Uno dei genitori si trasferisce con il figlio in un’altra città, l’atro si oppone, quali sono le conseguenze?

Gabriele Scuffi
04 Aprile 2025

Genitori divorziati consensualmente con affido condiviso, il genitore collocatario intende trasferirsi per motivi di lavoro, il mio cliente si oppone. Come si può agire?

Va preliminarmente rilevato che i genitori separati e/o divorziati con figli che esercitano, come nel caso di specie in cui opera il regime di affidamento con diviso, congiuntamente la responsabilità genitoriale, sono chiamati ad assumere di comune accordo tutte le decisioni più importanti riguardanti i figli.

Tra queste vi è senz'altro la scelta del luogo in cui i figli devono vivere.

L'art. 337-ter c.c. prevede, infatti, espressamente che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative alla scelta della residenza abituale del minore (oltre che all'istruzione, all'educazione, alla salute) debbano essere assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei medesimi.

Anche l'art. 316 c.c. al primo comma prevede che “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore”.

Non vi è dubbio, dunque, che la residenza dei figli minori per espressa previsione normativa debba ritenersi una questione di maggior interesse che rientra tra quelle decisioni che devono necessariamente essere assunte congiuntamente dai genitori.

Trattandosi di una delle questioni di maggiore importanza per la vita del minore, anche in caso di disgregazione della unione familiare la scelta della residenza abituale deve essere assunta «di comune accordo» da padre e madre

Su questo aspetto la giurisprudenza di merito e di legittimità è da sempre molto severa tanto che il trasferimento della residenza del figlio operato arbitrariamente da un genitore senza il consenso dell'altro è stato ritenuto atto illecito (Cfr Trib. Milano, sez. IX, 16 settembre 2013, Pres. Servetti, est. Cosmai; Trib. Milano, sez. IX, 13 novembre 2013, Pres. Servetti, rel. Buffone; v. anche, Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 giugno 2012, n. 10174) e sanzionabile:

- sul piano civile ex art. 473-bis.39 c.p.c. con l'ammonimento e il risarcimento del danno (Cass. civ. 22 ottobre 2010 n. 21718) e con la modifica dell'affidamento (da condiviso a esclusivo) se il genitore, nella sua unilaterale iniziativa, ha precluso all'altro la concreta possibilità di partecipare alla vita dei figli e alle decisioni da assumere nel loro interesse (Cfr. Cass. n. 5136/2024).

- sul piano penale potendosi configurare il reato di sottrazione di minore exartt. artt. 574 c.p. (Cass. pen., sez. VI, sent. 29 luglio 2014 n. 33452).

Oggigiorno capita sempre più frequentemente che a seguito della separazione o del divorzio le cui condizioni (anche in punto di collocamento) siano già state regolamentate da un provvedimento del Giudice, il genitore collocatario manifesti l'intenzione o la necessità di cambiare residenza e trasferirsi, anche per motivi di lavoro, in un'altra città, Regione o all'estero.

In tale evenienza possono inevitabilmente sorgere notevoli contrasti tra le parti che fanno da “apripista” a diversi interessi coinvolti e contrapposti.

Da un lato, ciascun genitore separato, anche se collocatario, ha il diritto costituzionalmente garantito (art. 16 Cost.) di trasferire liberamente la propria residenza e luogo lavorativo, anche lontano da quella dell'altro genitore, senza che ciò ne comporti di per sé l'inidoneità all'affidamento e al collocamento dei figli minori (Cfr. Cass. civ., 1 luglio 2022 n. 21054; Cass. civ. 28 febbraio 2020, n. 5604; Cass. civ. 18 luglio 2019, n. 19455)

Dall'altro lato bisogna, però, anche considerare che il minore è portato di un diritto alla bigenitorialità sancito dall'art. 337-ter c.c. e dall'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) da intendersi sia come diritto ad avere una presenza comune dei genitori nella sua vita, in modo che gli sia garantita una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, ma anche quale dovere di entrambi i genitori di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione permettendo in concreto l'effettività di tale diritto (Cfr. Cass. 4796/2022).

Fermo quanto detto ed entrando nel merito del quesito posto è indiscutibile che la decisione del genitore collocatario di trasferirsi con il figlio per motivi di lavoro non può certamente essere assunta se non vi è anche il consenso del genitore non convivente con lui.

Pertanto, in difetto di un accordo, la decisione è rimessa al Giudice (art. 337-ter c.c.). Il genitore che intende trasferirsi con il figlio dovrà necessariamente ricorrere in Tribunale ex art. 473-bis.38 c.p.c. per farsi autorizzare trattandosi di controversia inerente all'esercizio della responsabilità genitoriale. Ovviamente il genitore non collocatario, costituendosi in giudizio, potrà opporsi al trasferimento della residenza del minore pretesa dall'altro e chiedere perfino una modifica del suo collocamento.

Ai fini della decisione il Giudice sarà chiamato a compiere una valutazione ampia di variegati fattori.

Il Tribunale di Milano in una pronuncia emessa l'11/6/2014 si era già espresso sul tema indicando i criteri che devono ispirare il Giudice nel momento in cui si trova a dirimere la controversia insorta tra i genitori affidatari della prole, nel caso in cui uno di essi intenda trasferire la propria residenza e, con essa, quella dei figli conviventi. Detti criteri sono:

a) le motivazioni del trasferimento prospettato, che non devono essere legate alla soddisfazione di bisogni superficiali o narcisistici, come ad esempio opportunità lavorative più remunerative o un semplice cambio di ambiente sociale ma devono corrispondere ad effettive esigenze, lavorative o affettive, meritevoli di tutela.

b) i tempi e le modalità di frequentazione tra il figlio e il genitore non collocatario. Il trasferimento non solo deve essere giustificato ma non deve neppure compromettere il diritto del minore a mantenere rapporti il genitore non collocatario. Occorre, quindi, verificare se i tempi e le modalità di visita e di frequentazione tra il figlio e il genitore non collocatario possano o meno continuare a essere garantiti dopo il trasferimento e presentino profili di fattibilità realistiche che non costringano il genitore non collocatario a stravolgere le sue abitudini di vita o ad affrontare costi economici sproporzionati ai propri redditi per poter continuare a vedere il figlio.

c) le relazioni consolidate del minore, inclusi i legami con parenti, ascendenti, figure chiave di entrambi i rami genitoriali e amici.

d) l'analisi delle caratteristiche dell'ambiente familiare in cui il genitore collocatario vuole trasferirsi rispetto a quelle ove si trova il minore in precedenza al suo trasferimento nonché anche la sua distanza dal luogo in cui si trova il genitore non collocatario.

Difficilmente sarà autorizzato il trasferimento in ambienti che sotto li profilo sociale o relazionale potrebbero rivelarsi pregiudizievoli per lo sviluppo equilibrato e sereno dei figli.

e) la valutazione dell'impatto che potrebbe avere il trasferimento sulla psiche del minore, in considerazione della sua età e del suo bisogno di stabilità ambientale, relazionale, emotiva e psicologica;

f) l'età del minore e la sua volontà di trasferirsi, se esprimibile in considerazione dell'età.

Al riguardo si precisa che le nuove norme della riforma Cartabia (art. 473-bis.8 c.p.c.) prevedono che il minore (anche infradodicenne se capace di discernimento) debba essere ascoltato dal Giudice nel procedimento in cui (come nel caso di specie) debbano essere assunti provvedimenti che lo riguardano.

Minore è l'età e minore è la probabilità, ovvero il rischio, di una completa compromissione di un significativo legame con il genitore non collocatario. Maggiore sarà l'età e con essa maggiore il grado di maturazione e di sviluppo psicofisico del minore e quindi maggiore rilevanza avranno nella decisione il suo parere e i suoi desideri.

Ad ogni modo un punto è fermo: ogni decisione riguardante il trasferimento dei figli deve sempre considerare prioritariamente l'interesse superiore del minore a mantenere rapporti significativi con entrambi i genitori.

La libertà delle parti di muoversi e scegliere il proprio luogo di residenza al fine di realizzare le proprie aspirazioni sociali e lavorative, garantite dalle leggi nazionali e internazionali, va sempre bilanciata con la tutela del miglior interesse del minore.

Il Tribunale è tenuto, quindi, a decidere in funzione esclusiva del preminente interesse del minore alla bigenitorialità che costituisce il fondamento del regime giuridico dell'affidamento condiviso.

La Corte di Cassazione in casi analoghi ha stabilito ad esempio che il trasferimento della residenza di un figlio in un luogo troppo lontano da quello in cui si trova il genitore non collocatario , anche se dettato da motivi di lavoro del genitore collocatario, non è consentito in quanto configura una violazione del diritto alla bigenitorialità, poiché non individua idonee compensazioni per garantire il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra i minori e il genitore non convivente (Cass. civ. 12282/2024).

Anche in un'altra recente pronuncia i Giudici di legittimità hanno riconosciuto la prevalenza del diritto del minore alla bigenitorialità ritenuto violato in caso di trasferimento della prole con la madre a parecchi chilometri di distanza dalla residenza del padre. (Cass. civ. n. 12282/2024).

Ritengo dunque che l'interesse del genitore collocatario (al trasferimento) possa quindi essere tenuto in considerazione purché non ci sia una compromissione del diritto di visita del figlio da parte del genitore non collocatario.

In altre parole, il trasferimento potrà essere autorizzato solo se non incide negativamente sul legame esistente tra il genitore non collocatario e il minore e detto legame possa continuare ad essere mantenuto e preservato (se ad esempio la città di destinazione è relativamente vicina e facilmente raggiungibile, il Giudice potrebbe autorizzare il trasferimento).

La bigenitorialità costituisce del resto anche espressione di un diritto fondamentale del genitore, sia in relazione alla tutela dello stesso come individuo, sia in relazione alla uguaglianza nella coppia genitoriale, ex articoli 2 e 3 della Costituzione (Cfr. anche Trib. Monza, sent. 23 novembre 2023, Est. Bonomi).

Le legittime scelte di un genitore di trasferire la propria residenza per seguire le proprie aspirazioni non possono mai pregiudicare l'altrettanto legittimo diritto del figlio e dell'altro genitore a conservare la relazione affettiva e l'ambiente di vita.

Il diritto del genitore a cambiare la propria residenza e a trasferirsi deve essere bilanciato con ben due diritti fondamentali del figlio: quello a preservare la bigenitorialità (ex  art. 30 Cost., 24 Carta di Nizza, 9, comma 3, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989) e quello a conservare la stabilità di vita che esso ha nel luogo in cui vive ed è integrato.

Di questo bilanciamento l'interesse del minore è il criterio guida ovvero il metro di valutazione che i tutti i giudici, in casi come quello di specie, devono utilizzare per assumere la decisione. 

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