Quando lo sport fa… male: alcune note sulla responsabilità civile dell’atleta

02 Aprile 2025

Il presente contributo analizza i presupposti per la configurazione della responsabilità civile dell’atleta, fornendo altresì specifici riferimenti alla casistica giurisprudenziale relativa ad alcune delle attività sportive più diffuse.

Premessa

Nel contesto della pratica sportiva, è frequente che si verifichino incidenti o infortuni, determinati talvolta dal rischio connaturato allo sport e talaltra da comportamenti imprudenti, negligenti o addirittura intenzionali dei soggetti coinvolti, siano costoro atleti o meno. Ciò rende rilevante la responsabilità civile, la cui funzione – come noto – è duplice:

  • da un lato, assicurare il pieno ristoro dei pregiudizi patiti (funzione riparatoria);
  • dall'altro lato, orientare gli operatori del settore al rispetto delle opportune regole di condotta (funzione di deterrenza).  

 

Svariate dunque sono le fattispecie di responsabilità civile in ambito sportivo, fattispecie che possono essere correlate anche a condotte dolose o colpose di soggetti diversi dagli atleti. A titolo meramente esemplificativo, si pensi:

  • alla responsabilità del gestore dell'impianto sportivo ex art. 2051 c.c. per i danni derivanti da una cattiva manutenzione del medesimo;
  • alla responsabilità dagli istruttori delle scuole di formazione sportiva ex art. 2048 c.c.per i danni derivanti da mancata adozione di misure di precauzione o, ancora, da omessa supervisione durante l'allenamento.

 

Ciò chiarito, nel prosieguo si tratterà della responsabilità civile per danni cagionati da e ad atleti, soffermandosi sui presupposti per la sua configurazione (v., infra, § Illecito sportivo e illecito civile, differenze e interazioni), sulle scriminanti dell'illecito (v., infra, § Il ruolo dell'attività sportiva: causa di esclusione della colpevolezza o dell'antigiuridicità? ), nonché sulla recente casistica giurisprudenziale relativa a determinati sport, ossia sci, golf, arti marziali e calcio (v., infra, § La responsabilità civile dello sportivo nelle varie discipline).

L'illecito civile in ambito sportivo: il danno cagionato da un atleta ad un altro atleta nello svolgimento dell'attività sportiva 

Come ha affermato autorevole dottrina (S. Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano 1964, p. 113), l'ingiustizia del danno costituisce una clausola generale il cui contenuto viene concretamente definito alla luce del dovere costituzionale di solidarietà. Pertanto, il giudizio di responsabilità civile, anche nell'ambito sportivo, si fonda sul delicato bilanciamento tra due diritti tutelati, ossia il diritto allo sport e il diritto alla salute e all'integrità fisica.

Diventa perciò imprescindibile analizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello civile, focalizzandosi in particolare sugli aspetti dell'attività sportiva che influenzano gli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana.

Illecito sportivo e illecito civile, differenze e interazioni 

Dal momento del tesseramento, l'atleta è soggetto anche alle norme dell'ordinamento sportivo (R. Frascaroli, Voce Sport (dir. pubbl. e priv.), in Enciclopedia del diritto, Milano 1990, 528), sicché la sua condotta può assumere rilevanza non solo come illecito civile, ma altresì come illecito sportivo.

Le due fattispecie presentano però significative differenze:

  • l'illecito sportivo deriva dalla violazione delle disposizioni di statuti o di regolamenti federali e dà luogo a responsabilità disciplinare con le relative sanzioni, quali ad esempio ammonizione o squalifica (a cura di P. Cendon, Responsabilità civile, vol. I, 1272);
  • l'illecito civile deriva dalla lesione dolosa o colposa di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall'ordinamento e dà luogo a responsabilità civile con il correlato obbligo risarcitorio.

 

Come è agevole intuire, non ogni violazione delle regole dell'ordinamento sportivo determina un danno ingiusto, ossia lesivo di interessi tutelati dall'ordinamento giuridico: perché ciò avvenga, occorre che l'atleta – che, svolgendo attività sportiva, ha accettato il rischio di subire pregiudizi alla propria salute – subisca un danno per effetto di un'altrui condotta

  • priva di un collegamento funzionale con l'attività sportiva svolta oppure
  • finalizzata proprio ad arrecargli pregiudizio (v. Cass. civ., sez. III, 10 maggio 2018, n. 11270; App. Bari 25 ottobre 2024, n. 1363; Trib. Treviso 9 novembre 2023, n. 2033 entrambe in Banca Dati di Merito, Trib. Reggio Calabria, 1° luglio 2020, n. 651 in DeJure). 

 

Nel delineato quadro di riferimento, una compiuta analisi della responsabilità civile in ambito sportivo non potrà prescindere dall'influenza che le disposizioni dell'ordinamento sportivo esplicano sul giudizio di antigiuridicità e colpevolezza della condotta tenuta dall'atleta.

Il ruolo dell'attività sportiva: causa di esclusione della colpevolezza o dell'antigiuridicità?

Il tema dell'illecito civile in ambito sportivo è senz'altro controverso, tanto che tale illecito è stato definito «in bilico tra giustificazione, imputazione e nesso di causalità» (F. Piraino, Le cause di giustificazione della responsabilità civile e la nuova legittima difesa, in Le nuove leggi civili commentate, 2020, p. 24).

Del resto, si sono storicamente delineati diversi orientamenti sulle cause che consentono di “scriminare” l'illecito in questione. Nello specifico:

  • in alcuni casi, è stata ravvisata la scriminante nell'art. 50 c.p., ossia il consenso dell'avente diritto (v. Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1997, n. 1564 e Cass. civ., 10 luglio 1968, n. 2414). Tale impostazione è stata però criticata poiché non avrebbe potuto trovare applicazione per le lesioni con postumi permanenti, dato il contrasto con l'art. 5 c.c. che vieta gli atti dispositivi del proprio corpo che cagionano appunto una diminuzione permanente dell'integrità fisica. Al riguardo, v. Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12012, nonché C. Granelli, La responsabilità civile nell'esercizio di attività sportive: l'esperienza italiana, in Resp. civ., 2012, 408 e G. Longo, Illecito sportivo, illecito civile e collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo: un'occasione sprecata, in Danno e resp, 2018, 602;
  • in altri casi, si è attribuito rilievo a un criterio «il più possibile obiettivo», ossia al collegamento funzionale tra il gioco e l'atto lesivo e ciò sul presupposto dell'ineliminabile rischio di lesioni connaturato all'attività sportiva (c.d. “rischio sportivo consentito”). Sul punto, v. Cass.  civ., sez. III, 15 febbraio 2023, n. 4707; Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2011, n. 7247; Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12012. In dottrina, v. P. Santoro, A gamba tesa su De Coubertin: dall'illecito sportivo alla responsabilità civile, in Danno e resp., 2008, 321;
  • in altri casi ancora, si è posto l'accento sulla colpevolezza dell'atleta più che sul collegamento funzionale tra danno e sport esercitato. In particolare, è stato rilevato che possono darsi due ipotesi: (i) se il danno si verifica nonostante il rispetto delle regole di gioco, la responsabilità sarebbe esclusa per l'assenza di colpa (l'evento dannoso sarebbe imprevedibile perché verificatosi a dispetto dell'osservanza delle regole del gioco); (ii) se il danno si verifica per effetto della violazione delle regole del gioco, allora occorre valutare se sussista dolo o colpa dell'atleta ai fini dell'imputazione di responsabilità (v. Cass. civ., sez. VI, 19 novembre 2021, n. 35602, nonché in dottrina G. Ponzanelli, Responsabilità civile e attività sportiva, in Danno e resp., 2009, p. 603). Peraltro, rispetto alla colpa dell'atleta vi sono state alcune precisazioni: (i) sotto il profilo soggettivo, è stato puntualizzato che la diligenza richiesta agli atleti professionisti è superiore rispetto a quella richiesta agli atleti amatoriali (v., Cass. civ., sez. VI, 19 novembre 2021, n. 35602; Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12012 e, in senso parzialmente conforme, anche Cass. civ., sez. VI, 9 febbraio 2023, n. 3959; in dottrina, P. Santoro, A gamba tesa, cit., p. 334, nt. 59); (ii) sotto il profilo oggettivo, è stato rilevato che, quantomeno negli sport di combattimento, la sola circostanza che il danno si sia prodotto in allenamento e non durante una gara non incide sul giudizio di colpevolezza, atteso che la natura stessa della disciplina praticata impone una maggior soglia del rischio consentito (v. Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2023, n. 4707, nonché App. Roma 20 marzo 2023, n. 2028 e Trib. Latina, 23 luglio 2024, n. 1603, entrambe in Banca Dati di Merito).

 

La questione è tutt'altro che definita, tant'è che, nel panorama interpretativo, continuano a registrarsi posizioni contrastanti (v., ad esempio, Cass. pen., 25 febbraio 2000, n. 2765, ove si specifica che in allenamento «l'attività sportiva richiede nel comportamento dei contendenti una maggiore prudenza e cautela per evitare non necessari pregiudizi fisici all'avversario e quindi un maggiore controllo dell'ardore agonistico e della forza e velocità dei colpi». In dottrina, M. Franzoni, La responsabilità civile nell'esercizio di attività sportive, in La responsabilità civile, 2009, 930 spiega che in allenamento «è richiesta ai partecipanti un'attenzione ed una cura superiori rispetto a quella propriamente competitiva» poiché, come precisa G. Vidiri, Lo sport del calcio è una attività pericolosa? in Corr. Giur., 2007, p. 494, «appare meno giustificabile un particolare impeto agonistico»).

La responsabilità civile dello sportivo nelle varie discipline

Tra le discipline sportive, è possibile distinguere tra:

  1. sport senza contatto fisico (e.g. lo sci o il golf);
  2. sport a violenza necessaria (e.g. arti marziali);
  3. sport a violenza eventuale (e.g. il calcio). 

 

Questa catalogazione rileva quale parametro di valutazione della responsabilità: per la configurazione della responsabilità civile in concreto, è fondamentale stabilire una soglia di tolleranza che sarà indubbiamente diversa, a seconda che si tratti di attività caratterizzate da pericolosità intrinseca o marginale.

Si analizzeranno nel prosieguo quattro differenti discipline sportive, così da fornire un'esemplificazione pratica dell'illecito civile degli atleti negli specifici ambiti: lo sci (v., infra, § La responsabilità civile dello sciatore), il golf (v., infra, § La responsabilità civile del golfista), le arti marziali (v., infra, § La responsabilità civile del lottatore) e il calcio (v., infra, § La responsabilità civile del calciatore).

La responsabilità civile dello sciatore

La responsabilità civile dello sciatore in caso di scontro con un altro sciatore deve essere valutata, tenendo in considerazione anche la disciplina di settore, ossia:

  • il d.lgs. n. 40/2021 recante le «Misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali», che ha parzialmente abrogato la previgente l. n. 363/2003 e
  • il Decreto 20 dicembre 2005 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (c.d. «Decalogo comportamentale dello sciatore»). Queste disposizioni hanno l'obiettivo di promuovere una cultura della sicurezza nelle stazioni sciistiche, prevenendo così eventuali incidenti.

 

Quanto alla disciplina civilistica, la responsabilità dello sciatore è inquadrabile nella fattispecie dell'art. 2043 c.c., sicché lo sciatore danneggiato deve dimostrare:

  • la condotta colposa o dolosa dello sciatore danneggiante, provando altresì la violazione delle regole in tema di sicurezza sulla pista;
  • il danno patito;
  • il nesso eziologico tra la condotta contestata e il menzionato pregiudizio (v. R. Campione, La circolazione nelle aree sciabili tra norme di condotta e regole di responsabilità, in La Responsabilità Civile, 1° giugno 2011, p. 406).

 

È stata esclusa l'applicazione alla responsabilità civile dello sciatore sia dell'art. 2050 c.c. sia dell'art. 2054 c.c. Invero:

  • per quanto concerne l'art. 2050 c.c., ne è stata negata l'applicazione sul presupposto che l'attività sciistica fosse normalmente innocua e tale da divenire rischiosa solo in ragione della condotta di chi la esercita (v., fra le altre, Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7916 e Cass. civ., sez. III, 30 agosto 1995, n. 9205);
  • per quanto concerne l'art. 2054 c.c., ne è stata negata l'applicazione sul presupposto che la pista non fosse assibilabile alla strada e gli sci non potessero essere considerati tra i veicoli soggetti alla disciplina del Codice della strada (v., ad esempio, Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2016, n. 21254 e Cass. civ., sez. III, 1° aprile 1980, n. 2111. In dottrina, A. Carrato, L'art. 2054 c.c. non è applicabile ai sinistri verificabili sulle piste da sci, in Corr. Giur., 2017, pp. 462 e ss.; F. Galgano, I fatti illeciti, Padova, 2008, p. 130, nt. 65).

 

Peraltro, laddove non sia possibile stabilire in quale misura ciascuno degli sciatori coinvolti abbia contribuito a determinare il danno, occorrerà distinguere:

  • se si verifica uno scontro tra sciatori che provengono da traiettorie convergenti, allora occorrerà far riferimento alla presunzione di corresponsabilità prevista dall'art. 28, d.lgs. n. 40/2021 (analogo al precedente art. 19, l. n. 363/2003) secondo cui, «nel caso di scontro tra sciatori, si presume, fino a prova contraria, che ciascuno di essi abbia concorso ugualmente a produrre gli eventuali danni» (Trib. Bolzano, 24 luglio 2020, n. 620, in DeJure);
  • se si verifica uno scontro di uno sciatore a monte con altro sciatore a valle, si presume la responsabilità dello sciatore che effettua il sorpasso, salvo che lo sciatore a valle abbia compiuto movimenti imprevedibili mentre veniva sorpassato. Ciò sia ai sensi del combinato disposto delle regole nn. 3 e 4 del Decalogo della Federazione Internazionale Sci (FIS) sia ai sensi degli artt. 19 e 20, d.lgs. n. 40/2021, disposizioni che recepiscono una presunzione di matrice consuetudinaria.

 

La responsabilità civile del golfista

Anche la responsabilità civile del golfista deve essere valutata, tenendo in considerazione la disciplina di settore: rilevanti a quest'ultimo riguardo sono le regole adottate dalla Federazione Italiana Golf, fra cui quelle stabilite dal Royal and Ancient Golf Club of St Andrews (R&A) o dalla United States Golf Association (USGA).

Quanto alla disciplina civilistica, la responsabilità del golfista è inquadrabile nella fattispecie dell'art. 2043 c.c., sicché il danneggiato dovrà provare tutti gli elementi costitutivi già menzionati con riferimento alla responsabilità dello sciatore (v., supra, § La responsabilità civile dello sciatore), ivi inclusa la condotta non conforme alle regole del gioco (e.g. il golfista, prima di tirare, avrebbe dovuto aspettare che l'altro giocatore fosse fuori dalla linea di gioco). Sul punto, v., ad esempio, Trib. Roma 29 gennaio 2003, in Arch. giur. circolaz., 2004, p. 186, con nota di V. SantarsiereParadossale “colpo di frusta” da pallina da golf – Responsabilità per lesioni subite da autotrasportato.

Si è negata alla pratica del golf la qualifica di attività pericolosa: tale attività può senz'altro comportare rischi soprattutto per la possibilità di colpire altre persone con la pallina; tuttavia, si tratta un'attività sportiva normalmente innocua” che diventa pericolosa solo per la condotta impropria di chi la esercita, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2050 c.c. (v., fra le altre, Trib. Ivrea 14 maggio 2010, n. 291).

La responsabilità civile del lottatore

La pratica delle arti marziali prevede un contatto fisico intenso e potenzialmente pericoloso che comporta inevitabilmente un rischio di infortuni; di qui, derivano necessarie implicazioni sul giudizio di responsabilità.

In tale pratica, il contatto e la violenza sono istituzionalizzati, sicché lo sport è considerato attività pericolosa consentita (R. Frau, La r.c. sportiva, in P. Cendon (a cura di), La responsabilità civile, Torino, 1998, p. 305). Pur in presenza di eventi dannosi prevedibili, l'ordinamento autorizza l'attività sportiva sulla base di un preventivo giudizio di "adeguatezza sociale" che fa venir meno l'antigiuridicità del fatto (v. Cass. civ., sez. III, 10 maggio 2018, n. 11270).

In materia di attività lecite pericolose, assume particolare rilievo il criterio del “rischio sportivo consentito” che funge da parametro di giudizio per la determinazione della condotta lesiva. Il metro di valutazione della sussistenza o meno dell'illecito si baserà sulla normale diligenza tenuta dallo sportivo medio che agirà nel rispetto del regolamento e dei principi di lealtà e prudenza.

Pertanto, il lottatore dovrà rispondere ex art. 2043 c.c. soltanto dei danni che derivano da condotte colpose o dolose che, in relazione allo specifico contesto, sono caratterizzate da una violenza sproporzionata rispetto alla pratica esercitata e all'ardore agonistico. Laddove tale sproporzione non sussista, a fronte della violazione della regola del gioco, potrà al più essere configurabile un illecito sportivo (v. Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2023, n. 4707; Trib. Roma 20 settembre 2020, n. 12921, in Banca Dati di Merito, nonché in dottrina F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2003, p. 89; V. Frattarolo, La responsabilità civile per le attività sportive, Milano, 1984, p. 35).

La responsabilità civile del calciatore

La responsabilità civile del calciatore – da valutarsi, al pari di quanto avviene per gli altri sport, anche alla luce della disciplina di settore (v., ad esempio, le Laws of the Game dell'International Football Association Board (IFAB) e il Regolamento del Giuoco del calcio della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC)) –  è caratterizzata da una peculiarità, strettamente legata alla connotazione del calcio quale sport a violenza eventuale: il grado di colpa del giocatore viene valutato con maggiore indulgenza; dunque, ai fini della configurazione della responsabilità ex art. 2043 c.c., occorre che la condotta contestata, in alternativa, (i) sia realizzata al solo scopo di ledere l'avversario o (ii) non sia legata da un collegamento funzionale e proporzionato con lo sport praticato (v., fra le altre, Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12012).

La portata applicativa di questo principio di diritto può essere meglio definita, alla luce della casistica affrontata dalla giurisprudenza di merito. In particolare:

  • è stata affermata la responsabilità ex art. 2043 c.c. del calciatore che, a cinque minuti dal termine della partita con la propria squadra in svantaggio, aveva commesso un c.d. fallo di frustrazione, colpendo con un calcio la tibia dell'avversario senza nemmeno sfiorare il pallone (App. Bologna 20 marzo 2022, n. 763, in Banca Dati di Merito);
  • è stata affermata la responsabilità ex art. 2043 c.c. del calciatore che, per svincolarsi dalla marcatura, aveva dato sferrato una «gomitata all'altezza del collo» dell'avversario. Ciò, sul presupposto che la condotta fosse non solo contraria alla regola sportiva, ma anche alla «generica cautela che impone di astenersi, anche a livello agonistico, da ogni comportamento che ponga in serio pericolo l'incolumità fisica altrui» (App. Trento, sez. dis., Bolzano 20 settembre 2023, n. 113, in Banca Dati di Merito);
  • è stata esclusa la responsabilità ex art. 2043 c.c. del calciatore che, nel tentativo di colpire il pallone in rovesciata, si era scontrato con l'avversario che aveva riportato una lesione cadendo. Ciò, sul presupposto che la condotta non fosse eccessiva, tenuto conto del fatto che il danneggiato si trovava alle spalle del calciatore e dunque al di fuori del suo campo visivo (Trib. Napoli Nord 18 agosto 2023, n. 3564, in Banca Dati di Merito);
  • è stata esclusa la responsabilità ex art. 2043 c.c. del portiere che, «intervenendo in uscita, aveva colpito con il piede destro, all'altezza del bacino» l'avversario, poiché l'evento di danno era «da ascrivere ad una normale azione di gioco» e i partecipanti alla partita avevano tutti la medesima età e, di conseguenza, la stessa struttura fisica (Trib. Nola 7 febbraio 2017, n. 306, in Banca Dati di Merito).

In conclusione

In conclusione, la responsabilità civile dell’atleta è un tema complesso che non ha trovato una soluzione univoca nel panorama giurisprudenziale.

A fronte delle peculiarità dell’attività sportiva, si considera responsabile lo sportivo quando abbia arrecato pregiudizi mediante una condotta che – per finalità o per connotazione – non è coerente rispetto alla disciplina praticata ed esula dal rischio consentito.  

Dato questo criterio generale, resta imprescindibile valutare la fattispecie concreta, con particolare riferimento:

  •  alle regole dettate per la disciplina praticata e
  • al contesto in cui i danni si sono prodotti.

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