Regolarità fiscale: illegittima la sanzione per falsa dichiarazione in assenza di una prova piena

19 Giugno 2024

Se non vi è compiuta prova dei presupposti della falsa dichiarazione di regolarità fiscale, il cui onere grava sull'Amministrazione, è illegittima la sanzione con iscrizione nel casellario dei contratti pubblici, specie laddove l'operatore economico abbia allegato elementi di fatto idonei a rivelare probabili errori dell'accertamento da questa compiuto. Nel giudizio è legittimata passiva l'Agenzia delle Entrate-Riscossione se la risoluzione della controversia richiede di pronunciarsi, seppure incidenter tantum, sul rapporto giuridico pregiudiziale di cui essa è parte.

Il caso. Il TAR Lazio, nel decidere una controversia relativa alla legittimità di una sanzione per false dichiarazioni in ordine alla regolarità fiscale, con iscrizione nel casellario dei contratti pubblici, chiarisce il riparto dell'onere della prova in materia.

In particolare, nel caso sottoposto al Collegio, una Stazione appaltante “revocava” l'aggiudicazione disposta in favore di un operatore economico e lo segnalava all'Autorità Nazionale Anticorruzione, ritenendo che vi fosse stata una falsa dichiarazione in sede di partecipazione in ordine al requisito di regolarità fiscale, di cui all'art. 80, co. 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

L'ANAC, avvalendosi dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione la quale aveva ritenuto accertati gli inadempimenti fiscali, ravvisava nella condotta dell'operatore economico sia il presupposto oggettivo della immutatio veri sia il presupposto soggettivo della colpa grave ai fini dell'integrazione dell'illecito, comminando una sanzione pecuniaria e una sanzione interdittiva di trenta giorni, con annotazione della vicenda nel casellario dei contratti pubblici, contestate dal ricorrente con l'allegazione e offerta di prova di fatti modificativi della presupposta pretesa tributaria.

La decisione del TAR. Nel decidere la controversia, il Collegio afferma preliminarmente la sussistenza della legittimazione passiva dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, parte del giudizio, considerando che l'accertamento dell'esistenza di violazioni definitivamente accertate rappresenta una questione pregiudiziale rispetto alla verifica dei presupposti della falsa dichiarazione, che, dovendo essere esaminata in via incidentale a pena di indebito rifiuto di giurisdizione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 29 marzo 2017, n. 8117), richiede, a garanzia del contraddittorio, la necessaria presenza delle parti del rapporto giuridico pregiudiziale.

Nel merito, il Collegio ricorda l'orientamento giurisprudenziale che tende a stigmatizzare, anche in virtù del principio di autoresponsabilità, il tentativo dell'operatore economico di spendere precedenti certificazioni di regolarità già rilasciate, quando siano nel frattempo sopravvenuti fatti modificativi della realtà in esse rappresentata (in tal senso, Cons. Stato, ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5; Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2016, n. 1650).

Tuttavia, occorre anche accertare – a giudizio del Collegio – la piena consapevolezza dell'operatore circa la sussistenza del proprio inadempimento fiscale (TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater, 13 febbraio 2023, n. 2420), alla luce del quadro probatorio risultante in atti.

In punto onere della prova, il TAR Lazio chiarisce che, qualora l'operatore abbia allegato circostanziati e attendibili elementi di fatto idonei a rivelare probabili errori dell'amministrazione finanziaria nella valutazione dell'inadempimento all'obbligazione tributaria, non possono ritenersi integrati i presupposti della falsa dichiarazione.

Il Collegio giunge a tale convincimento assumendo quale ausilio interpretativo il nuovo art. 7, co. 5-bis, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con il quale il legislatore è intervenuto in materia di riparto dell'onere della prova nel processo tributario, chiarendo che l'Amministrazione erariale deve provare in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato e che se la prova manca, è insufficiente o è contraddittoria, il giudice deve annullare l'atto impositivo (sull'onere della prova nel processo tributario, già Cass. civ., sez. V, 25 ottobre 2021, n. 29856).

Di conseguenza, il TAR Lazio, poiché dal quadro probatorio era desumibile la presenza di un debito tributario non immediatamente esigibile in virtù di un piano di rateizzazione, il quale comporta la rimodulazione della scadenza dei debiti tributari e la sostituzione dell'originaria obbligazione con un'obbligazione tributaria nuova (in tal senso, Cons. Stato, ad. plen., 5 giugno 2013, n. 15), conclude per la non provata attualità, al momento della dichiarazione di regolarità fiscale, di violazioni gravi definitivamente accertate e di conseguenza per la non provata falsità della dichiarazione, così giudicando illegittima l'irrogazione della sanzione.

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