TUN: diritto alla salute, costituzione e legittimità dei tetti risarcitori

03 Aprile 2025

Il Regolamento attuativo dell'art. 138 cod. ass. (d.P.R. n. 12/2025) - recante la tabella unica per la liquidazione del danno non patrimoniale per le lesioni di non lieve entità (c.d. «macropermanenti») nell'ambito della circolazione stradale (sinistri causati da veicoli soggetti all'obbligo di assicurazione) e nel contesto sanitario e socio-sanitario (sinistri conseguenti a medical malpractice) - ha fissato dei «tetti» al quantum risarcitorio del danno biologico e del danno morale.

La questione che sarà affrontata nel Focus è la seguente: è in contrasto con i principi costituzionali la fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona?

La giurisprudenza costituzionale sul diritto alla salute, il bilanciamento con il dovere di solidarietà e con altri valori costituzionali e/o di interesse generale

Ripercorrendo le tappe più significative della giurisprudenza costituzionale sul tema che qui ci occupa, va rilevato che la Consulta è salda nel rimarcare il necessario contemperamento dei diritti fondamentali e costituzionalmente tutelati, qual è il diritto alla salute, con i coesistenti «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» sanciti dall'art. 2 Cost. (quanto al principio di solidarietà sociale, come sottolineato in tema di volontariato da Corte Cost., 28 febbraio 1992, n. 75, «si tratta di un principio che, comportando l'originaria connotazione dell'uomo uti socius, è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell'uomo, dall'art. 2 della Carta costituzionale come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente»).

In questa prospettiva, è consentito al legislatore - chiamato a bilanciare la tutela della salute, «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» (art. 32 Cost.), con altri basilari valori costituzionali e interessi di carattere generale - introdurre un limite al risarcimento del danno alla persona nel rispetto del principio di ragionevolezza.

A metà degli anni '80 del secolo scorso, la Consulta si è pronunciata sulla legittimità costituzionale - in relazione agli artt. 2, 3 e 32 Cost. - dell'art. 1, l. n. 841/1932 e dell'art. 2, l.  n. 1832/1962, nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22, comma 1 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del Protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955, che fissa, in caso di responsabilità per colpa del vettore aereo, il limite massimo, per il risarcimento spettante alla persona, di 250.000 franchi-oro Poincarè.

Le norme de quibus sono state dichiarate illegittime, per violazione dell'art. 2 Cost., fissando tale limite senza garantire la certezza del risarcimento per il danneggiato, né prevedere un qualche meccanismo di adeguamento del limite anzidetto.

La Corte ha affermato che l'esame di costituzionalità degli articoli sopraindicati, «sotto il profilo della giustificabilità del limite al risarcimento del danno da parte del vettore aereo, deve essere condotto in modo da contemperare sia l'esigenza del risarcimento integrale, sia la salvaguardia dell'iniziativa economica» (Corte Cost., 6 maggio 1985, n. 132, in Foro Amm. 1985, fasc. 10;  Foro it. 1985, I, 1585; Giur. it. 1986, I,1, 340).

I principi espressi dalla sentenza Corte Cost., 6 maggio 1985, n. 132 sono stati rievocati dalla Consulta allorché è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3, 28, 42  e 97 Cost. - dell'art. 5 bis, comma 6, d.l. n. 333/1992, conv. in l. n. 359/1992, come sostituito dall'art. 1, comma 65, l. n. 549/1995.

La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della suddetta norma nella parte in cui applica al risarcimento del danno da occupazione appropriativa i criteri di determinazione stabiliti per il prezzo e l'entità dell'indennizzo in caso di espropriazione per pubblica utilità.

Si legge in sentenza: «la regola generale di integralità della riparazione ed equivalenza al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha - come del resto, evidenziato nella sentenza Corte Cost., 6 maggio 1985, n. 132 [punto 4.3. della motivazione] - copertura costituzionale. Ed in realtà - in casi eccezionali (di cui non mancano in dottrina tentativi di ricognizione sistematica) - il legislatore può pure ritenere equa e conveniente una limitazione del risarcimento del danno. Tale limitazione può attuarsi sia nel campo della responsabilità contrattuale (v. ad esempio, artt. 1784, 1786 cod. civ.; 275, 412, 423 cod. navig.), sia in materia di responsabilità extracontrattuale in considerazione delle particolari condizioni dell'autore del danno» (Corte Cost., 2 novembre 1996, n. 369, in Fisco 1996, 10445; Foro Amm. 1996, 3154, nota di Caputo O. M., Occupazione acquisitiva non oltre la minima entità del risarcimento).

Si giunge, quindi, alla sentenza del 2014 sul limite al risarcimento del danno alla persona ex art. 139 cod. ass. (d.lgs. n. 209/2005).

Alla Consulta è stata rimessa la questione della legittimità costituzionale di questa norma - in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32, 76, 117, comma 1, Cost. (i giudici rimettenti hanno evocato anche gli artt. 2, 3, 6 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, l'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, l'art. 6 del trattato dell'Unione europea e gli artt. 1 e 3, comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - censurata nella parte in cui, prevedendo un risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità (c.d. «micropermanenti»), derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, basato su rigidi parametri fissati da tabelle ministeriali, non permetterebbe di giungere a un'adeguata «personalizzazione» dell'importo risarcitorio (in virtù dell'art. 139, comma 3 cod. ass., è possibile per il giudice aumentare fino a un quinto l'importo liquidabile in relazione alle condizioni soggettive del danneggiato), consentendo la fissazione di un limite al ristoro del danno alla persona senza un adeguato contemperamento degli interessi in gioco.

La Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzione del predetto articolo, osservando, in particolare, che Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972 ha «puntualizzato come il bilanciamento tra i diritti inviolabili della persona ed il dovere di solidarietà (di cui, rispettivamente, al primo e secondo comma dell'art. 2 Cost.) comporti che non sia risarcibile il danno per lesione di quei diritti che non superi il "livello di tollerabilità" che "ogni persona inserita nel complesso contesto sociale [...] deve accettare in virtù del dovere di tolleranza che la convivenza impone". Al bilanciamento - che doverosamente va operato tra i valori assunti come fondamentali dalla nostra Costituzione ai fini della rispettiva, complessiva, loro tutela - non si sottraggono neppure i diritti della persona consacrati in precetti della normativa europea - ove questi vengano, come nella specie, in rilievo come parametri del giudizio di costituzionalità, per interposizione ex art. 117, primo comma, Cost. - poiché, (...), "A differenza della Corte EDU, questa Corte [...] opera una valutazione sistemica e non isolata dei valori coinvolti dalle norme di volta in volta scrutinate" (sentenza n. 264 del 2012)» (Corte Cost., 16 ottobre 2014, n. 235, in Arch. giur. circ. 2014, 12, 979; Dir. fam. 2015, 2, I, 404; Resp. civ. prev. 2014, 6, 1826, nota di Scognamiglio C., Il danno da micropermanenti: la giurisprudenza della Corte costituzionale, la funzione della responsabilità civile ed una condivisibile concretizzazione del principio di irrisarcibilità del danno non eccedente il livello della tollerabilità, e Ziviz P., Prima furon le cose, e poi i nomi; Giur. cost. 2014, 5, 3805, nota di Gagliardi M., Legittimo l'art. 139 cod. ass. per la liquidazione dei danni alla persona di lieve entità. Il valore del sistema rc auto ed il rischio di non chiarire quale sia).

Anche in questa occasione la Consulta ha ribadito i doveri solidaristici contemplati dalla Carta Costituzionale, puntualizzando: «Il controllo di costituzionalità del meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico introdotto dal censurato art. 139 cod. ass. – per il profilo del prospettato vulnus al diritto all'integralità del risarcimento del danno alla persona – va, quindi, condotto non già assumendo quel diritto come valore assoluto e intangibile, bensì verificando la ragionevolezza del suo bilanciamento con altri valori, che sia eventualmente alla base della disciplina censurata».

Si pone, a questo punto, il quesito: i principi affermati dalla Consulta nelle pronunce sopra menzionate valgono anche con riferimento al Regolamento che ha attuato (parzialmente, mancando ancora la tabella delle menomazioni) l'art. 138 cod. ass. (d.P.R. n. 12/2025, ponendo un «tetto» risarcitorio sia al danno biologico (possibile incremento dell'ammontare del risarcimento del danno - calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale - fino al 30% a titolo di «personalizzazione», ai sensi dell'art. 138, comma 3 cod. ass.) sia al danno morale (il valore monetario per ciascun punto di invalidità può variare, in funzione della componente sofferenziale del danno, con un incremento minimo, medio e massimo)?

Diritto alla salute, giusto risarcimento e legittimità dei «tetti» risarcitori stabiliti dalla TUN

Sulla determinazione di un limite al risarcimento del danno alla persona, parte della dottrina ha sollevato forti critiche, osservando che sia per lesioni lievi sia, a fortiori, per quelle gravi non si può bilanciare il diritto inviolabile e fondamentale alla salute con un interesse generale di natura economica, qual è quello di contenere il livello dei premi assicurativi (v. Guffanti Pesenti L.; Bona M.).

Ma, come rilevato in maniera condivisibile da Rossetti, «nessuno mai seppe, sa o mai saprà in futuro, quale sia il “giusto risarcimento” per una lesione della salute, lieve o grave che sia. (...) Pertanto pretendere che il risarcimento che piace a noi sia quello “giusto”, mentre quello inferiore eventualmente stabilito dalla legge sia “riduttivo” e quindi ingiusto, è una pura assurdità. Se manca la mensura, non possiamo individuare il mensuratum: e va da sé che di un risarcimento non si può dire né che quello più giusto è sempre quello più alto, né il contrario» (Rossetti M., Il danno alla salute, Padova, 2021, 153).

A favore dell'estensibilità dei principi enunciati dalla Consulta ai «tetti» risarcitori stabiliti dal Regolamento recante la tabella unica nazionale di cui all'art. 138, comma 1, lett. b) cod. ass. depongono diverse ragioni.

Con riferimento alla rc auto, vengono in rilievo le medesime considerazioni espresse dalla sentenza Corte Cost., 16 ottobre 2014, n. 235: «in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata - in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici, e nel quale l'interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi - la disciplina in esame, che si propone il contemperamento di tali contrapposti interessi, supera certamente il vaglio di ragionevolezza».

Per quanto attiene alla responsabilità da medical malpractice, l'interesse generale è rappresentato dalla possibilità per le strutture sanitarie e socio-sanitarie, così come per gli esercenti le professioni sanitarie, di reperire sul mercato coperture assicurative con premi meno onerosi e di «calmierare» i costi sociali nell'ipotesi di strutture in autoritenzione.

Altro interesse generale, da tenere presente in ambito sanitario, è quello al contenimento dei costi legati al fenomeno della c.d. «medicina difensiva», giunto a livelli allarmanti, con sottrazione di risorse al sistema sanitario pubblico a scapito, in ultima analisi, dei fruitori e contribuenti.

Ritornando al canone di ragionevolezza che, come si è visto, deve guidare le scelte del legislatore, non può trascurarsi che «la ragionevolezza delle leggi si misura sulla coscienza sociale di una determinata comunità», nel peculiare contesto storico in cui la norma viene introdotta nell'ordinamento (Rossetti M., Il danno alla salute, cit., 154).

Ebbene, il «magistero del Covid», riprendendo l'espressione usata dallo psicoanalista e saggista Recalcati, ha insegnato l'importanza fondamentale della solidarietà politica, economica e sociale, nonché l'esigenza di fissare un limite a una «espansione illimitata dei diritti» (v. Corte Cost., 11 febbraio 2015, n. 10: «Il compito istituzionale affidato a questa Corte richiede che la Costituzione sia garantita come un tutto unitario, in modo da assicurare "una tutela sistemica e non frazionata" (sentenza Corte Cost. n. 264 del 2012) di tutti i diritti e i principi coinvolti nella decisione. "Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette»: per questo la Corte opera normalmente un ragionevole bilanciamento dei valori coinvolti nella normativa sottoposta al suo esame, dal momento che «[l]a Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi" (sentenza Corte Cost., 9 maggio 2013, n. 85).»), come pure del «PIL della responsabilità civile» (Franzoni M.).

Tirando le fila del discorso, il risarcimento del danno alla persona deve prevedere valori monetari equi, ragionevoli, sostenibili e solidali. La tabella unica nazionale risponde a questa esigenza.

I valori monetari legali risultano: 

  • per le invalidità permanenti di grado più basso, superiori rispetto a quelli delle tabelle elaborate dalla prassi degli uffici giudiziari (Milano e Roma);
  • per le invalidità di grado più elevato, superiori rispetto a quelli delle tabelle milanesi e inferiori rispetto a quelli delle tabelle romane;
  • per le invalidità intermedie, inferiori rispetto a quelli di entrambe le tabelle «pretorie» (v. Rossetti M., Le nuove regole di liquidazione del danno alla persona nella RCA, Parte prima in Assinews 371, Febbraio 2025 - Parte seconda in Assinews, 372 - Marzo 2025)

Anche il valore monetario del primo punto di invalidità (art. 2, d.P.R. n. 12/2025) - pari a quello previsto dall'art. 139, commi 1, lettera a), ultimo periodo, e 5 cod. ass. (attualmente Euro 947,30) - appare ragionevole ed equo alla luce della relazione tecnica che accompagna il Regolamento.

Ulteriori ragioni portano a ritenere legittima la fissazione di limiti al quantum risarcitorio del danno biologico e del danno morale anche per lesioni di non lieve entità.

Come ben evidenziato da Rossetti in un primo commento al Regolamento attuativo dell'art. 138 cod. ass., «la salute non è un bene che si possa vendere e comprare a prezzo di mercato. Se la salute non ha un mercato, non ha un valore. Se non ha un valore, non può avere un prezzo. Se non può avere un prezzo, qualsiasi valutazione monetaria del danno alla salute non è che una convenzione» (Rossetti M., Le nuove regole di liquidazione, cit., in Assinews, 372 - Marzo 2025).

Sia consentito ricordare l'esperienza maturata nell'ambito dei Gruppi di studio istituiti in senso all'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano, ove la «stella polare» che ha sempre guidato i lavori è stata proprio l'individuazione di valori monetari fondati su criteri equi e certi, alla luce di precedenti giurisprudenziali autorevoli, operando un bilanciamento ragionevole tra i differenti interessi coinvolti (v. SPERA D., Responsabilità civile e danno alla persona, Giuffrè Francis Lefebvre, 2025, 413 e ss.).

In mancanza di parametri di legge e a fronte di una «Babele risarcitoria», le tabelle per il risarcimento del danno derivante da lesione del diritto alla salute (e di altri diritti costituzionalmente protetti), frutto dei suddetti lavori, hanno individuato criteri uniformi di liquidazione, ponendo limiti risarcitori anche nell'ottica della sostenibilità del sistema.

Un'ultima ragione si ricava dal principio enunciato dalla giurisprudenza costituzionale sul dovere di solidarietà valevole per tutti i consociati, e dunque, anche per i danneggiati in forza dell'art. 2 Cost.

Con specifico riguardo al contesto sanitario, viene allora da domandarsi, con Maggiolo: «non è meglio che una parte dell'importo (...) accordato per la lesione della integrità psico fisica, cioè della salute individuale, vada a beneficio della salute collettiva, e quindi al sistema sanitario, alla ricerca, alla assistenza? Tanto più che in questo modo si tutela (indirettamente, ma si tutela) anche la salute dell'individuo danneggiato?» (Maggiolo M., Un'autentica solidarietà sociale come eredità del coronavirus per una diversa destinazione del risarcimento del danno alla salute, in GiustiziaCivile.com, 2 Aprile 2020).

Pare equo, in una visione solidaristica e in una prospettiva de iure condendo, che una quota della somma da riconoscersi alla vittima di medical malpractice vada destinata al servizio sanitario nazionale, ciò che potrebbe avvenire, come indicato nel citato contributo dottrinale, mediante la costituzione di «un patrimonio destinato con un conto dedicato a fungere da collettore degli importi versati dai responsabili e dalle loro assicurazioni», ammettendo una «idea di risarcimento in natura» ex art. 2058 c.c. e, così, fornendo alle strutture sanitarie «i mezzi per migliorare i propri servizi e quindi fornire a tutti, ivi compresa la vittima dell'illecito, un'assistenza e cure più adeguate, più specializzate, più capaci di aiutare la guarigione o il miglioramento delle condizioni di vita».

In conclusione

In base alle coordinate fornite dalla Corte Costituzionale attraverso molteplici pronunce, deve concludersi per la legittimità della previsione di un limite al risarcimento del danno alla persona.

Cionondimeno, la discrezionalità del legislatore nel fissare «tetti» al risarcimento del danno biologico e del danno morale incontra, quale limite invalicabile, quello della ragionevolezza, alla quale, per l'appunto, devono essere improntate le scelte legislative.

Ciò che può ritenersi avvenuto con il Regolamento recante la tabella unica nazionale ex art. 138 cod. ass., di recente pubblicazione.

Resta l'impossibilità di definire quale sia una «giusta» quantificazione del danno non patrimoniale da lesione della salute, liquidabile solo ricorrendo a valori monetari convenzionali.

Si tratta certamente di un tema delicato: le questioni che stanno sullo sfondo, riguardanti la sostenibilità del sistema sociale e assicurativo e la legittimità dell'apposizione di un limite all'espansione illimitata della responsabilità civile e del suo «fatturato», meritano l'apertura di un dibattito che, si spera, il presente Focus contribuisca ad avviare.

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