Risarcimento danni da ingiuria e accertamenti in sede civile dell’illiceità del fatto

La Redazione
04 Aprile 2025

Durante una trasmissione televisiva, un ex calciatore disse che il giocatore Tizio era stato pagato dalla società sportiva in eccesso rispetto al suo valore provocando la reazione del presidente della società che lo accusò di dire cose false pubblicamente con espressioni che l’ex calciatore ritenne offensive, dunque sporse querela. Il giudizio penale si concluse con una sentenza passata in giudicato (fatto qualificato come ingiuria, imputato assolto per depenalizzazione). Ne seguì una causa civile.

«In tema di azione di risarcimento danni da ingiuria, la sentenza di assoluzione “perché il fatto non costituisce più reato” pronunciata in appello a seguito dell'abrogazione della norma incriminatrice ex d.lgs. n. 7 del 2016, non ha per effetto la completa eliminazione dell'illiceità del fatto, la quale va, pertanto, accertata dal giudice civile con pienezza di cognizione e sulla base di un'adeguata valutazione, quantomeno indiziaria, delle acquisizioni fattuali e probatorie già compiute innanzi al giudice del dibattimento penale, onde evitare un'indebita dispersione delle stesse» (Cass. 34621/2023).

Nel caso di specie la Cassazione dà continuità al principio perché se un fatto non è più rilevante penalmente, occorre comunque valutare se possa esserlo dal punto di vista della responsabilità civile: «il giudice civile ha il potere di una autonoma e distinta valutazione dei fatti ai fini del giudizio sulla responsabilità del convenuto. Ed è ciò che la Corte di Appello ha fatto». Il ricorso prospettante violazione dell'art. 2909 c.c. viene respinto. La tesi del ricorrente era la seguente: la sentenza penale qualificando il fatto come ingiuria accertava implicitamente la sussistenza del fatto e tale accertamento passato in giudicato avrebbe dovuto vincolare il giudice civile che invece aveva proceduto a «un esame autonomo della vicenda, ai fini civilistici, escludendo la illiceità del fatto stesso».

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