di procedura non definisce e che costituisce, in definitiva, il frutto di una classificazione dottrinale he la giurisprudenza ha recepito. La caratteristica che concordemente e per prima viene posta in risalto è la mancanza di quella contestazione tra parti contrapposte che è connotato tipico della giurisdizione contenziosa ordinaria. Si accenna, al riguardo, ad una giurisdizione inter volentens, per alludere al fatto che senza il presupposto di un contrasto da risolvere si chiede al giudice un provvedimento. Sul piano del diritto positivo si riconduce la disciplina unitaria di questo particolare tipo di processo alla normativa dettata dagli artt. da 737 a 742-bis c.p.c. recanti le «disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio». Le norme dettate per la disciplina processuale generale e per la disciplina di queste singole procedure erano dettate dal Titolo II del Libro IV del codice di procedura civile. In questa sua porzione il codice racchiudeva una normativa avente una propria organicità in quanto tutta relativa alla materia della famiglia, delle persone e dei minori. In proposito le richieste dei provvedimenti rivolte al giudice assumevano la forma del ricorso e la decisione era assunta con decreto reclamabile al tribunale o alla corte di appello. Aspetti di specialità riguardavano la revocabilità, in ogni tempo, e la modificabilità, dei provvedimenti e l'acquisto della loro efficacia dopo trascorso il termine per il reclamo. Da questo contesto di diritto positivo la dottrina aveva posto in evidenza alcune caratteristiche che si sosteneva dovessero essere comuni anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione diversi da quelli immediatamente riguardanti la materia familiare e disciplinati anche da normative estranee alla compilazione codicistica. L'esempio proposto riguardava la vicenda costitutiva, modificativa o estintiva della persona giuridica. Un rilievo sul quale si è sempre concordato concerne il fatto che la giurisdizione volontaria non tende ad attuare diritti, e tanto meno diritti soggettivi, ma è rivolta ad attuare, realizzare o modificare aspettative assimilabili agli interessi diffusi, per questo connotato avvicinabile all'attività amministrativa; e quando riguardante diritti, mai in genere per risolvere situazioni di contrasto. A differenza da quella amministrativa, la giurisdizione volontaria non tutela interessi diretti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche bensì situazioni private, anche se queste rivestono rilievo di utilità collettiva. E allora le caratteristiche distintive della giurisdizione volontaria vengono individuate nella sua natura comunque giurisdizionale – per essere attuata da organi giurisdizionali, come tali terzi e imparziali rispetto alla vicenda da regolare, nel rispetto del contraddittorio e della difesa – e nella modificabilità e revocabilità dei provvedimenti, di conseguenza non idonei alla cosa giudicata. Il confronto tra queste acquisizioni interpretative e la normativa uscita dalla riforma processuale di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, evidenzia i profondi mutamenti che essa ha apportato. La riforma ha conservato le disposizioni di ordine generale, di cui agli artt. 737-742-bis. Esse continuano a valere come normativa di riferimento cui far capo in difetto di diverse norme speciali. Ma ha poi abrogato, per trasportarle in un contesto diverso, tutte le altre che la precedevano, dall'art. 706 all'art. 736. La materia riguardante le persone, i minori e le famiglie è attualmente oggetto di una disciplina unitaria innovativa che ne riconduce la cognizione a procedure da tenersi nelle forme del rito unico disciplinato dagli artt. 473-bis e seguenti c.p.c. Il rito prevede fasi di svolgimento tipiche del giudizio ordinario, sia pure da intraprendersi con ricorso (costituzione in giudizio con comparsa di risposta; decadenze e preclusioni; scambio di note difensive; appellabilità dei provvedimenti, pronunciati con sentenza). E in queste forme si svolgono i procedimenti: di separazione coniugale, di divorzio, di scioglimento dell'unione civile, di regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale e di modifica dei relativi provvedimenti (artt. 473-bis.47 ss.); di repressione della violenza generica o di genere (artt. 473-bis.40 ss.); di attuazione dei provvedimenti (artt. 473-bis.36 ss.); di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno (artt. 473-bis.52 ss.); di assenza e di morte presunta (artt. 473-bis.59 ss.); relativi ai minori interdetti e inabilitati (artt. 473-bis. 64 ss.); sui rapporti patrimoniali tra coniugi (artt. 473-bis.67 ss.) e per gli ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 473-bis.69 ss.). Ai procedimenti in camera di consiglio, in genere, è dedicata la disposizione di cui all'art. 473-ter. Essa si limita a indicare il rito della camera di consiglio come applicabile per alcuni provvedimenti che specificamente indica: i provvedimenti di cui agli artt. 102 (opposizione al matrimonio), 171(cessazione del fondo patrimoniale); 262 (cognome al figlio minorenne nato fuori dal matrimonio e riconosciuto); 316 (contrasto tra genitori di particolare importanza); e 371 (esercizio della tutela) c.c.; artt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934, conv. in l. n. 835/1935 (misure applicabili ai minori irregolari); artt. 31 e 33 d.lgs. n. 286/1998 (misure di favore per i minori immigrati); artt. 18, 19 e 19-bis l. n. 142/2015 (misure in tema di protezione internazionale); infine, i decreti del giudice tutelare ove non sia altrimenti stabilito. L'art. 473-bis c.p.c. esclude dall'applicazione del rito unico per le controversie in materia di persone, di minori e di famiglia i procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità e di adozione di minori di età; oggetto di attribuzione alle sezioni specializzate in materia di immigrazione; di protezione internazionale e di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. La normativa si ferma a queste esplicite indicazioni e non contiene norme di ambito generale aventi un contenuto esteso ad un indeterminato numero di possibili procedure da individuare per avere caratteristiche comuni con quelle espressamente disciplinate. Rimane dunque ben poco quanto a fattispecie di giurisdizione volontaria. Il legislatore ha optato per una palese formalizzazione della disciplina processuale. E per quanto specificamente riguarda i procedimenti camerali, con i quali si identificava sostanzialmente la volontaria giurisdizione, deve ritenersi che l'interprete debba attenersi non tanto a creazioni per analogia o sistematiche quanto all'esplicita indicazione della legge. Tanto è avvenuto, ad esempio, per quanto previsto dal testo dell'art. 30-bis del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, di semplificazione dei riti civili speciali a proposito dei procedimenti volti ad ottenere la dichiarazione di esecutività e in via principale l'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di decisioni emesse dalle autorità giurisdizionali degli Stati membri dell'Unione europea, tra i quali: il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale; il regolamento (CE) n. 4/2009 del consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari; il regolamento (UE) 1103/2016 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi; il regolamento (UE) del Consiglio, del 24 giugno 2016 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate; il regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo. L'esiguità dello spazio lasciato alla giurisdizione volontaria si apprezza ove si ricordi che: – le funzioni del giudice tutelare saranno assorbite dal tribunale per lo stato delle persone, dei minori e delle famiglie quando questo organo giurisdizionale sarà costituito, sì che si porrà il problema di stabilire se per le materie in precedenza da decidere con decreto camerale del giudice tutelare le forme di questo rito saranno conservate per il futuro tribunale: affermazione difficile da farsi, considerato che il procedimento davanti a detto tribunale è soggetto al procedimento contenzioso del rito unico di cui agli artt. 473-bis e segg. c.p.c.; – l'art. 21 del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, ha disposto che le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e delle scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell'amministrazione di sostegno, ovvero aventi a oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante. Il notaio può persino determinare le cautele necessarie per il reimpiego del corrispettivo dell'atto che debba essere ricevuto dal minore o da altro soggetto sottoposto a misura di protezione. Restano riservate in via esclusiva all'autorità giudiziaria le autorizzazioni per promuovere, rinunciare, transigere o compromettere in arbitri giudizi e per l'autorizzazione al minore per la continuazione dell'impresa commerciale. Tribunale ordinario, tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, giudice tutelareIl d.lgs. n. 149/2022 ha dettato all'articolo 30 disposizioni di modifica delle norme di ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 al fine di dare attuazione ai principi di delega contenuti nel comma 24 dell'articolo 1 della legge n. 206 del 2021, relativi all'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie: modifiche ispirate dall'esigenza (che nella Relazione illustrativa si afferma essere unanimemente avvertita) di unificare le competenze giurisdizionali in tali materie. L'intervento innovatore si risolve, nel suo nocciolo essenziale, nella concentrazione delle competenze presso un'unica autorità giudiziaria. Lo scopo perseguito dal legislatore delegante è di ridurre il numero complessivo dei procedimenti civili pendenti con l'evitare, come oggi accade spesso, che essi siano instaurati contemporaneamente sia davanti al tribunale per i minorenni, sia davanti al tribunale ordinario. Inoltre, afferma in proposito la Relazione illustrativa al disegno del decreto delegato, la creazione di un unico tribunale altamente specializzato, con sezione distrettuale e più sezioni circondariali, permetterà l'adozione di orientamenti interpretativi uniformi nell'intero distretto, assicurando maggiore prevedibilità delle decisioni, con sicura riduzione del contenzioso, potendo la prevedibilità dell'esito dei procedimenti (in particolari di quelli che non presentano particolari difficoltà) stimolare le parti a raggiungere accordi all'esito della crisi della relazione familiare, da concludere anche al di fuori delle aule giudiziarie, anche grazie al ricorso alle convenzioni di negoziazione assistita in materia familiare di cui all'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. Sempre secondo la Relazione, l'attribuzione alla costituenda sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie del ruolo di giudice di secondo grado, competente per le impugnazioni avverso i provvedimenti emessi in primo grado dalle sezioni circondariali, avrà un notevole effetto deflattivo sui procedimenti iscritti nelle corti di appello, le cui sezioni specializzate in materia di famiglia e minori vedranno ridotto il carico di lavoro in maniera rilevante, così da consentire di liberare risorse per affrontare la definizione dell'arretrato pendente. Infine, si conclude sul punto, la previsione – ad opera dei principi di delega di cui al precedente comma 23 della legge n. 206 – di un unico rito per la trattazione delle controversie civili in materia di persone, minori e famiglie, ispirato al principio di concentrazione, avrà l'effetto di ridurre notevolmente i tempi di definizione dei futuri procedimenti civili che verranno proposti dinanzi all'istituendo tribunale, effetto sicuramente amplificato dalla creazione di una magistratura, giudicante e requirente, altamente specializzata, assegnata in via esclusiva alla trattazione della materia. Gli effetti ai quali la riforma è tendenzialmente rivolta sono conseguenti ai propositi. Nella disciplina vigente le competenze civili in materia di minori e famiglia sono distribuite tra il tribunale per i minorenni e il tribunale ordinario, con ulteriori attribuzioni deferite al giudice tutelare. Si verificano sovente sovrapposizioni di accertamenti, duplicazioni di procedimenti e possibile rischio di adozione di provvedimenti contrastanti. La citata Relazione indica come esempio di questa situazione il caso delle condotte gravemente pregiudizievoli per la prole o di violenza domestica poste in essere da un genitore in danno dell'altro: nella prassi esse sono suscettibili di dar luogo a procedimenti non solo separati ma anche radicati dinanzi ad autorità giudiziarie diverse, seguiti da due diversi uffici di Procura, quella ordinaria e quella minorile. In questi casi, si ricorda, viene infatti istaurato: un procedimento, spesso su iniziativa del pubblico ministero minorile, dinanzi al tribunale per i minorenni exarticoli 330 e 333 c.c. a tutela del minore che abbia subito condotte pregiudizievoli o di violenza, anche nella forma della violenza assistita; e un procedimento dinanzi al tribunale ordinario per la disciplina dell'affidamento della prole (che potrà essere di separazione, divorzio o affidamento del figlio quando nato da genitori non coniugati), nel quale è interveniente necessario il pubblico ministero ordinario. Il coordinamento di questi procedimenti non evita il rischio di giudicati potenzialmente contrastanti e di duplicazione di accertamenti istruttori, di comparizioni delle parti e di ascolti del minore dinanzi alle diverse autorità giudiziarie. La Relazione prosegue affermando: «L'unicità della materia e l'esigenza, avvertita anche in campo sovranazionale, di formare magistrati, giudicanti e requirenti, avvocati ed operatori specializzati nella materia delle persone, dei minori e delle famiglie, impongono di prevedere l'istituzione di un unico organo giudicante e di un unico organo requirente, competente per ogni procedimento che riguardi queste materie. Tra le possibili scelte organizzative, il legislatore delegante ha voluto privilegiare la creazione di un tribunale specializzato che possa proseguire la positiva esperienza maturata dai tribunali per i minorenni nel settore del penale minorile, considerato un modello da seguire per l'efficacia del recupero dei minorenni, e superando, con la concentrazione di ogni procedimento civile dinanzi ad un'unica autorità giudiziaria, le pregresse difficoltà realizzatesi a causa della suddivisioni di competenze, in parte sovrapponibili, tra tribunali ordinari e tribunali per i minorenni. Il modello organizzativo prescelto dal legislatore delegante si articola nella creazione di un unico tribunale che verrà realizzato in ogni sede di corte di appello e di sezione distaccata di corte di appello, con una distribuzione territoriale sostanzialmente sovrapponibile a quella degli attuali tribunali per i minorenni. L'unitario tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie avrà un'articolazione distrettuale e tante articolazioni circondariali quanti sono, nell'ambito del distretto, i tribunali ordinari. Nell'intento del legislatore delegante, la creazione di un unitario tribunale specializzato con le diverse articolazioni, distrettuale e circondariale, permetterà di conservare le specificità del tribunale per i minorenni ma di assicurare, oltre alla concentrazione delle tutele oggi frammentate, la prossimità rispetto all'utenza, altro requisito fondamentale per la corretta gestione del contenzioso che attiene a diritti fondamentali delle persone e delle famiglie, e di liberare risorse per rendere immediatamente reclamabili tutti i provvedimenti provvisori con contenuto decisorio, molti dei quali possono avere immediato effetto nella crescita dei minori e nella vita delle persone coinvolte nel procedimento. La soluzione organizzativa proposta consente di razionalizzare le risorse, in quanto la presenza di pubblici ministeri e di giudici altamente specializzati, assegnati in via esclusiva alla trattazione dei procedimenti relativi alle persone, ai minori ed alle famiglie, permetterà di prevedere che tutte le decisioni attribuite alla competenza delle sezioni circondariali possano essere assunte dal tribunale in composizione monocratica. Le reclamabilità innanzi alla sezione distrettuale dei provvedimenti provvisori di contenuto decisorio (con esclusione, quindi, dei provvedimenti meramente istruttori, di nomina del consulente tecnico d'ufficio o che dispongano altri accertamenti) adottati dal giudice della sezione circondariale assicurerà il vaglio della decisione da parte di altro giudice dello stesso tribunale, altamente specializzato. A livello di tecnica normativa, si è ritenuto preferibile intervenire con una novella sulle norme attualmente in vigore che disciplinano il tribunale per i minorenni, anziché redigere ex novo un testo normativo «autosufficiente», in quanto la delega prevede espressamente che si debba «riorganizzare il funzionamento e le competenze del tribunale per i minorenni», e non istituire un ufficio giudiziario del tutto nuovo, e in quanto comunque sarebbe stato necessario prevedere il coordinamento sia con le norme di ordinamento giudiziario, all'interno del quale il «nuovo» tribunale è comunque destinato a trovare collocazione e anche al fine di assicurare il raccordo del nuovo tribunale con gli altri uffici giudiziari ordinari, sia con quelle recate dal regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, alcune delle quali destinate a rimanere in vigore....». In questo ordine di idee le modifiche apportate, in previsione, sul diritto positivo dalla riforma processuale riguardano: – la già accennata costituzione del tribunale per le persone, i minori e le famiglie, articolato in una sezione distrettuale e in più sezioni circondariali, che di fatto costituiscono delle sezioni distaccate. La sezione distrettuale – come attualmente il tribunale per i minorenni – ha sede nel capoluogo del distretto e ha competenza sull'intero territorio di questo, mentre le sezioni circondariali hanno sede in ogni sede di tribunale ordinario compreso nel distretto e hanno competenza sul corrispondente circondario. Presso la città sede del distretto, quindi, opereranno contestualmente – così come, mutatis mutandis, avviene oggi – la sezione distrettuale e la sezione circondariale. – quanto al tribunale per i minorenni scomparirà anche l'espressione letterale che lo contraddistingue e le sue funzioni saranno assorbite dall'ufficio unitario, costituito dal tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. – comparirà la figura del giudice tutelare, le cui funzioni e attribuzioni saranno trasferite alla competenza del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie (artt. 50.1 e 50.5 r.d. n. 12/1941, Ordinamento giudiziario, inserito dall'art. 30 d.lgs. n. 149/2022). Le modifiche introdotte dalla riforma non si limitano alla ristrutturazione degli uffici giudiziari. Esse riguardano anche i giudici che dovranno esserne i membri componenti. Sono disciplinate le modalità di composizione degli uffici e le assegnazioni dei singoli magistrati. Dei collegi faranno parte componenti privati in funzione di giudici onorari esperti e di consiglieri. Nell'ambito della pianta organica del tribunale il numero di giudici assegnati alle singole sezioni, in considerazione delle esigenze di servizio, sarà stabilito dalle tabelle di organizzazione secondo le modalità vigenti. In ossequio a specifici princìpi di delega la riforma ha previsto che la sezione circondariale giudica in composizione monocratica; che nella materia civile la sezione distrettuale giudica in composizione collegiale, con collegio composto da tre magistrati. L'indicazione della monocraticità era stata osteggiata dal Parlamento che in proposito aveva approvato ordine del giorno ad essa contrario. Ma la specifica indicazione del legislatore delegante non ha lasciato spazio per una sistemazione diversa da quella oggetto del rigido mandato ricevuto. Il mutamento del rito.Il d.lgs. di correzione del provvedimento di riforma noto come “riforma Cartabia” ha provveduto a introdurre nella disciplina del rito familiare uniforme disposizioni volte a risolvere il caso di proposizione della domanda giudiziale in forme inosservanti della specificità della procedura per le controversie familiari. Le disposizioni prevedono l'eventualità dell'instaurazione di un procedimento soggetto alle forme del rito familiare uniforme in forme diverse da quelle per esso stabilite; e l'ipotesi contraria, della proposizione di una causa nelle forme del rito familiare quando per essa si sarebbero dovute osservare le forme ordinarie. L'intervento del correttivo ha avuto lo scopo di impedire che nelle dette eventualità sia pronunciata l'inammissibilità della domanda, in difetto di espressi meccanismi di rimedio alle inosservanze delle norme processuali: così da costringere la parte interessata a riproporre la domanda con conseguente dispendio di tempo e aggravamento di oneri. La disciplina inserita riprende sostanzialmente quella disposta dagli artt. 426 e 427 c.p.c. e dall'art. 4 della legge di semplificazione dei riti speciali 1 settembre 2011, n. 150. La situazione di irregolarità è risolta, in linea di principio, con l'ordine del giudice di mutamento del rito ma le evenienze possibili sono diverse. Dalle forme ordinarie si passa a quelle del processo familiare con l'ordine suddetto e con la fissazione alle parti della prima udienza di comparizione, come previsto dall'art. 473-bis.21. Dalle errate forme del processo familiare si passa a quelle del giudizio ordinario nell'una o nell'altra di queste modalità: se la causa rientra nella competenza del giudice adito è sufficiente l'ordine di mutamento del rito con la pronuncia conseguente degli eventuali provvedimenti ulteriori necessari; altrimenti è dichiarata l'incompetenza con fissazione del termine per la riassunzione della causa secondo il rito (ordinario o speciale) per essa stabilito. La normativa è stata accompagnata da aggiunte che ne completano in modo significativo l'operatività. In primo luogo è disposto che i provvedimenti sopra indicati sono pronunciati non oltre la prima udienza. Si è inteso per tal modo assicurare che il processo venga avviato rapidamente su binari corretti ed evitare che l'adozione di un rito errato possa determinare ritardi e addirittura la regressione processuale a fasi ormai superate. In secondo luogo, nel medesimo ordine di idee e per rafforzarne gli effetti pratici, l'ultimo comma dell'art. 473-bis specifica che restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. In tal senso disponeva già il ricordato art. 4 l. 150/2011. BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2024; Bartolini, Il nuovo processo civile, Piacenza, 2023, 64 ss.; Bonilini (a cura di) Trattato di diritto di famiglia, Padova, 2022; Cascone, Ardesi, Ferrando, Diritto di famiglia, Torino, 2023; Costantino, Il nuovo diritto di famiglia, Bari, 2023; Galluzzo, Il diritto di famiglia e i minori, Torino, 2024; Gioncada, Diritto di famiglia e minorile, Milano, 2021; M. Sapi, Simeone, Gli atti introduttivi, in La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, AA.VV. a cura di Giordano e Simeone, Milano, 2023; Sesta, Manuale di diritto di famiglia, 10° ediz. Padova, 2023; De Filippis, Il nuovo diritto di famiglia dopo la riforma Cartabia, Milano, 2023. |