Insufficienti garanzie difensive per il paziente sottoposto a T.S.O.: il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla Suprema Corte

06 Dicembre 2024

La disciplina sul trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) dettata dalla l. n. 833/1978 è costituzionalmente legittima?

Massima

E'rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 33, 34 e 35 della l. n. 833/1978, con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32 e 111 Cost., nonché dell'art. 117 Cost. in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, nella parte in cui non prevedono che il provvedimento motivato con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia tempestivamente notificato all'interessato o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che il provvedimento sarà sottoposto a convalida del giudice tutelare entro le 48 ore successive e con l'avviso che l'interessato ha diritto di comunicare con chiunque ritenga opportuno e di chiedere la revoca del suddetto provvedimento, nonché di essere sentito personalmente dal g.t. prima della convalida; nonché nella parte in cui non prevedono che l'ordinanza motivata di convalida del g.t. sia tempestivamente notificata all'interessato o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che può presentare ricorso ai sensi dell'art. 35 l. n. 833/1978.

Il caso

La ricorrente ha avanzato opposizione al t.s.o. disposto nei suoi confronti dal Sindaco del Comune di Caltanissetta, in quanto ritenuta persona affetta da grave scompenso psichiatrico, avente comportamento oppositivo alle cure, con idee suicidiarie e che aveva assunto dosi eccessive di uno psicofarmaco (Tavor).

Il Tribunale di Caltanissetta respingeva il ricorso ritenendo sussistenti le condizioni ed i presupposti di legge. Avverso il provvedimento la ricorrente avanzava gravame alla Corte d'Appello che, a sua volta, respingeva l'appello.

La ricorrente proponeva ricorso di legittimità deducendo l'irregolarità della procedura, come pure di avere subito pregiudizio al suo dritto ad un ricorso effettivo e tempestivo alla giurisdizione. In particolare, deducendo che non aveva ricevuto notifica del decreto sindacale né dell'ordinanza di convalida, rilevando che neppure era stata sentita dal g.t. prima della convalida e che quest'ultimo aveva deciso sulla scorta dei soli atti.

In definitiva, la stessa evidenziava di non aver avuto la possibilità di esercitare il proprio diritto ad un ricorso effettivo ex art. 13 CEDU, con ciò concludendo per la cassazione del provvedimento impugnato.

Avanti la S.C., il p.m. ha concluso per il rigetto del ricorso e, in subordine, per la remissione degli atti alla Corte Costituzionale, sollevando questione di legittimità dell'art. 35, l. n. 833/1978, laddove la norma «non prevede una tempestiva informazione del soggetto in trattamento obbligatorio, in modo da consentirgli di effettuare un'efficace opposizione in tempo utile».

Con l'ordinanza interlocutoria in epigrafe, la S.C. ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 33, 34 e 35 della l. n. 833/1978, per  non conformità agli artt. 2, 3, 13, 24, 32, 111 e 117 Cost., «per mancata previsione della notifica dei provvedimenti, nonché di passaggi procedimentali a garanzia del diritto al contraddittorio, alla difesa e ad un ricorso tempestivo ed effettivo avverso decisioni che limitano il diritto di autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari e la libertà personale, compresa l'audizione del soggetto interessato».

La questione

La disciplina dettata dagli artt. 33, 34 e 35 l. n. 833/1978 è conforme a Costituzione?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 32 Cost. pone il cruciale principio del consenso informato in materia di trattamenti sanitari.

La regola può essere derogata in via eccezionale in presenza delle condizioni previste dalle legge, in questo caso dalla l. n. 833/1978, quando venga in questione la salute mentale della persona non in grado di esprimere un consenso informato e valido. In tal caso si prescinde dal consenso del paziente e, in presenza dei presupposti di cui agli artt. 33 e 34, l. n. 833/1978, è possibile disporre un trattamento sanitario obbligatorio, con ricovero in struttura ospedaliera.

Tre sono i presupposti per procedere coattivamente al trattamento:

  1. l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici;
  2. la mancata accettazione da parte del paziente degli interventi terapeutici proposti;
  3. l'esistenza di circostanze che non consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere.

In queste condizioni, seguendo la procedura delineata dalla l. n. 833/1978, è somministrabile la terapia farmacologica coattivamente ed in apposito reparto ospedaliero; terapia che il paziente psichiatrico, oppositivo ed inconsapevole di malattia, rifiuti.

Precisa la Corte Suprema che, se è vero che la legge italiana prevede taluni passaggi procedurali a garanzia dell'infermo di mente (proposta di trattamento di un medico e convalida di altro medico, provvedimento sindacale di t.s.o., con successiva convalida nelle quarantotto ore successive da parte del g.t.), sindaco e giudice comunicano tra di loro, mentre «nessuno dei due comunica con il paziente, il quale può solo impugnare il provvedimento finale di convalida del tribunale ... ma è evidentemente un'impugnazione al buio, non essendo il paziente reso partecipe degli atti a monte della convalida giurisdizionale» (§ 3.6).

In ogni caso non è prevista audizione del paziente prima della convalida.

Continua la Corte ritenendo applicabili ai trattamenti coercitivi non solo l'art. 32 Cost., ma anche l'art. 13 (in tema di libertà personale, che è inviolabile), che a sua volta si pone in connessione con gli artt. 24 (diritto di difesa a tutela dei propri diritti) e 111 Cost., in tema di giusto processo. A quest'ultimo riguardo la norma costituzionale dispone che «ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale».

Da quanto precede emerge, quindi, che la mancata comunicazione degli atti del procedimento di t.s.o. a carico di paziente psichiatrico, come pure del provvedimento di convalida, gli impediscono di «verificare se le ragioni esposte sono giuste o se sono confutabili», in tal modo determinando a suo carico «un ostacolo insormontabile nell'accesso, in tempo utile, alla giustizia» (§ 5.1), così precludendo il ricorso effettivo alla giurisdizione.

Da qui la questione di legittimità costituzionale sollevata, dubitando la S.C. che il sistema dettato dalla legge italiana in tema di t.s.o. sia conforme a Costituzione, con riguardo alle seguenti criticità: mancata previsione di notifica del provvedimento sindacale all'interessato o al suo eventuale legale rappresentante (a.d.s.), nonché con riguardo a mancata previsione di avviso in ordine alla possibilità di presentare ricorso ed infine per la mancata previsione del diritto dell'interessato ad essere sentito dal g.t. prima della convalida.

Osservazioni

I. Lo strumento del t.s.o. era già in nuce autorizzato dalla previsione affidata all'art. 32 Cost., con previsione di una riserva di legge («nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge») ed è stato introdotto dalla l. n. 833/1978, quale effetto immediato dell'abolizione dei manicomi e degli ospedali psichiatrici.

Mentre in forza del precedente sistema asilare (l. n. 36/1904), gli infermi di mente venivano custoditi in strutture manicomiali e rinchiusi in istituti dedicati in funzione di difesa della società («debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alterazione mentale, quando siano pericolose per sé o gli altri e riescano di pubblico scandalo e non possano essere custodite e curate fuorché nei manicomi»:art. 1, l. n. 36/1904); a seguito alla fuoriuscita dei malati psichiatrici dalle strutture contenitive (quale effetto della legge c.d. Basaglia), e perciò liberi di circolare nella società e di vivere nelle loro famiglie da persone libere, la malattia mentale cessava di essere un problema di ordine pubblico, ma diveniva oggetto di studio da parte della psichiatria ed il malato acquisiva la nuova dimensione di paziente, da curare e sottoporre alle necessarie cure farmacologiche per contenere gli effetti della malattia.

Al paziente psichiatrico vengono così restituita la pienezza dei diritti civili lungamente conculcati.

Abolite le strutture manicomiali e gli ospedali psichiatrici, mutando le istituzioni e la coscienza civile, diveniva tuttavia necessario introdurre uno strumento ordinamentale eccezionale, utilizzabile quale extrema ratio, applicabile nel caso in cui il malato psichiatrico cessi di assumere la prescritta terapia oppure nel caso in cui egli manifesti scompensi e disturbi di comportamenti non più compensati dall'assunzione della terapia farmacologica.

Lo strumento del t.s.o. (di cui alla l. n. 833/1978) costituisce strumento di difesa del malato psichiatrico che lo protegge dalla patologia che l'affligge tutte le volte in cui lo stesso risulti scompensato. Lo stesso si rivela un'utile presidio utilizzabile onde evitare, nei casi estremi, per patologie quali, ad es., le ricorrenti forme di depressione, atti autolesivi ovvero l'atto estremo di natura suicidiaria. Indirettamente lo strumento rappresenta un'utile protezione per la famiglia (ove il malato vive) e la società civile, per quanto lo stesso non possa ritenersi strumento di difesa sociale (v. Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2023, n. 509).

Fatte queste premesse generali, la disciplina dettata in tema di t.s.o. è stata da tempo criticata, come dà conto anche l'ordinanza interlocutoria richiamando un recente report del Consiglio europeo, sotto il profilo delle garanzie e del diritto di difesa dei propri diritti.

Ebbene, da questo punto di vista si è sottolineato che la procedura delineata dalla l. n. 833/1978 non prevede alcun dialogo ed alcuna partecipazione al procedimento di convalida da parte dell'interessato. Dato che la stessa riveste struttura unilaterale, non è prevista udienza, né contraddittorio con l'interessato.

Alla proposta del medico segue la convalida del medico dell'unità sanitaria locale, cui segue da parte del sindaco il provvedimento di t.s.o. ed entro le successive quarantotto ore la convalida da parte del g.t. e l'ospedalizzazione in apposito reparto di diagnosi e cura.

Il g.t. convalida il provvedimento del sindaco mediante pronunzia di decreto motivato, sulla scorta di un riscontro documentale, esplicando un riscontro di mera legittimità sugli atti del procedimento che gli sono comunicati e verificando il rispetto delle brevi tempistiche previste (pena l'inefficacia della misura), senza instaurare alcun relazione col paziente e senza dovere fissare, entro le quarantotto ore, un'udienza ad hoc per ascoltarlo.

Questo il dato normativo emergente dagli artt. 33, 34 e 35 l. n. 833/1978.

Se un sistema siffatto poteva ritenersi accettabile nel trapasso da un sistema di tipo custodialistico, dove gli infermi di mente (più che considerati malati da curare) venivano «custoditi» in struttura in quanto «riescano di pubblico scandalo » (come si esprimeva l'art. 1, l. n. 36/1904), con più che trasparente tutela di esigenze di ordine pubblico; a distanza di oltre quarant'anni dall'epocale rivoluzione basagliana (culminata nella l. n. 180/1978 e, poi trasfusa nella l. n. 833/1978 dello stesso anno, legge istitutiva del servizio sanitario nazionale), abolitiva del sistema manicomiale, la normativa dettata in tema di t.s.o. oltre quarant'anni or sono mostra trasparente la sua inattualità e vetustà, in quanto concepita in un tempo in cui la protezione dell'infermo di mente era affidata, civilisticamente, alla sola interdizione giudiziale.

La necessità di una riforma del sistema s'impone, come ha sottolineato la pronunzia in annotamento ritenendo la normativa del 1978 in contrasto con congrui parametri costituzionali.

II. I diritti del paziente sottoposto al t.s.o., codificati dall'art. 33, comma 2, l. n. 833/1978, sono soprattutto focalizzati sulla concreta attuazione del trattamento sanitario ovvero, come ha precisato la Corte nell'ordinanza in esame, con previsione di garanzie «prevalentemente sotto il profilo medico» (§ 4.4.).

Si precisa, anzitutto, che «gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato».

Il t.s.o. va disposto «nel rispetto della dignità della persona », come pure «dei diritti civili e politici » dell'interessato, garantendo comunque la «scelta del medico e del luogo di cura ».

Si precisa ancora che «nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l'infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno» (art. 33, comma sesto).

E' previsto ancora che l'interessato possa avanzare ricorso al tribunale competente avverso il decreto di convalida (art. 35).

Come si è notato, dal dato normativo emerge trasparente che «i diritti del paziente psichiatrico sono pochi, limitati, più teorici che pratici, circoscritti, e soprattutto che il controllo del provvedimento di limitazione della libertà personale per ragioni di cura è rimesso unicamente all'impugnazione giurisdizionale effettuata ex post» (MASONI, 445).

L'assenza di notifica al paziente degli atti del procedimento e l'assenza di un momento di una sua interlocuzione al riguardo rendono assai difficoltoso l'esercizio del diritto di difesa in giudizio (ex art. 24 Cost.), ponendosi quali ostacoli al ricorso effettivo al diritto di difesa, che costituisce fondamento del giusto processo ex art. 111 Cost.

In quest'ottica, neppure si dimentichi che l'attuale temperie culturale ed ordinamentale è caratterizzata dalla previsione normativa di una doverosa “partecipazione” procedimentale dell'interessato; dato che i soggetti fragili vengono coinvolti ed ascoltati prima dell'adozione di un provvedimento che li concerne.

Si ponga mente, in particolare, alla condizione del minore che, anche se di età inferiore ai dodici anni «ove capace di discernimento», «ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano» (art. 315-bis c.c.); e, a sua volta, a chi si trovi in condizioni di «infermità psichica» ed ha diritto di venire «sentito personalmente» dal g.t. prima della nomina dell'a.d.s. (art. 407 c.c.).

Sembra non poco distonico e, al contempo, contrastante col canone costituzionale di eguaglianza, non prevedere analoghe o similari garanzie di ascolto e coinvolgimento anche nei confronti del paziente psichiatrico che venga sottoposto alla misura restrittiva del t.s.o.

III. Sulla scorta delle critiche rivolte al t.s.o. per i malati mentali, da tempo è stato proposto di innovarne presupposti e contenuti, in un'ottica maggiormente rispettosa dei diritti del paziente psichiatrico e dei principi della Costituzione, laddove quest'ultima tutela la libertà personale intesa quale diritto inviolabile dell'uomo (art. 13 Cost.).

A questo riguardo è stato formulato un progetto di legge, con  l'obiettivo di introdurre, accanto al t.s.o. di cui alla l. n. 833/1978, un'innovativa misura, ovvero il “piano di trattamento vincolante” (v. l'articolato intitolato alle «Disposizioni per la salvaguardia del diritto al sostegno e alle cure delle persone affette da disagio mentale  e dei loro familiari», redatto da P. CENDON e R. ROSSI, progetto che è stato presentato alla Camera dei deputati dall'on. Livia Turco- p.d.l. n. 2953 -  in data 18 novembre 2009).

L'articolato propone di introdurre il piano di trattamento vincolante, quale alternativa al t.s.o., comminabile nei confronti delle «persone affette da disagio mentale».

Il piano di trattamento sanitario per il malato di mente sarebbe istituibile quando il t.s.o. risulti «inadeguato o insufficiente» (art. 1), quando le condizioni del malato «appaiono tali da sconsigliare la proroga o il rinnovo del t.s.o.», ovvero, «le condizioni del destinatario non siano così gravi da giustificare il ricorso a trattamento sanitario obbligatorio» (art. 2, comma 5).

A beneficiare del piano sarebbe la persona «affetta da disturbo mentale grave e persistente», contraria o impossibilitata a prestare un valido consenso al trattamento volontario (art. 2, comma 3).

Sempre in un'ottica di svecchiamento dello strumento del t.s.o. per renderlo conforme ai valori espressi dalla Costituzione, si segnala la proposta di riforma avanzata dal partito Radicale.

In sintesi, l'intervento riformatore evidenzia che il secondo medico che convalida la misura deve essere uno psichiatra e che entrambi i medici devono “vedere” il malato; si precisa poi la non limitabilità del diritto di visita e della disponibilità di strumenti di comunicazione da parte del paziente; si vieta la “contenzione meccanica”, disponendo la speciale chiusura degli SPDC.

Ancora, la proposta di legge dispone la ricezione, da parte dell'infermo di mente, della notifica del provvedimento di t.s.o., accompagnata da un'informazione sui diritti nella procedura; la previsione della difesa tecnica a beneficio del paziente e di un'udienza di convalida da tenersi da parte del giudice tutelare entro 96 ore dalla pronunzia del TSO; la celebrabilità di quest'ultima anche presso l'ospedale per garantire la partecipazione al paziente; l'ordinaria liberazione anche in caso di convalida; rinnovi della misura ogni 4 giorni, sempre passando per un'udienza e per un massimo di 3 rinnovi (16 giorni); un'informativa al Garante Nazionale di Detenuti e Ristretti al primo rinnovo; infine, una relazione annuale sui trattamenti sanitari obbligatori in ambito psichiatrico a cura di quest' ultima autorità.

In conclusione, sulla scorta delle considerazioni esplicitate nell'ordinanza della S.C. che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, i tempi potrebbero rivelarsi maturi per porre lo strumento del t.s.o. in sintonia con valori e principi costituzionali, soprattutto sotto il profilo del riconoscimento del diritto ad un giusto processo (di cui all'art. 111 Cost.), a tutto beneficio del malato mentale che manifesti “alterazioni psichiatriche”, inconsapevole della malattia ed oppositivo, laddove «non accetti gli interventi terapeutici» che gli vengono prescritti.

Onde garantire un tempestivo esercizio del diritto di difesa in giudizio del malato e quale presupposto di esso, potrebbe ipotizzarsi la necessità della notifica degli atti della procedura al destinatario.

Con riguardo poi al ruolo di ascoltodel soggetto passivo del t.s.o., lo stesso potrebbe essere in concreto ipotizzabile non prima della pronunzia del decreto di convalida del g.t. ma, eventualmente, ex post, data la tempistica assai stretta fissata dalla legge per provvedervi.

Potrebbe essere realistico rifarsi ad un modello di controllo della misura restrittiva della libertà di tipo successivo (v. già art. 13 Cost., in tema di provvedimenti restrittivi della libertà personale, con previsione di convalida nelle successive quarantotto ore), analogo a quello già previsto dal codice di di rito civile a seguito di pronunzia del decreto in materia cautelare; ovvero, con possibilità di conferma, modifica o revoca della misura autorizzata con decreto, in momento successivo, in sede di udienza (v. art. 669 sexies, capoverso, c.p.c.); udienza, nella specie, da fissare in tempi strettissimi.

In quella sede è ipotizzabile l'audizione da parte del g.t. del soggetto sottoposto a t.s.o.

Garantire al paziente psichiatrico l'audizione nel corso del procedimento di t.s.o. significherebbe  dare piena attuazione al precetto costituzionale che espressamente impone «il rispetto della persona umana» (v. art. 32 Cost.), inteso in una lata accezione; non solo nel senso di vietare trattamenti sanitari attuati in modo degradante o violento, ma anche quale garanzia e presidio del diritto ad una difesa in giudizio effettiva, quale esplicazione primaria del rispetto che si deve alla persona umana. Al contempo, sarebbe osservato il canone costituzionale del giusto processo dettato in tema di contraddittorio («ogni processo si svolge in contraddittorio tra le parti davanti a giudice terzo ed imparziale »: art. 111 Cost.).

Riferimenti

  • BASAGLIA, Le istituzioni della violenza, in L'istituzione negata, a cura di F. BASAGLIA, Torino, 1968, 119 e ss.
  • CAMPESE, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008, 464 e segg.
  • MASONI, Il corpo umano tra diritto e medicina, Milano, 2020, 427 e segg.
  • QUARANTA, Il servizio sanitario nazionale, Milano, 1980, 181 e ss.
  • SCARPULLA, Le altre competenze del giudice tutelare previste nelle leggi speciali, in Il processo civile minorile, in Quaderni del C.S.M., Roma, 2000, 565 e segg.

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