Parcheggi a pagamento: ordinanza ingiunzione per divieto di sosta, disapplicazione dei provvedimenti amministrativi presupposto e riparto dell’onere probatorio
18 Settembre 2024
Massima «Il controllo del giudice ordinario nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione di irrogazione di sanzione pecuniaria per la sosta di autoveicolo senza l'osservanza delle fasce orarie, escluso quanto alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, è consentito, attraverso la disapplicazione incidentale, con riguardo agli eventuali vizi di legittimità degli atti amministrativi posti direttamente a fondamento della pretesa sanzionatoria e può investire la violazione dell'obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità di aree in cui venga vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento.» «Ai sensi dell'art.7 c. 8 D.lgs. 30.4.1992 n. 285 (c.d.s.), per le aree pedonali, per le zone a traffico limitato e per quelle di cui all'art. 2 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444, il requisito delle «esigenze particolari» è considerato ontologicamente esistente per scelta legislativa in ragione delle loro peculiari caratteristiche, sicché il Comune non è tenuto a motivare specificamente la mancata previsione di zone di libera sosta, mentre nelle aree di rilevanza urbanistica, per le quali la legge richiede la sussistenza di esigenze particolari, è necessaria una specifica motivazione per derogare alla regola che impone la previsione proporzionale di libere aree di sosta.» Il caso Una automobilista propone opposizione avverso tre verbali di accertamento elevati nei suoi confronti per violazione dell'art. 7 c.d.s., per aver lasciato il suo veicolo in sosta in spazi regolamentati a orario e a pagamento, senza esporre il prescritto biglietto. Sostenuto che nelle vie interessate e in quelle limitrofe gli spazi di libera sosta erano eccessivamente limitati a causa di una delibera adottata dal Comune in violazione dell'art. 7 c.d.s., che imponeva la presenza di spazi liberi, salvo esigenze particolari, nella specie non rappresentate, e ha chiesto l'annullamento delle sanzioni irrogate, previa disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo. Il Giudice di pace in primo grado ha respinto l'opposizione, con decisione riformata in appello dal Tribunale che ha annullato i verbali opposti, previamente disapplicando la delibera della giunta comunale in quanto priva di motivazione in ordine al mancato rispetto dell'obbligo di riserva di cui all'art. 7 c. 8 c.d.s. e, dunque, emessa in carenza di potere. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, esaminati unitariamente e accolti dalla Suprema Corte. La questione In quali casi è possibile chiedere al giudice ordinario, adito in sede di opposizione a ordinanza ingiunzione sanzionatoria per violazioni al codice della strada, la disapplicazione incidentale del provvedimento amministrativo posto a fondamento della violazione contestata? È possibile per questa via ottenere un sindacato incidentale di legittimità della deliberazione comunale istitutiva della sosta in spazi regolamentati a orario e a pagamento, in particolare quanto al profilo della necessaria previsione di una proporzionale quota di aree destinate alla sosta libera? Ciò vale per le varie aree considerate dall'art. 7 c. 8 c.d.s. nello stesso modo e cioè per le aree pedonali, per le zone a traffico limitato, per quelle di cui all'art. 2 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444, e per le aree di rilevanza urbanistica? La decisione La Cassazione accoglie le difese del Comune, enunciando con l'ordinanza in commento due principi. Il primo attiene ai poteri del giudice ordinario e in particolare all'ambito del potere di disapplicazione del provvedimento amministrativo presupposto da parte del giudice dell'opposizione a ordinanza ingiunzione. La Corte ribadisce il principio già scandito anche dalle Sezioni Unite, secondo il quale in caso di irrogazione di sanzione pecuniaria per la sosta di autoveicolo senza l'osservanza delle fasce orarie, fissate nella relativa zona da ordinanza del sindaco, il controllo del giudice ordinario nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione non può investire le valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale da parte dell'amministrazione. È invece consentito al giudice ordinario conoscere del provvedimento amministrativo con riguardo ai suoi eventuali vizi di legittimità e al limitato fine della sua disapplicazione incidentale nel giudizio; il giudice può pertanto verificare se sussista la violazione dell'obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità delle aree in cui venga vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento. Il potere di disapplicazione incidentale concerne tuttavia solo gli atti amministrativi posti direttamente a fondamento della pretesa sanzionatoria e non gli atti che non si inseriscono nella sequenza procedimentale che sfocia nell'adozione dell'ordinanza opposta. Il secondo principio, di diritto sostanziale, riguarda la corretta interpretazione dell'art. 7 c. 8 c.d.s. La norma, dopo aver previsto in linea generale che «Qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta», precisa che tale obbligo non sussiste né «per le zone definite a norma dell'art. 3 "area pedonale" e "zona a traffico limitato", nonché per quelle definite " A" dall'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444….», né per le «altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico». Occorre distinguere fra due tipologie di aree in cui sia stata disposta la sosta a pagamento. La prima raggruppa tre categorie e cioè
Per questo primo gruppo di zone il requisito delle «esigenze particolari» è considerato ontologicamente esistente per scelta legislativa in ragione delle loro peculiari caratteristiche e il Comune è esonerato ex lege da responsabilità in caso di mancata previsione di zone di libera sosta. La seconda tipologia riguarda le aree di rilevanza urbanistica: per esse la legge richiede la sussistenza di esigenze particolari e il Comune è perciò tenuto a una specifica motivazione per derogare alla regola generale che impone la previsione proporzionale di libere aree di sosta. Le soluzioni giuridiche Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione affronta il tema tradizionale - e pure di scottante attualità (si pensi al contenzioso in tema di trattenimento dei richiedenti asilo) - dei poteri di sindacato che spettano al giudice ordinario sul provvedimento amministrativo che incide sul diritto azionato. Il potere di disapplicazione del giudice ordinario è stato riconosciuto, sin dai primi anni che hanno seguito l'unità d'Italia, nei confronti dei regolamenti non conformi alla legge e degli atti amministrativi illegittimi (L. 2248/1865, allegato E, c.d. legge abolitiva del contenzioso amministrativo). Il giudice ordinario può solo disapplicare l'atto, e non annullarlo, in ragione del principio della separazione dei poteri, in forza del quale il potere di eliminazione o di riforma del provvedimento spetta solo all'Amministrazione, tenuta, però, a conformarsi ai giudicati dei tribunali. Com'è noto, l'art. 4 L. 2248/1865 stabilisce che, quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali si limitano a conoscere degli effetti dell'atto in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, precisando che tale atto non può essere revocato o modificato dal giudice, perché tale potere spetta solo all'autorità amministrativa che deve conformarsi al giudicato. Il successivo art. 5 L. 2248/1865 aggiunge, poi, che, in tale, come in ogni altra circostanza, le autorità in quanto siano conformi alle leggi. Quanto al problema specifico dei poteri di disapplicazione in capo al giudice dell'opposizione a ordinanza ingiunzione, la strada era segnata dall'orientamento giurisprudenziale illuminato da un precedente delle Sezioni Unite (Cass. SU 9 gennaio 2007 n. 116), puntualmente seguito dall'ordinanza in esame, secondo il quale il giudice ordinario, al quale spetta la giurisdizione, essendo in contestazione il diritto del cittadino a non essere sottoposto al pagamento di somme al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, ha il potere di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, gli atti amministrativi posti a fondamento della pretesa sanzionatoria, ma il controllo del giudice sull'ordinanza del Sindaco istitutiva del parcheggio a pagamento, radicalmente escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione, deve ritenersi consentito con riguardo agli eventuali vizi di legittimità del provvedimento, ivi compresa la violazione dell'obbligo, previsto dall'art. 7 c. 8 ottavo D.Lgs. 285/1992, di istituire aree di parcheggio gratuito e libero nelle immediate vicinanze di quelle in cui venga previsto il parcheggio a pagamento (vedi anche Cass. 10 maggio 2023 n. 12572, Cass. 5 luglio 2016 n. 13659, Cass. 4 maggio 2018 n. 10615, Cass. 27 ottobre 2014 n. 22793). Ciò, beninteso, sempre che la legittimità del provvedimento stesso non sia stata accertata, inter partes e con autorità di giudicato, dal giudice amministrativo competente (Cass. SU 13 novembre 2019 n. 29467, Cass. 2 aprile 2015 n. 6788). Quanto alla questione di carattere sostanziale, la Cassazione ha affrontato per la prima volta (e in effetti la sezione competente della Suprema Corte non ha indicato precedenti in termini) il tema specifico della motivazione del provvedimento amministrativo istitutivo del parcheggio a pagamento. In precedenza la Cassazione aveva affermato che nel giudizio di opposizione al verbale di accertamento di infrazione del codice della strada per sosta in violazione dell'art. 157 c. 6 c.d.s., è onere dell'Autorità amministrativa dare la prova dell'adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, un'adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata, ovvero, in mancanza, dimostrare l'esistenza della delibera che rende inoperante l'obbligo stabilito dall'art. 7 c. 8 c.d.s. (Cass. 23 luglio 2020 n. 15678). Inoltre era stato affermato che l'obbligo per i Comuni, previsto dall'art. 7 c. 8 c.d.s. di istituire aree di parcheggio gratuito e libero nelle immediate vicinanze di quelle in cui venga previsto il parcheggio a pagamento è derogabile per le zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate con delibera della Giunta comunale, nelle quali ricorrano esigenze e condizioni particolari di traffico che permettano di qualificare come "satura" una determinata strada, sicché, in ragione della presenza di non trascurabili "attrattori di traffico" (quali, nella specie, la sede della RAI, del Comando di polizia municipale, e della Polizia di Stato, di numerosi servizi comunali, di un importante sindacato agricolo, oltre che di svariati esercizi commerciali, artigianali e banche), è prevedibile che l'offerta di stalli di parcheggio sia inferiore alla domanda (Cass. 24 novembre 2014 n. 24938). Con la pronuncia in analisi la Cassazione spiega che l'onere di motivazione del provvedimento sussiste solo nel caso di istituzione del parcheggio regolamentato in aree di particolare rilevanza urbanistica ove venga ravvisata la sussistenza di esigenze particolari, che devono essere specificamente rappresentate. Negli altri tre casi (aree pedonali, zone a traffico limitato e zone di cui all'art. 2 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444) la valutazione è stata fatta a monte ex lege dal legislatore. Osservazioni Il primo principio enunciato dalla Suprema Corte nell'ordinanza in commento non richiede osservazioni particolari, posto che si inserisce in un indirizzo ormai ben consolidato, tracciato dalle Sezioni Unite. Il secondo dictum dell'ordinanza ha il sapore della novità, in difetto di precedenti in termini, ma non quello della sorpresa e si basa su di una analisi testuale della norma. L'obbligo del Comune di riservare, nelle aree in cui assuma direttamente o mediante concessione l'esercizio diretto del parcheggio con custodia, un'adeguata area destinata a parcheggio in libera sosta, costituisce la regola, derogata nel caso in cui il parcheggio regolamentato ricada in area pedonale, zona a traffico limitato o rientrante nelle aree di cui all'art. 2 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 in zona A, ossia quelle aventi carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o circostanti ad essa, oppure in zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico. Solo in questo secondo caso la legge richiede la presenza dell'ulteriore requisito delle «esigenze e condizioni particolari di traffico», come si desume non soltanto dal dettato letterale dell'art. 2 c. 8 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444, ma anche dalla specificazione contenuta nell'art. 2 c. 9 DM Lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444. In buona sintesi, alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale in commento, l'automobilista opponente si potrà dolere dinanzi al giudice ordinario della illegittima istituzione del parcheggio regolamentato, in assenza di una adeguata previsione di aree destinate alla sosta libera, sollecitando i poteri di disapplicazione in via incidentale, solo allorché il parcheggio sia stato istituito con apposita deliberazione in zone di particolare rilevanza urbanistica per esigenze e condizioni particolari di traffico e senza una adeguata motivazione, ma non nei parcheggi collocati in area pedonale, zona a traffico limitato o rientrante nelle parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti integrative. Comunque il sindacato del giudice non può comunque investire il merito, discrezionale, delle valutazioni amministrative. È opportuno, per completezza, rammentare come la giurisprudenza consolidata ritenga che l'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7 c. 1 lett. f c.d.s. non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326 c. 1 e 1327 c.c.), perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341 c. 2 c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta (Cass. SU 28 giugno 2011 n. 14319, Cass. 16 maggio 2013 n. 11931). |