Che l’affettività sia un diritto soggettivo e non una mera “aspettativa legittima”!
30 Dicembre 2024
Massima Con l'ordinanza del 1° luglio 2024 e depositata il giorno successivo, il Magistrato di Sorveglianza di Torino ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal detenuto ristretto nella Casa di Reclusione di Asti diretto ad ottenere un colloquio riservato con la propria moglie secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 2024. Non può ritenersi un diritto soggettivo “perfetto” la fruizione di colloqui con i familiari in modalità riservate perché la sua piena attuazione è subordinata all'intervento dell'amministrazione penitenziaria. Può dunque parlarsi più propriamente di “aspettativa legittima” in attesa di successiva concretizzazione in diritto soggettivo solo se e solo quando vi sarà l'intervento integrativo dell'amministrazione penitenziaria. Il caso Il caso trae origine dal reclamo di un detenuto ristretto presso la Casa di Reclusione di Asti diretto ad ottenere una pronuncia da parte del proprio Magistrato di Sorveglianza che sollecitasse o pungolasse la Direzione del carcere alla luce dell'inerzia dell'Amministrazione penitenziaria sull'adeguamento organizzativo delle modalità di svolgimento dei colloqui c.d. “intimi” secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 26 gennaio 2024. Infatti con reclamo ex art. 35-bis ord. penit., il detenuto aveva lamentato al Magistrato una mancanza di risposta da parte del carcere sulla possibilità di fruire di un colloquio riservato con la propria moglie e sulla possibilità che lo stesso carcere indicasse le modalità di svolgimento e la sede in un locale idoneo; con successiva integrazione, il detenuto produceva la risposta del carcere in cui si faceva presente dell'impossibilità di esaudire tale richiesta per l'assenza di locali idonei presso la struttura penitenziaria di Asti. A fronte di tale reclamo e senza fissazione d'udienza in contraddittorio, il Magistrato ha deciso invece di dichiarare de plano l'inammissibilità della richiesta sostenendo che ad oggi non essendoci indicazioni tecniche e organizzative da parte dell'Amministrazione e non potendo sopperire a ciò la singola Direzione non sia possibile concedere tutela e ritenere che l'affettività nelle forme dei colloqui riservati possa considerarsi un vero e proprio diritto soggettivo ma solo una mera aspettativa in attesa di essere meglio definita da norme di dettaglio da parte dell'Amministrazione. La questione Il Magistrato di Sorveglianza prende posizione sullo stato attuale dei colloqui riservati tra detenuti e familiari dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2024. Ne tiene debitamente conto ripercorrendo le tappe che hanno portato all'affermazione del diritto all'affettività da parte delle persone ristrette e richiamando alcuni passaggi importanti della sentenza della Consulta. Le soluzioni giuridiche Tuttavia, ciò che desta maggiormente perplessità, non è tanto la premessa, quanto la conclusione. Infatti, il Magistrato dopo aver preso spunto dai passaggi motivazioni della sentenza n. 10 del 2024, rammenta che ad oggi l'Amministrazione penitenziaria ancora non si è adeguata al contenuto della sentenza e non sono state emanate direttive uniformi che possano delineare in concreto le modalità di svolgimento dei colloqui riservati. Pertanto, per quanto l'affettività sia stata riconosciuta a livello di principio fino a quando l'Amministrazione non formulerà indicazioni tecniche ed organizzative e fino a quando le singole direzioni non saranno chiamate a dare concretezza ed effettività, essa rimarrà più un'aspettativa “legittima” che un vero e proprio diritto. Si tratterebbe di un diritto “imperfetto” e non “perfetto” o “pieno”, usando concetti analoghi a quelli utilizzati dal Magistrato. Si legge, perciò, nell'ordinanza che «le modalità di svolgimento del colloquio, essendo sottoposte alla verifica di una serie di circostanze ed al comportamento fattivo dell'amministrazione penitenziaria che deve predisporre adeguati locali per la loro fruizione, costituisce una aspettativa “legittima” cioè contemplata dalla legge, come modificata dalla citata pronuncia della Corte di legittimità, la quale può trovare concreta realizzazione solo all'esito dell'avverarsi di più condizioni (compresa l'assenza di ragioni ostative di sicurezza)». Osservazioni Per quanto si possa comprendere la conclusione raggiunta dal Magistrato, il quale, preso atto dell'assenza di condizioni adeguate e di locali idonei per svolgere i colloqui nelle modalità riservate, non può che non accogliere la richiesta del detenuto, non si condivide tuttavia il fatto che per decidere il Magistrato abbia deciso per l'inammissibilità de plano senza l'integrazione del contraddittorio delle parti. Si ritiene infatti che la questione dell'assenza di locali idonei non possa essere liquidata sommariamente o per la solo dichiarazione del carcere e che sia una situazione che, per quanto oggettiva e attuale, dovrebbe essere monitorata ed approfondita soprattutto dalla Magistratura di sorveglianza. Preoccupa infatti che una simile conclusione, comprensibile all'oggi, possa divenire una sorta di schermatura permanente o a lunga durata per tutti i reclami che sono già stati presentati o che verranno presentati fino a data da destinarsi e fino a quando l'Amministrazione penitenziaria non dia il via libera alla sperimentazione a livello decentrato, facendo così regredire l'affettività da diritto soggettivo pienamente riconosciuto e fruibile a mera aspettativa. Tale passaggio inoltre si ritiene possa dar il via a un cortocircuito di depotenziamento di quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale in sentenza n. 10 del 2024. Senza ombra di dubbio, l'assenza di indicazioni da parte dell'Amministrazione penitenziaria e la situazione globale di sovraffollamento e di carenza di personale, demotivano fortemente le direzioni locali ad intraprendere iniziative di sperimentazione e le delegittimano da qualsiasi azione anche sperimentale nel breve e medio periodo; tuttavia, ciò non dovrebbe impedire alla Magistratura di sorveglianza, chiamata anche a verificare l'operato dell'Amministrazione, ad esortare le direzioni locali ad una maggiore intraprendenza di iniziativa in tutti i casi in cui, quanto meno, la struttura penitenziaria offra un quadro complessivo di fattibilità. |