La Cassazione torna sul malfunzionamento di APP
03 Febbraio 2025
Massima Non è abnorme il provvedimento con il quale il Gip ha dichiarato inammissibile la richiesta di archiviazione cumulativa relativa a procedimenti a carico di ignoti seriali ex art. 107-bis disp. att. c.p.p., presentata dal pubblico ministero in forma analogica (cioè cartacea) e non in forma informatica tramite l'applicativo del Ministero della Giustizia APP. Il caso Il Procuratore della Repubblica dell'Aquila, accertando ai sensi dell'art. 175-bis c.p.p. il malfunzionamento dell'applicativo informatico APP, disponeva la trasmissione al Gip della richiesta cumulativa di archiviazione relativa a procedimenti a carico di ignoti seriali in forma analogica (cioè cartacea). Il Gip, prendendo atto del mancato impiego della modalità informatica, disponeva la restituzione degli atti alla Procura della Repubblica. Il Procuratore della Repubblica dell'Aquila proponeva ricorso per cassazione, denunciando l'abnormità dell'atto di restituzione. La questione È abnorme il provvedimento con il quale il Gip ha dichiarato inammissibile la richiesta di archiviazione relativa a procedimenti a carico di ignoti seriali presentata dal pubblico ministero in forma analogica (cioè, cartacea) e non in forma informatica tramite l'applicativo APP? Le soluzioni giuridiche La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore della Repubblica, escludendo che il provvedimento impugnato fosse affetto dalla denunciata abnormità. La Corte ha premesso che, nonostante la sua generale rilevanza in relazione al delicatissimo momento di transizione dal processo cartaceo a quello telematico, il tema del funzionamento/mancato funzionamento/malfunzionamento del sistema informatico è assolutamente estraneo all'effettivo thema decidendum, che, invece, riguarda il diverso profilo dell'impugnabilità del provvedimento oggetto di censura da parte del pubblico ministero ricorrendo alla categoria dell'abnormità. Tale provvedimento del Procuratore della Repubblica con cui veniva accertato il "malfunzionamento", pur avendo effetti nella gestione degli affari giudiziari, presenta natura di "atto amministrativo", avente funzioni organizzative per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria. La sua sindacabilità, pertanto, compete agli organi della giustizia amministrativa. Tanto premesso, è stato osservato che il ricorso avverso un provvedimento per cui non sia previsto dalla legge processuale alcun mezzo di gravame può essere dichiarato ammissibile solo in quanto si ritenga l'atto affetto da abnormità, poiché in tal caso il ricorso per cassazione costituirebbe l'unico rimedio. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, è abnorme l'atto affetto da vizio che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. Sulla scorta di una progressiva elaborazione giurisprudenziale, è stato precisato che l'abnormità dell'atto può riguardare sia il profilo strutturale, allorché l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (sez. un., 10 dicembre 1997, n. 17, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603; sez. un., 24 novembre 1999, n. 26, dep. 2000, Magnani, Rv. 215094; sez. un., 22 novembre 2000, n. 33, Boniotti, Rv. 217244; sez. un., 20 dicembre 2007, n. 5307, dep. 2008, Battistella; cfr., anche la già citata sez. un., 26 marzo 2009, n. 25957, Toni). Non può invocarsi la categoria dell'abnormità, invece, per giustificare la ricorribilità per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (sez. un., 22 novembre 2000, n. 33, Boniotti), perché ciò si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall'art. 568, comma 1, c.p. Nella specie, il provvedimento con il quale il Gip ha dichiarato inammissibile la richiesta di archiviazione presentata in forma analogica, restituendo gli atti al Procuratore della Repubblica, non è affetto da abnormità. Sotto il profilo strutturale, infatti, non può, in primo luogo, ritenersi che tale provvedimento, di natura interlocutoria e privo di delibazione sul merito della richiesta, poiché incentrato sulla verifica del rispetto delle forme per la sua proposizione - sia completamente avulso dal sistema processuale, essendo previsto da diverse disposizioni, anche nel segmento procedimentale che origina nella richiesta di archiviazione (ad es., artt. 410 e 411 c.p.p). Né l'abnormità strutturale può derivare dalla circostanza che il nostro sistema processuale non preveda espressamente, nel caso di specie, la sanzione della "inammissibilità" ravvisata dal Gip. Infine, pur volendo prescindere dalla considerazione per cui, nella specie, il malfunzionamento attestato ha avuto solo carattere temporaneo (cfr. provvedimento del Procuratore della Repubblica), la decisione impugnata non ha determinato una stasi insuperabile del procedimento, in quanto la restituzione degli atti non esclude il rinnovo della richiesta di archiviazione, così dandosi nuovo impulso alle attività processuali. Osservazioni L'art. 11, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 150/2022, c.d. riforma Cartabia, ha introdotto il nuovo art. 175-bis c.p.p., il quale disciplina i casi di malfunzionamento dei sistemi informatici, distinguendoli in due categorie. I primi due commi di tale norma, infatti, regolano il caso di malfunzionamento “certificato” dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia. Tale ipotesi di disservizio o di interruzione del servizio: - è “certificata” dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia; - è poi “attestata” sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia; - ed, infine, è “comunicata” dal dirigente dell'ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Con le medesime modalità è certificato, attestato e comunicato il ripristino del corretto funzionamento dei sistemi. Le certificazioni, attestazioni e comunicazioni illustrate contengono l'indicazione della data dell'inizio e della fine del malfunzionamento, “registrate”, in relazione a ciascun settore interessato, dal direttore generale per i servizi informativi del Ministero della giustizia. Il comma 4 dello stesso art. 175-bis c.p.p., invece, regola il malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia “non certificato” dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Tale disservizio deve essere “accertato” e “attestato” dal dirigente dell'ufficio giudiziario interessato, che deve comunicare la data di inizio e quella della fine del malfunzionamento ai soggetti interessati con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità. In entrambe le ipotesi, la soluzione alternativa alle modalità telematiche per il tempestivo svolgimento delle attività processuali è individuata dall'art. 175-bis, comma 3, c.p.p. nella redazione, a decorrere dall'inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, degli atti e documenti in forma di documento analogico e nel loro deposito con modalità non telematiche. Degli atti redatti in forma analogica e depositati con modalità non telematiche, peraltro, è assicurata la conversione in formato digitale, essendo quindi garantita la completezza e la continuità del fascicolo informatico nonostante il malfunzionamento. Ai sensi dell'art. 110, comma 4, c.p.p., difatti, “gli atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell'ufficio che li ha formati o ricevuti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici”. Inoltre, l'art. 175-bis, comma 3, c.p.p. richiama espressamente l'art. 111-ter, comma 4, c.p.p. e, dunque, il principio secondo cui “le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e dei documenti processuali, redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all'originale”. Pertanto, è assicurata la piena equivalenza all'originale della copia informatica dell'atto analogico, pur se priva di attestazione di conformità. È comunque indispensabile, in ogni caso, che vengano registrati e attestati tanto la data di inizio, quanto quella della fine del malfunzionamento, perché solo in questo lasso temporale è ammissibile il ricorso alle modalità analogiche per la redazione ed il deposito dell'atto. Va segnalato che, come si è visto, in relazione ad entrambe le ipotesi è previsto un onere di comunicazione da parte del dirigente dell'ufficio giudiziario, con modalità che non sono state definite in concreto, ma che debbono essere idonee ad assicurare la tempestiva conoscibilità (e non conoscenza effettiva) da parte dei soggetti interessati (nella seconda ipotesi, il dirigente dell'ufficio deve anche accertare il malfunzionamento e non solo comunicarlo, con mezzi idonei, agli interessati). A decorrere dal 14 gennaio 2024, in ragione di quanto disposto dall'art. 3 del decreto ministeriale 29 dicembre 2023, n. 217, che ha dato esecuzione al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito con modificazione dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, il deposito di atti, documenti, richieste e memorie per i procedimenti in tema di archiviazione ha luogo con modalità telematiche ai sensi dell'art. 111-bis c.p.p., norma che fa salvo quanto previsto dall'art. 175-bis c.p.p. in caso di malfunzionamento dei servizi informatici. Si tratta del decreto ministeriale che ha dato attuazione all'art. 87, comma 3, del d.lgs. n. 150/2022, cosiddetta riforma Cartabia. L'art. 87, comma 3, di tale decreto legislativo prevede che con decreto del Ministro della giustizia da adottarsi entro il 31 dicembre 2023 sono individuati gli uffici giudiziari per cui possono essere adottate modalità non telematiche di deposito e soprattutto prevede che sono determinati i termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione degli atti informatici. Il decreto ministeriale n. 217 è stato emesso il 29 dicembre del 2023. Tale decreto ministeriale - efficace a decorrere dal 14 gennaio 2024 - ha previsto all'art. 3 l'obbligatorietà del ricorso al deposito telematico attraverso l'applicativo APP per quanto riguarda i procedimenti di archiviazione. Il deposito telematico, dunque, è obbligatorio per i procedimenti in tema di archiviazione, salvo la disciplina dei malfunzionamenti informatici. Il 30 dicembre 2024 è stato pubblicato il decreto del Ministero della Giustizia 27 dicembre 2024, n. 206. Si tratta del Regolamento concernente modifiche al decreto 29 dicembre 2023, n. 217 in materia di processo penale telematico, con il quale sono stabilite le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti e documenti, nonché la consultazione e gestione dei fascicoli informatici nel procedimento penale e nel procedimento civile. Dal 1° gennaio 2025 è in vigore l'obbligo, per i soggetti abilitati interni (Procura della Repubblica, Procura europea, Uffici Gip/Gup) del deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie inerenti all'udienza preliminare, all'applicazione della pena su richiesta delle parti, ai procedimenti per decreto, e alla sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché ai procedimenti di archiviazione di cui agli artt. 408, 409, 410, 411, 415 c.p.p. e di riapertura delle indagini di cui all'art. 414 c.p.p. In tali casi, l'obbligo vige anche nei confronti dei soggetti abilitati esterni, in virtù di quanto previsto dall'art. 3, comma 1, decreto 29 dicembre 2023, n. 217. Il Procuratore della Repubblica dell'Aquila, nel caso di specie, aveva attestato il malfunzionamento del sistema APP con riguardo alla trasmissione della richiesta di archiviazione per reati seriali che, ai sensi dell'art. 107-bis disp. att. c.p.p., deve avvenire in modo cumulativo. Il Gip dell'Aquila ha dichiarato inammissibile tale richiesta di archiviazione perché non depositata in modo telematico. La Corte di Cassazione, con un precedente indirizzo inaugurato con la sentenza, sez. II 2, 6 novembre 2024, depositata il 22 novembre 2024, n. 42873, ha affermato che è abnorme il provvedimento del Gip che, escludendo la sussistenza di un malfunzionamento del sistema informatico del Ministero della Giustizia, ha dichiarato inammissibile la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero nel procedimento contro ignoti in quanto depositata in formato cartaceo in cancelleria e non per il tramite di deposito telematico mediante l'applicativo APP. Nel caso di specie, infatti, il Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 175-bis c.p.p., aveva rilevato ed attestato un malfunzionamento dell'applicativo informatico, disponendo l'utilizzo della modalità analogica fino ad una certa data. Per tale ragione, avendo la Corte di Cassazione verificato il rispetto dell'art. 175-bis c.p.p. ha annullato senza rinvio il provvedimento del Gip, trasmettendo gli atti allo stesso Gip. Con la decisione in commento, in primo luogo, la Corte di cassazione ha affermato che il provvedimento del Procuratore della Repubblica con cui è stato accertato il temporaneo "malfunzionamento" dell'applicativo APP, pur avendo effetti nella gestione degli affari giudiziari, presenta natura di "atto amministrativo", avente funzioni organizzative per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria. La sua sindacabilità, pertanto, compete agli organi della giustizia amministrativa. In forza di una precisa ricostruzione della categoria dell'abnormità dell'atto processuale che permette il ricorso per cassazione, poi, mutando avviso rispetto al precedente orientamento, la Corte ha escluso che il provvedimento di inammissibilità del Gip, sul piano strutturale, abbia prodotto la stasi insuperabile che permette il ricorso per cassazione per abnormità. Tale stasi, invero, con riguardo ai rapporti tra giudice e pubblico ministero, si determina anche quando il processo non può proseguire, se non attraverso il compimento di un atto nullo da parte del pubblico ministero (così, in motivazione, Cass. sez. un., 16 dicembre 2021, n. 10728, dep. 2022, Fenucci). Nella specie, la decisione impugnata non ha determinato una stasi insuperabile del procedimento, in quanto la restituzione degli atti non esclude il rinnovo della richiesta di archiviazione, così dandosi nuovo impulso alle attività processuali. |