Grava sul Comune l'onere di provare che l'immobile non è «sociale» e, quindi, non esente IMU
03 Aprile 2025
L'Azienda per l'edilizia residenziale di una delle province lombarde impugnava un avviso di accertamento IMU con cui il Comune rilevava un insufficiente versamento di somme a titolo di IMU e, nel ricorso, ricordava di essere un ente economico della Regione il cui scopo prevalente è la concessione in locazione di immobili di sua proprietà a favore di individui o famiglie svantaggiate, essendo, pertanto, esente dal tributo come espressamente previsto dalle disposizioni che disciplinano l'imposta in parola. Il Comune replicava facendo presente che l'esenzione invocata non poteva essere in re ipsa in quanto non tutti gli immobili appartenenti alla ricorrente sono alloggi sociali ma l'azienda in questione è anche proprietaria di immobili destinati ad abitazione principale (assoggettati ad imposta con una riduzione di euro 200,00) nonché immobili tassati secondo le regole ordinarie poiché non costituenti né alloggi sociali né abitazione principale. Richiamava, quindi, il proprio regolamento che onera il proprietario ad indicare precisamente gli immobili esenti dall'imposta, allegandone le ragioni. I giudici di primo grado convalidavano l'operato del Comune osservando che le norme di esenzione tributaria, in quanto eccezionali, devano essere interpretate restrittivamente. In sostanza, la ricorrente, possedendo anche immobili affittati a soggetti non in condizioni di bisogno, avrebbe dovuto dimostrare, per ciascuno di quelli indicati nell'avviso di accertamento impugnato, le ragioni per cui invocava l'esenzione e, cioè, che erano stati affittati a persone/famiglie disagiate. Ribaltato l'onere della prova I giudici d'appello hanno riformato la sentenza e ribaltato l'onere probatorio. La Corte lombarda ha ritenuto che l'ente locale, sia nell'accertamento che negli atti processuali, se da un lato aveva correttamente indicato gli immobili per cui non risultava versato il tributo, dall'altro non aveva spiegato le ragioni per cui l'esenzione non era dovuta. In altri termini, non era chiaro agli interpreti quali immobili per il Comune non erano di edilizia civile o popolare e/o quali inquilini non versavano o non versavano più nella situazione economica disagiata che giustifica l'esenzione tributaria. Secondo i giudici “del riesame”, la tesi del Comune - fondata sulla circostanza che il regolamento comunale impone la dimostrazione della “socialità” dell'immobile - non aveva fondamento e non solo perché proveniva da un atto a bassa efficacia normativa (come il regolamento comunale) ma perché la Corte di Cassazione (v. sentenza n.23680/2020) ha precisato che “l'esenzione dall'imposta municipale propria dei fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali (come definiti dal DM 22/04/2008 e previste dal DL. 201/2011, mod. dalla L. 147/13) non è subordinata all'onere della presentazione della dichiarazione attestante il possesso dei requisiti e contenente gli identificativi catastali degli immobili”. Pertanto, hanno dedotto i giudici territoriali in relazione al corretto riparto dell'onere probatorio:
Pertanto, non essendo stato assolto l'onere della prova in primis dal Comune, la Corte tributaria ha riformato la sentenza annullando l'avviso di accertamento opposto. |