Ordine di chiamata nel procedimento del socio

Mauro Di Marzio

Inquadramento

L'art. 838-ter c.p.c. stabilisce che nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all'art. 838-bis, l'intervento di terzi a norma dell'art. 105 nonché l'intervento di altri soci a norma degli artt. 106 e 107 è ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l'art. 820, comma 4, dettato in punto di proroga del termine per lo svolgimento dell'arbitrato.

La formula che segue è prevista per l'atto di chiamata in causa del socio.

Formula

ORDINE DI CHIAMATA IN CAUSA DEL SOCIO

IL COLLEGIO ARBITRALE

così composto:

1) .... presidente

2) .... arbitro

3) .... arbitro

– letti gli atti del procedimento arbitrale introdotto da Sig./Sig.ra ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., nei confronti di Sig./Sig.ra ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ....;

– ritenuta l'opportunità di estendere il contraddittorio al socio ...., Per essere la controversia comune allo stesso;

– visto l'art. 838-ter c.p.c.

ORDINA

la citazione del socio .... per l'udienza del ...., ad ore .....

Luogo e data ....

Il presidente ....

Commento

In generale, secondo l'art. 816-quinquies c.p.c. – introdotto al fine di supplire alla precedente mancanza di una disposizione concernente l'intervento e la chiamata del terzo – l'intervento volontario di cui al comma 1 dell'art. 105 (intervento principale e intervento adesivo autonomo) o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l'unanime accordo degli interessati, ivi compresi gli arbitri.

Sono tuttavia sempre ammessi, alla stregua della stessa norma, l'intervento previsto dal comma 2 dell'art. 105 (ossia l'intervento ad adiuvandum) e l'intervento del litisconsorte necessario: tali intervenienti (anche quello ad adiuvandum) non necessitano dell'accordo delle altre parti.

Trova infine applicazione del procedimento arbitrale l'art. 111, dettato per la successione a titolo particolare nel diritto controverso.

Con riguardo tanto all'intervento volontario che a quello su istanza di parte occorre dunque l'accordo del terzo, delle parti e degli arbitri. Sembra da credere, tuttavia, che la norma non intenda riferirsi al caso in cui il terzo sia già parte della convenzione arbitrale, occorrendo in tale ipotesi il solo consenso degli arbitri. Il consenso va prestato per iscritto e può risultare dal verbale di arbitrato: in tal caso, tuttavia, se proveniente dal difensore, occorre che questi sia dotato del relativo potere.

Il litisconsorte necessario pretermesso può però sempre intervenire, anche se non abbia sottoscritto la convenzione di arbitrato e senza necessità di altrui consenso. Se è parte dell'accordo, la chiamata in causa (arbitrale) può avvenire ad opera delle parti direttamente o in conseguenza dell'ordine degli arbitri di integrare il contraddittorio. Non può, invece, essere obbligato a partecipare al processo arbitrale il terzo che non abbia sottoscritto l'accordo compromissorio.

Il richiamo all'art. 111 fa sì che, in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, il procedimento arbitrale prosegue tra le parti originarie e il successore può intervenire o essere chiamato nel processo. Il successore nel diritto, anche se non ha partecipato al giudizio arbitrale, ha diritto di impugnare il lodo.

L'art. 838-ter c.p.c. riprende la disciplina recata dal previgente art. 35, d.lgs. n. 5/2003, che ha precorso la regolamentazione della materia in ambito arbitrale di cui all'art. 816-quinquies c.p.c., che ha previsto la possibilità di estendere il contraddittorio ad estranei al rapporto processuale originario, ma vincolati alla convenzione di arbitrato. Peraltro, l'intervento nell'arbitrato di diritto comune esige non solo l'accordo del terzo e delle parti, ma anche il consenso degli arbitri. Sulla scia della precedente disposizione, l'art. 838-ter c.p.c. ammette l'intervento volontario ex art. 105 c.p.c. e l'intervento su istanza di parte o per provvedimento del giudicante exartt. 106 e 107 c.p.c., con l'unico limite preclusivo costituito dalla «prima udienza di trattazione» (l'intervento volontario nel processo ordinario è possibile «sino al momento in cui il giudice fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione», ex art. 268, comma 1).

In relazione alla norma previgente si è detto che l'art. 34 citato prescrive inderogabilmente che il potere di nomina degli arbitri sia conferito ad un terzo, mentre nulla dice quanto al modo d'instaurazione del procedimento; è indubbio, tuttavia, che sia necessaria la proposizione di una domanda, che identifichi gli estremi oggettivi e soggettivi del rapporto arbitrale, prevedendo il successivo art. 35 l'iscrizione di tale domanda nel registro delle imprese; ne consegue che nel cosiddetto arbitrato societario la domanda diretta alla controparte si distingue nettamente dall'istanza per la nomina degli arbitri, senza che vi sia quindi necessaria contestualità tra questi due atti, né che tale istanza debba essere notificata a controparte, muovendo la prescrizione dell'art. 810 c.p.c. dal diverso presupposto della naturale contestualità tra domanda di arbitrato ed attivazione del procedimento di nomina degli arbitri (Cass. n. 2400/2012).

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