Il foglio di via obbligatorio, disposto dal questore nei confronti di persone pericolose per la sicurezza pubblica, non costituisce una misura idonea a restringere la libertà personale del destinatario del provvedimento, incidendo, più limitatamente, sulla sua libertà di circolazione. Ne consegue che l'applicazione tale misura non necessita del controllo dell'autorità giudiziaria, al contrario di quanto previsto per le misure restrittive della libertà personale dall'art. 13, comma 1, Cost.
L'art. 2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e la sentenza della Corte costituzionale
Con la sentenza emessa il 29 ottobre 2024, n. 203 la Corte costituzionale è intervenuta sulla legittimità dell'art. 2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nel giudizio promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto con ordinanza del 6 giugno 2023.
All'esito del giudizio, la Corte costituzionale dichiarava non fondate le questioni di costituzionalità dell'art. 2 cod. antimafia, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto con l'ordinanza sopra indicata.
Questa pronuncia di costituzionalità, che si colloca in un solco ermeneutico risalente agli anni Cinquanta del secolo scorso, merita di essere segnalata per l'esemplarità del percorso argomentativo seguito, all'esito del quale sono stati ridefiniti i contorni ermeneutici del foglio di via disposto dal questore, ex art. 2 cod. antimafia, nei confronti dei soggetti pericolosi per la sicurezza pubblica, precisandosi che tale strumento di prevenzione amministrativa non può essere equiparato alle misure restrittive della libertà personale dell'interessato, incidendo soltanto sulla sua libertà di circolazione, con la conseguenza di non richiedere il controllo dell'autorità giurisdizionale previsto dall'art. 13, comma 1, Cost.
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto
Occorre premettere che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, con ordinanza del 6 giugno 2023, in via principale, proponeva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 cod. antimafia, per contrasto con gli artt. 3 e 13 Cost., relativamente alla «attribuzione al Questore della titolarità del potere di adottare la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio» (C. cost., 29 ottobre 2024, n. 203).
In via subordinata, la disposizione dell'art. 2 cod. antimafia veniva censurata dal Giudice rimettente, in riferimento al solo art. 3 Cost., nella parte in cui «non prevede che in relazione al foglio di via obbligatorio emesso dal Questore si applichino, in quanto compatibili […]», le disposizioni di cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
In via ulteriormente subordinata, l'art. 2 cod. antimafia veniva censurato, ancora una volta, con riferimento al solo art. 3 Cost., nella parte in cui «non prevede che in relazione al foglio di via obbligatorio emesso dal Questore per la durata minima di un anno si applichino, in quanto compatibili […]», le disposizioni di cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge n. 401/1989.
Le questioni di legittimità sollevate traevano origine dal fatto che il Giudice rimettente era stato investito della richiesta, presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, finalizzata a emettere un decreto penale di condanna nei confronti dell'imputato per il reato di cui all'art. 76, comma 3, cod. antimafia. Si contestava, in particolare, all'imputato di avere fatto ripetutamente ritorno nel territorio del Comune di Taranto, in violazione delle prescrizioni impostegli con il foglio di via obbligatorio adottato nei suoi confronti dal Questore di Taranto il 5 gennaio 2022.
Tanto premesso, deve osservarsi che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, in sede di rimessione, dava atto dell'apparente legittimità del provvedimento impositivo del foglio di via obbligatorio, la cui motivazione appariva «congrua, soprattutto alla luce dei numerosi precedenti giudiziari e di polizia ascrivibili […]» al destinatario dell'atto. La congruità motivazionale del foglio di via obbligatorio derivava dalla presenza dell'imputato nel territorio di Taranto, accertata dalle forze dell'ordine in occasione di nove controlli, effettuati tra il 24 marzo e il 16 maggio 2022, senza che lo stesso avesse fornito alcuna giustificazione.
Ne discendeva che la richiesta di emissione del decreto penale di condanna presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto nei confronti dell'imputato, per il reato di cui all'art. 76, comma 3, cod. antimafia, quantomeno in astratto, poteva ritenersi accoglibile.
Tuttavia, nonostante tali emergenze processuali, il Giudice rimettente dubitava della legittimità costituzionale dell'art. 2 cod. antimafia, osservando che, nell'ipotesi in cui venissero accolta le questioni di costituzionalità sollevate in relazione a tale disposizione, in riferimento agli artt. 3 e 16 Cost., il foglio di via obbligatorio disposto nei confronti dell'imputato dovrebbe essere disapplicato.
L'eventuale disapplicazione del foglio di via obbligatorio, a sua volta, comporterebbe la necessità di assolvere l'imputato dal resto ascrittogli, ai sensi degli artt. 129 e 459, comma 3, c.p.p., sul presupposto della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto.
Il Giudice rimettente, per altro verso, evidenziava che la questione di legittimità sollevata in riferimento all'art. 2 cod. antimafia non poteva ritenersi manifestamente infondata, atteso che il foglio di via obbligatorio costituiva una misura di prevenzione amministrativa, che comportava per l'imputato «una restrizione della libertà di locomozione […] quantomai significativa […]», oltre a determinare «pesanti ed incisivi effetti stigmatizzanti sulla persona dell'imputato […]» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Infatti, all'imputato, che versava in condizioni economiche disagiate, esercitando l'attività di parcheggiatore abusivo, per effetto del foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Taranto, sarebbe stato inibito di frequentare o anche solo di sostare presso l'intero Comune di Taranto, dove giornalmente operava, ancorché illegalmente, determinando conseguenze estremamente negative per la sua, già precaria, situazione esistenziale.
Queste circostanze inducevano il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto a chiedersi problematicamente se la misura di prevenzione amministrativa di cui all'art. 2 cod. antimafia incida esclusivamente sulla libertà di circolazione dell'individuo, così come prefigurata dall'art. 16 Cost., ovvero costituisca una misura limitativa della libertà personale, in quanto tale soggetta alla garanzia di riserva giurisdizionale prevista dall'art. 13, comma 1, Cost.; dilemma di non facile risoluzione, perché, accedendo a questa seconda opzione ermeneutica, le restrizioni collegate all'emissione del foglio di via obbligatorio dovrebbero essere disposte con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria o, in alternativa, che la stessa provveda a convalidarlo, entro un termine perentorio, laddove la misura fosse disposta dall'autorità di pubblica sicurezza.
In questa, articolata, cornice, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto segnalava ulteriormente che il foglio di via obbligatorio presentava un contenuto precettivo assimilabile, sul piano sistematico, alla misura di sicurezza del divieto di soggiorno di cui all'art. 233 c.p., alla misura cautelare del divieto di dimora prevista dall'art. 283 c.p.p. e alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di cui all'art. 6 cod. antimafia.
Tali misure, però, a differenza della misura di cui all'art. 2 cod. antimafia, erano subordinate a una verifica giurisdizionale, sul presupposto, rilevante ex art. 13, comma 1, Cost., che si sostanziavano nel divieto di recarsi e di dimorare in una determinata porzione del territorio dello Stato; il che comportava una disparità irragionevole di trattamento con il foglio di via obbligatorio, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost.
Si segnalava, infine, che il foglio di via obbligatorio sortirebbe fortemente limitativi, largamente sovrapponibili a quelli della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, anch'essa subordinata a una verifica giurisdizionale, quando, la stessa non sia caratterizzata «da prescrizioni particolarmente stringenti – ad esempio, dall'obbligo di soggiorno in un determinato Comune – e, al contempo, è accompagnata dal divieto di soggiorno in un Comune» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Le questioni preliminari affrontate dalla Corte costituzionale in merito alla disciplina applicabile al caso di specie
Dopo l'approvazione del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159
Prima di affrontare il merito delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, con ordinanza del 6 giugno 2023, la Corte costituzionale affrontava una questione preliminare e dirimente.
Infatti, dopo il deposito del provvedimento con cui si sollevava la questione di costituzionalità, tanto la disposizione censurata dal Giudice rimettente – l'art. 2 cod. antimafia – quanto la disposizione incriminatrice applicabile nel presente procedimento – l'art. 76, comma 3, cod. antimafia – erano state modificate dall'art. 3, comma 2, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 159.
Tale questione preliminare veniva risolta dalla Corte costituzionale sull'assunto che le modifiche introdotte agli artt. 2 e 76, comma 3, cod. antimafia, dall'art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 123 del 2023, non erano applicabili alla vicenda processuale in esame, sulla base di due ordini differenti di argomentazioni.
Si evidenziava, innanzitutto, che il foglio di via obbligatorio, di cui si controverte, era stato adottato dal Questore di Taranto il 5 gennaio 2022, sulla base della disciplina prevista dall'art. 2 cod. antimafia nella versione previgente. Ne conseguiva che era alla luce di tale, previgente, disciplina che si doveva compiere la verifica incidentale di legittimità ed era, contestualmente, sulla base della stessa normativa, che doveva essere effettuato il giudizio di legittimità costituzionale richiesto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto in riferimento al citato art. 2.
Si evidenziava, al contempo, che la nuova formulazione dell'art. 76, comma 3, cod. antimafia, che aveva trasformato la fattispecie incriminatrice da contravvenzione a delitto, aggravandone il trattamento sanzionatorio – che era stato portato dall'arresto da uno a sei mesi alla reclusione da sei a diciotto mesi e alla multa fino a 10.000 euro –, essendo più sfavorevole per l'imputato, non gli poteva essere applicata, per effetto del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole di cui all'art. 2, comma 4, c.p.
Le modifiche normative introdotte dal decreto-legge n. 123 del 2023, pertanto, dovevano ritenersi ininfluenti per il caso in esame, con la conseguenza che non era necessario «restituire gli atti al rimettente per una nuova valutazione sulla rilevanza o sulla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, che continuano ad avere a oggetto la disciplina vigente al momento dell'ordinanza di rimessione» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Le ragioni del giudizio di compatibilità espresso dalla Corte costituzionale in riferimento all'art. 2 cod. antimafia
La riserva giurisdizionale dell'art. 13 Cost. e le misure che presuppongono un giudizio di degradazione giuridica individuale
Passando a considerare il merito della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto deve evidenziarsi che l'intervento della Corte costituzionale riguardava la posizione di un imputato che era stato rinviato a giudizio per avere fatto, in almeno nove occasioni, ritorno nel Comune di Taranto, dal quale era stato allontanato mediante un foglio di via obbligatorio, motivato dal Questore di Taranto alla luce della sua pericolosità sociale, desunta sia dai suoi precedenti penali.
In questo contesto probatorio, prima di pronunciarsi sulla responsabilità penale dell'imputato per la violazione delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione amministrativa, che gli erano state contestate ai sensi dell'art. 76, comma 3, cod. antimafia, il Giudice rimettente si interrogava problematicamente sulla legittimità costituzionale dell'art. 2 cod. antimafia, per contrasto con gli artt. 3 e 13 Cost., che attribuisce al questore il potere di disporre la misura controversa senza prevedere l'autorizzazione preventiva o la convalida successiva da parte dell'autorità giudiziaria.
In questa cornice, innanzitutto, la Corte costituzionale evidenziava che una restrizione della libertà personale si verificava quando la persona subisce una coazione fisica direttamente incidente sulla sua sfera corporea, come nelle ipotesi – differenti da quello oggetto di vaglio costituzionale – di provvedimenti restrittivi detentivi ovvero di trattamenti medici coattivi, in linea con la giurisprudenza costituzionale, da tempo, consolidata sul punto (C. cost., 8 luglio 2004, n. 222; C. cost., 22 marzo 2001, n. 105; C. cost., 27 giugno 1996, n. 238).
A titolo esemplificativo, il Giudice delle leggi richiamava la «traduzione forzata dell'interessato nel luogo di residenza […] ovvero davanti all'autorità di polizia […]; l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero illegalmente presente sul territorio nazionale […]; l'esecuzione di prelievi ematici coattivi […]; nonché ogni trattamento medico suscettibile di essere eseguito con la forza nei confronti del paziente, e pertanto qualificabile non solo come “obbligatorio” ai sensi dell'art. 32, comma 2, Cost., ma anche come “coattivo”» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Rispetto a queste misure, le cui connotazioni di invasività non erano riscontrabili nel caso in esame, la Corte costituzionale riteneva assolutamente necessaria «l'applicabilità di tutte le garanzie dell'art. 13 Cost., proprio in conseguenza della situazione di evidente assoggettamento fisico della persona ad un potere pubblico, in grado di vincere con la forza ogni sua contraria volontà» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Si riteneva, invece, richiamando un risalente arresto ermeneutico (Corte cost., 12 marzo 1962, n. 30), che restavano «esclusi da tali garanzie […] gli interventi coattivi di carattere meramente momentaneo e non invasivi della sfera corporea e dell'intimità della persona, come la sua immobilizzazione per i pochi istanti necessari ad eseguire rilievi descrittivi, fotografici e antropometrici di parti del corpo normalmente esposte alla vista, nonché rilievi dattiloscopici» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
La Corte costituzionale, al contempo, affermava che si era in presenza di una restrizione della libertà personale, rilevante ai sensi dell'art. 13 Cost., laddove la persona venga sottoposta a misure che presuppongano un giudizio di degradazione giuridica individuale, imponendogli obblighi di intensità talmente invasiva da potere essere equiparati all'assoggettamento del soggetto passivo all'altrui potere.
Si evidenziava, in proposito, che, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, con un intervento chiarificatore di notevole rilievo sistematico (C. cost., 19 giugno 1956, n. 11), la Corte costituzionale aveva ritenuto che la condizione di degradazione giuridica individuale, idonea a produrre una significativa compressione della libertà personale, è riscontrabile nelle misure di prevenzione che impongano all'interessato l'obbligo di permanere in un determinato luogo ovvero di recarsi periodicamente presso un ufficio di polizia. Come esempi del primo caso, si richiamavano gli obblighi imposti all'individuo di rimanere nella sua abitazione durante le ore notturne, tipici delle misure di sorveglianza speciale; come esempi del secondo caso, invece, si richiamavano le limitazioni imposte a un soggetto durante l'orario di svolgimento di manifestazioni sportive dalle quali l'interessato sia stato interdetto, tipiche dei divieti di accedere alle manifestazioni sportive (DASPO), introdotti nel nostro ordinamento con la legge 13 dicembre 1989 n. 401, recante “Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive”, per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi.
In questa cornice, la Corte costituzionale escludeva che il semplice divieto di recarsi in una determinata località, connaturato all'emissione di un foglio di via obbligatorio, potesse costituire una forma di limitazione della libertà personale, che, comportando una condizione di degradazione giuridica individuale, debba essere garantita dalla riserva giurisdizionale dell'art. 13 Cost. In ipotesi di questo genere, infatti, il destinatario di tali misure di prevenzione amministrativa rimane libero di recarsi in qualsiasi luogo di suo gradimento, con la sola eccezione della località che gli è interdetta.
Veniva, in questo modo, ribadita, la giurisprudenza costituzionale consolidatasi nell'ultimo trentennio, alla quale, peraltro, il legislatore italiano, ormai da tempo, si era conformato, come, ad esempio, nella materia delle misure di prevenzione personale (C. cost., 8 luglio 2004, cit.; C. cost., 22 marzo 2001, cit.; C. cost., 27 giugno 1996, cit.).
A sostegno di queste conclusioni, il Giudice delle leggi affermava: «Per quanto gravoso esso possa risultare in concreto, l'obbligo stabilito con il foglio di via consiste essenzialmente nel divieto di recarsi in un luogo determinato. Una volta infatti che l'interessato abbia eseguito l'ordine iniziale di lasciare il territorio del comune dal quale è allontanato, l'obbligo che gli è imposto per tutta la durata della misura, e che è presidiato da sanzioni penali nel caso di violazione, si risolve nel mero divieto di ritornare in quello specifico comune: il che lascia libero in ogni momento il soggetto di recarsi in qualunque altro luogo desideri» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Il foglio di via obbligatorio e la necessità di distinguere tra le misure di prevenzione amministrativa e la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza
Deve, per altro verso, evidenziarsi che la Corte costituzionale evidenziava la necessità di distinguere il foglio di via obbligatorio dalla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, che comporta l'osservanza delle prescrizioni elencate nell'art. 8 cod. antimafia, tra cui quella di rincasare entro una determinata ora e di non uscire dalla propria abitazione prima di una certa ora del giorno successivo; obbligo, quest'ultimo, che «costringe il soggetto – sotto minaccia di severe sanzioni penali in caso di inosservanza – a restare nella propria abitazione durante le ore notturne, vietandogli così di recarsi in qualsiasi altro luogo» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Questo fondamentale criterio distintivo, del resto, fin dagli anni Cinquanta del secondo scorso (C. cost., 19 giugno 1956, cit.), aveva orientato tutte le scelte compiute dal legislatore italiano nella materia delle misure di prevenzione personale, al contempo, ispirando il loro complessivo riordino nel Codice antimafia del 2011, nel quale è stata mantenuta la tradizionale distinzione tra le misure di prevenzione amministrativa – quali il foglio di via obbligatorio e l'avviso orale, disposte dall'autorità di pubblica sicurezza senza convalida giurisdizionale – e la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, con o senza divieto od obbligo di soggiorno, la cui applicazione, com'è noto, è riservata all'autorità giudiziaria.
In questa cornice, la Corte costituzionale si mostrava pienamente consapevole del fatto che gli effetti del foglio di via obbligatorio possono risultare particolarmente gravosi per il destinatario del provvedimento, laddove gli venga precluso l'accesso al territorio di un'area urbana in cui il soggetto, da tempo, gravita. Tuttavia, come evidenziato nella sentenza che si commenta, l'ordinamento italiano dispone di strumenti efficaci, ancorché residuali, per garantire la tutela effettiva ai diritti fondamentali del destinatario contro i pericoli di uso arbitrario del foglio di via obbligatorio, che, sia pure in astratto, potrebbe essere utilizzato quale strumento di repressione del dissenso politico e delle legittime forme di protesta protette dalle norme costituzionali.
La tutela contro i possibili abusi connaturati a un impiego abnorme del foglio di via obbligatorio anzitutto è assicurata dal ricorso al giudice amministrativo, che rappresenta uno strumento certamente idoneo ad assicurare, anche attraverso i provvedimenti cautelari che possono essere adottati nelle ipotesi di urgenza, una tutela immediata ed effettiva contro eventuali provvedimenti lesivi dei diritti fondamentali dell'interessato (Cons. Stato, sez. I, 13 dicembre 2000, n. 1094, Tarantini; Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 1994, n. 317, Angilica; Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1994, n. 13, Battaglini).
In una direzione analoga, occorre richiamare la tutela assicurata dal giudice penale, che, nei procedimenti riguardanti la violazione delle prescrizioni inerenti a un foglio di via obbligatorio, ha il dovere di verificarne preliminarmente la regolarità, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. F., 27 luglio 2018, n. 54155, Caparelli, Rv. 274649 - 01; Cass. pen., sez. I, 17 settembre 2014, n. 44221, Chirila, Rv. 260897 - 01; Cass. pen., sez. I, 13 dicembre 2007, n. 248, Luciani, Rv. 238767 - 01).
Deve, infine, osservarsi che le verifiche di legittimità compiute dal giudice amministrativo e dal giudice penale comportano necessariamente la rigorosa valutazione di proporzionalità tra le finalità di tutela perseguite dall'autorità di polizia e la concreta incidenza della singola misura sulla libertà di circolazione dell'interessato, oltre che sull'intera gamma dei suoi diritti fondamentali comunque limitati dal provvedimento.
Osservazioni finali
Nel respingere la questione di legittimità prospettata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, in riferimento all'art. 2 cod. antimafia, la Corte costituzionale muoveva dall'assunto ermeneutico, da tempo consolidato, secondo cui il divieto di recarsi in un determinato luogo è, in via tendenziale, meno gravoso per l'interessato rispetto all'obbligo di recarsi ovvero di rimanere in una determinata località.
In questa cornice, si riteneva che il foglio di via obbligatorio, disposto dal questore nei confronti di persone pericolose per la sicurezza pubblica, non costituisse una misura idonea a restringere la libertà personale del destinatario del provvedimento, ma, più semplicemente, incide sulla sua libertà di circolazione.
L'ambito di applicazione del foglio di via obbligatorio, pertanto, comportava che la sua applicazione alle persone pericolose per la sicurezza pubblica non necessitava dell'intervento dell'autorità giudiziaria, non risultando meritevole della riserva giurisdizionale prevista per le misure incidenti sulla libertà personale dall'art. 13, comma 1, Cost.
A opinare diversamente, si finirebbe per recepire parametri esclusivamente o prevalentemente casistici, tendenti a valutare caso per caso l'intensità delle restrizioni della libertà di movimento imposte ai soggetti ritenuti pericolosi, indipendentemente dalla loro natura giuridica.
Né sussistono disparità irragionevoli di trattamento, rilevanti ai sensi dell'art. 3 Cost., tra il foglio di via obbligatorio e le misure incidenti sulla libertà del soggetto socialmente pericoloso, come quelle di cui all'art. 233 c.p., all'art. 283 c.p.p. e all'art. 6 cod. antimafia.
Le misure di cui agli artt. 233 c.p., 283 c.p.p. e 6 cod. antimafia, infatti, possiedono un contenuto obbligatorio similare a quello del foglio di via obbligatorio, ma hanno una natura giuridica diversa e perseguono obiettivi precauzionali differenti, che impongono il coinvolgimento del giudice penale, che esplica una funzione di controllo sui relativi provvedimenti impostivi, rilevante ex art. 13, comma 1, Cost.
Ne discende che la diversità della natura giuridica e degli obiettivi precauzionali perseguiti dalle tre misure ne rende evidente l'impossibilità di assimilarle al foglio di via obbligatorio di cui all'art. 2 cod. antimafia e impone, conseguentemente, di ritenere insussistente una disparità irragionevole di trattamento tra tali istituti, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost.
Naturalmente, come evidenziato dalla stessa Corte costituzionale, non può escludersi che questa opzione ermeneutica potrà essere riconsiderata, laddove «il legislatore dovesse, in futuro, dilatare eccessivamente i divieti inerenti alle misure in esame, in termini sia di estensione degli spazi dai quali il soggetto venga interdetto, sia di durata della stessa interdizione, rendendo così non più sostenibile l'assunto, sul quale tale giurisprudenza implicitamente si fonda, della generale minore incidenza del divieto di recarsi in un luogo determinato rispetto all'obbligo di recarsi periodicamente presso un ufficio di polizia, o di rimanere nella propria abitazione durante le ore notturne» (C. cost., 29 ottobre 2024, cit.).
Deve, infine, evidenziarsi che l'approdo ermeneutico al quale è giunta la Corte costituzionale appare pienamente armonico con gli obblighi internazionali di rispetto dei diritti umani ai quali il nostro Paese è vincolato, alla luce della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo.
Non può, in proposito, non rilevarsi che il quadro giuridico convenzionale, modellato attorno alle previsioni dell'art. 5 CEDU e dell'art. 2 del Protocollo n. 4 CEDU, comporta che il provvedimento restrittivo della libertà personale sia adottato o sia convalidato da un'autorità giudiziaria in un procedimento attivabile su impulso del soggetto interessato.
Tutto questo comporta che le norme convenzionali assicurano una tutela dei diritti della persona meno efficace rispetto a quella prevista dall'art. 13, comma 1, Cost., che offre garanzie maggiori per la libertà individuale rispetto alle disposizioni convenzionali, che richiedono semplicemente la possibilità di un ricorso effettivo all'autorità giurisdizionale, successivo all'adozione del provvedimento, attivabile a istanza di parte (Corte EDU, Villa c. Italia, 20 aprile 2010, n. 19675/06, §§ 41-43; Corte EDU, De Tommaso c. Italia, 23 febbraio 2017, n. 43395/09, §§ 118-119; Corte EDU, Monno c. Italia, 8 ottobre 2013, n. 18675/09, §§ 21-23).
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Sommario
L'art. 2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e la sentenza della Corte costituzionale
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto
Le ragioni del giudizio di compatibilità espresso dalla Corte costituzionale in riferimento all'art. 2 cod. antimafia
Il foglio di via obbligatorio e la necessità di distinguere tra le misure di prevenzione amministrativa e la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza