Versamento del contributo unificato ed iscrizione della causa a ruolo dopo la legge finanziaria per il 2025

11 Aprile 2025

Il Focus analizza la disciplina del versamento del contributo unificato dopo la legge finanziaria del 2025, raffrontandola con la disciplina precedente

Il versamento del contributo unificato: come funziona

Il versamento del contributo unificato è previsto dal testo unico sulle spese di giustizia (artt. 13, 14, 15, 16 e 17, d.p.r. n. 115/2002).

La parte che per prima si costituisce in giudizio è tenuta al contestuale versamento del contributo unificato (art. 14 d.p.r. n. 115/2002).

La ricevuta del pagamento del contributo unificato è contenuta nel fascicolo informatico d'ufficio (art. 168, comma 2, c.p.c., innovato dal d.lgs. n. 164/2024).

In caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato, l'art. 16 d.p.r. n. 115/2002 dispone che si proceda a riscossione coattiva mediante ruolo, da parte dell'ufficio competente, ovvero, da parte di Equitalia Giustizia, in applicazione del d.p.r. n. 602/1973 (art. 16, 247 e 248 d.p.r. n. 115/2002 cit.), in materia di riscossione delle imposte.

La legge finanziaria per il 2025 (l. art. 1, comma 812, lett. a), n. 2, l. n. 207/2024, che nell'art. 14 d.p.r. n. 115/2002 ha introdotto il nuovo comma 3.1.) ha previsto che: «fermi i casi di esenzione previsti dalla legge, nei procedimenti civili la causa non può essere iscritta ruolo se non ha versato l'importo determinato ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. ao il minor contributo dovuto per legge».

La novella va raccordata con le disposizioni processuali dettate in tema di iscrizione a ruolo della causa.

E' noto che il correttivo ha eliminato la previsione a carico della parte dell'onere di presentazione della nota di iscrizione della causa a ruolo, di talché, una volta che la parte si è costituita in giudizio, l'art. 168, comma 1, c.p.c., dispone che, d'ufficio, «il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale» e procede alla «formazione del fascicolo informatico d'ufficio» (comma 2), che viene «presentato senza indugio al presidente del tribunale» (art. 168-bis, comma 1, c.p.c.).

La previsione normativa (ex art. 168 c.p.c.) pone a carico del cancelliere il dovere istituzionale di iscrivere la causa a ruolo all'atto della costituzione della parte.

La norma dettata dalla legge finanziaria ha innovato sul punto.

In particolare, disponendo che, in deroga alla previsione codicistica, il cancelliere non debba procedere ad iscrizione a ruolo della causa nel caso in cui la parte che si costituisca per prima non abbia «versato l'importo determinato ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. a) o il minor contributo dovuto per legge».

Il richiamo normativo riguarda l'omesso versamento dell'importo minimo del contributo unificato, pari ad € 43, ovvero, la parte non abbia provveduto al versamento.

In caso di mancato versamento del contributo (o di versamento in misura insufficiente rispetto al minimo di legge), oltre alla facoltà di agire per la riscossione del contributo sulla scorta della normativa dettata in tema di riscossione dei tributi (artt. 16 e 247 d.p.r. n. 115/2002), la norma dettata dalla legge finanziaria ha innovativamente introdotto, in capo al cancelliere, il dovere di verificare il versamento del contributo e, in caso negativo, di non procedere ad iscrizione a ruolo della causa.

La nuova disciplina non ha previsto che, in caso di ravvedimento operoso del difensore della parte, il quale provveda al versamento del contributo unificato seppur tardivamente, il cancelliere possa procedere ad iscrivere la causa nel ruolo generale.

La conclusione sembra logica e naturale, avendo l'atto, in seguito al versamento (seppur tardivo) del contributo, raggiunto lo scopo cui è destinato (v. art. 156 c.p.c.). Nella prassi tale soluzione potrebbe incontrare ritrosia da parte dei funzionari, non essendo stata espressamente codificata.

Come emerge trasparente, onde garantire in modo sicuro l'entrata al bilancio dello Stato del pagamento del contributo unificato dovuto per ogni causa, il cancelliere ha assunto (o, forse, è stato nuovamente investito) del ruolo di sentinella del fisco.       

La disciplina antecedente del contributo unificato

L'obbligo di versamento del contributo unificato (avente natura di «tributo erariale», così qualificato tenuto conto della doverosità della prestazione che è collegata ad un servizio pubblico, quale il servizio giustizia: Corte Cost., 11 febbraio 2005, n. 73, in Foro it., 2005, 4, I, 465) si riconnette all'antecedente disciplina processuale dettata (dall'art. 38 att. c.p.c.) in tema di «deposito di cancelleria della parte che si costituisce» (la cui normativa è stata abrogata dal d.p.r. n. 115/2002) (in tema LEVONI, Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Milano, 1992, 75 ss.).

La disciplina processuale pregressa poneva un onere di anticipazione delle spese del processo (con riguardo alle spese di cancelleria) a carico di chi per primo si costituiva (v. il testo dell'art. 90 c.p.c., titolato all'onere delle spese; norma pure abrogata dal d.p.r. n. 115/2002).

Ebbene, la norma di attuazione disciplinava le modalità di recupero della somma impagata, prevedendo la  pronunzia di un decreto di pagamento esecutivo («deposito») da parte del capo dell'ufficio giudiziario (v. art. 38, comma 4, disp. att. c.p.c.) contro la parte o il difensore; al contempo, il capoverso disponeva che il cancelliere doveva «rifiutare di ricevere gli atti che non siano accompagnati dai depositi di cui al comma precedente».

A questo riguardo, la giurisprudenza era particolarmente rigorosa, ritenendo che, in presenza di termini perentori di esercizio dell'azione, il mancato deposito delle spese, cui aveva fatto seguito il rifiuto alla ricezione dell'atto da parte del cancelliere, determinava l'effetto processuale della decadenza dall'impugnativa (v. Cass. civ., sez. un., 17 giugno 1988, n. 4130, in Foro it., 1988, I, 2193).

Al mancato deposito delle spese di cancelleria previste dagli artt. 38 ss., disp. att. c.p.c. potevano seguire irreversibili effetti processuali.

Conclusioni

Ancor'oggi il mancato versamento delle spese di giustizia determina gravi conseguenze processuali: in passato, il rifiuto di ricevere l'atto, oggi il divieto di iscrizione a ruolo della causa da parte del cancelliere.

Nihil novi sub sole.

La previsione recata dalla recente legge finanziaria, se letta in combinato disposto con l'innovazione recata (dal d.lgs. n. 164/2024) al testo del capoverso dell'art. 168 c.p.c. (che espressamente e per la prima volta, si riferisce al versamento del contributo unificato, quale contenuto del fascicolo informatico d'ufficio), sembra avere elevato il versamento del contributo unificato a presupposto (processuale fiscale) per l'iscrizione a ruolo della causa (per l'utilizzo di questa terminologia, si v. un cenno di REDENTI, Diritto processuale civile, Milano, 1957, II° ed., II, 169) o quale condizione di instaurazione del giudizio.

È trasparente che, in difetto di iscrizione a ruolo della causa, quest'ultima non consta all'Ufficio giudiziario, non si instaura il rapporto processuale e la parte non può ricevere la tutela giurisdizionale di cui ha bisogno.

Sull'interesse della parte a ricevere tutela giudiziaria prevale l'interesse erariale alla riscossione delle imposte connesse al servizio giustizia.

La previsione novellata si giustifica in ottica di recupero del contributo unificato in difetto di versamento; in particolare, minacciando in tal caso di non iscrivere a ruolo la causa e denegando l'esercizio della funzione giurisdizionale in presenza di una parte inadempiente.

Sorge però legittima, in conclusione, la seguente perplessità; se condizionare l'esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti al versamento di un tributo erariale si riveli compatibile con l'art. 24, comma 1, Cost., che a tale tutela non pone limitazioni di sorta.

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