Nomina del terzo arbitro in caso di soppressione della figura istituzionale che dovrebbe nominarlo

15 Aprile 2025

Se le parti non si accordano sulla nomina del terzo arbitro, il potere di nominarlo spetta al Presidente del Tribunale (così l'art. 810 c.p.c.). Talvolta, però, le clausole rimettono a un soggetto diverso dalle parti la nomina del terzo arbitro, ad esempio al Presidente della Camera di commercio o dell'ordine degli avvocati. Che succede se il potere di nomina del terzo arbitro è rimesso a una figura istituzionale soppressa, che non esiste più? Diventa inefficace l'intera clausola compromissoria oppure ci si può rivolgere al Presidente del Tribunale, quale ultima istanza, per la nomina?

Massima

La clausola compromissoria che prevede la nomina del terzo arbitro mediante «accordo delle parti» (o dei tecnici dalle stesse nominati) non è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 809 c.p.c., per mancata determinazione delle modalità di nomina di tale arbitro, quando la nomina stessa non risulta di impossibile attuazione pratica. Infatti, in difetto di accordo, trova applicazione analogica l'art. 810 c.p.c., con conseguente possibilità per le parti di chiedere che la nomina venga effettuata dal Presidente del Tribunale. Tale principio opera anche quando la clausola compromissoria rimetta la nomina del terzo arbitro, in caso di disaccordo, ad un organo terzo e imparziale successivamente soppresso (nella specie, il giudice conciliatore), in quanto da tale previsione emerge comunque la manifestazione di volontà delle parti di dare luogo alla decisione arbitrale anche qualora non si raggiunga l'accordo sulla nomina del terzo arbitro, demandandone la deliberazione ad un organo giudiziario terzo omologo. L'eventuale disaccordo delle parti sulla scelta dell'arbitro costituisce infatti un fatto successivo al perfezionamento della clausola, laddove i requisiti di validità di un atto negoziale devono sussistere al momento del completamento della fattispecie ed eventuali fatti successivi possono incidere sull'efficacia o sulla funzionalità dell'atto, non anche sulla sua validità. Sarebbe, per converso, contraria alla volontà delle parti una lettura che, a fronte della manifestazione dell'intento di salvaguardare la rimessione della causa ad arbitri anche ove non fosse stato raggiunto un accordo sulla nomina del terzo arbitro, reputasse la clausola nulla per il solo fatto che l'organo terzo deputato alla nomina suppletiva fosse già soppresso al momento della stipula.

Il caso

Tra le parti viene concluso un contratto preliminare di compravendita di un appartamento, tre garage e un magazzino siti in Venezia. Il prezzo pattuito per la compravendita è di 305.000 euro. L'acquirente paga prima una caparra e poi il saldo del prezzo. Nel periodo intercorrente tra il contratto preliminare e quello definitivo il compratore scopre che l'immobile è gravato da ipoteca giudiziale. Per questa ragione, l'acquirente non intende più acquistare il bene e nasce un contenzioso tra le parti.

L'azione in giudizio da parte del compratore viene avviata davanti al Tribunale di Venezia. Sennonché i convenuti, ossia i promittenti venditori, sollevano eccezione di arbitrato. Difatti nel contratto preliminare è contenuta una clausola compromissoria, formulata come segue: «eventuali controversie che dovessero insorgere in dipendenza del presente atto saranno affidate al giudizio di un collegio arbitrale formato da tre tecnici, di cui i primi due nominati dalle parti – uno da ciascuna parte – e il terzo nominato dai precedenti; in caso di disaccordo per la nomina del terzo, una qualsiasi delle parti potrà rivolgersi, per la sua nomina, al giudice conciliatore del Comune di Venezia».

Il Tribunale di Venezia accoglie l'eccezione di arbitrato e dichiara dunque l'incompetenza del giudice ordinario. La Corte di appello di Venezia conferma la sentenza di primo grado. Si giunge, infine, davanti alla Corte di cassazione: la lite si trascina fino davanti alla Suprema Corte, in quanto il giudice conciliatore, che avrebbe dovuto effettuare la nomina del terzo arbitro, è una figura abrogata, cosicché si tratta di comprendere se la clausola compromissoria è ancora efficace e a chi spetti nominare il terzo arbitro.

La questione

La questione trattata nell’ordinanza Cass. civ. sez. II, 27 febbraio 2025, n. 5198 è: quali sono le sorti della clausola compromissoria nel caso in cui l’accordo delle parti rimetta la nomina del terzo arbitro a un soggetto non più esistente e dunque materialmente impossibilitato a effettuare detta nomina?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, nell’ordinanza Cass. civ. sez. II, 27 febbraio 2025, n. 5198 in commento, fa salva l’efficacia della clausola compromissoria. Conseguenza della soppressione del giudice conciliatore è solo il fatto che, al posto suo, la nomina verrà effettuata dal Presidente del Tribunale. In questo senso va interpretata la volontà delle parti e il Presidente del Tribunale è l’organo preposto istituzionalmente a supplire alla mancata nomina dell’arbitro.

Osservazioni

La nomina degli arbitri è disciplinata in un apposito articolo del codice di rito. L'art. 810 c.p.c. parte dal presupposto che il potere di nomina compete alle parti. Più precisamente si prevede che «quando a norma della convenzione d'arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati» (art. 810, comma 1, c.p.c.). La clausola così formulata viene detta “binaria”.

Può capitare che una delle parti non nomini il proprio arbitro. Se il potere di nomina passasse all'altra parte, si determinerebbe uno squilibrio, in quanto una parte nominerebbe ben due arbitri su tre. Il meccanismo legislativo allora è quello di fare intervenire un terzo neutrale, che viene identificato nel Presidente del Tribunale. Difatti la legge prescrive che «in mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato» (art. 810, comma 2, c.p.c.).

I commi che abbiano analizzato non trattano però esattamente il caso che è stato oggetto dell'ordinanza della Corte di cassazione in commento. Ciò che mancava era la nomina del terzo arbitro, non esistendo più il giudice conciliatore che avrebbe potuto/dovuto nominarlo. A questo riguardo sovviene però una disposizione di chiusura che è rappresentata dall'art. 810, comma 4, c.p.c., a mente della quale «le stesse disposizioni si applicano se la nomina di uno o più arbitri è demandata dalla convenzione d'arbitrato all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi ha provveduto».

Il Tribunale di Venezia, prima e la Corte di appello di Venezia, poi, ritengono che si applichi al caso di specie l'art. 810 c.p.c. Questo articolo attribuisce al Presidente del Tribunale un potere sostitutivo in caso di inerzia della parte. Il potere suppletivo del Presidente del Tribunale opera inoltre quando le parti non si accordino sulla nomina del terzo arbitro. Ma tale potere deve, a maggior ragione, sussistere anche quando le parti sarebbero d'accordo sull'andare avanti con l'arbitrato, ma il terzo non vuole o non può nominare l'arbitro. Nel caso affrontato dalla Corte di cassazione, il terzo (giudice conciliatore) previsto dalla clausola compromissoria non esiste più, in quanto – a seguito di riforma legislativa – la sua figura è stata soppressa.

La clausola compromissoria, come ogni clausola di un contratto, va interpretata in relazione alle reali intenzioni delle parti. Nel caso di specie, le parti volevano l'arbitrato, ma avevano previsto un soggetto preposto alla nomina (“appointing authority”, secondo l'espressione inglese) non più esistente. Se la conseguenza del venire meno di chi deve effettuare la nomina fosse il venir meno della possibilità di esperire l'arbitrato, questa scelta cozzerebbe con la reale volontà delle parti. In via eccezionale, potrebbe capitare che le parti designino nominativamente, nella clausola compromissoria, l'arbitro. Si tratta, peraltro, di un caso di scuola. Se ciò avvenisse, e la persona indicata muore, allora è sostenibile la tesi che il venir meno dell'arbitro faccia venire meno l'interesse delle parti per il procedimento arbitrale. Nel caso affrontato dalla Corte di cassazione però si è indicato l'ufficio (giudice conciliatore), non il titolare dell'ufficio.

L'alternativa (grave) a questa interpretazione sarebbe quella di ritenere nulla la clausola compromissoria. Esiste una disposizione anche a questo riguardo, stabilendo l'art. 809, comma 2, c.p.c. che «la convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli». La prima fattispecie (nomina diretta degli arbitri) è rara nella prassi. Molto più ricorrente è la seconda fattispecie: la clausola dice quanti sono gli arbitri (uno o tre) e indica come nominarli. Ma se non sono soddisfatti questi requisiti minimi, la clausola è nulla. L'ordinanza della Corte di cassazione in commento prende posizione su questo punto e osserva che, nel caso di specie, il meccanismo della nullità della clausola non può operare. Non esiste difatti alcun vizio della clausola in sé considerata. Esiste solo un evento (la soppressione del giudice conciliatore) che rende impossibile avvalersi di quella autorità di nomina.

A ben vedere, seppure la Corte di cassazione nell'ordinanza in commento non si soffermi espressamente su questo aspetto, la soluzione fatta propria (ossia il mantenimento della validità della clausola compromissoria) è espressione del principio della conservazione degli atti, nella misura massima possibile. Potrebbe insomma sovvenire il criterio interpretativo dell'art. 1367 c.c., secondo cui «nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno». Le parti, riferendosi nella clausola compromissoria al giudice conciliatore, volevano che fosse esclusivamente il giudice conciliatore a nominare il terzo arbitro? Molto probabilmente no, anche perché al momento della redazione della clausola non potevano sapere quale persona fisica avrebbe in futuro rivestito il ruolo di giudice conciliatore. Le parti volevano solo rimettere la nomina del terzo arbitro a un soggetto terzo e indipendente, facente parte dell'ordine giudiziario.

Sia consentita qualche osservazione sull'opportunità di una clausola come quella che è stata oggetto della decisione della Corte di cassazione nel contesto specifico (compravendita immobiliare tra privati) in cui essa si colloca. Dal testo dell'ordinanza risulta che il valore della compravendita immobiliare fosse di 305.000 euro. Il valore non è così basso, e potrebbe astrattamente giustificare la presenza di una clausola compromissoria. Volendo tracciare un'indicativa linea di confine, una clausola compromissoria può giustificarsi dal punto di vista economico se il valore della controversia ammonta ad almeno 100.000 euro. Nel caso di specie, però, le parti del contratto preliminare erano delle persone fisiche, che hanno agito in qualità di consumatori. In questa prospettiva, la sensatezza di una clausola compromissoria è dubbia.

Come si è poi visto, i primi due arbitri (quelli da nominarsi direttamente dalle parti) dovevano essere dei “tecnici”, secondo quanto disponeva la clausola compromissoria. La presenza di tecnici potrebbe qui giustificarsi per le caratteristiche della compravendita (immobili). Sarebbe tuttavia stato opportuno specificare le professionalità richieste, quali geometri, architetti o ingegneri. Un'ulteriore valutazione che si poteva fare è quella sul numero degli arbitri e sui conseguenti maggiori costi in presenza di una pluralità di arbitri. Forse sarebbe stato opportuno prevedere un arbitro unico. In caso di arbitro unico, tra l'altro, non ci sarebbero state le nomine delle parti, bensì l'unica nomina da parte del soggetto terzo. Il problema del (ormai soppresso) giudice conciliatore si sarebbe, a dire il vero, riproposto.

L'impressione complessiva che si ricava da osservatore esterno, leggendo la fattispecie e la clausola compromissoria che stanno alla base dell'ordinanza della Corte di cassazione, è che le parti non abbiano riflettuto sul senso e sugli effetti della clausola, ma abbiano semplicemente firmato un contratto preliminare senza realmente leggerlo. Si tratta di un'evenienza piuttosto frequente nella prassi: le parti, soprattutto se consumatori, si soffermano al più sull'oggetto del contratto (ossia, quali immobili per quale prezzo), mentre trascurano tutte le altre clausole, che vengono percepite come formali/burocratiche/inutili e non degne di attenzione.

In conclusione, questa ordinanza della Corte di cassazione va alla sostanza dei problemi e non pronuncia una decisione meramente formale. La volontà delle parti era chiara: arbitrato. Il soggetto preposto a nominare il terzo arbitro non esiste più. Le regole sulla conservazione delle clausole e degli atti impongono la ricerca di una soluzione minimalista. La soluzione è che la clausola continua a essere operativa e che la nomina viene fatta dal Presidente del Tribunale. Questi è l'organo istituzionalmente preposto a nominare gli arbitri quando l'incaricato originale non può o non vuole procedere alla nomina. È l'ultima istanza a cui rivolgersi.

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