08 Aprile 2025
Massima Di seguito, il principio di diritto enunciato dalla pronuncia in commento: «Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l'accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall'art. 474 c.p.c., costituisce valido titolo esecutivo». Il caso La Cassazione ha di recente preso posizione sul tema del c.d. mutuo solutorio. Il caso all'esame delle Sezioni Unite traeva origine da un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che aveva avuto inizio dinanzi al Tribunale di Ferrara. Era stata, così, formulata opposizione dinanzi a quel Tribunale per vedere revocato un decreto ingiuntivo emesso sulla base di un contratto di mutuo stipulato nel corso del 2000. Tra i diversi motivi svolti dagli opponenti, venivano anche formulate doglianze in merito al perfezionamento di un tale contratto, non potendo ritenersi lo stesso validamente concluso dal momento che il medesimo aveva avuto quale unica finalità quella di ripianare una preesistente esposizione debitoria degli ingiunti, dovendo ritenersi che, non essendo le somme mutuate mai giunte nella disponibilità dei mutuatari, non fosse configurabile alcuna traditio. A tale opposizione a decreto ingiuntivo veniva riunito il merito di una opposizione all'esecuzione proposta dagli ingiunti (nel frattempo sottoposti ad esecuzione forzata e divenuti, dunque, esecutati) ai sensi del secondo comma dell'art. 615 c.p.c. Il Tribunale di Ferrara disattendeva il motivo di opposizione concernente il mancato perfezionamento del negozio giuridico, ritenendo comunque ravvisabile un contratto di mutuo perfetto in ogni sua parte e, all'esito di CTU svolta in corso di causa, accoglieva parzialmente l'opposizione sotto il profilo del quantum. La Corte d'Appello di Bologna, nel pronunciarsi sulla impugnazione proposta dagli originari ingiunti, la respingeva, ritenendo che l'accredito avvenuto sul conto corrente degli opponenti fosse sufficiente a far ritenere integrato il requisito della traditio delle somme, a nulla rilevando la successiva destinazione di tali somme alla finalità di estinguere la preesistente esposizione. Contro tale ultima pronuncia, proponevano ricorso per Cassazione gli originari opponenti, svolgendo nove diversi motivi. La Seconda Sezione civile della Cassazione, con ordinanza interlocutoria, rimetteva gli atti alla Prima Presidente, ai fini dell'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, in relazione alle questioni poste dal primo e dal secondo motivo di ricorso in merito alla corretta qualificazione del c.d. «mutuo solutorio». La questione La pronuncia in commento si interroga su diversi aspetti concernenti la qualificazione del c.d. “mutuo solutorio”, giungendo, all’esito di un approfondito esame delle diverse posizioni espresse sul punto dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina, a fornire una esauriente ricostruzione dell’argomento in questione. I quesiti ai quali la pronuncia in commento si propone di dare risposta, sono tre:
E’ dunque su tali appena rassegnate questioni che la pronuncia che si annota si sofferma estesamente. Le soluzioni giuridiche Nel rispondere al primo dei tre anzidetti quesiti, la Cassazione dà, innanzitutto, conto dei due orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla validità del c.d. “mutuo solutorio”. Rispetto ad un primo orientamento, definito come «tradizionale e prevalente» - che afferma la sicura validità del contratto in questione, non essendo lo stesso contrario a norme di legge né all'ordine pubblico ed essendo anzi ravvisabile la consegna della somma mutuata, con conseguente nascita dell'obbligo restitutorio in capo al mutuatario - se ne contrappone un altro, più recente e minoritario, stando al quale il mutuo in questione integra una mera operazione contabile, non essendo ravvisabile alcuna dazione delle somme, con conseguente impossibilità di configurare il contratto in questione come titolo esecutivo. Rispetto a tali due differenti posizioni, le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento, prendono espressamente posizione per la prima. Il passaggio motivazione che consente di pervenire a tale soluzione è quello che concerne il tema della “realità” del contratto: secondo la Corte, l'elemento della traditio, che deve necessariamente caratterizzare il contratto reale di mutuo, si traduce nel conseguimento della disponibilità giuridica della res da parte del mutuatario, «tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio della controparte, a prescindere da ogni successiva manifestazione di volontà del mutuante» (si veda la sentenza Cass. civ., sez. un., 5 marzo 2025, n. 5841). Non è, dunque, necessaria la consegna materiale della somma mutuata, ma è sufficiente che la stessa sia posta nella «disponibilità giuridica» del mutuatario. Occorre chiedersi, continua la Corte, se in un caso come quello in esame, possa ravvisarsi una tale disponibilità giuridica della res mutuata in capo al mutuatario, dal momento che il mutuante si riappropria immediatamente di essa, allo scopo di ripianare le pregresse esposizioni del debitore. A tale quesito, secondo le Sezioni Unite, occorre certamente dare risposta affermativa, atteso che senza dubbio si verifica, anche nel caso di “mutuo solutorio”, un «accredito delle somme sul conto corrente», con conseguente perfezionamento del contratto di mutuo, irrilevante restando, ai fini di tale perfezionamento, la circostanza che la somma effettivamente conseguita venga pressoché contestualmente impiegata per ripianare pregresse esposizioni, dal momento che tale impiego delle somme è sorretto da «un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo benché ovviamente dipendente dal primo, in quanto proprio dal primo reso possibile»(si veda, ancora, la pronuncia in commento). Dunque, osserva ancora la Suprema Corte, non colgono nel segno tutte quelle ricostruzioni che pretendono di ricondurre il “mutuo solutorio” ora nell'ambito della figura del mutuo di scopo, ora nell'ambito del pactum de non petendo, ora nell'ambito dei negozi radicalmente nulli, pur non potendo escludersi che, in concreto, un mutuo solutorio possa integrare un atto in frode ai creditori, ovvero un mezzo anomalo di pagamento. In definitiva, non solo deve darsi risposta affermativa al primo dei quesiti precedentemente esposti (quello concernente la validità di un contratto di mutuo finalizzato al ripianamento di precedenti esposizioni), ma anche al secondo di essi, dal momento che, potendosi ritenere il contratto di mutuo in questione perfetto in ogni sua parte, ne discende anche la possibilità di azionare lo stesso in sede esecutiva, potendo il medesimo ascriversi tra gli atti ai quali l'art. 474 c.p.c. attribuisce la attitudine a consentire l'avvio dell'esecuzione forzata. Peraltro, anche al terzo dei quesiti anzidetti la Cassazione fornisce risposta affermativa (quello concernente cioè la validità del contratto anche nella ipotesi in cui l'istituto mutuante utilizzi le somme mutuate per estinguere la preesistente esposizione del mutuatario, senza il consenso di quest'ultimo): una volta ritenuto che nel c.d. “mutuo solutorio” sia ravvisabile l'elemento del conseguimento della disponibilità giuridica della res in capo al mutuatario e sia dunque integrato un contratto di mutuo perfetto in ogni sua parte, ne discende pure che l'obbligazione restitutoria sussista indipendentemente dall'impiego che di tali somme venga posto in essere. Va da sé, afferma ancora la pronuncia in commento, che «la movimentazione in uscita di somme dal conto corrente bancario operata in assenza di disposizioni in tal senso dell'intestatario è condotta illecita aggredibile, se del caso, dall'interessato, in sé e per sé, con i rimedi restitutori e/o risarcitori appropriati», ma ciò non toglie che l'impiego delle somme oggetto di mutuo costituisce «elemento esterno alla fattispecie legale del contratto di mutuo e non ne condiziona, dunque, il perfezionamento» (sono ancora parole tratte dalla pronuncia che si annota). Osservazioni Difficile svolgere utili osservazioni sulla pronuncia in commento, connotata da un percorso motivazionale chiaro, approfondito e rigoroso. Forse, si potrebbe porre l'accento sul fatto che il principio di diritto dalla stessa enunciato non dà pienamente conto, inevitabilmente, della complessità del fenomeno giuridico esaminato nel corpo della sentenza. E così, se è senz'altro vero che nel caso di “mutuo solutorio” si ha pur sempre un contratto di mutuo perfetto in ogni sua parte, è anche vero che tale operazione negoziale, per come viene congegnata, può alle volte assumere caratteri tali da connotarla come atto in frode ai creditori o come mezzo anomalo di pagamento. Similmente, la sentenza in commento rappresenta anche come l'eventuale impiego da parte dell'istituto mutuante delle somme per finalità non preventivamente concordate con il mutuatario potrebbe astrattamente integrare ipotesi di responsabilità, da far valere con gli opportuni strumenti messi a disposizione dall'ordinamento. Segno, dunque, che ci troviamo dinanzi ad un fenomeno complesso, nel quale, pur tenendo conto dei “paletti” da ultimo posti dalla Cassazione (la validità di tale contratto e la sua attitudine ad essere utilizzato come titolo esecutivo), non può prescindersi dall'esame del caso concreto che venga di volta in volta in esame. Importante, infine, anche notare che la pronuncia in commento giunge pressoché in contemporanea con altra sentenza delle Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968 (con commento di Lauropoli, Mutuo con contestuale costituzione delle somme mutuate in deposito o in pegno irregolari: la parola alle Sezioni Unite, anch'essa resa in tema di mutuo (ossia sulla particolare ipotesi di mutuo nel quale le somme oggetto di finanziamento vengono immediatamente restituite al mutuante, sotto forma di deposito o pegno irregolari, in IUS Processo civile, 25 marzo 2025). Si tratta di due pronunce che si inseriscono nel quadro di un percorso intrapreso da lungo tempo dalla giurisprudenza di legittimità allo scopo di tratteggiare gli elementi caratterizzanti di un titolo esecutivo riconducibile nel novero dell'art. 474 c.p.c. Le due pronunce in questione – la Cass. civ., sez. un., 5 marzo 2025, n. 5841 ora in commento e la Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2025, n. 5968 della quale si è fatto poc'anzi cenno – sembrano accomunate dalla volontà di far emergere come la natura reale del contratto di mutuo non possa ritenersi esclusa in alcune ipotesi nelle quali sembra non esservi la consegna della res oggetto di contratto al mutuatario, ponendo in evidenza come altro sia il conseguimento della disponibilità giuridica delle somme mutuate (ravvisabile in entrambe le fattispecie esaminate nelle due pronunce), altro invece sia l‘impiego (se del caso anche temporalmente contestuale alla erogazione, ma sotto un profilo logico sempre successivo al conseguimento della disponibilità giuridica delle stesse) che di esse viene effettuato. Riferimenti
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