I finanziamenti prededucibili dei soci nel concordato preventivo

Remo Tarolli
08 Ottobre 2024

I finanziamenti dei soci possono costituire una risorsa fondamentale per il risanamento della società in crisi, anche nell’ambito di un concordato preventivo. Con la finalità di incentivare siffatti apporti, il legislatore ha attribuito ai crediti restitutori dei soci – normalmente postergati – il beneficio della prededuzione a norma dell’art. 102 c.c.i.i., subordinatamente ad alcune condizioni.

I finanziamenti dei soci nel diritto concorsuale

I finanziamenti dei soci pongono varie questioni connesse al patrimonio della società, in particolar modo nel caso in cui si manifesti uno stato di crisi. È noto che, mediante tali finanziamenti, i soci forniscono alla società capitale di credito, spesso anche in situazioni nelle quali sarebbe stato naturale conferire capitale di rischio. La decisione di apportare capitale di rischio o capitale di credito – com'è ovvio – non è indifferente per la società, e neanche per i relativi creditori: il capitale di rischio forma il patrimonio della società a garanzia dei creditori; di converso, il capitale di credito fa sorgere un debito della società verso i soci per il rimborso della somma finanziata.

In questo contesto, nella disciplina delle società rileva l'art. 2467 c.c. rubricato «Finanziamenti dei soci», che peraltro è stato recentemente modificato dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14).

In base al testo aggiornato dell'articolo:

«Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento».

Nell'articolo citato è previsto quindi che, se i soci hanno finanziato la società quando vi era un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto oppure quando questa si trovava in una situazione finanziaria in cui era ragionevole un conferimento, la società può rimborsare ai soci le somme finanziate solo subordinatamente alla soddisfazione di tutti gli altri creditori sociali. La ratio della norma è evidentemente incentrata sulla tutela dei creditori. Nel caso, infatti, in cui i soci non abbiano conferito il necessario capitale di rischio, i creditori possono trovare maggiore difficoltà a soddisfare i propri crediti sul (carente) patrimonio sociale. In tal caso, si vuole evitare che – per di più – sullo stesso insufficiente patrimonio sociale possano concorrere senza distinzione le ragioni dei creditori e le pretese dei soci finanziatori, disponendosi pertanto che i primi debbano essere soddisfatti con preferenza rispetto ai secondi.

A tale riguardo, sono tante le questioni inerenti all'applicazione della norma sopra indicata che meriterebbero uno specifico approfondimento (ad esempio, l'applicabilità dell'art. 2467 c.c. a società diverse dalla società a responsabilità limitata per la quale è dettato, oltre che la declinazione in concreto dei presupposti che comportano la postergazione dei crediti per il rimborso dei finanziamenti dei soci – su tali questioni si segnalano, tra le pronunce più recenti, Cass. 21 luglio 2023, n. 21936, in Soc., 2024, 5, 560, con nota di Griffini, I finanziamenti postergati: problemi di individuazione della fattispecie e analogie su cui riflettere, e Cacopardi, La postergazione dei finanziamenti dei soci nelle società di persone, in Soc., 2022, 3, 317 ss.).

Limitandoci al tema di questo scritto, può preliminarmente osservarsi che l'art. 2467 c.c. trova un'espressa deroga nella disciplina concorsuale. Dando seguito all'abrogato art. 182 quater, comma 3, l. fall., l'art. 102 c.c.i. rubricato «Finanziamenti prededucibili dei soci» dispone infatti che:

«In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il beneficio della prededuzione previsto agli articoli 99 e 101 si applica ai finanziamenti erogati dai soci in qualsiasi forma, inclusa l'emissione di garanzie e controgaranzie, fino all'ottanta per cento del loro ammontare.

Il medesimo beneficio opera per l'intero ammontare dei finanziamenti qualora il finanziatore abbia acquisito la qualità di socio in esecuzione del concordato preventivo».

Nell'ambito di talune procedure concorsuali – alle condizioni che saranno specificate nel paragrafo successivo – i finanziamenti dei soci possono dunque beneficiare della prededuzione e, in tal caso, i soci devono essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri creditori. Pur non essendo in dubbio la necessità di tutela dei creditori in queste procedure, il legislatore ha quindi dettato una concreta norma di incentivo in favore dei finanziamenti dei soci. Nel particolare scenario della società in crisi il contrasto di tale previsione con la tutela dei creditori è peraltro solo apparente: l'incentivo ai finanziamenti dei soci si fonda sul rilievo che in alcuni casi una soluzione della crisi alternativa alla liquidazione giudiziale deve poter contare su nuove risorse per conseguire il risanamento della società. Se così è, i prestiti dei soci possono allora risultare funzionali al positivo esito delle procedure concorsuali e, per l'effetto, anche alla miglior tutela dei creditori. Ed è secondo tale logica che i rimborsi dei finanziamenti dei soci sono stati qualificati come prededucibili rispetto agli altri crediti.

La prededuzione dei finanziamenti dei soci nelle procedure concorsuali, nondimeno, incontra vincoli di varia natura. Con tali limiti si mira a bilanciare il favor verso i tentativi di risanamento della società con la tutela dei creditori da abusi, che potrebbero aggravare le prospettive di soddisfacimento di costoro nell'eventuale successiva liquidazione giudiziale (sul tema, in generale, Poppi-Uccheddu-Voci, Brevi cenni sui crediti postergati dei soci nella crisi d'impresa, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 2024).

Le categorie di finanziamenti prededucibili

I menzionati artt. 2467 c.c. e 102 c.c.i.i. regolano espressamente i finanziamenti dei soci effettuati «in qualsiasi forma». In particolare, tale specificazione è stata inserita nella riformulata disposizione sui finanziamenti prededucibili dei soci, con l'ulteriore precisazione che la stessa norma si applica anche all'emissione di garanzie e controgaranzie. È chiaro quindi che rileva una definizione di “finanziamenti” quanto mai ampia, comprendente pressoché ogni apporto patrimoniale del socio alla società a cui corrisponda un obbligo di restituzione (sulla progressiva elaborazione, anche giurisprudenziale, in tema si veda, tra gli altri, Bonfatti, La nozione di finanziamento. Le forme negoziali tipiche e atipiche, in Fallimento, 2021, 10, 1187 ss.).

Per ciò che attiene più nello specifico al diritto concorsuale, in base alla relazione temporale tra finanziamenti alla società e procedure concorsuali è stata sviluppata una tripartizione, valida anche per i prestiti dei soci. L'art. 102 c.c.i. richiama, infatti, le previsioni dei precedenti artt. 99 e 101 c.c.i., da cui possono ricavarsi tre categorie di finanziamenti prededucibili.

  1. Finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda (cd. finanza ponte). A norma dell'art. 99, comma 5, c.c.i.i., possono essere dichiarati prededucibili i finanziamenti eseguiti in funzione della presentazione di una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Si tratta quindi di apporti alla società effettuati prima del ricorso per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche in ipotesi di domanda con riserva di deposito di documentazione. A seguito dell'introduzione della procedura concorsuale, tali finanziamenti possono ottenere il beneficio della prededuzione al ricorrere di determinati presupposti, concernenti la funzionalità del prestito al tentativo di soluzione della crisi.

Più in particolare, sotto il profilo sostanziale i finanziamenti sono prededucibili qualora risultino «funzionali all'esercizio dell'attività aziendale» e «in ogni caso funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori» (art. 99, comma 1, c.c.i.i., a cui rinvia il citato comma 5 dello stesso articolo). La finanza ponte, per essere prededucibile, deve perciò sostenere un progetto di continuazione dell'attività aziendale, anche solo strumentale a un miglior esito della liquidazione del patrimonio sociale; tale progetto dovrà essere sviluppato nella successiva procedura concorsuale. A ciò si collega la disposizione in forza della quale i finanziamenti in questione devono essere previsti dal piano relativo al concordato preventivo. Inoltre, è necessaria la «relazione di un professionista indipendente che attesti la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché che i finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori» (art. 99, comma 2, c.c.i.i. a cui rinvia sempre il comma 5 dello stesso articolo).

Se sussistono questi presupposti sostanziali e formali, il tribunale disporrà espressamente la prededuzione del credito del finanziatore nel provvedimento con cui accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo.

  1. Finanziamenti autorizzati prima dell'omologazione (cd. finanza interinale). A norma dell'art. 99, commi da 1 a 4, c.c.i.i., il debitore può essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili prima dell'omologazione di un concordato preventivo. Nello specifico, la società in crisi può formulare la relativa istanza già con il ricorso per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche con riserva (e quindi, anche prima del deposito della relativa documentazione), oppure con apposito ricorso da presentare entro l'omologa.

I presupposti sono quelli specificati in riferimento alla finanza ponte, considerato il rimando tra le relative disposizioni. Possono pertanto essere autorizzati finanziamenti prededucibili qualora la procedura introdotta preveda la continuazione dell'attività aziendale, anche solo ai fini della liquidazione, e – in questo contesto – un ulteriore apporto risulti funzionale all'esercizio dell'attività aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori. La sussistenza di tali requisiti dev'essere attestata mediante la relazione di un professionista indipendente, tranne nell'ipotesi in cui vi sia urgenza di finanziare la società per evitare un danno grave e irreparabile all'attività aziendale.

Sull'istanza di autorizzazione il tribunale deciderà con apposito decreto motivato.

  1. Finanziamenti in esecuzione di un concordato preventivo (cd. finanza in esecuzione). A norma dell'art. 101 c.c.i., sono prededucibili i finanziamenti effettuati in esecuzione di un concordato preventivo omologato.

La soluzione della crisi definita in sede concordataria deve aver previsto la continuazione dell'attività aziendale e, in particolare, il piano sottostante deve aver indicato espressamente l'apporto da ottenere.

In mancanza di disposizioni sulla necessità di un'attestazione e di un provvedimento specifico del tribunale, pare che il prestito suddetto rientri nella complessiva valutazione della proposta di risanamento formulata dal debitore. Per effetto dell'omologazione, dunque, il finanziamento è prededucibile; o, meglio, lo sarà il credito del finanziatore per la restituzione della somma prestata.

Le suddette categorie di finanziamenti prededucibili, anche alla luce dei presupposti dettati dalle norme richiamate, circoscrivono le ipotesi in cui è specificamente previsto che un apporto alla società possa godere della prededuzione. Ci si può chiedere allora se i prestiti effettuati in ipotesi diverse da quelle tipizzate da tali norme possano comunque in qualche modo ambire allo stesso beneficio. Una risposta positiva può derivare dalla considerazione che, in ogni caso, tali prestiti sono atti di straordinaria amministrazione, che il debitore può compiere nell'ambito del concordato preventivo con l'autorizzazione prevista segnatamente dall'art. 94 c.c.i.i. (e dall'art. 46 c.c.i.i. per atti urgenti prima dell'apertura del concordato). Qualora i finanziamenti siano stati così autorizzati, i relativi crediti restitutori dovrebbero essere prededucibili in quanto crediti sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore durante la procedura ai sensi dell'art. 46, comma 4, c.c.i.i. e delle disposizioni generali di cui all'art. 6, comma 1, lett. d), c.c.i.i. (Brogi, I finanziamenti all'impresa in crisi tra legge fallimentare, Codice della crisi e D.L. n. 118 del 2021, in Fallimento, 2021, 10, 1285 ss.).

Il beneficio della prededuzione applicabile ai finanziamenti dei soci e i relativi limiti

In riferimento ai finanziamenti di cui agli artt. 99 e 101 c.c.i.i., il beneficio della prededuzione è regolato dall'apposito art. 102 c.c.i.i. nell'ipotesi in cui le somme finanziate siano erogate dai soci della società in crisi. Tale ultima disposizione stabilisce criteri specifici per l'operare della prededuzione nelle ipotesi considerate.

-        In deroga alle norme civilistiche sulla postergazione, la prededuzione prevista agli artt. 99 e 101 c.c.i.i. si applica ai finanziamenti dei soci in qualsiasi forma, nonché a garanzie e controgaranzie, «fino all'ottanta per cento del loro ammontare» (art. 102, comma 1, c.c.i.i.).

Come confermato nella relazione illustrativa del codice della crisi, nella relativa procedura concorsuale il credito restitutorio del socio finanziatore risulterà diviso in due parti con trattamenti differenziati: mentre l'80% della somma finanziata sarà prededucibile, il restante 20% rimarrà sottoposto all'applicazione dell'art. 2467 c.c. Nelle ipotesi ivi considerate, quest'ultima parte del credito sarà quindi postergata rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

-        «qualora il finanziatore abbia acquisito la qualità di socio in esecuzione» del concordato preventivo, la prededuzione opera invece «per l'intero ammontare dei finanziamenti» (art. 102, comma 2, c.c.i.i.).

Il caso indicato è quello in cui un soggetto terzo finanzi la società in crisi e ne diventi socio in esecuzione della relativa procedura concorsuale. In tal caso, il credito restitutorio sarà prededucibile per il 100% dell'ammontare della somma finanziata. E ciò, come si legge nella Relazione illustrativa, «allo scopo di incentivare l'ingresso nella compagine sociale di investitori interessati a sostenere il processo di risanamento».

I crediti restitutori dei soci nel concordato preventivo

I crediti per la restituzione dei finanziamenti al debitore in crisi che sorgono in capo ai finanziatori, anche se soci, devono essere naturalmente trattati nel rispetto della procedura concorsuale di riferimento.

Con specifico riguardo al concordato preventivo, i predetti crediti sono regolati nella procedura che si chiude con l'omologazione, con qualche eccezione riguardante i prestiti che saranno erogati solo successivamente in esecuzione del piano concordatario. Più in particolare, tali crediti devono essere considerati – oltre che nelle previsioni del piano secondo le accennate disposizioni degli artt. 99 e 101 c.c.i.i. – anche nella suddivisione dei creditori in classi e nella valutazione dei creditori ammessi al voto.

A questi fini, è necessario distinguere i finanziamenti dei soci in prededuzione da quelli che non ne beneficiano.

Per i finanziamenti prededucibili vale la regola generale dettata dall'art. 98 c.c.i.i. rubricato «Prededuzione nel concordato preventivo», in forza del quale «I crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto». In altri termini, le somme finanziate prededucibili saranno restituite alla naturale scadenza, se del caso anche in pendenza della procedura concordataria.

Non è così invece per il 20% dei finanziamenti dei soci escluso dalla prededuzione a norma dell'art. 102, comma 1, c.c.i.i. e, più in generale, per gli apporti dei soci carenti dei requisiti per la prededucibilità. Tali prestiti sono per lo più postergati per effetto dell'applicazione dell'art. 2467 c.c., sicché la loro soddisfazione sarà subordinata a quella degli altri creditori anche nella soluzione concordataria.

Per i finanziamenti postergati – come accennato – devono essere considerate le disposizioni in punto di suddivisione dei creditori in classi contenute segnatamente nell'art. 85 c.c.i.i., che detta previsioni differenziate a seconda della tipologia di concordato preventivo. In merito, vanno distinti i casi in cui i crediti suddetti derivino da finanziamenti concessi nell'ambito: i) di un concordato in continuità aziendale o ii) di un concordato nel quale la continuazione dell'attività aziendale è prevista unicamente in funzione della liquidazione. E ciò in quanto è noto che nel concordato in continuità la suddivisione in classi è obbligatoria, sicché il principio secondo il quale i creditori debbono essere suddivisi in base a posizioni giuridiche e interessi economici omogenei dovrebbe essere declinato nella formazione di una specifica classe di creditori postergati. I creditori postergati, ad ogni buon conto, non potranno essere parificati ad altri creditori, neppure ai chirografari per il trattamento necessariamente differenziato che deriva dalla postergazione (in giurisprudenza, già Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706, e, più di recente, Cass. 21 giugno 2018, n. 16348; in dottrina, tra gli altri, Galletti, La postergazione legale dei crediti. L'incentivazione delle condotte finanziarie virtuose di fronte alla crisi, Napoli, 2021, 57 ss., e Cataldo, Partecipazione dei soci postergati al concorso dei creditori e ammissibilità di una proposta di concordato preventivo che ne preveda il pagamento, in Fallimento, 2020, 11, 1426 ss.).

Con riguardo al voto dei soci finanziatori – fatta eccezione per gli artt. 120-ter e 120-quater c.c.i.i. inerenti, però, a diritti dei soci diversi da quelli di credito – non risulta alcuna norma specifica nell'ambito della disciplina delle maggioranze richieste per l'approvazione del concordato di cui all'art. 109 c.c.i.i. In tema, la peculiare posizione del socio che abbia finanziato la società potrebbe far propendere per la possibilità di escludere dal voto tale creditore per conflitto di interessi ai sensi del comma 6 del citato articolo. Il successivo comma 7, tuttavia, ammette al voto il creditore che abbia proposto il concordato, il quale – pur con le dovute differenze – si trova comunque ad avere un interesse in potenziale conflitto con quello della società. Ciò dovrebbe condurre ad ammettere il diritto di voto dei soci finanziatori, inseriti nell'apposita classe (tale soluzione dà continuità all'orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. 21 giugno 2018, n. 16348, cit., con nota di Aiello, Ancora sui finanziamenti dei soci: tra interpretazione estensiva e trattamenti riduttivi, in Fallimento, 2019, 1, 54-55).

Le procedure susseguenti: i finanziamenti prededucibili dei soci nella liquidazione giudiziale

In forza della previsione generale di cui all'art. 6, comma 2, c.c.i.i., la prededucibilità dei crediti permane anche nell'ambito di eventuali procedure susseguenti. Per quanto interessa, perciò, la prededuzione di cui beneficiano i finanziamenti dei soci nei termini suesposti vale anche nelle procedure che dovessero aprirsi successivamente al concordato preventivo, con alcuni limiti.

Gli artt. 99, comma 6, e 101, comma 2, c.c.i.i. escludono infatti in alcune ipotesi la prededucibilità dei finanziamenti concordatari in caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale. In particolare, i crediti restitutori delle somme finanziate non saranno soddisfatti in prededuzione quando risulti congiuntamente che:

-        il ricorso della società debitrice, l'attestazione del professionista sui requisiti per la prededucibilità dei finanziamenti o, per la finanza in esecuzione, il piano concordatario sono basati su dati falsi o su omissioni di informazioni rilevanti oppure emergono atti in frode ai creditori commessi dal debitore;

-        inoltre, i finanziatori erano a conoscenza delle circostanze predette alla data in cui hanno erogato i finanziamenti (con onere della prova a carico del curatore).

Con riguardo agli apporti postergati dei soci è utile evidenziare il disposto dell'art. 164 c.c.i.i. rubricato «Pagamenti di crediti non scaduti e postergati». La norma suddetta, al comma 2, stabilisce che «Sono privi di effetto rispetto ai creditori i rimborsi dei finanziamenti dei soci a favore della società se sono stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della procedura concorsuale o nell'anno anteriore. Si applica l'articolo 2467, secondo comma, codice civile». Per tutti i casi di crediti restitutori postergati dei soci è stabilita quindi l'inefficacia di eventuali rimborsi eseguiti dalla società nell'anno anteriore alla domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi e dopo il deposito della domanda stessa. Per effetto di tale inefficacia, i soci dovranno reintegrare l'attivo della società in liquidazione giudiziale con le somme ricevute in violazione della postergazione, a tutela dei creditori sociali (Maini, Postergazione legale e inefficacia dei rimborsi dei prestiti anomali alla luce del CCII, in Bilancio e revisione, 2023, 12, 53 ss., e, sulla responsabilità degli amministratori per rimborsi dei finanziamenti dei soci anche precedenti all'anno predetto, tra gli altri, Galletti, La postergazione legale dei crediti. L'incentivazione delle condotte finanziarie virtuose di fronte alla crisi, cit., 99 ss.).

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