I pignoramenti eseguiti con unico atto nei confronti di più terzi sono autonomi e indipendenti
27 Gennaio 2025
Massima Il pignoramento di crediti eseguito con un unico atto presso più terzi realizza un concorso di plurimi pignoramenti, unitariamente trattati ma con effetti autonomi e indipendenti, sicché ciascun terzo pignorato è obbligato alla custodia delle somme da lui dovute al debitore nei limiti dell'importo precettato aumentato della metà – o nei diversi limiti stabiliti dall'art. 546, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 25, comma 1, lett. a), d.l. n. 19/2024, convertito, con modificazioni, in l. n. 56/2024 – fatta salva la eventuale adozione, da parte del giudice dell'esecuzione e su istanza del debitore, dei provvedimenti previsti dall'art. 546, comma 2, c.p.c. Il caso Una società, intimato vanamente il pagamento di quanto dovuto alla propria debitrice, promuoveva ai danni della stessa pignoramento ex art. 543 c.p.c. nei confronti di due distinti terzi, che rendevano entrambi dichiarazione positiva fino alla concorrenza della somma per cui era stato eseguito il pignoramento (pari all'importo del credito azionato esecutivamente aumentato della metà, giusta quanto stabilito dall'art. 546, comma 1, c.p.c.). Una volta emessa ordinanza ex art. 553 c.p.c. (con cui i crediti pignorati erano stati assegnati alla creditrice procedente e ad altra intervenuta), l'esecutata la impugnava mediante opposizione agli atti esecutivi, contestando che, per effetto del provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione, erano stati assegnati crediti di importo complessivamente doppio rispetto a quello per il quale era stato eseguito il pignoramento. Ciò, secondo l'esecutata, comportava violazione dell'art. 546 c.p.c. che, nello stabilire gli obblighi di custodia che gravano sul terzo una volta notificatogli l'atto di pignoramento, fissa, allo stesso tempo, il limite oggettivo del pignoramento medesimo. Il Tribunale di Milano, tuttavia, rigettava l'opposizione, con sentenza che veniva gravata con ricorso per Cassazione. La questione La Corte di cassazione è stata chiamata a stabilire quali siano i crediti suscettibili di essere assegnati all'esito dell'espropriazione mobiliare presso terzi, quando il pignoramento sia diretto nei confronti di più terzi e il loro ammontare complessivo superi il limite fissato dall'art. 546 c.p.c. Le soluzioni giuridiche Con l'ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che quando il creditore, con un unico atto, assoggetta a pignoramento i crediti vantati dal proprio debitore nei confronti di più terzi, si determina una coesistenza di una pluralità di pignoramenti che restano autonomi e indipendenti, sicché il vincolo di indisponibilità sancito dall'art. 546, comma 1, c.p.c. va riferito a ciascun credito staggito presso ogni singolo terzo destinatario del pignoramento e, pur sempre entro tale limite, l'assegnazione può avere per oggetto tutte le somme delle quali i terzi si sono dichiarati debitori, nella misura in cui risultino necessarie per soddisfare il creditore procedente e quelli che siano eventualmente intervenuti. Osservazioni Nell'espropriazione mobiliare presso terzi l'azione esecutiva si concentra su beni che non sono nella diretta e immediata disponibilità del debitore, bensì di un terzo, vuoi perché si tratta di una cosa di cui questi ha la detenzione o il possesso, vuoi perché si tratta di un credito che l'esecutato vanta nei suoi confronti e che, nel momento in cui viene notificato l'atto di pignoramento, non è ancora stato riscosso. Così, quando il terzo pignorato riceve la notifica dell'atto di pignoramento, scattano a suo carico gli obblighi di custodia che hanno per oggetto le cose del debitore che si trovino in suo possesso o le somme a lui dovute, nei limiti stabiliti dall'art. 546 c.p.c. Sotto questo profilo, la norma è stata oggetto di un recente intervento riformatore, dal momento che, per effetto dell'art. 25, comma 1, lett. a), d.l. n. 19/2024, convertito, con modificazioni, in l. n. 56/2024, il limite di efficacia del pignoramento varia in funzione dell'entità del credito per cui si procede: quando questo è inferiore a € 1.100,00, il vincolo si estende fino all'importo del credito precettato aumentato di € 1.000,00, ovvero di € 1.600,00 per i crediti da € 1.100,01 fino a € 3.200,00; quando, invece, il credito è superiore a € 3.200,00, il pignoramento si estende fino all'importo del credito precettato aumentato della metà (ossia fino a quello che, prima della riforma, rappresentava il limite di carattere generale, valevole indipendentemente dall'entità del credito per la soddisfazione del quale era stata intrapresa l'esecuzione). La ragione della modifica risiede nel fatto che, essendo la norma diretta ad assicurare un soddisfacimento quanto più possibile completo per il creditore, tenuto conto delle spese che vanno sostenute per promuovere e coltivare l'azione esecutiva e della possibilità che intervengano altri creditori del comune debitore, l'aumento della metà, a fronte di crediti di modesto importo, comportava di fatto la frustrazione della finalità avuta di mira dal legislatore, che è dunque intervenuto per porre rimedio a tale inconveniente, consentendo, nel contempo, di assicurare una maggiore chiarezza operativa per i terzi nell'individuare entro quali limiti vincolare le cose o le somme in loro possesso a beneficio della procedura esecutiva. Questa essendo la ratio sottesa alla regola dettata dall'art. 546 c.p.c., si apprezza il principio affermato con l'ordinanza che si annota, che ha riguardato una fattispecie in cui il creditore procedente e quello intervenuto si erano visti assegnare entrambi i crediti pignorati, l'ammontare complessivo dei quali, per effetto dell'aumento stabilito dall'art. 546, comma 1 c.p.c., era risultato pari al doppio del limite ivi previsto. La debitrice esecutata, con l'opposizione proposta ai sensi dell'art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di assegnazione, si era lamentata proprio di questo, ma il Tribunale di Milano prima e la Corte di cassazione poi hanno disatteso la doglianza, reputandola infondata. Quando, infatti, il creditore intraprende l'esecuzione nei confronti di più terzi, si è in presenza di una pluralità di pignoramenti che vengono trattati in un simultaneus processus, in conseguenza e per effetto della nuova regola dettata in materia di competenza dall'art. 26-bis, comma 2, c.p.c., che la radica – fatta eccezione per il caso in cui il debitore sia una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5, c.p.c. – in capo al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Si tratta, in altre parole, di distinti pignoramenti, connotati da identità di creditore, debitore e credito azionato, ma da diversità di terzo e, quindi, di bene o credito assoggettato a espropriazione forzata. Ciò, del resto, non deve sorprendere, per un triplice ordine di ragioni:
Secondo i giudici di legittimità, pertanto, ogni pignoramento indirizzato nei confronti di ciascun terzo sortisce effetti indipendenti dagli altri e ogni terzo pignorato assume, in via autonoma e senza alcuna interferenza rispetto agli altri, gli obblighi di custodia nei termini stabiliti dall'art. 546 c.p.c. D'altra parte, il debitore non resta sfornito di tutela. Infatti, ferma restando la regola generale dettata dall'art. 496 c.p.c. (che consente al debitore di chiedere la riduzione del pignoramento quando il valore dei beni pignorati risulti eccedente rispetto a quanto necessario per soddisfare i creditori), l'art. 546, comma 2, c.p.c. ne prevede una specifica proprio quando il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, stabilendo che il giudice dell'esecuzione, su istanza del debitore e sentite le parti, può disporre la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti o dichiarare l'inefficacia di taluno di essi. In questo modo, viene contemperata l'esigenza del creditore di realizzare integralmente o nella maggiore misura possibile la propria pretesa, con quella del debitore di non subire in maniera sproporzionata il vincolo di indisponibilità dei propri crediti. Ciò significa, nel contempo, che, in difetto di una tale iniziativa da parte del debitore e di un corrispondente provvedimento da parte del giudice diretto a delimitare il contenuto e la misura dell'obbligo di custodia dei terzi, il vincolo d'indisponibilità rimane correlato, per ognuno dei destinatari del pignoramento, al limite fissato dall'art. 546, comma 1, c.p.c., sicché anche la successiva assegnazione potrà essere disposta, con riguardo a ciascuno dei crediti assoggettati a pignoramento in forza dell'unico atto, fino alla concorrenza del medesimo importo. In definitiva, alla luce del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, si possono prefigurare tre scenari:
|