L’allontanamento di urgenza disposto dal P.M.: quali i presupposti?

Cesare Parodi
04 Febbraio 2025

La decisione in commento assume un particolare interesse in quanto si tratta di una delle prime ad occuparsi espressamente del nuovo istituto, inserito nel sistema dall'art. 11 l. n. 168/2023.

Massima

La misura precautelare dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare adottata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 384-bis, comma 2-bis c.p.p. costituisce un provvedimento di natura giudiziaria; il giudice della convalida è tenuto a compiere, in esito al contraddittorio delle parti e sulla base degli elementi acquisiti nel corso dell'udienza di convalida, una verifica sostanziale sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e sul pericolo di reiterazione di condotte che pongano in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa.

Il caso

La S.C. è stata investita da un ricorso avente ad oggetto l'ordinanza di mancata convalida da parte del G.i.p. di un provvedimento di allontanamento dall'abitazione emesso dal Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 384-bis, comma 2-bis c.p.p., nell'ambito di un procedimento per il reato di cui all'art. 572 c.p. Provvedimento adottato, in via d'urgenza, dal Pubblico Ministero, sulla base delle riprese video e del referto che attestavano la consumazione di reiterate aggressioni, con uso della violenza fisica, ai danni di un'anziana, assistita quotidianamente dall'indagata. In particolare, il G.i.p. rilevava che, considerato quanto emerso nel corso dell'interrogatorio dell'indagata, non potevano ritenersi sussistenti gli elementi idonei a giustificare l'adozione della misura e che, quantomeno sotto il profilo del dolo, non erano stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza.

Nel ricorso si ipotizza la violazione di legge, in relazione alla valutazione degli elementi strutturali della misura di cui all'art. 384-bis, comma 2-bis c.p.p. e ai poteri di valutazione del giudice in sede di convalida (art. 391, comma 4, c.p.p.) avendo il giudice per le indagini preliminari ritenuto insussistenti i gravi indizi di reato alla luce di fatti successivi costituiti essenzialmente dalle dichiarazioni rese dall'indagata. Si assume, nello specifico - tra l'altro - che la legittimità del provvedimento di allontanamento, in quanto misura precautelare, deve essere valutata attraverso lo standard probatorio proprio dell'udienza di convalida e, dunque, sulla scorta di una valutazione ex ante. Elementi che, nel caso di specie, erano costituiti dalle dichiarazioni rese dal figlio della persona offesa, nonché dai documenti video che riprendevano l'indagata mentre, intenta alle operazioni di assistenza, agiva con inusitata violenza per indurre la persona offesa alla collaborazione afferrandola per i capelli, strattonandola e cingendole le mani al collo.

La questione

Due sono, fondamentalmente, le questioni che la S.C. ha affrontato. La prima riguarda la sussistenza dell'interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di convalida della disposta misura di allontanamento di urgenza anche nel caso in cui al provvedimento non abbia fatto seguito alcuna richiesta di applicazione di misura cautelare. Sul punto, rileva la decisione che per giurisprudenza costante sussiste l'interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di convalida del fermo di indiziato di delitto, in ragione del principio generale per cui è sempre necessaria la verifica di legittimità dell'arresto e del fermo. Conseguentemente, sussiste «l'interesse del pubblico ministero a impugnare con il ricorso per cassazione la mancata convalida del provvedimento di allontanamento di urgenza dall'abitazione familiare, anche nel caso in cui non vi sia stata una coeva richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti dell'indagato, poiché il riconoscimento dell'interesse della pubblica accusa è evincibile dalla lettura dell'art. 568, comma 4, c.p.p., alla luce del parametro fissato dall'art. 111 Cost., dunque di una regula iuris che vuole che vi sia sempre una necessaria verifica giurisdizionale sulla legittimità di un provvedimento che, sia pure con effetti più limitati rispetto a quelli prodotti dall'arresto e dal fermo, incide limitandola sulla libertà personale».

Di ancora maggiore rilievo, risulta, tuttavia, la seconda questione affrontata, avente ad oggetto le caratteristiche del giudizio di convalida che il giudice è tenuto a compiere in esito al contraddittorio delle parti e sulla base degli elementi acquisiti nel corso dell'udienza di convalida.

Le soluzioni giuridiche

La decisione in oggetto assume un particolare interesse in quanto si tratta – verosimilmente – di una delle prime ad occuparsi espressamente del nuovo istituto, inserito nel sistema dall' art. 11 l. n. 168/2023. Per la S.C. si tratta di misura riconducibile al genus delle c.d. misure precautelari, in relazione alla specifica funzione di prevenzione e contrasto delle forme di violenza sulle persone offese vulnerabili e di violenza di genere o domestica.

In base al nuovo comma 2-bis dell'art. 384-bis c.p.p. «Fermo restando quanto disposto dall'articolo 384, anche fuori dei casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l'allontanamento urgente dalla  casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei delitti di cui agli articoli 387-bis, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, e 612-bis c.p. o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice».

La nuova norma trova indubbiamente la propria giustificazione alla luce della diffusione e dell'efficacia della misura già prevista dall'art. 384-bis c.p.p., per la quale il legislatore ha previsto non un obbligo, quanto una semplice facoltà di richiesta di allontanamento da parte della P.G., previa autorizzazione del P.M., per reati specificamente indicati (reati contro la famiglia, pornografia minorile e prostituzione minorile) e a fronte di una situazione di flagranza.

Per tale misura, oltre alla flagranza è necessario che sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa dal reato. Una valutazione frequentemente non semplice, rispetto alla quale di grande rilievo può derivare dalla professionalità e dalla esperienza degli operatori di P.G. intervenuti per “constatare” la flagranza, atteso che di fatto a questi ultimi è demandata la raccolta di elementi sulla base dei quali il P.M. potrà formulare una diagnosi di reiterazione e fondatamente decidere di autorizzare l'allontanamento.

La fiducia riposta dal legislatore in tale istituto ha portato ad inserire, con la l. n. 168/2023, la nuova ipotesi di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, delineando uno strumento in grado di “ovviare” alla difficoltà- nelle situazioni descritte - di ravvisare in termini inequivoci la flagranza.

Il presupposto della misura resta quello del pericolo di reiterazione di condotte reiterate tali da porre in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa, anche se, ovviamente, nel provvedimento il P.M. dovrà motivare anche in punto “urgenza”, ossia sull'impossibilità di attendere una decisione del G.i.p.

Si è così ritenuto di poter disporre tale forma di tutela a prescindere dalla flagranza (non sempre riscontrabile nelle situazioni in ambito familiare). È, inoltre, significativa l'estensione della possibilità di disporre l'allontanamento per numerosi reati, utilizzando una formula “aperta”: oltre alle ipotesi espressamente contemplate la possibilità di allontanamento è stata previste genericamente per i reati commessi con minaccia o violenza alla persona, purché sanzionati con una determinata pena edittale.

Per la Cassazione, «tale misura precautelare può, dunque, essere adottata dal pubblico ministero, in relazione ad una limitata categoria di reati prescindendo dalla sussistenza della flagranza di uno di quei delitti, diversamente dall'analoga misura di allontanamento dalla casa familiare che, invece, ricorrendo la flagranza di uno degli illeciti di cui all'art. 282-bis, comma 6, c.p.p. e previa autorizzazione del pubblico ministero, può essere adottata dalla polizia giudiziaria, misura, questa, disciplinata dal preesistente comma 1 dello stesso art. 384-bis c.p.p.».

Rileva la decisione in commento che «la giurisprudenza di legittimità si è finora occupata della diversa ipotesi dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare con riferimento ai casi in cui tale provvedimento è adottato, in via di urgenza, dalla polizia giudiziaria e, con riferimento a tale misura, è stato enunciato il principio secondo cui, in sede di convalida, il giudice deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti

l'eseguito allontanamento, valutando la legittimità dell'operato della polizia in relazione allo stato di flagranza e all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dall'art. 282-bis, comma 6, c.p.p.: con la precisazione che il giudice valuta la sussistenza del fumus commissi delicti secondo una verifica ex ante, tenendo conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria al momento dell'esecuzione del provvedimento (così, tra le diverse, Cass. pen., n. 17680/2020, P, Rv. 278965)».

Sarebbe, pertanto, « la percezione diretta, da parte della polizia giudiziaria, che un reato sia in corso a giustificare l'esercizio del potere di privazione della libertà personale o di una sua particolare declinazione, quale quella dell'allontanamento dal luogo di abitazione». In questo senso, le S.U. (Cass. pen., n. 39131/2015 Rv. 267591) hanno precisato che è illegittimo l'arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell'immediatezza del fatto, poichè, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di "quasi flagranza", la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato.

La S.C., nel caso di specie, respinge il ricorso , rilevando che, diversamente da quanto avviene per l'allontanamento da parte della P.G. « l'adozione del provvedimento di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare da parte del pubblico ministero presuppone la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati tassativamente indicati, come è evincibile dalla previsione normativa che, dopo avere richiamato, in via generale, la disposizione di cui all'art. 384 c.p.p. , sul fermo di indiziato di delitto, precisa che la misura può essere adottata nei confronti di persona gravemente indiziata di taluno dei delitti …. ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice».

Dato tale presupposto, secondo la S.C. non può essere ritenuto condivisibile il richiamo operato dal Pubblico Ministero alla giurisprudenza di legittimità che si è formata in materia di convalida dell'arresto, e, in particolare, al principio secondo cui il giudice della convalida è chiamato a verificare la legittimità dell'arresto operato dalla polizia giudiziaria mediante una valutazione ex ante,  cioè, «sulla base di un controllo delle sole circostanze che gli agenti hanno conosciuto – o avrebbero potuto conoscere usando la dovuta diligenza – dunque, di un accertamento della ragionevolezza dell'operato della polizia, in relazione allo stato di flagranza e del reato che consente il provvedimento restrittivo. E' proprio lo specifico tenore della disposizione che consente l'esercizio di tale potere di urgenza del pubblico ministero che induce a ritenere che una siffatta iniziativa possa essere adottata solo in presenza della accertata sussistenza dei  gravi indizi di colpevolezza: sicché la successiva verifica della legittimità di una misura incidente sulla libertà personale non può che essere condotta sul piano del controllo della gravità indiziaria, secondo lo schema tipico del contraddittorio (art. 111 Cost.) ».

Conseguentemente, risultando necessario un riscontro richiesto anche in ordine alla gravità indiziaria, « in sede di udienza di convalida di quella misura, gli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari devono costituire oggetto di una adeguata valutazione da parte del giudice separata rispetto a quella eseguita dal pubblico ministero: verifica che, dunque, il giudice deve esprimere al termine dell'udienza di convalida e, dunque, dopo aver sentito le giustificazioni dell'indagato» di modo che «è erroneo l'assunto secondo cui, sia pure ai limitati fini della pronuncia sulla convalida richiesta di convalida, il giudice debba utilizzare soltanto gli elementi acquisiti al momento della richiesta del pubblico ministero».

Osservazioni

Come abbiamo visto, la valutazione del P.M. deve essere sottoposta alla valutazione del G.I.P.: entro quarantotto ore dall'esecuzione del decreto cha applica la misura «il pubblico ministero richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d'urgenza è stato eseguito. Il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore». In caso contrario, il provvedimento di allontanamento d'urgenza diviene inefficace, anche se, evidentemente, il P.M. potrà inoltrare una autonoma richiesta di misura fondata su specifici e differenti presupposti.

Il legislatore – con riguardo a una misura che, sebbene differente dal fermo di indiziato di delitto disposto dal pubblico ministero, per il suo grado di incidenza sulla libertà personale richiama l'applicazione, in quanto compatibili, di tutte le disposizioni che regolano il procedimento che segue alla esecuzione del fermo – ha voluto evitare il rischio che la restrizione diretta della libertà della persona nei cui confronti la misura dell'allontanamento può essere disposta, potesse legittimare soluzioni interpretative poco garantiste, soprattutto in materia di termini di efficacia della misura precautelare.

Al riguardo, come evidenziato dalla decisione in commento «appare di determinante rilevanza la circostanza che l'art. 391, comma 4, c.p.p. , applicabile come si è visto anche alla misura dell'allontanamento disposta in via d'urgenza, preveda che contro l'ordinanza che decide sulla convalida il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione, al pari di quanto accade per il provvedimento con cui viene definita l'udienza di convalida delle principali misure precautelari».

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