Mancato incasso dell'IVA causato dall'inadempimento di un consistente numero di committenti: non costituisce reato
17 Dicembre 2024
Massima Nel caso in cui venga dimostrato che la mancanza di liquidità è dipesa dal blocco dei pagamenti da parte della P.A., dalla crisi del mercato delle costruzioni e dal mancato recupero di ingenti crediti verso terzi, e venga accertato che si è cercato di far fronte alla situazione, riducendo i costi di produzione (licenziamenti collettivi) e provvedendo ad un aumento di capitale, non si può condannare il legale rappresentante di una società di capitali per il reato di omesso versamento dell'IVA ex art. 10-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000. Il caso Con sentenza dell'11 novembre 2024, n. 41238, la Corte di cassazione, sezione penale, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli, la quale, confermando la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli, aveva condannato il legale rappresentante di un società di capitali alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000. La decisione si è basata sul fatto che l'imputato, non solo aveva documentato l'accettazione della propria proposta concordataria da parte dell'Agenzia delle Entrate (successivamente recepita nel decreto di omologazione del concordato preventivo emesso dal Tribunale di Napoli), ma aveva allegato circostanze di estremo rilievo ai fini che qui rilevano. In particolare, era stato dimostrato come il mancato incasso dell'IVA risultava dalle fatture dell'anno di imposta in contestazione, per via dell'inadempimento di un consistente numero di committenti (tra cui anche enti pubblici). Inoltre, per fare fronte alla crisi di liquidità, era stato conferito un bene immobile personale a seguito di un aumento di capitale, e si era proceduto alla riduzione di costi di produzione (licenziamenti collettivi). La questione e la soluzione giuridica A questo punto, è necessario ricordare che il delitto di omesso versamento IVA, previsto all'art. 10-ter del d.lgs. n. 74/2000, si verifica quando un soggetto non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo (e nella nuova versione dell'articolo (ex art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 14 giugno 2024 n. 87, pubblicato in G.U. 28 giugno 2024 n. 150) entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale), l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta. La condotta, pertanto, è costituita dal mancato versamento entro il termine previsto dalla norma, per un importo superiore a 250.000 euro. Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, questo è costituito dal dolo generico. Parte della giurisprudenza ritiene che questo possa essere costituito anche dal dolo eventuale (così Corte di Cassazione penale del 18 agosto 2015, n. 34927). Secondo tale interpretazione, risponderebbe del reato di omesso versamento di IVA il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze (così Corte di Cassazione penale del 4 febbraio 2016, n. 4631). Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, è necessario ricordare che, in caso di forza maggiore che impedisce di assolvere l'obbligo di versamento, il soggetto non può essere punito. A tal fine è importante sottolineare che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (cfr. Risposta 1.7 contenuta nella Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 2 aprile 2020, n. 8/E). Ad esempio, la colpevolezza del contribuente non è esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l'omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell'IVA per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l'emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo (così Corte di Cassazione penale del 29 maggio 2019, n. 23796). La Corte territoriale di Napoli ha confermato la condanna in espressa adesione all'indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione secondo cui in tema di reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, l'emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell'elemento soggettivo (cfr. sentenza della Corte di Cassazione penale del 19 febbraio 2020, n. 6506). Infatti, è stato sancito che, in tema di reati tributari, l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all'ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica (cfr. Corte di Cassazione penale del 10 agosto 2021, n. 31352). Inoltre, sempre secondo parte della giurisprudenza, l'omesso versamento dell'Iva non può essere giustificato, ai sensi dell'art. 51 c.p., dal pagamento degli stipendi dei lavoratori dipendenti, posto che l'ordine di preferenza in tema di crediti prededucibili, che impone l'adempimento prioritario dei crediti da lavoro dipendente (art. 2777 c.c.) rispetto ai crediti erariali (art. 2778 c.c.), vige nel solo ambito delle procedure esecutive e fallimentari e non può essere richiamato in contesti diversi, ove non opera il principio della par condicio creditorum, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato (così Corte di cassazione penale del 3 marzo 2020, n. 8519). Come sancito dalla Suprema Corte, nei reati omissivi propri integra la causa di forza maggiore l'assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di attuare il comportamento omesso, dovendosi ricollegare ad eventi che sfuggono al dominio finalistico dell'agente. In questo caso, l'imputato potrà invocare la situazione di crisi economica come causa dell'impossibilità di adempimento dell'obbligazione fiscale, al fine di escludere la responsabilità penale, purché assolva agli oneri di allegazione riguardanti, sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto. Dovrà, in altri termini, essere dimostrato che non sia stato in alcun modo possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Secondo tale tesi, pertanto, il contribuente, il quale eserciti un'attività imprenditoriale, è chiamato del resto ad accantonare le somme necessarie agli adempimenti tributari cui è gravato. Diversamente, deve ritenersi che l'imprenditore si sia rappresentato la probabilità che, per il normale rischio connesso all'esercizio della propria attività economica, al momento della scadenza del termine per il pagamento, non siano presenti le somme necessarie ad onorare il debito fiscale, accettandone tuttavia il rischio, pur di conseguire il proprio obiettivo, configurandosi una ipotesi di dolo eventuale (cfr. Corte di cassazione penale del 15 maggio 2020, n. 15218.). È stato precisato che la revoca degli affidamenti bancari a ridosso della scadenza del termine "lungo" di cui all'art. 10-ter, non ha alcuna rilevanza e tale inadempimento non può essere considerato causato da forza maggiore (cfr. Corte di cassazione penale del 26 ottobre 2021, n. 38177), così come la mancanza di pagamenti, così come la carenza di liquidità derivante dai ritardi dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni (cfr. Corte di cassazione penale del 19 ottobre 2022, n. 30760). Secondo tale interpretazione, risponderebbe del reato di omesso versamento di IVA il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze (cfr. Corte di cassazione penale del 4 febbraio 2016, n. 4631). Osservazioni Come sancito da altra giurisprudenza di legittimità, i giudici devono tenere adeguato conto delle deduzioni difensive volte a comprovare una concreta impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento, per la situazione di crisi dell'impresa determinata da ingenti inadempimenti dei clienti, le modalità e le tempistiche del ricorso al credito da parte del soggetto agente, ecc. (cfr. sentenza della Corte di cassazione del 19 maggio 2022, n. 19651). Con sentenza del 25 luglio 2024, n. 30532, la Corte di cassazione si è occupata del caso del reato di omesso versamento dell'IVA ex art. 10-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000, commesso da una società che ha fatto ricorso allo sconto bancario delle fatture, utilizzato, non per liquidare l'IVA, ma per pagare fornitori e dipendenti e per far fronte agli obblighi contributivi e previdenziali. La decisione di pagare prima gli oneri relativi al personale dipendente era stata presa, dal momento che la società cliente, unica committente della ricorrente ed assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria, non avrebbe pagato, dal momento che, malgrado la sua situazione finanziaria, pretendeva comunque la regolarità contributiva. In questo caso, la Suprema Corte ha ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero fondate e che i giudizi di merito non avessero considerato con la dovuta attenzione la particolarità della situazione della società incriminata, ignorando che la stessa aveva preferito pagare gli stipendi per cercare di evitare di non essere pagata dalla sua unica committente. Pertanto, ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello, non avendo fornito risposte adeguate alle deduzioni difensive della società concernenti la concreta impossibilità di far fronte ai versamenti dovuti. I giudici di merito dovranno, quindi, attribuire il massimo rilievo alle problematiche evocate dal ricorso in termini di crisi di liquidità, considerato che le stesse ora trovano un importante riscontro nel diritto positivo: il recentissimo d.lgs. n. 87 del 14 giugno 2024, intervenendo sull'art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, il quale ha introdotto (con il nuovo comma 3-bis) una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del medesimo decreto, così recita: «se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore sopravvenute, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell'autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi». |