Impugnazione alla Corte d'appello contro il lodo per opposizione di terzo revocatoriaInquadramentoLa formula è predisposta per l'opposizione di terzo revocatoria contro il lodo arbitrale, ai sensi dell'art. 831 c.p.c. in relazione all'art. 404, comma 2, c.p.c. FormulaCORTE DI APPELLO DI .... [1] IMPUGNAZIONE PER OPPOSIZIONE DI TERZO REVOCATORIA DI LODO RITUALE Il Sig. ...., nato a .... il .... (C.F. [2] : ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., [nella sua qualità di amministratore unico/legale rappresentante/titolare della società ...., con sede in .... ( ....), via/piazza ...., C.F.: .... P. IVA: ....)], elettivamente domiciliato in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avvocato [3] ...., C.F. .... [4] , fax .... [5] , che lo rappresenta e difende in forza di procura alle liti .... [6] ; PREMESSO – che il Signor .... [nella sua qualità di amministratore unico/legale rappresentante/titolare della società ...., con sede in .... ( ....), via/piazza ...., C.F.: .... P. IVA: ....)], ed il Sig. .... [nella sua qualità di amministratore unico/legale rappresentante/titolare della società ...., con sede in .... ( ....), via/piazza ...., C.F.: .... P. IVA: ....)], hanno sottoscritto in data .... un contratto avente ad oggetto ....; – che all'art. .... il contratto reca una clausola compromissoria per arbitrato rituale del seguente tenore: « .... » [7] ; – che in esecuzione della predetta clausola compromissoria è stato costituito il collegio arbitrale che ha pronunciato lodo rituale sottoscritto in data ...., con il quale il collegio ha così deciso: « .... »; – che il lodo arbitrale è l'effetto di dolo o collusione delle parti in danno dell'esponente, quale creditore [8] di una di esse per le seguenti ragioni: ....; – che pertanto ricorre nel caso di specie l'ipotesi di cui all'art. 404, comma 2, c.p.c., richiamato dall'art. 431 c.p.c. – che l'esecuzione del lodo arrecherebbe all'esponente grave ed irreparabile danno, sicché ricorrono i presupposti ai sensi dell'art. 407, c.p.c., in relazione all'art. 373 c.p.c., per disporre la sospensione dell'esecuzione del lodo, giacché .... [9] . Tanto premesso l'attore, come sopra rappresentato e difeso CITA 1) il Sig. .... [nella indicata qualità]; 2) il Sig. .... [nella indicata qualità]; a comparire dinanzi alla Corte di appello di .... nei noti uffici di via/piazza ...., all'udienza del ...., ore di rito, dinanzi al Giudice che verrà designato, con invito a costituirsi in giudizio almeno settanta giorni prima [10] di tale udienza, ai sensi dell'art. 166 c.p.c., con l'espresso avvertimento che non costituendosi in termine incorrerà nelle decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 o da leggi speciali, che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e che, comunque, in caso di mancata costituzione, si procederà in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'adita Corte di appello, previa sospensione dell'efficacia del lodo impugnato, dichiarare nullo il lodo rituale predetto pronunciato in data, con vittoria di spese. Si offrono in comunicazione i seguenti documenti: – lodo arbitrale; – ..... Ai sensi dell'art. 14, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara ai fini del versamento del contributo unificato per le spese di giustizia che il valore della presente causa è di Euro ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]È competente la Corte d'appello nel cui distretto è la sede dell'arbitrato. [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [3]A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014. [4]L'indicazione del codice fiscale dell'Avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [5]L'indicazione del numero di fax dell'Avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax .... ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [6]La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. [7]La formula è predisposta per l'ipotesi di clausola compromissoria contenuta nel contratto. In caso di compromesso stipulato successivamente all'insorgere della controversia essa va conseguentemente modificata. [8]O avente causa. [9]Indicare in dettaglio il grave e irreparabile danno che giustifica la sospensione dell'efficacia del lodo. [10]Si è ritenuto di indicare il termine per la costituzione di 70 giorni seguendo il ragionamento che segue. Fino alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 il termine per la costituzione nel giudizio di primo grado era di 20 giorni, e detto termine si applicava anche in appello, attraverso il rinvio che l'ultimo comma dell'art. 342 faceva all'art. 163-bis c.p.c. Sicché non poteva dubitarsi che anche all'opposizione di terzo avverso lodo arbitrale, devoluta alla competenza della Corte d'appello, si applicasse, di un modo o di un altro, lo stesso termine di 20 giorni. Con la detta riforma la situazione è cambiata. Il termine per la costituzione in primo grado è stato elevato a 70 giorni, mentre nel giudizio di appello parrebbe essere rimasto fermo il termine di 20 giorni: è vero infatti che l'art. 347 c.p.c. rinvia per la costituzione in appello alle forme e ai termini applicabili nel procedimento dinanzi al tribunale, ma sembra che debba farsi riferimento piuttosto all'art. 343 c.p.c., sì riferito all'appello incidentale, ma che richiama la comparsa di costituzione in appello da depositarsi 20 giorni prima dell'udienza. E cioè nel giudizio di primo grado dinanzi al tribunale abbiamo un termine per la costituzione di 70 giorni; nel giudizio di appello abbiamo, almeno così pare, un termine per la costituzione di 20 giorni. Ma l'art. 406 c.p.c. stabilisce che dinanzi al Giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui: e gli artt. 342 ss. c.p.c. non dettano in effetti regole concernenti il giudizio dinanzi alla Corte d'appello, bensì concernenti il giudizio di appello. E cioè non vi sono «norme stabilite per il procedimento davanti a lui», ossia alla Corte d'appello, secondo quanto prescrive l'art. 406 c.p.c., che possano applicarsi. Il che induce a credere che debba farsi riferimento alle regole generali dettate per il giudizio ordinario di cognizione, e dunque agli artt. 163 ss. c.p.c. Bisogna però riconoscere che la soluzione è in certo qual modo strampalata, perché il termine di 70 giorni previsto per il giudizio di primo grado dinanzi al tribunale si correla allo svolgimento delle attività di cui agli artt. 171-bis e ter c.p.c., che invece non sembra affatto possano applicarsi al giudizio di opposizione di terzo avverso lodo arbitrale. La soluzione che si è proposta è dunque opinabile, ed il professionista che redige l'atto si comporterà come meglio crede. CommentoIl lodo è assoggettato a opposizione di terzo nei casi indicati nell'art. 404, il quale disciplina sia l'opposizione ordinaria che quella revocatoria. La competenza è attribuita alla Corte d'appello nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Si osservano anche in questo caso i termini e le forme stabiliti nel libro secondo. Con riguardo ai termini per l'opposizione revocatoria occorre far riferimento agli artt. 325 e 326. Non vi è un termine per la proposizione dell'opposizione di terzo ordinaria. La sospensione dell'esecuzione è disciplinata dall'art. 407. La competenza funzionale a conoscere di tutte le impugnazioni esperibili avverso il lodo rituale è ormai attribuita esclusivamente alla Corte d'appello nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato, la quale, in caso di contemporanea pendenza, può disporre la riunione nello stesso processo delle impugnazioni per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo, sempre che lo stato della causa preventivamente proposta consente l'esauriente trattazione e decisione delle altre cause. Con l'opposizione di terzo revocatoria, prevista dal comma 2 dell'art. 404 c.p.c., taluni terzi (gli aventi causa e i creditori di una delle parti) possono attaccare la sentenza, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno. In questo caso, i terzi protetti dalla disposizione non sono estranei alla portata del giudicato ai sensi dell'art. 2909 c.c., sicché la legittimazione e l'interesse all'opposizione deriva dalla titolarità di una posizione giuridica fraudolentemente pregiudicata: ciò che rileva non è, in sé, la statuizione adottata dal Giudice con la sentenza impugnata, bensì quella statuizione in quanto effetto di frode o collusione. In giurisprudenza si è osservato che, in tema di opposizione di terzo revocatoria, l'eccezionalità del mezzo di impugnazione, lo stretto termine per proporlo, le finalità ad esso riconducibili, individuando una netta diversità del rimedio rispetto all'azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), inducono a ritenere che la nozione di «creditori di una delle parti», richiamata dall'art. 404, comma 2, vada interpretata in senso più restrittivo dell'analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all'azione revocatoria ordinaria (per la quale rileva anche la titolarità di un credito eventuale), nel senso che per creditore, ai fini dell'impugnazione in questione, deve intendersi chi rivesta tale qualità – pur se sottoposta a termine o a condizione – al momento della proposizione di essa; analogamente, per «aventi causa», ai sensi della medesima disposizione, devono intendersi i successori a titolo particolare di una delle parti (Cass. n. 12144/2006). Quanto a questi ultimi è stato difatti chiarito che gli aventi causa che, ai sensi del comma 2 dell'art. 404, possono proporre opposizione di terzo alla sentenza pronunciata tra altre parti, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno, sono solo i successori a titolo particolare di una delle parti, e non gli eredi (Cass. n. 2323/1994). Ai fini della legittimazione all'opposizione di terzo revocatoria è inoltre necessario che l'istante abbia la qualità di creditore o di avente causa di una delle parti del processo nel quale è stata pronunziata la sentenza impugnata e non anche che abbia acquistato tale qualità prima dell'inizio del giudizio medesimo, in virtù di una scrittura di data certa anteriore (Cass. n. 2021/1979). Il dolo e la collusione previsti dalla norma esprimano concetti distinti: mentre il dolo, che non si esaurisce nella preordinazione di atti positivi volti a danneggiare il terzo, ma può estrinsecarsi anche in omissioni, può provenire anche da una sola delle parti, la collusione consiste, invece, in un accordo, fra queste e a danno del terzo, che può essere anche tacito ed aver luogo sia prima che nel corso della lite. Né è necessario che la decisione sia interamente effetto della collusione, essendo invece sufficiente l'accertamento che, senza la collusione, la decisione sarebbe stata diversa, ossia non pregiudizievole, o pregiudizievole in misura minore, per il terzo (Cass. n. 3243/1980). È inoltre a carico del terzo opponente non soltanto la prova della sussistenza del dolo o della collusione, ma anche del nesso di causalità tra essi e il contenuto della decisione, rapporto ricorrente quando il comportamento processuale fraudolento abbia determinato «statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto» (Cass. n. 4123/1990). |