Comparsa di costituzione nel giudizio di reclamo dinanzi alla Corte d'appello contro il provvedimento arbitrale di diniego della misura cautelare per uno dei motivi ex art. 829 c.p.cInquadramentoLa formula che segue è predisposta per la redazione della comparsa di risposta nel giudizio di reclamo avverso il diniego della concessione del provvedimento cautelare richiesto, reclamo proposto per uno degli errores in procedendo elencati dall'art. 829, comma 1, c.p.c. FormulaCORTE DI APPELLO DI .... COMPARSA DI RISPOSTA AVVERSO RECLAMO nell'interesse di: ...., nato/a a .... il, C.F. n., elettivamente domiciliato/a per i fini di questo procedimento arbitrale in ...., via ...., presso lo studio dell'avv. che lo/a rappresenta e difende per procura ....; contro ...., nato/a a ...., il, C.F. n., elettivamente domiciliato/a per i fini di questo procedimento arbitrale in ...., via ...., presso lo studio dell'avv. .... che lo/a rappresenta e difende per procura ....; PREMESSO – è pendente tra le parti procedimento arbitrale rituale introdotto da .... con domanda di arbitrato notificata il ....; – il procedimento arbitrale è stato instaurato in forza di convenzione di arbitrato costituita da clausola compromissoria contenuta nel contratto stipulato tra le parti in data [1] , contratto avente ad oggetto [2] ....; – la parte attrice in arbitrato ha spiegato le seguenti conclusioni ....; – a fondamento di dette conclusioni la parte attrice in arbitrato .... ha in sintesi narrato quanto segue ....; – la parte convenuta in arbitrato ...., ha concluso per il rigetto della domanda così replicando ....; – con ricorso depositato in data .... presso l'On.le Collegio arbitrale [3] , la parte attrice in arbitrato [4] ha chiesto provvedersi in via cautelare, in accoglimento delle seguenti conclusioni: .... – a fondamento della domanda cautelare la parte ricorrente, dopo aver premesso che la convenzione di arbitrato [5] contiene l'espressa attribuzione agli arbitri, ai sensi dell'art. 818, comma 1, c.p.c., del potere di concedere misure cautelari, ha sostenuto che ....; – con decreto del ...., comunicato in data ...., l'On.le Collegio arbitrale ha fissato la comparizione delle parti dinanzi a sé [6] per la data del ...., assegnando alla parte resistente termine fino al .... per il deposito di comparsa di risposta; – con comparsa di risposta depositata il .... la parte convenuta in arbitrato .... si è opposta all'accoglimento del ricorso cautelare osservando che esso difettava sia del presupposto del fumus boni iuris, sia del periculum in mora[7] ....; – l'On.le collegio arbitrale, con ordinanza del ...., comunicata in data [8] ...., ha denegato la chiesta ordinanza cautelare così motivando ....; – avverso detta ordinanza la parte attrice in arbitrato e ricorrente nel procedimento cautelare ha proposto reclamo ex art. 818-bis c.p.c. esponendo le seguenti ragioni [9] ....; – con il presente atto l'esponente, convenuta in arbitrato e resistente in cautelare, si oppone all'accoglimento del reclamo cautelare per i seguenti MOTIVI – L'art. 818-bis c.p.c. ammette il reclamo cautelare, rinviando all'art. 669-terdecies c.p.c., ma soltanto per i motivi di cui all'art. 829, comma 1, c.p.c.: la norma, cioè, introduce nell'ordinamento un peculiare strumento di reclamo a critica vincolata, esperibile esclusivamente in presenza di uno degli errores in procedendo elencati da detta ultima norma [10] ; – viceversa, la parte reclamante ha sostenuto, con il reclamo, che il Collegio arbitrale avrebbe errato nel negare la sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora; – ora, è superfluo dilungarsi ad osservare che gli argomenti spesi dalla parte reclamante sono del tutto infondati, dal momento che, ancor più a monte, essi, in mancanza della denuncia di un vizio in procedendo riconducibile alla previsione dell'art. 829, comma 1, c.p.c. rimettono direttamente in discussione, inammissibilmente, e non per il tramite per la denuncia di uno dei vizi ivi elencati, il merito della decisione cautelare adottata dall'On.le Collegio arbitrale [11] ; – in ogni caso si evidenzia inoltre che ....; Tanto premesso e considerato, l'esponente .... come sopra rappresentato/a, difeso/a e domiciliato/a, CHIEDE che l'Ill.ma Corte di appello adita voglia dichiarare inammissibile o comunque respingere l'avverso reclamo. Si depositano i seguenti documenti: 1 ....; 2 ....; 3 ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]Ovvero di compromesso sottoscritto dalle parti in data ... [2]Descrivere sinteticamente il contenuto del contratto. [3]In caso di arbitro unico la formula va adattata alla bisogna. [4]Si è visto, nella formula dedicata al ricorso cautelare rivolto al collegio arbitrale, che il ricorso cautelare si intende proposto dalla parte attrice in arbitrato, perché, trattandosi di cautelare in corso di causa, esso è normalmente strumentale alla tutela del diritto fatto valere con a domanda arbitrale. [5]Ovvero con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale, secondo quanto pure prevede, in alternativa, l'art. 818, comma 1, c.p.c. [6]La formula è predisposta per il caso che il Collegio arbitrale non abbia pronunciato il cautelare inaudita altera parte; in caso contrario di darà atto del contenuto del provvedimento adottato. [7]Riassumere sinteticamente le ragioni già spiegate nella comparsa di risposta al ricorso cautelare. [8]Il termine di 15 giorni per il reclamo, di cui all'art. 669-terdecies, comma 1, cui rinvia l'art. 818-bis c.p.c., termine al quale va ovviamente prestata la massima attenzione, decorre normalmente dalla comunicazione dell'ordinanza cautelare. L'art. 669-terdecies, comma 1, si riferisce però anche alla decorrenza dalla pronuncia in udienza (ove si ritenga adattabile agli arbitri tale precetto) o dalla notificazione ad istanza di parte, ovviamente, quest'ultima, se antecedente alla comunicazione da parte della segreteria del collegio arbitrale. [9]Indicare sinteticamente le ragioni poste dal reclamante a fondamento del reclamo. [10]In caso di provvedimento cautelare rilasciato dal Collegio arbitrale inaudita altera parte si chiederà anche la revoca di esso. [11]La comparsa è predisposta per l'ipotesi che il reclamo non individui uno dei vizi previsti dall'art. 829, comma 1, c.p.c.: giacché, in effetti, è alquanto arduo immaginare un reale spazio per il reclamo in discorso. Ove così non fosse, e, cioè, ove il reclamo contenesse la denuncia di uno degli errores in procedendo elencati dall'art. 829, comma 1, c.p.c., la comparsa di risposta sarà formulata in relazione a tale tesi. CommentoIl cautelare rilasciato dagli arbitri, ove essi siano dotati della necessaria potestas conferita loro dalle parti, è reclamabile ai sensi dell'art. 818-bis c.p.c.: «Contro il provvedimento degli arbitri che concede o nega una misura cautelare è ammesso reclamo a norma dell'articolo 669-terdecies davanti alla corte di appello, nel cui distretto è la sede dell'arbitrato, per i motivi di cui all'art. 829, comma 1, in quanto compatibili, e per contrarietà all'ordine pubblico». È superfluo precisare che reclamabile è sia il provvedimento che concede, sia quello che nega il cautelare: il testo della norma non autorizza altra conclusione, e del resto è a tutti noto che quando il legislatore ebbe a prevedere, del tutto ragionevolmente, la reclamabilità del solo provvedimento positivo, la Corte costituzionale si frappose alla soluzione con una pronuncia tale da manipolare profondamente il progetto che era stato consapevolmente apprestato. La soluzione del reclamo al giudice ordinario sembra fosse in effetti obbligata: escludere il reclamo sarebbe stato insensato ed in fondo anche discriminatorio, e visto che bisogna poter reclamare, non vi è altra possibilità di farlo se non dinanzi al giudice ordinario, salvo a non immaginare una convenzione di arbitrato che preveda la formazione di un apposito collegio arbitrale per il reclamo. Del resto, sembra da escludere una eccessiva ingerenza del giudice nel giudizio arbitrale, ove si consideri che il reclamo è dato «per i motivi di cui all'art. 829, comma 1, c.p.c. e per contrarietà all'ordine pubblico», e cioè, a parte l'ordine pubblico, dinanzi a vizi di legittimità del provvedimento degli arbitri, senza che sia previsto un diretto riesame del merito della decisione cautelare. Insomma il reclamo cautelare avverso il provvedimento cautelare degli arbitri non è parente neanche lontano del reclamo cautelare dell'art. 669-terdecies, pur richiamato dall'art. 818-bis: il reclamo cautelare diciamo così normale è un gravame a critica libera ed integralmente devolutivo; il reclamo arbitrale è un'impugnazione a critica vincolata per soli motivi di legittimità connessi ad errores in procedendo arbitrali. Certo, c'è la valvola dell'ordine pubblico: ma, insomma, l'esperienza insegna che non è difficile adottare una decisione cautelare totalmente sballata senza violare l'ordine pubblico, di contenuto, peraltro, non perfettamente definito. Sarebbe lungo soffermarsi sulle singole ipotesi contemplate dall'art. 829, comma 1, c.p.c., alcune delle quali non paiono agevolmente configurabili in relazione al provvedimento cautelare. Non è però questo l'aspetto davvero importante. Ciò che preme soprattutto chiedersi è: cosa accada se la corte d'appello riscontra la sussistenza di una delle ipotesi di cui all'art. 829, comma 1, c.p.c.? Procediamo con un esempio. Poniamo che l'arbitrato sia volto a risolvere una lite in cui è controversa la proprietà o il possesso di un immobile, ed immaginiamo che una delle parti ne chieda il sequestro giudiziario, sequestro che gli arbitri neghino perché manca il fumus o manca il periculum. Chi ha perso in sede cautelare, ovviamente, non può direttamente dolersi, in corte d'appello, della valutazione compiuta in punto di fumus e di periculum: può soltanto reclamare «per i motivi di cui all'art. 829, comma 1, c.p.c.». Ed in effetti il soccombente in cautelare propone reclamo lamentando – ricorriamo ad un'ipotesi relativamente semplice – che il provvedimento cautelare «non contiene i requisiti indicati nei n. 5), 6) e 7) dell'art. 823», ossia l'esposizione sommaria, il dispositivo o la sottoscrizione degli arbitri: si duole, cioè, della sussistenza del vizio previsto dall'art. 829, comma 1, n. 5, c.p.c. La corte d'appello ha facile gioco a constatare che effettivamente il provvedimento cautelare non è firmato. Il quesito è: che succede a questo punto? La corte d'appello si arresta ad una simile constatazione, e cioè si limita a dichiarare la nullità del provvedimento cautelare? Ed a che cosa servirebbe? Certo, il soccombente in cautelare avrebbe ricevuto la bella notizia che il provvedimento di diniego del sequestro giudiziario è nullo, ma, al di là della soddisfazione, più che altro dell'avvocato, una constatazione del genere non sarebbe idonea ad apportargli alcuna utilità giuridica. Si può opinare che, una volta dichiarata la nullità del provvedimento cautelare, la palla torni agli arbitri, perché adottino un provvedimento valido? Emendino cioè l'error in procedendo? Ma se fosse così non sarebbe un reclamo cautelare, sarebbe un giro di valzer, perché gli arbitri non avrebbero altro da fare che ricopiare il precedente provvedimento ed apporci la firma già omessa. Per avere un senso, il reclamo cautelare deve essere congegnato come rimedio articolato – com'è per l'impugnazione del lodo arbitrale – in un primo momento rescindente ed in un successivo eventuale momento rescissorio, volto alla decisione del «merito» cautelare. E cioè sembra doversi ammettere che nella situazione considerata la Corte d'appello, dopo aver constatato la nullità del provvedimento cautelare, possa rivalutare autonomamente, se richiesta, la sussistenza di fumus e periculum. Certo, la soluzione richiede un qualche sforzo interpretativo, a fronte di una disposizione che, obbiettivamente, forse qualche assennata parolina in più l'avrebbe potuta dire: e, invece, l'art. 818 c.p.c. contiene un richiamo «secco» ad un solo comma dell'art. 829 c.p.c., sicché non è agevolissimo ritenere che il legislatore abbia voluto rinviare al meccanismo di fondo che governa l'impugnazione per nullità del lodo arbitrale. Si diceva che l'esempio fatto è quello semplice. Perché dire che laddove il legislatore ha richiamato l'art. 829 c.p.c., sia pure limitatamente al comma 1, ha in realtà inteso richiamare anche l'art. 830 c.p.c., è ostico, ma non è proibitivo. Ma l'art. 830 c.p.c. contempla la fase rescissoria solo, per quanto ci riguarda, se il lodo è annullato per i motivi di cui all'art. 829, comma 1, n. 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12). Sicché, tanto per dire, se la nomina degli arbitri non ha rispettato forme e modi prescritti dalla disciplina arbitrale, e cioè se sussiste il vizio di cui all'art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c., non ci sarebbe nulla da fare. Ma allora si riproporrebbe la domanda precedente, e cioè: che senso potrebbe mai avere prevedere un reclamo cautelare che pur essendo viziato in procedendo il provvedimento sul punto degli arbitri, non sia idoneo a raddrizzare il malfatto? Il punto è che l'art. 830 c.p.c. regola una situazione che non è quella che si verifica in sede cautelare: se, in sede di impugnazione per nullità, la corte d'appello rileva la nullità del lodo per uno dei vizi di cui ai n. 1-4 dell'art. 829 c.p.c., e cioè in buona sostanza perché il lodo proviene da arbitri che non avevano potestas iudicandi, si verifica la stessa situazione in cui si imbatte chi, nel gioco dell'oca, pesca il 58: torna alla prima casella. Ma se gli arbitri negano il cautelare per mancanza di fumus o periculum, e la corte d'appello rileva la ricorrenza del difetto di nomina di cui all'art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c., ciò non comporta affatto il ritorno alla prima casella, evidente essendo che simile interinale pronuncia non vincola gli arbitri. E allora bisogna che nel frattempo la corte d'appello sulla domanda cautelare si pronunci, poi si vedrà se il cautelare rimarrà travolto dalla finale decisione degli arbitri. |