Le varie ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro
Il c.c.i.i. ha introdotto diverse ipotesi di modalità di cessazione del rapporto.
A) La scelta del curatore
In primo luogo, l'art. 189, comma 1, c.c.i.i. dispone che compete al curatore la scelta di subentrare oppure recedere.
Il recesso, ai sensi dell'art. 189, comma 3, c.c.i.i. deve avvenire “senza indugio”, nell'ipotesi in cui «non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell'azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l'assetto dell'organizzazione del lavoro».
B) il decorrere del tempo e la risoluzione di diritto
La disciplina speciale dei rapporti di lavoro nella liquidazione giudiziale ha trovato altresì definitiva consacrazione con la previsione di cui all'art. 189, comma 3, ultimo periodo, per la quale «in ogni caso, salvo quanto disposto dal comma 4, decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro che non siano già cessati si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale».
La norma pare tesa, anche alla luce delle argomentazioni riguardanti il tema del licenziamento collettivo che meglio svilupperemo nel paragrafo seguente, a consentire una sostanziale inerzia del curatore circa l'adozione di una decisione esplicita in ordine alla sorte dei rapporti di lavoro.
C) Il licenziamento collettivo
Il c.c.i.i. ha dettato una nuova disciplina per l'ipotesi di licenziamento collettivo ad opera del curatore.
L'art. 189, comma 3, c.c.i.i. ultimo periodo, fa salvo quanto previsto dal comma 6 del medesimo articolo, che detta appunto una specifica disciplina derogatoria rispetto al modello di cui alla l. n. 223/1991, avente ad oggetto la procedura di licenziamento collettivo per impresa “in bonis”.
La disciplina operante nella liquidazione giudiziale - in sintesi - può essere così riassunta: ai sensi dell'art. 189, comma 6, lett. a), c.c.i.i. il curatore che avvia la procedura di licenziamento collettivo deve dare comunicazione preventiva per iscritto alle RSA, ovvero alla RSU, nonché alle rispettive associazioni di categoria o, in loro mancanza, alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con “sintetica indicazione dei motivi” che determinano la situazione di eccedenza.
In contraddizione con l'esigenza di semplificazione è stato peraltro allargato il numero di interlocutori, dal momento che la predetta comunicazione deve essere inviata anche all'Ispettorato Territoriale del Lavoro ove i lavoratori interessati prestano in prevalenza la propria attività e, in ogni caso, all'Ispettorato del luogo ove risulta aperta la liquidazione giudiziale.
Successivamente a tale comunicazione si apre la fase di esame congiunto, avente lo scopo di esaminare “le cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale”, esame al quale prendono parte anche il direttore dell'Ispettorato o un funzionario delegato.
Nel caso della liquidazione giudiziale, in linea generale, la curatela farà riferimento all'impossibilità di prosecuzione dell'attività aziendale perché già cessata o ormai prossima alla cessazione.
La semplificazione della procedura emerge, in particolare, per quanto riguarda i tempi, che risultano particolarmente ristretti.
La consultazione si intende infatti esaurita decorsi dieci giorni dal suo inizio, qualora non sia stato raggiunto l'accordo sindacale, salvo che il giudice delegato per “giusti motivi” ne autorizzi la proroga per un periodo comunque non superiore a dieci giorni.
La procedura ordinaria, applicabile alle imprese “in bonis”, prevede viceversa un termine massimo di 75 giorni e risulta suddivisa in due fasi: una prima fase di confronto con le OO.SS e, occorrendo, una seconda fase, avanti gli Uffici Regionali o Ministeriali (in ipotesi di licenziamento collettivo che vede coinvolti siti produttivi e lavoratori in più Regioni).
Nel ristretto termine sopra descritto — e senza il necessario intervento di soggetti esterni - raggiunto l'accordo sindacale o comunque terminata la procedura di esame congiunto, la curatela può disporre i licenziamenti così come previsto dall'art. 4, comma 9, l. n. 223/1991.
Le prime concrete applicazioni relative all'avvio di procedure di licenziamento collettivo da parte delle curatele nel corso degli ultimi mesi stanno evidenziando problematiche del tutto inaspettate, che trovano innanzitutto origine nel venir meno dell'esonero contributivo a favore delle procedure concorsuali che dal 2018 al 2023 era previsto dalle leggi di bilancio via via succedutesi nel tempo. A far data dal 2024 tale esonero non è più operativo, a causa del mancato finanziamento.
La situazione venutasi a creare appare invero paradossale.
Se, infatti, da un lato, come evidenziato dalla Relazione illustrativa all'art. 189, la semplificazione della procedura di licenziamento collettivo fosse atto dovuto, «tenuto conto che in molti casi la necessità di dismettere il personale dovrebbe essere pressoché scontata per il venir meno dell'azienda», dall'altro le Organizzazioni Sindacali manifestano la volontà di non voler sottoscrivere accordi con esito positivo.
Le conseguenze di tale atteggiamento risultano assai negative per le curatele e, soprattutto, per i creditori chirografari.
Va infatti ricordato che, ai sensi dell'art. 189, comma 8, «Nei casi di cessazione dei rapporti secondo le previsioni del presente articolo, il contributo (c.d. Ticket) previsto dall'art. 2, comma 31. Legge 28 giugno 2012, n. 92, che è dovuto anche in caso di risoluzione di diritto, è ammesso al passivo come credito anteriore all'apertura della liquidazione giudiziale».
Nei casi di licenziamento collettivo, in cui la dichiarazione di eccedenza del personale ai sensi dell'art. 4, comma 9, legge 23 luglio 1991, n. 223, non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di cui trattasi è moltiplicato per tre volte.
Il combinato disposto dei due provvedimenti – legge Fornero e legge di bilancio 2018 – fa sì che per ogni interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intervenuta a decorrere dal 1° gennaio 2018 nell'ambito di un licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il c.d. ticket di licenziamento ammonta attualmente a circa euro 11.500,00 per lavoratore.
In tale contesto, preso atto della situazione, frutto di un'incapacità di lettura nella distinzione della figura del curatore da quella del datore di lavoro, le curatele potranno/dovranno procedere all'apertura della procedura di licenziamento collettivo solo dopo aver acquisito il preventivo consenso alla sottoscrizione dell'accordo da parte delle OO.SS., accordo che potrà essere raggiunto in appositi incontri informali.
D) Le dimissioni
Il c.c.i.i. è altresì intervenuto anche sull'istituto delle dimissioni che, ante-riforma, non si consideravano rese per giusta causa ai sensi dell'art. 2119, comma 2, c.c.
La riforma, così come previsto dall'art. 189, comma 5, dispone viceversa la possibilità di dimettersi per giusta causa con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.
Il legislatore quindi offre al lavoratore, che risulta privo di retribuzione, la possibilità di ottenere il pagamento dell'indennità di mancato preavviso e l'accesso al trattamento Naspi, ai sensi dell'art. 190.
È opportuno rilevare come le dimissioni determinino la risoluzione del rapporto di lavoro, con l'impossibilità per il lavoratore di beneficiare dell'eventuale trasferimento d'azienda o di un suo ramo: il tutto in aperta contraddizione con i desideri del legislatore.