Domanda di mediazione per la risoluzione del contratto di locazione

Cesare Taraschi

Inquadramento

Il d.lgs. n. 149/2022, in attuazione della delega contenuta nella l. n. 206/2021, ha apportato molteplici modifiche alla normativa sulla mediazione nelle controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili, contenuta nel d.lgs. n. 28/2010. In ordine alla relativa disciplina transitoria (sulla quale ha inciso anche la l. n. 197/2022) può distinguersi tra: a) norme non modificate dalla riforma (artt. 1, 10, 18, 19, 21, 22, 23, 24); b) norme modificate o sostituite o introdotte dal d.lgs. n. 149/2022, applicabili ai procedimenti instaurati dal 30 giugno 2023 (artt. 4 comma 3, 5, da 5-bis a 5-sexies, 6, 7, 8, da 15-bis a 15-undecies, 16, 16-bis, 17, 20); c) norme modificate o sostituite o introdotte dal d.lgs. n. 149/2022, applicabili ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023 (artt. 2, 3, 4 salvo il comma 3, 8-bis, 9, 11, 11-bis, 12, 12-bis, 13, 14, 15).

La riforma, in particolare, ha ampliato il novero delle ipotesi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, aggiungendo – alle già previste controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari - anche le controversie, instaurate a partire dal 30 giugno 2023, in materia di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura (art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010). Occorre poi rammentare l'ulteriore fattispecie prevista dal comma 6-ter dell'art. 3 d.l. n. 6/2020, conv., con modif., in l. n. 13/2020, introdotto dal d.l. n. 28/2020, conv., con modif., in l. n. 70/2020, inerente alla controversia in materia di obbligazioni contrattuali in cui il rispetto delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19 possa essere valutato ai sensi del comma 6-bis dello stesso art. 3.

Il procedimento di mediazione non costituisce, invece, condizione di procedibilità della domanda (art. 5, comma 6, d.lgs. n. 28/2010): a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione ex artt. 648 e 649 c.p.c.; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c.; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'art. 696-bis c.p.c.; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c.; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell'azione civile esercitata nel processo penale; h) nell'azione inibitoria di cui agli artt. 37 e 140-octies d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo).

L'accesso alla mediazione è disciplinato dal novellato art. 4 d.lgs. n. 28/2010, che prevede la necessità di depositare apposita domanda presso un organismo sito nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. La domanda può essere anche proposta congiuntamente dalle parti.

Disposizioni integrative e correttive al d.lgs. n. 149/2022 sono state, da ultimo, dettate, in materia di mediazione, dal d.lgs. n. 216/2024, entrato in vigore il 25 gennaio 2025.

La formula in esame è modellata sulla domanda di risoluzione del contratto di locazione, che rientra, ex art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, tra le controversie assoggettate a mediazione obbligatoria.

Formula

ORGANISMO [1] DI MEDIAZIONE .... [2]

DOMANDA [3] DI MEDIAZIONE

(art. 4 d.lgs. n. 28/2010) [4]

Il/La sottoscritto/a ....,

nato/a a ...., prov. ...., il ....,

C.F. ...., residente in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., e-mail ...., PEC ....,

fax ...., cell. .... [5], doc. identità ....,

(A) in proprio

(B) quale titolare o legale rappresentante dell'ente/impresa/società/associazione .... [6],

con sede in ...., prov. ...., cap ....,

via .... n. ...., C.F./P.I. ....,

tel. ...., e-mail ...., PEC ....,

fax ...., cell. .....

(C) quale rappresentante con mandato a conciliare per conto di [7]

Nome .... Cognome .... /Ente-Impresa ....,

nato/a a .... il .... residente/con sede in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., fax ...., cell. ...., e-mail .....

Assistito/a dal seguente difensore con specifica procura allegata [8]:

Avv. ...., nato/a a ...., il ....,

con studio in ...., prov. ...., cap ....,

via .... n. ...., tel. ...., fax ....,

cell. ...., e-mail ...., PEC ....,

CHIEDE

di avviare una procedura di mediazione exd.lgs. n. 28/2010 nei confronti

del/la sig./ra ...., residente in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., fax ...., cell. ....,

e-mail ...., PEC ...., C.F. .....

O

dell'Ente/Impresa/Società ...., con sede in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., fax ...., cell. ....,

e-mail ...., PEC ...., C.F./P.I. .....

NONCHÉ [9]

nei confronti

del/la sig./ra ...., residente in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., fax ...., cell. ....,

e-mail ...., PEC ...., C.F. .....

O

dell'Ente/Impresa/Società ...., con sede in ....,

prov. ...., cap ...., via ...., n. ....,

tel. ...., fax ...., cell. ....,

e-mail ...., PEC ...., C.F./P.I. .....

IN RELAZIONE ALLA CONTROVERSIA DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA (art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010) in materia di LOCAZIONE [10], del valore indicativo di Euro .... [11], come di seguito prospettata [12]: risoluzione del contratto di locazione ad uso abitativo/diverso, stipulato in data ...., registrato in data .... [13], per il grave inadempimento del conduttore consistente nel mancato pagamento dei canoni per le seguenti mensilità ...., con condanna del conduttore al rilascio dell'immobile ed al pagamento dei canoni insoluti, oltre interessi legali [14] .

(eventuale: chiede che la procedura si svolga presso .... [15])

(eventuale: chiede che la procedura si svolga in modalità telematica [16])

(eventuale: dichiara di disporre/non disporre di firma digitale [17])

(eventuale: l'istante dichiara di non essere tenuto/a a versare l'indennità di mediazione, essendo stato/a ammesso/a, come da provvedimento allegato, al patrocinio a spese dello Stato exartt. 15-bis e ss. d.lgs. n. 28/2010).

SI ALLEGA LA SEGUENTE DOCUMENTAZIONE:

a) copia del documento d'identità in corso di validità;

b) copia del codice fiscale;

c) visura camerale aggiornata;

d) copia dell'atto costitutivo/statuto;

e) copia della documentazione attestante il potere a conciliare del rappresentante legale della persona giuridica o dell'ente;

f) copia della procura sostanziale a conciliare al rappresentante o all'avvocato;

g) copia della clausola di mediazione (se presente);

h) copia attestante il pagamento delle spese di avvio del procedimento di mediazione;

i) copia del provvedimento di ammissione anticipata al patrocinio a spese dello Stato;

j) copia del contratto di locazione, con attestazione di avvenuta registrazione;

k) ulteriore documentazione .....

N.B.: si devono segnalare, per iscritto, i documenti che l'istante intende eventualmente riservare all'attenzione del solo mediatore [18] .

Il/la sottoscritto/a .... dichiara di avere letto e compreso il Regolamento ed il Tariffario dell'Organismo adito e di accettare entrambi integralmente [19] ; dichiara, altresì, di essere a conoscenza che l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 dispone che la domanda di mediazione deve essere presentata presso un Organismo di mediazione nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, e di avere scelto codesto Organismo di Mediazione avendo preso atto di tale disposizione. Dichiara, infine, di non aver presentato presso altro Organismo di mediazione analoga domanda relativa alla stessa controversia [20] .

Luogo e data ....

Firma ....

Firma Avv. ....

CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Il/La sottoscritto/a, nel trasmettere i propri dati all'Organismo di mediazione ....,

acconsente al loro trattamento da parte dello stesso Ente, per l'adempimento degli obblighi civili e fiscali inerenti all'organizzazione ed all'espletamento del tentativo di conciliazione richiesto; dichiara, inoltre, di essere debitamente informato/a dei propri diritti ai sensi dell'art. 13 del Regolamento UE n. 2016/679.

Luogo e data ....

Firma ....

Firma Avv. ....

[1] [1]Solo un organismo iscritto al Ministero della Giustizia è legittimato a gestire una mediazione exd.lgs. n. 28/2010. L'art. 3d.m. n. 150/2023 (in vigore dal 15 novembre 2023) disciplina l'istituzione presso il Ministero del registro degli organismi abilitati a svolgere la mediazione e della sezione speciale del predetto registro per gli organismi ADR.

[2] [2]Ai sensi dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, la competenza spetta all'organismo sito nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Nella specie, rileva l'art. 21 c.p.c. che, per le cause in materia di locazione, prevede la competenza del giudice del luogo dove è posto l'immobile. Per approfondimenti si rinvia al commento della presente formula.

[3] [3]Il d.lgs. n. 149/2022, per indicare l'atto con cui si incardina il procedimento di mediazione, ha sostituito, al citato art. 4, il sostantivo “istanza” (di mediazione) con “domanda”: secondo la Relazione illustrativa, la modifica sarebbe stata giustificata proprio per evitare la confusione fra la domanda (relativa al contenuto dell'atto introduttivo del procedimento di mediazione) e l'istanza (relativa al documento contenente la domanda), attesa la inutilità pratica di mantenere tale distinzione.

[4] [4]Il contenuto minimo della domanda di mediazione è disciplinato dall'art. 4, comma 2, d.lgs. n. 28/2010. Per approfondimenti si rinvia al commento della presente formula.

[5] [5]È opportuno indicare il maggior numero possibile di informazioni affinché l'organismo possa, stante l'informalità della procedura, usare tutti i modi possibili per contattare le parti.

[6] [6]Quasi tutti gli organismi richiedono di allegare la visura camerale aggiornata attestante la rappresentanza.

[7] [7]Per la forma della delega si rinvia alle formule dalla n. 203 alla n. 206.

[8] [8]Le parti devono necessariamente essere assistite dai rispettivi avvocati nella mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1, ed in quella demandata dal giudice ex art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010. Per il testo della procura si rinvia alle formule nn. 200 e 201.

[9] [9]In caso di ulteriori parti verso cui sia promossa la procedura di mediazione.

[10] [10]Per quanto attiene all'individuazione delle controversie rientranti nella mediazione obbligatoria, si veda il paragrafo “Inquadramento”.

[11] [11]Ai sensi dell'art. 29 d.m. n. 150/2023 (che ha abrogato, a decorrere dal 15 novembre 2023, il precedente d.m. n. 180/2010), la domanda di mediazione contiene l'indicazione del suo valore in conformità ai criteri previsti dagli artt. da 10 a 15 c.p.c. Quando tale indicazione non è possibile, la domanda indica le ragioni che ne rendono indeterminabile il valore. In base al valore così determinato vanno calcolati i costi della mediazione. Ai sensi dell'art. 28 del medesimo d.m. n. 150/2023, per il primo incontro le parti sono tenute a versare all'organismo di mediazione un importo a titolo di indennità, oltre alle spese vive. L'indennità comprende le spese di avvio del procedimento di mediazione e le spese di mediazione comprendenti il compenso del mediatore previste dai commi 4 e 5 del medesimo art. 28, calcolate per scaglioni in base al valore della lite. Sono altresì dovute e versate le spese vive, diverse dalle spese di avvio, costituite dagli esborsi documentati effettuati dall'organismo per la convocazione delle parti, per la sottoscrizione digitale dei verbali e degli accordi quando la parte è priva di propria firma digitale e per il rilascio delle copie dei documenti previsti dall'art. 16, comma 4, del predetto d.m. Quando il primo incontro si conclude senza la conciliazione e il procedimento non prosegue con incontri successivi, sono dovuti esclusivamente gli importi di cui ai commi 4 e 5. Quando il primo incontro si conclude con la conciliazione sono, altresì, dovute le ulteriori spese di mediazione calcolate in conformità all'art. 30, comma 1, stesso d.m. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda o quando è demandata dal giudice, l'indennità di mediazione è ridotta di un quinto, e sono ridotte di un quinto le ulteriori spese di mediazione.

[12] [12]Breve descrizione dell'oggetto e delle ragioni della domanda. Non trattandosi di un atto giudiziario, non sono richieste particolari indicazioni (richieste istruttorie, conclusioni, etc.), ma occorre una corretta descrizione dell'oggetto della domanda, sia al fine di far comprendere alla controparte il tema della mediazione, sia al fine di inibire eventuali decadenze e/o di interrompere la prescrizione. Per approfondimenti si rinvia al commento della presente formula.

[13] [13]La previsione dell'art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 - a tenore del quale i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari, ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati - si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il criterio generale di cui all'art. 11 delle preleggi e considerata l'assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione dei contratti in corso (Cass. n. 27169/2016). Tuttavia, il mancato versamento di alcune annualità dell'imposta di registro, successive a quella iniziale, è sì sanzionato dalla normativa fiscale, ma non rileva al fine della validità negoziale del contratto cui si riferisce, atteso che la predetta previsione di nullità riguarda la registrazione originaria del contratto (Cass. n. 22163/2023; Cass. n. 13870/2023).

[14] [14]È opportuno richiedere espressamente il rilascio dell'immobile, sebbene, secondo la giurisprudenza, nella domanda di risoluzione del rapporto di locazione per inadempimento del conduttore debba ritenersi implicita quella di rilascio dell'immobile (Cass. n. 23819/2007).

[15] [15]Qualora il regolamento di procedura dell'organismo scelto abbia più sedi operative oppure preveda la possibilità di far svolgere gli incontri in luoghi diversi. Cfr. art. 22 d.m. n. 150/2023.

[16] [16]L'art. 8-bis d.lgs. n. 28/2010, inserito dal d.lgs. n. 149/2022 e sostituito dal d.lgs. n. 216/2024, disciplina la mediazione in modalità telematica.

[17] [17]Requisito importante, in particolar modo per alcune formalità (sottoscrizione del verbale) nella mediazione online. Cfr. art. 8-bis d.lgs. n. 28/2010.

[18] [18]L'art. 9, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 prevede che il mediatore è tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti anche rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate eventualmente svolte, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.

[19] [19]Prima di scegliere un organismo e presentare domanda di mediazione, è opportuno leggere attentamente il suo regolamento, che può differenziarsi per più aspetti da quello di altri organismi. L'accettazione del regolamento può essere espressa nella domanda oppure in un secondo momento, ma, in ogni caso, prima dell'avvio della procedura da parte dell'organismo.

[20] [20]Al fine di prevenire questioni di litispendenza.

Commento

Premessa

Nelle locazioni ad uso abitativo, l'art. 5 l. n. 392/1978, nell'introdurre una presunzione assoluta di gravità dell'inadempimento, ha sottratto all'apprezzamento del giudice la valutazione di tale elemento, predeterminandolo legalmente mediante un parametro ancorato a due elementi: uno di ordine quantitativo, inerente al mancato pagamento di una sola rata del canone o al mancato pagamento di oneri accessori superiori a due mensilità del canone; l'altro di ordine temporale, relativo al ritardo consentito e tollerato, fermo restando, tuttavia, ai fini della declaratoria di risoluzione del contratto, il concorso dell'elemento soggettivo dell'inadempimento costituito dall'imputabilità della mora debendi a dolo o colpa grave del debitore (Cass. n. 23257/2010; Cass. n. 8418/2006). In pratica, l'importanza dell'inadempimento è determinata ex lege, anche se è consentito al conduttore, in deroga al disposto dell'ultimo comma dell'art. 1453 c.c., di evitare la risoluzione del contratto utilizzando la sanatoria prevista dall'art. 55 l. n. 392/1978 (concessione del c.d. “termine di grazia”). Al contrario, ove il ritardo nel pagamento si protragga per un periodo inferiore a 20 giorni dalla scadenza prevista, ovvero la somma dovuta per oneri accessori non superi l'importo di due mensilità del canone, l'inadempimento, pur sussistente, è di scarsa importanza e non può comportare la risoluzione del contratto (Cass. n. 4598/1986).

Il predetto art. 5, sulla “predeterminazione” della gravità dell'inadempimento al fine della risoluzione del rapporto, non è applicabile alle locazioni di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione; il criterio legale dettato da tale disposizione normativa può essere però tenuto in considerazione come parametro di orientamento per valutare in concreto, a norma dell'art. 1455 c.c., se l'inadempimento del conduttore sia stato o meno di scarsa importanza, anche alla stregua del comportamento dal medesimo mantenuto successivamente alla proposizione della domanda, giacché in tal caso, come in tutti quelli di contratto di durata in cui la parte che ha domandato la risoluzione non è posta in condizione di sospendere a sua volta l'adempimento della propria obbligazione, non è neppure ipotizzabile, diversamente dalle ipotesi ricadenti nell'ambito di applicazione della regola generale posta dall'art. 1453 c.c., il venir meno dell'interesse del locatore all'adempimento da parte del conduttore inadempiente, il quale, senza che il locatore possa impedirlo, continua nel godimento della cosa locata consegnatagli, ed è tenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., a dare al locatore il corrispettivo convenuto (salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno) fino alla riconsegna (Cass. n. 5902/2006).

La tradizionale giurisprudenza di legittimità ritiene che l'obbligo di corrispondere il canone non venga meno nel caso in cui si verifichi una riduzione o diminuzione del godimento del bene, ancorché tale evento sia assunto come ricollegabile al fatto del locatore, legittimando l'art. 1460 c.c. la sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione soltanto allorché manchi completamente la prestazione della controparte: ne consegue che, pena la risoluzione del contratto, per il conduttore si pone l'obbligo di previamente esperire apposito giudizio per l'esatta determinazione del canone (Cass. n. 4913/2018; Cass. n. 261/2008 e Cass. n. 13887/2011, le quali hanno precisato che, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede; Cass. n. 7772/2004, che ha ribadito come al conduttore non sia consentito astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, ad es., per mancato mantenimento della cosa locata in condizioni da servire all'uso convenuto; Cass. n. 9863/1998, concernente un caso in cui la mancata corresponsione dei canoni era collegata alla pretesa di recuperare somme asseritamente anticipate per lavori sull'immobile).

Pertanto, tenuto conto dello stretto rapporto sinallagmatico con l'attribuzione del godimento del bene locato da parte del locatore, secondo la tradizionale impostazione dottrinale e giurisprudenziale, il pagamento dei canoni può essere sospeso ex art. 1460 c.c. solo laddove sia venuta totalmente a mancare la disponibilità dell'immobile locato per fatto imputabile al locatore (Cass. n. 11783/2017; Cass. n. 8637/2016) o anche non imputabile a quest'ultimo (ad es.: per inagibilità totale del cespite a causa di evento calamitoso; per il caso di sisma cui sia seguita l'adozione di ordinanze sindacali di sgombero ed inagibilità comportanti la risoluzione del contratto di locazione ex art. 1463 c.c. con conseguente esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni: Cass. n. 17844/2007). In tale ottica, la Suprema Corte ha ritenuto illegittima la sospensione del pagamento del canone per il caso in cui il conduttore, dopo che l'immobile era stato lesionato dalla caduta di un albero sul tetto, aveva continuato ad utilizzarlo mantenendovi i mobili ed altri oggetti nelle stanze non danneggiate dal sinistro (Cass. n. 13133/2006).

Pertanto, la cosiddetta autoriduzione del canone (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore, che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell'ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578, comma 1, c.c., per ripristinare l'equilibrio del contratto, turbato dall'inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata. Tale norma, infatti, non dà facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo di domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti (Cass. n. 26540/2014; Cass. n. 10639/2012).

Negli ultimi anni, tuttavia, si è fatto strada un diverso orientamento dottrinale e giurisprudenziale, secondo cui, qualora il bene locato presenti dei vizi imputabili al locatore ed il conduttore ne conservi comunque il godimento (ma lo stesso principio, mutatis mutandis, vale ovviamente anche nell'ipotesi di cespite necessitante di interventi di riparazione), se non può giustificarsi il rifiuto del secondo di prestazione dell'intero canone, può tuttavia considerarsi legittima da parte sua una riduzione dello stesso proporzionata all'entità del mancato godimento, e ciò alla luce del disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c., che ricomprende anche l'ipotesi dell'exceptio non rite adimpleti contractus (Cass. n. 3341/2001; conf. Cass. n. 14739/2005, Cass. n. 74/2010, Cass. n. 22039/2017, secondo cui, in tale ipotesi, può giustificarsi una autoriduzione del canone proporzionata all'entità del mancato godimento in analogia a quanto previsto dall'art. 1584 c.c., e non già la sospensione dell'intero canone ex art. 1460, comma 2, c.c.).

Anche più recentemente si è ribadito che il conduttore può sollevare l'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione del locatore ma anche nell'ipotesi di suo inesatto adempimento, tale da non escludere ogni possibilità di godimento dell'immobile, purché la sospensione del pagamento del canone appaia giustificata, in ossequio all'obbligo di comportarsi secondo buona fede, dall'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, avuto riguardo all'incidenza della condotta della parte inadempiente sull'equilibrio sinallagmatico del contratto, in rapporto all'interesse della controparte (Cass. n. 2154/2021; Cass. n. 20322/2019). L'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. può, infatti, essere attivata anche a fronte di inadempimenti incolpevoli, derivanti da impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (Cass. n. 21973/2007).

Si rammenta, infine, che le controversie in materia di locazione di immobili urbani sono assoggettate al rito ex art. 447-bis c.p.c. (Cass. n. 8114/2013, secondo cui la nozione di controversie in materia di locazione di immobili urbani, soggette al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c., ricomprende tutte le cause comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma altresì a tutte le altre possibili sue vicende, ovvero, in particolare, a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale).

La competenza

La domanda di mediazione va depositata da una delle parti presso un organismo di mediazione, iscritto nel registro presso il Ministero della Giustizia (cfr. art. 22 d.m. n. 150/2023, in vigore dal 15 novembre 2023), sito nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In particolare, l'art. 21 c.p.c., per le cause in materia di locazione, prevede la competenza del giudice del luogo dove è posto l'immobile: trattasi di foro esclusivo ed inderogabile, con la conseguente invalidità di una eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio (Cass. n. 12404/2020; Cass. n. 21908/2014).

Ovviamente la previsione di corrispondenza tra luogo dell'organismo di mediazione e luogo del giudice competente va intesa nel senso di collegare la localizzazione dell'organismo al foro della controversia e non viceversa, a pena, diversamente, della distorsione delle regole processuali sulla competenza (Cass. n. 17480/2015). In particolare, secondo la circolare ministeriale del 27 novembre 2013, l'individuazione dell'organismo va fatta tenendo conto del luogo ove lo stesso ha la sede principale o le sedi secondarie che si trovino nell'ambito di qualunque Comune della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia, purché tali sedi siano state regolarmente comunicate al Ministero della Giustizia ed indicate nel provvedimento di iscrizione.

In caso di più domande relative alla stessa controversia (ossia aventi identità di parti, petitum e causa petendi), la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito.

La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all'organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti, sicché, nel caso di mediazione obbligatoria, deve ritenersi non verificata la condizione di procedibilità (Trib. Taranto 27 dicembre 2024, in IUS – Processo civile, 11 febbraio 2025; Trib. Torino 10 giugno 2022, n. 2577; Trib. Foggia 19 luglio 2021, n. 1831; Trib. Milano 26 febbraio 2016). La parte invitata può anche aderire alla mediazione e, nel contempo, eccepire l'incompetenza territoriale dell'organismo adito.

Il contenuto della domanda

La domanda di mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa (art. 4, comma 2). È fondamentale che tali elementi siano ben individuati e che vi sia esatta corrispondenza tra gli stessi e quelli posti a base della domanda giudiziale successivamente proposta, perché solo in tal caso il giudice potrà considerare assolta la condizione di procedibilità, potranno realizzarsi gli effetti che sulla prescrizione e la decadenza produce la domanda di mediazione ex art. 8, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 e la controparte potrà valutare, soppesando i rischi connessi all'instaurazione della lite, l'opportunità di un accordo stragiudiziale (Cass. n. 23072/2022; Trib. Roma 28 febbraio 2023, n. 3333; App. Milano 5 maggio 2022, in DeJure). In sostanza, il fattore idoneo a delineare oggettivamente la pretesa fatta valere in sede di mediazione – sulla cui base verificare la coincidenza con la domanda proposta in sede giudiziale – è dato esclusivamente dai fatti allegati, sui quali le parti siano state effettivamente chiamate a conciliarsi.

Il predetto principio è stato ribadito da Trib. Roma 13 giugno 2023, n. 9450 (in IUS I l processo civile, con nota di R. Nardone), secondo cui, affinché si possa considerare assolta la condizione di procedibilità, gli accadimenti narrati in fase di mediazione devono essere corrispondenti e simmetrici a quelli che saranno poi esposti in fase processuale, dovendo la domanda di mediazione includere tutti e gli stessi elementi fattuali, almeno quelli principali, del futuro giudizio. Ciò anche in considerazione del rilievo per cui il contenuto della previsione normativa di cui al comma 2 dell'art. 4 d.lgs. n. 28/2010 è “praticamente equivalente” a quello dell'art. 125 c.p.c., concernente, in generale, i contenuti minimi di qualunque atto introduttivo di un procedimento giudiziale. In senso conforme, in relazione al principio di simmetria, Trib. Torino 31 ottobre 2024, n. 5502, in IUS Processo civile, 12 novembre 2024.

In particolare, per quanto attiene alle “ragioni della pretesa”, con tale locuzione può intendersi, in un procedimento deformalizzato come quello di mediazione, l'allegazione di una situazione ingiusta per la quale si prospetti una futura azione di merito, con il riferimento, tuttavia, a tutti e gli stessi elementi fattuali che saranno invocati nel giudizio contenzioso. Occorre, quindi, l'individuazione della situazione ritenuta ingiusta dal punto di vista di parte istante e per la quale potrebbe poi essere promossa un'azione. Ad es., in un caso affrontato dal Tribunale di Verona (ord. 11 febbraio 2020) – in ambito di mediazione obbligatoria in tema di contratto di intermediazione finanziaria – non erano stati esplicitati i profili di inadempimento addebitati alla parte invitata, con la conseguenza che non poteva ritenersi assolta la condizione di procedibilità.

Non è, invece, richiesta anche l'indicazione degli “elementi di diritto”, come nel caso della citazione ex art. 163 c.p.c. o del ricorso ex art. 414 c.p.c.

Oltre agli elementi indicati dal citato art. 4, va riportata nella domanda di mediazione ogni altra informazione utile alla gestione del procedimento: ad es., il valore della controversia determinato ai sensi del codice di procedura civile ai fini della determinazione dell'indennità (spese di avvio e spese di mediazione: artt. 28 e ss. d.m. n. 150/2023) spettante all'organismo di mediazione, l'eventuale allegazione di documenti, la presenza di rappresentanti o tecnici della parte, la dichiarazione di accettazione del regolamento dell'organismo, etc.

Legittimazione

L'onere di attivare il procedimento di mediazione è posto a carico della parte che ha interesse al processo e che ha il potere di iniziarlo (Trib. Ascoli Piceno 12 novembre 2019 e App. L'Aquila 9 ottobre 2019, entrambi in DeJure).

In particolare, in relazione alla domanda di risoluzione della locazione per mancato pagamento dei canoni, la legittimazione attiva spetta al locatore (che può anche non essere proprietario dell'immobile: ad es., usufruttuario, conduttore-sublocatore, etc.); nel caso di più locatori del bene, gli stessi hanno pari poteri gestori sulla cosa comune ed ognuno di essi è legittimato ad agire per il rilascio (Cass. n. 845/2020; Cass. n. 5077/2010). Per quanto attiene alla legittimazione passiva, l'ipotesi di una pluralità di conduttori dà vita ad un caso di litisconsorzio necessario quando un immobile venga unitamente concesso in locazione con unico contratto a più persone, con la conseguente necessità della partecipazione al giudizio relativo alla pretesa cessazione del rapporto locativo di tutti i conduttori (Cass. n. 5008/1996). In caso di contratto di locazione stipulato quale conduttore da uno soltanto dei coniugi in regime di comunione dei beni, deve rilevarsi che l'art. 180, comma 2, c.c. attribuisce ad entrambi i coniugi esclusivamente il diritto a stipulare i contratti di locazione e, al pretermesso, le azioni di cui al successivo art. 184 c.c., con la conseguenza che il legittimato passivo nella controversia diretta ad ottenere il rilascio dell'immobile condotto in locazione è unicamente il coniuge che ha stipulato il contratto (Cass. n. 10450/1994).

Il tentativo di mediazione, e l'improcedibilità che ne deriva in caso di omesso espletamento, come previsto dall'art. 5, comma 6, lett. b), d.lgs. n. 28/10, non trovano applicazione nel procedimento per convalida di licenza o sfratto nella sua fase sommaria, e precisamente fino all'eventuale mutamento del rito conseguente all'opposizione dell'intimato o al rigetto dell'istanza di convalida. La ragione dell'esclusione è da rinvenire nella natura sommaria del procedimento speciale regolato dagli artt. 657 e ss. c.p.c., diretto a garantire una celere tutela al locatore che intenda riacquisire la disponibilità del bene; pertanto, allorquando, con l'ordinanza di mutamento del rito ex art. 667 c.p.c., le esigenze di celerità sono cessate e la causa prosegue con il rito ordinario di cui all'art. 447-bis c.p.c., la mediazione diventa obbligatoria. In tale ipotesi è controversa l'individuazione del soggetto sul quale gravi l'onere di proporre la domanda di mediazione, ossia se sul locatore intimante (in tal senso: Trib. Roma 7 maggio 2020; Trib. Busto Arsizio 20 marzo 2018) o sul conduttore intimato (in tal senso: Trib. Massa 28 novembre 2017; Trib. Rimini 25 maggio 2016; Trib. Bologna 17 novembre 2015).

In relazione all'opposizione a decreto ingiuntivo, già prima della riforma Cartabia, le Sezioni Unite, sanando il contrasto giurisprudenziale generatosi sul punto, avevano statuito che, nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, sicché, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità consegue la revoca del decreto ingiuntivo (Cass. S.U., n. 19596/2020; conformi Cass. n. 159/2021, Cass. n. 12896/2021, Cass. n. 11598/2022). Tale soluzione è stata recepita dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), che ha introdotto l'art. 5-bis nel d.lgs. n. 28/2010, secondo cui, peraltro, “il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”.

Per quanto attiene all'estensione dell'obbligo di mediazione alle domande ulteriori rispetto a quella principale, deve rilevarsi che l'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010, prima della modifica apportata dal d.lgs. n. 216/2024, faceva riferimento al procedimento di mediazione come condizione di procedibilità della “domanda giudiziale”, ossia della domanda introduttiva del giudizio, cosicché, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, restavano escluse la domanda riconvenzionale del convenuto, la reconventio reconventionis formulata dall'attore, l'intervento in giudizio del terzo effettuato volontariamente ex art. 105 c.p.c. o su istanza di parte ex art. 106 c.p.c. o per volontà del giudice ex art. 107 c.p.c. Invero, secondo tale tesi, un'interpretazione estensiva della locuzione “domanda giudiziale” doveva essere scongiurata, in ossequio ad un elementare principio di ragionevolezza, atteso che l'esperimento di una pluralità di procedimenti di mediazione in corso di causa per ciascuna domanda giudiziale successiva a quella introduttiva del giudizio avrebbe comportato un notevole allungamento dei tempi processuali, in contrasto con le finalità deflattive del d.lgs. n. 28/2010 (Trib. Pavia 23 gennaio 2023, n. 88; Trib. Taranto 2 maggio 2019; Trib. Roma 18 gennaio 2017; Trib. Mantova 14 giugno 2016). Altra parte della giurisprudenza di merito, invece, partendo dal rilievo dell'autonomia della domanda riconvenzionale rispetto a quella principale, ed al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento tra l'attore ed il convenuto, riteneva anche la domanda riconvenzionale assoggettata all'obbligo della mediazione, se ovviamente rientrante tra le materie previste dal comma 1 dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 (Trib. Napoli Nord 8 febbraio 2023; Trib. Reggio Calabria 30 marzo 2021; Trib. Verona 21 febbraio 2017; Trib. Bari 28 novembre 2016; Trib. Roma, sez. dist. Ostia, 15 marzo 2012; Trib. Como, sez. dist. Cantù, 2 febbraio 2012; Trib. Firenze 14 febbraio 2012).

La questione è stata risolta, a seguito di rimessione della stessa con rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. da parte del Trib. Roma, da Cass. S.U., n. 3452/2024, secondo cui la condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l'intero corso del processo e laddove possibile. A questa soluzione le Sezioni Unite sono giunte osservando, tra l'altro, che la mediazione, più che accertamento di diritti, è “contemperamento di interessi”, con semplicità di forme e rapidità di trattazione, anche senza verifiche fattuali: è una sorta di “esperimento” finalizzato ad un accordo negoziale, che va certamente tentato, nella prospettiva assunta dal legislatore, ma prima di intraprendere la causa in funzione di scongiurare la originaria iscrizione a ruolo, e che non avrebbe senso diluire e prolungare oltre misura. Diversamente opinando, la mediazione obbligatoria dovrebbe – per coerenza – essere estesa ad ogni altra domanda fatta valere in giudizio, diversa ed ulteriore rispetto a quella inizialmente introdotta dall'attore: non solo, quindi, la domanda riconvenzionale, ma anche la c.d. reconventio reconventionis, la domanda proposta da un convenuto verso l'altro, oppure da e contro terzi interventori, volontari o su chiamata. In tal caso, potrebbero esperirsi tante successive mediazioni non simultanee, con una assai poco efficiente gestione separata dei conflitti, che difficilmente condurrebbe ad un proficuo ed unitario accordo fra tutte le parti; mentre il processo necessariamente vedrebbe una trattazione disordinata e disarticolata, in attesa dell'esperimento di tanti tentativi di conciliazione stragiudiziali. In ogni caso, spetta al mediatore, nel diligente adempimento del suo incarico professionale, esortare le parti a mettere ogni profilo “sul tappeto”, ivi comprese altre richieste del convenuto, e ciò ai sensi dell'art. 8, comma 3, d.lgs. n. 28/2010, secondo cui “il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”, ossia dell'intera lite tra di loro.

Da ultimo, il d.lgs. n. 216/2024, recependo il dictum delle Sezioni unite, ha modificato il predetto comma 2 dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, precisando che la condizione di procedibilità sussiste solo per la domanda "introduttiva del giudizio".

Lo svolgimento del procedimento di mediazione

Ai sensi del novellato comma 1 dell'art. 8 d.lgs. n. 28/2010, “All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti, che deve tenersi non prima di venti e non oltre quaranta giorni dal deposito della domanda, salvo diversa concorde indicazione delle parti. La domanda di mediazione, la designazione del mediatore, la sede e l'orario dell'incontro, le modalità di svolgimento della procedura, la data del primo incontro e ogni altra informazione utile sono comunicate alle parti, a cura dell'organismo, con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione...”. Dal momento in cui la predetta comunicazione perviene a conoscenza delle parti (conformemente al principio ex art. 1334 c.c. in tema di atti recettizi), la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta. Al fine di evitare che eventuali lentezze procedurali dell'organismo di mediazione possano danneggiare gli interessi delle parti che ricorrono alla mediazione, il d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto (al comma 2 del predetto art. 8) la previsione secondo cui la parte che presenta la domanda può provvedere autonomamente alla comunicazione della stessa alla controparte, al fine di avvalersi dell'effetto interruttivo della prescrizione o dell'impedimento della decadenza, senza esonero dagli obblighi di comunicazione che continuano a gravare sull'organismo di mediazione.

Per quanto attiene alle modalità di partecipazione delle parti, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che, nel procedimento di mediazione obbligatoria, è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura speciale, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (Cass. n. 18106/2024, che richiama Cass. n. 8473/2019, secondo cui, peraltro, la procura sostanziale non può identificarsi con la procura alle liti ex art. 83 c.p.c., né può essere autenticata dal difensore). Tali principi sono stati in gran parte recepiti dal legislatore delegato, il quale, al comma 4 del citato art. 8, ha statuito che “Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale”. Il co. 4-bis del medesimo art. 8, introdotto dal d.lgs. n. 216/2024, prevede - così superando i dubbi emersi nella giurisprudenza di merito - che la delega per la partecipazione all'incontro di mediazione è conferita con atto sottoscritto con firma non autenticata e contiene gli estremi del documento di identità del delegante. Nei casi, però, di cui all'art. 11, comma 7, d.lgs. n. 28/2010 (accordo conciliativo con contratto o atto trascrivibile), il delegante può conferire la delega con firma autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Per quanto attiene al contenuto della procura sostanziale conferita dalla parte al proprio avvocato o ad un terzo, si rinvia alle formule dalla n. 203 alla n. 206.

Nei casi di mediazione obbligatoria, nonché quando la mediazione è demandata dal giudice, le parti devono essere necessariamente assistite dai rispettivi avvocati (art. 8, comma 5).

Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo (art. 8, comma 3). La mediazione, tuttavia, può svolgersi anche in modalità telematica, ossia con collegamento audiovisivo da remoto (art. 8-bis d.lgs. n. 28/2010, introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 e sostituito dal d.lgs. n. 216/2024).

Al primo incontro, il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione (art. 8, comma 6). Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo di conciliazione (art. 5, comma 4): a tale conclusione era già pervenuta anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 18485/2024; Cass. n. 13029/2022; Cass. n. 18068/2019; Cass. n. 8473/2019).

Per quanto attiene alle conseguenze processuali della mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al primo incontro del procedimento di mediazione, si veda l'art. 12-bis d.lgs. n. 28/2010, inserito dal d.lgs. n. 149/2022.

 Il procedimento di mediazione ha una durata di sei mesi, prorogabile dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza, per periodi di volta in volta non superiori a tre mesi (la proroga è consentita una sola volta nei casi di mediazione obbligatoria disposta ex art. 5, comma 2, o demandata dal giudice ex art. 5-quater). Il termine di durata del procedimento di mediazione non è soggetto a sospensione feriale. Il predetto termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione o, nel caso in cui sia il giudice a mandare le parti in mediazione, dalla data di deposito della relativa ordinanza giudiziale. La proroga del termine deve risultare da accordo scritto delle parti allegato al verbale di mediazione o risultante da esso. Nei casi di mediazione disposta dal giudice, le parti comunicano a quest'ultimo la proroga del termine mediante produzione in giudizio dell'accordo scritto o del verbale da cui esso risulta (art. 6 d.lgs. n. 28/2010, sostituito dapprima dal d.lgs. n. 149/2022 e poi dal d.lgs. n. 216/2024, quest'ultimo applicabile ai procedimenti di mediazione per i quali, alla data del 25-1-2025, non è stato depositato il verbale conclusivo della mediazione). In ogni caso, il superamento del termine di durata massima non comporta l'improcedibilità della domanda giudiziale successivamente proposta, a pena di configurare una decadenza processuale normativamente non prevista, che frustrerebbe l'interesse delle parti a proseguire nelle trattative senza dover instaurare la lite giudiziale con sopportazione dei relativi costi (Trib. Napoli 6 aprile 2023, n. 3680; Trib. Torino 17 febbraio 2023, n. 709).

Rapporti tra mediazione obbligatoria e tutela cautelare ante causam

A volte la domanda di restituzione del bene locato è preceduta da un ricorso cautelare per sequestro giudiziario del bene ex art. 670 c.p.c. (Cass. n. 9645/1994, secondo cui, ai fini della concessione del sequestro giudiziario, si ha controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, in quanto il termine “possesso”, usato dall'art. 670 c.p.c. unitamente a quello di proprietà, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione).

Non agevole risulta, tuttavia, il coordinamento tra mediazione obbligatoria e tutela cautelare ante causam di natura conservativa, atteso che, nell'ipotesi in cui sia stato concesso il provvedimento d'urgenza richiesto (ad es., un sequestro), il ricorrente è tenuto non solo ad instaurare il giudizio di merito entro un termine perentorio (non superiore a 60 giorni, ex art. 669-octies c.p.c.), ma anche ad esperire il preventivo tentativo di mediazione (che ha una durata massima di 3 mesi, all'esito dei quali, anche in assenza di proroga, è senz'altro decorso il termine per l'introduzione del giudizio di merito).

In dottrina sono state prospettate tre soluzioni: 1) il termine per il giudizio di merito decorre dal momento in cui, esaurita la mediazione, la domanda giudiziale è divenuta procedibile, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 669-octies c.p.c. in relazione alle controversie individuali relative a rapporti di lavoro con pubbliche amministrazioni; 2) il termine per il giudizio di merito inizia a decorrere dalla concessione del cautelare, ma rimane sospeso nel caso in cui la mediazione sia instaurata e fino a quando non sia conclusa; 3) il giudizio di merito deve essere instaurato in ogni caso entro il termine perentorio previsto dalla normativa cautelare di cui all'art. 669-octies c.p.c., salva la possibilità di sanare il vizio di procedibilità attraverso il rinvio dell'udienza al fine di consentire la presentazione della domanda di mediazione o la conclusione del relativo procedimento se già iniziato, come previsto dal comma 2 dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010. Di recente la Suprema Corte (Cass. n. 28695/2023), affrontando per la prima volta la questione in esame, ha statuito che la parte che abbia domandato ed ottenuto la concessione di un sequestro giudiziario relativo a una controversia rientrante nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, pur dovendo iniziare il giudizio di merito nel termine perentorio di cui all'art. 669-octies, comma 1, c.p.c., non è esonerata dall'esperimento del procedimento di mediazione; allorché il convenuto eccepisca tempestivamente l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione e il giudice erroneamente ritenga che la mediazione non doveva essere esperita, la conseguente nullità può essere fatta valere mediante appello; in tal caso, il giudice d'appello, dichiarata la nullità della sentenza, non potendo disporre la rimessione al primo giudice, è tenuto ad assegnare alle parti il dovuto termine per la presentazione della domanda di mediazione, per poi accertare se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta e trattare la causa nel merito, ovvero, in mancanza, dichiarare l'improcedibilità della domanda giudiziale (Cass. n. 12896/2021).

Non si pongono, invece, particolari problemi per quanto attiene alla tutela cautelare ante causam di natura anticipatoria (ad es., quella di cui all'art. 700 c.p.c. oppure la denunzia di nuova opera o danno temuto), atteso che, in tale ipotesi, l'introduzione del giudizio di merito è solo facoltativa e non subordinata al rispetto di alcun termine perentorio.

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