Processo telematico: il CSM torna su APP

14 Aprile 2025

Con una delibera approvata il 9 aprile 2025, il CSM è tornato ad occuparsi dell'applicativo APP, che è stato diffuso negli Uffici giudiziari per l'attuazione del processo penale telematico.

Il Consiglio superiore della magistratura, infatti, sta verificando con costanza la progressiva implementazione del processo penale telematico nei tribunali e nelle procure.

Il tema è stato oggetto di ripetuti interventi consiliari, tra cui:

  • la Delibera del 13/3/2024 con la quale il Consiglio aveva rilevato come la prima diffusione di APP (in quel momento limitato alle sole richieste di archiviazione) avesse determinato un accumulo generalizzato di arretrato. Si ribadiva poi come gli applicativi forniti dal Ministero non possano individuare «moduli organizzativi predeterminati ai quali i singoli uffici debbono poi adattarsi», ma devono «consentire a ciascuno di questi di mantenere la propria articolazione interna, in conformità del progetto organizzativo e delle tabelle»;
  • la Delibera del 24/7/2024, relativa allo “stato della giustizia telematica”, nella quale si rilevava, tra l'altro, la persistenza di gravi criticità di APP;
  • la Delibera dell'11/12/2024, relativa alla Nota prot. 44563.U in data 18.11.2024 con cui il Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia trasmette il “Regolamento recante modifiche al decreto 29 dicembre 2023, n. 217”, nella quale è stata evidenziata l'inidoneità dell'applicativo a gestire ulteriori fasi del procedimento e del processo penale;
  • la Delibera del 22/1/2025 relativa alle criticità dell'applicativo rilevate dagli uffici giudiziari.

   

L'occasione del nuovo intervento è stata rappresentata dal D.M. 27.12.2024, n. 206, in vigore dal 30.12.2024.

Come è noto, per effetto dell'art. 3 comma 4, del D.M. 27/1/2023, dal 1° aprile 2025 sono divenuti obbligatori:

  • l'iscrizione da parte dei soggetti abilitati interni delle notizie di reato di cui all'art. 335 c.p.p. nonché
  • il deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni nei procedimenti di cui
    • al libro VI, titolo I (Giudizio abbreviato),
    • al libro VI titolo III (Giudizio direttissimo),
    • al libro VI titolo IV (Giudizio immediato).

   

La commissione del Consiglio superiore della magistratura, unitamente alla Struttura tecnica del medesimo organo, in collaborazione con la rete dei magistrati referenti per l'informatica, ha monitorato le funzionalità dell'applicativo APP e il suo concreto utilizzo negli uffici, al fine di mettere il Consiglio in condizione di comprenderne le criticità; le principali tra queste sono state peraltro segnalate al Ministero.

È stato evidenziato un problema di metodo, sottolineato anche nel corso del dibattito che il Consiglio superiore della magistratura ha svolto, per l'approvazione della delibera: i progressivi aggiornamenti dell'applicativo sono diffusi negli uffici verosimilmente anche quando non sono ancora pienamente “maturi”; sono gli uffici giudiziari, pertanto, a segnalare i bug che danno luogo a successivi aggiornamenti.

In sostanza, l'obbligatorietà dell'uso di APP ha ribaltato sugli uffici e sugli utenti il peso organizzativo dei malfunzionamenti che determinano interventi del dipartimento per la transizione digitale del Ministero per correggere “in corsa” i problemi segnalati.

È stato auspicato allora che la diffusione dei suddetti aggiornamenti avvenga in un momento in cui vi è maggiore certezza della piena funzionalità degli stessi.

D'altra parte, non si può nascondere che sovente solo la sperimentazione sul campo riesce a far emergere i limiti operativi dei programmi informatici.

Venendo in particolare alle criticità, quanto all'iscrizione delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p., è stato segnalato, tra l'altro, che non è possibile eliminare il reato indicato dalla polizia giudiziaria in sede di trasmissione della notizia di reato o dalla Segreteria all'atto dell'accettazione; è possibile modificarlo (aggiungendo un'aggravante) ma non sostituirlo con un altro; né è possibile eliminare un reato inserito per errore in fase di iscrizione.

È necessario, invece, che in qualsiasi momento (anche successivo all'iscrizione) il pubblico ministero mantenga la possibilità di modificare la qualificazione giuridica del fatto curando “l'aggiornamento delle iscrizioni”, come del resto prevede l'art. 335, comma 2, c.p.p.

APP, inoltre, non consente, al magistrato che iscrive, di aggiungere o espungere le persone offese indicate nella comunicazione di notizia di reato, né di modificare l'indicazione della “materia” del procedimento.

Più in generale, oltre alle criticità di ordine normativo è stato segnalato come il procedimento di iscrizione risulti farraginoso.

In merito alla trasmissione degli atti relativi al giudizio direttissimo, è stato sottolineato che la norma presuppone la generalizzata disponibilità, presso tutte le aule giudiziarie dove si svolge il rito direttissimo, di strumenti telematici a disposizione dei soggetti abilitati interni ed esterni (giudice e parti) che consentano loro il deposito telematico nel corso del giudizio e la sottoscrizione del verbale da parte di tutti gli intervenuti. Allo stato attuale, tale disponibilità non sussiste.

È stato rilevato, inoltre, che il flusso degli atti del rito direttissimo attualmente previsto da APP presenta criticità relative alla sua conformità con la dinamica processuale prevista dal codice di rito.

Iscritto il procedimento e creato il fascicolo telematico, tra l'altro:

  • manca un flusso specifico per l'ipotesi di presentazione dell'arrestato al giudice effettuata direttamente dalla polizia giudiziaria in udienza dibattimentale già in corso (art. 558 comma 1, c.p.p.);
  • manca un flusso specifico per l'ipotesi in cui il giudice che non stia tenendo udienza la fissi a richiesta della polizia giudiziaria quando riceve notizia dell'arresto (art. 558, comma 2, c.p.p.);
  • APP non consente al pubblico ministero di accertare, per via telematica, il corretto adempimento dei doveri che l'art. 386 c.p.p. impone alla polizia giudiziaria nel caso di arresto o fermo, e segnatamente quello di trasmettere entro ventiquattro ore “il relativo verbale, anche per via telematica” (art. 386, comma 3, c.p.p.). In nessun modo, infatti, è attualmente possibile, all'interno dell'applicativo, accertare l'ora di deposito del verbale e, dunque, il rispetto del termine, la cui violazione, è bene ricordarlo, comporta l'inefficacia dell'arresto o del fermo (art. 386, comma 7, c.p.p.) e l'obbligo del pubblico ministero di disporre “che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà” (art. 389 c.p.p.).
  • non è possibile sottoscrivere il verbale di udienza da parte dei soggetti che non sono dotati di firma remota (imputato ed eventuale interprete) o che, pur essendone dotati, non possono sottoscrivere il verbale per la mancata disponibilità in udienza del flusso informatico (P.M. e avvocati).

   

Con specifico riferimento al decreto di giudizio immediato, poi, modelli e titolario non sono ancora implementati (vi è solo il titolario ‘decreto di giudizio immediato da opposizione a decreto penale'). Conseguentemente, non è tuttora possibile per l'ausiliario del giudice apporre la propria sottoscrizione ai sensi del combinato disposto degli artt. 456 e 429, comma 1, lett. g), c.p.p.

Il Consiglio superiore, peraltro, fermi restando i problemi descritti, ha sottolineato di aver riscontrato un atteggiamento più dialogante del Ministero, necessario per poter confidare nella possibilità di realizzare un applicativo performante che contribuisca, in prospettiva, all'efficienza della giurisdizione penale.

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