Confisca tributaria: il giudice ha l'obbligo di ridurre l'ammontare della misura in caso di accordo di ristrutturazione del debito
17 Gennaio 2025
Massima In tema di confisca tributaria, la sottoscrizione di un accordo, debitamente omologato, di ristrutturazione del debito, sottoscritto dal contribuente con l'Amministrazione finanziaria sotto forma di transazione fiscale ex art. 182-ter legge fall., incidendo direttamente sul quantum della somma di denaro dovuta all'Erario, costituente profitto del reato confiscabile, determina l'obbligo per il giudice dell'esecuzione di ridurre l'ammontare della misura iniziale della confisca disposta in sede di condanna divenuta irrevocabile, pena la violazione del principio di proporzionalità. Il caso Un imputato veniva condannato con sentenza irrevocabile il 12 febbraio 2021 in ordine al reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000, per aver omesso il pagamento dell'IVA per l'anno di imposta 2013, per un ammontare complessivo di euro 383.246,00; a suo carico veniva altresì disposta la confisca del profitto del reato ex art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, per il medesimo importo. Successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, il condannato presentava al locale tribunale civile istanza di omologazione della proposta di accordo di ristrutturazione del proprio debito tributario, avente a oggetto, tra l'altro, il pagamento dell'IVA non versata, con la riduzione al 15% rispetto all'ammontare originario; il Tribunale civile omologava l'accordo di ristrutturazione sottoscritto con l'Agenzia delle entrate, riducendo conseguentemente l'importo dovuto dal contribuente alla minor somma di euro 57.486,90. Il condannato proponeva quindi, a mezzo difensore, incidente di esecuzione al competente Tribunale penale, onde ottenere la riduzione della disposta confisca tributaria in conseguenza dell'omologato accordo di ristrutturazione del debito tributario sottoscritto con l'Amministrazione finanziaria ed incidente sull'entità dello stesso. Il giudice dell'esecuzione respingeva l'istanza ritenendo irrilevante l'intervenuta transazione fiscale in quanto non assimilabile al pagamento del debito erariale, unica condotta considerata dal decidente idonea ai fini della chiesta riduzione della misura della confisca del profitto del reato tributario su cui era intervenuta condanna definitiva. Proponeva infine ricorso per cassazione il difensore del condannato che, con unico motivo, denunciava la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione dell'ordinanza di rigetto, nella parte in cui si affermava che soltanto l'integrale pagamento del debito tributario – e non anche la transazione fiscale – può condurre alla non operatività della misura ablatoria. La questione La Suprema corte con la decisione in commento affronta la questione se l'accordo intervenuto tra contribuente e Amministrazione fiscale sotto forma di transazione fiscale ex art. 182-ter legge fall., debitamente omologato, sia idoneo ad incidere in melius sulla confisca del profitto del reato tributario disposta in sede di condanna, ai sensi dell'art. 12-bis del d.lgs. n. 74/2000, ai sensi del quale: «Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto». Trattandosi di confisca obbligatoria, ci si chiede cosa accade quando il debito erariale, per effetto del suddetto accordo di ristrutturazione, abbia subito una diminuzione quantitativa, incidendo, quindi, anche sul profitto del reato ma la sentenza penale sia divenuta, frattanto, irrevocabile. Le soluzioni giuridiche La decisione in commento, accogliendo il ricorso del condannato, ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto del giudice dell'esecuzione, nell'assunto che – in questo caso – si verte in un'ipotesi non già di mera rateizzazione del debito, bensì di ristrutturazione dello stesso, sicché quel giudice avrebbe dovuto tenere in debito conto quell'accordo di ristrutturazione del debito medio tempore intervenuto tra il debitore e il Fisco per effetto del quale è stato altresì ridotto, su base transattiva, l'importo dovuto dal primo per l'IVA non versata e, quindi, è corrispondentemente diminuito anche il profitto del reato tributario commesso dal ricorrente medesimo. La Cassazione premette che il raggiungimento di un accordo con l'Amministrazione finanziaria è produttivo di effetti non solo in ambito amministrativo-tributario ma può incidere anche in sede penale, dovendosi verificare, in determinati casi, la sua incidenza nella determinazione dell'imposta evasa e, quindi, la sua incidenza sul quantum del profitto del reato confiscabile, in via diretta o per equivalente, ai sensi dell'art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000 (vedi già Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 2016, n. 4097; Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887; Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2014, n. 6635). Se il presupposto per la riduzione della (misura iniziale della) confisca tributaria va individuato esclusivamente nella riduzione del debito tributario conseguente all'omesso versamento dell'imposta dovuta, tra i casi in cui l'accordo tra contribuente e Fisco diviene suscettibile di riflettersi in sede penale vi rientra senz'altro l'istituto della transazione fiscale ex art. 182-ter legge fallimentare con cui il debito tributario è oggetto di un accordo di ristrutturazione del debito mediante il quale viene consensualmente ridotto sulla base transattiva il quantum dovuto all'Amministrazione finanziaria (nella specie, per l'IVA non versata). Detto accordo – è questo l'importante distinguo enunciato nella sentenza in disamina – non può essere assimilato a un mero piano di ammortamento, stante la diversità di contenuto ed effetti. Mediante l'accordo di rateizzazione, infatti, il debitore concorda col creditore solamente le modalità di pagamento del proprio debito, il quale non viene estinto per intero in un'unica soluzione, bensì dilazionato nel tempo, sicché esso non incide sul quantum debeatur, che rimane nella misura originariamente stabilita, ma solo sul tempo dell'adempimento, donde l'inidoneità di tale accordo a determinare una riduzione della confisca del profitto del reato (così da ultimo Cass. pen., sez. III, 13 giugno 2024, n. 33154, pubblicata in questo Portale, il 29 ottobre 2024, con commento di Aldo Natalini, Confisca tributaria sempre obbligatoria anche in caso di rateazione). Diversamente l'accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis legge fallimentare ha contenuto transattivo non limitato al solo termine di adempimento, in quanto con esso il creditore effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie e dello stato di crisi in cui lo stesso si trova, che si sostanzia nella rinuncia ad alcuni diritti (in particolare alla riscossione di tutto il credito). Tale accordo, quando intervenuto con l'Amministrazione finanziaria, sotto forma di transazione fiscaleex art. 182-ter legge fallimentare, incide direttamente sull'entità del debito erariale, che subisce una modifica quantitativa, incidendo, di conseguenza in melius, anche sul profitto del reato tributario. Pertanto, la confisca tributaria – anche per equivalente – non può essere mantenuta nel suo quantum originario, pena la violazione del principio di proporzionalità. Ragionando a contrario, ossia mantenendo inalterato il quantum della confisca anche dinanzi a una novazione del debito tributario – conclude significativamente la Cassazione – verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa (Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 2016, n. 4097), che è pari all'imposta effettivamente dovuta, da determinare anche sulla base degli accordi intercorsi con l'Amministrazione che ne abbiano comportato una rideterminazione. Osservazioni La sentenza in commento è tra le prime – a quanto consta – a valorizzare l'istituto della transazione fiscale agli effetti della misura ablatoria tributaria e a metterlo in confronto quoad effectum col mero piano di ammortamento del debito che preveda il pagamento rateizzato delle pretese fiscali, il quale di contro non esclude l'obbligo, per il giudice della cognizione, di disporre la confisca del prodotto del reato tributario e per quello dell'esecuzione, di mantenerla, essendo misura sempre obbligatoria che diventa in concreto eseguibile al verificarsi dell'eventuale mancato pagamento del debito erariale (da ultimo, ancora, Cass. pen., sez. III, 13 giugno 2024, n. 33154). Finora, nei casi di ammissione del debitore alla sola rateizzazione del debito tributario la giurisprudenza di legittimità – con orientamento consolidato – ha costantemente affermato che la mera ammissione a un piano di rateizzazione è insufficiente a legittimare una richiesta di revoca o riduzione della confisca, essendo necessario un quid pluris, costituito dal pagamento (integrale o parziale) del debito tributario (Cass. pen., sez. III, 24 aprile 2015, n. 33602). Ciò perché la ratio delle norme che prevedono la confisca per equivalente del profitto dei reati tributari impone di ritenere che solo l'adempimento dell'obbligazione tributaria possa far venir meno la ragione giustificatrice della misura ablatoria, non rilevando, quindi, ai fini della revoca della misura, la mera rateizzazione del pagamento, non essendo questa un'ipotesi equiparata all'adempimento (Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887). In ogni caso, la confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuta sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, ma deve essere ridotta in misura corrispondente ai ratei via via versati per effetto della convenzione (Cass. pen., sez. III, 26 ottobre 2016, dep. 2017, n. 6054; Cass. pen., sez. III, 24 aprile 2015, n. 33602; Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887). |