I costi della manodopera non costituiscono “oneri fissi” e sono assoggettabili al ribasso

16 Settembre 2024

I costi della manodopera indicati nel bando di gara, diversamente dagli oneri di sicurezza, sono assoggettabili al ribasso a condizione che l’operatore economico, in sede di verifica, sia in grado di dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale.

La fattispecie. Un operatore economico, classificatosi quarto in graduatoria all'esito di una gara pubblica, impugnava il provvedimento di aggiudicazione dinanzi al TAR Lazio lamentando, in particolare, il fatto che le offerte economiche degli operatori classificatesi ai primi tre posti avrebbero dovuto essere escluse per aver indicato un importo inferiore ai costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante nel bando di gara.

La soluzione del TAR Lazio. Secondo la tesi della ricorrente il vigente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023, all'art. 41, co. 14, imporrebbe alla stazione appaltante di individuare in maniera fissa i costi della manodopera, vincolando l'operatore economico a formulare un'offerta non inferiore a tale importo.

La tesi della ricorrente, tuttavia, non è stata ritenuta convincente.

In primo luogo, il giudice amministrativo ha rilevato che l'art. 41, co. 14, del d.lgs. n. 36/2023, nel prevedere che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso, non ha determinato “la totale equiparazione tra i costi della manodopera e gli oneri di sicurezza da interferenze (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall'amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile.” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1677).

Oltre a non trovare riscontro nel dato letterale della disposizione, la tesi prospettata dalla ricorrente si scontra anche con la ratio dell'art. 41, co. 14, citato.

Come ricorda il giudice amministrativo, infatti, la ratio della norma “deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro” tutelato dall'art. 36 della Costituzione e, poiché il costo del lavoro non può essere preventivamente calcolato in maniera certa sulla base di parametri algebrici inequivocabili, “quella formulata nel bando dalla stazione appaltante è una stima che sconta inevitabili margini di opinabilità e, conseguentemente, non può essere considerata cogente per l'operatore economico” il quale, pertanto, può offrire un ribasso in merito ai costi della manodopera indicati nel bando di gara purché sia in grado di dimostrare “che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale.”

Anche alla luce di tali motivazioni, il TAR Lazio respingeva il ricorso.

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