Malfunzionamenti informatici: la Suprema Corte sul deposito telematico post- Cartabia

La Redazione
03 Dicembre 2024

In materia di processo penale telematico, con la Riforma Cartabia è stato introdotto l'art. 175-bis c.p.p., che distingue malfunzionamenti certificati e non certificati dei sistemi informatici. La norma, in caso di malfunzionamento, consente di redigere atti in forma cartacea e depositarli non telematicamente, con l'obbligo di successiva conversione in formato digitale.

Lo ha chiarito la Cassazione, la quale ha specificato che la validità degli atti redatti in forma analogica non è comunque compromessa anche in assenza di certificazioni adeguate

Con la pronuncia in esame, la Cassazione ha chiarito alcuni aspetti fondamentali relativi al processo penale telematico.

Partendo da un caso di malfunzionamento del sistema informatico per la gestione degli atti processuali, la Suprema Corte ha ricordato che l'implementazione del processo telematico ha costituito uno dei principali settori di intervento della Riforma Cartabia.

Il d.lgs. n. 150/2022 ha, infatti, introdotto nel codice di procedura l'art. 175-bis c.p.p., il quale disciplina due categorie di malfunzionamento dei sistemi informatici: certificato e non certificato.

Per quanto riguarda la prima - hanno spiegato i Giudici – il malfunzionamento deve essere certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici dello stesso Ministero ed anche comunicato dal dirigente dell'ufficio giudiziario agli interessati in maniera tempestiva.

La seconda categoria, invece, è quella relativa ad un malfunzionamento che abbia investito uno specifico ufficio giudiziario o un ambito locale: in questo caso il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell'ufficio giudiziario.

In entrambe le ipotesi, la norma consente «di redigere l'atto o il documento in forma di documento analogico e di depositarlo con modalità non telematiche», fermo restando l'obbligo di convertire il documento analogico in formato digitale in modo da garantire la continuità del fascicolo informatico.

La Cassazione ha, poi, specificato che anche qualora le certificazioni fossero adottate in assenza dei presupposti, non risulterebbe, comunque, compromessa la validità dell'atto redatto in forma analogica e depositato in modalità non telematica.

Nel caso di specie in analisi, per la Suprema Corte, il tribunale non aveva alcun potere di ritenere l'inammissibilità della richiesta di archiviazione presentata dal PM in quanto redatta e depositata in forma cartacea nonostante l'asserita insussistenza dei presupposti per l'attestazione del malfunzionamento.

L'impugnato decreto è stato, pertanto, ritenuto abnorme e annullato senza rinvio.

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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