Affidamento per l’acquisto di azioni, collegamento funzionale e nullità di entrambi i contratti
15 Aprile 2025
Massima In caso di collegamento funzionale tra un contratto di affidamento e un contratto di acquisto di azioni, la complessiva operazione è nulla per violazione dell'art. 2358 c.c., con la conseguenza che la banca che ha concesso l'agevolazione finanziaria non vanta nessun credito restitutorio nei confronti dell'affidato. Il caso Nell'anno 2009 un signore acquista, usando mezzi propri, 4.000 azioni di Banca Popolare di Vicenza. Nel 2013, necessitando di liquidità per ristrutturare la casa, chiede di svincolare azioni per un controvalore di circa 50.000 euro. Il funzionario di banca però convince l'investitore a fare un'altra operazione: gli viene concesso un affidamento per 50.000 euro (grazie al quale dispone di sufficiente provvista per ristrutturare casa), e conserva le azioni precedentemente acquistate. Anzi, in occasione della concessione del affidamento nel 2013, Tizio acquista altre 214 azioni emesse dalla medesima banca per 13.375 euro nonché delle obbligazioni convertibili, sempre per l'importo di 13.375 euro. Più precisamente, le date delle operazioni sono le seguenti: 15 luglio 2013 firma del contratto di affidamento, 5 agosto 2013 firma della scheda di adesione per l'acquisto degli strumenti finanziari. Il punto è che l'affidamento genera interessi passivi nella misura del 12,50%, cosicché a breve l'investitore si trova in difficoltà finanziaria. La banca viene messa in liquidazione coatta amministrativa, con l'effetto che le azioni perdono di qualsiasi valore. Il credito da affidamento viene ceduto prima da Banca Popolare di Vicenza in liquidazione coatta a Intesa Sanpaolo e poi da Intesa Sanpaolo ad Amco. Giungono alcune intimazioni di pagamento e, a un certo punto, il credito viene dichiarato in sofferenza. Per queste ragioni (difficoltà finanziarie, richieste di pagamento e segnalazione in sofferenza), l'investitore si vede costretto a citare in giudizio Amco, cui il credito è stato ceduto, per ottenere un provvedimento giudiziario che dichiari che nulla egli deve al nuovo creditore Amco. La questione e le soluzioni giuridiche La questione che viene trattata dal Tribunale di Vicenza è se vi sia collegamento negoziale tra l'affidamento e l'acquisto delle azioni. In caso affermativo opera l'art. 2358 c.c. che vieta dette operazioni e dalla cui violazione consegue la nullità dei contratti posti in essere. Il Tribunale di Vicenza risponde positivamente al quesito, accerta e dichiara la nullità dei contratti di sottoscrizione delle azioni e di affidamento in conto corrente sottoscritti dal signor Tizio per violazione dell'art. 2358 c.c., accertando conseguentemente che nulla è dovuto dall'attore ad Amco. Osservazioni L'art. 2358, comma 1, c.c. prevede che “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo”. Il senso di questa disposizione è che l'aumento di capitale deve essere effettivo: il danaro conferito dai soci deve entrare realmente a formare il patrimonio della società, a tutela dei creditori. Se la società eroga finanziamenti ai soci per l'acquisto delle azioni, il danaro che entra in società sotto forma di aumento di capitale è lo stesso che poco prima è uscito dalla società sotto forma di prestito. In questo modo non si assicura l'effettività del capitale sociale, che potrà dirsi raccolto solo quando i soci avranno rimborsato i finanziamenti contratti. E potrebbe anche capitare che i soci non vogliano o non possano rimborsare i prestiti. Ecco spiegata la ratio dell'art. 2358 c.c. L'art. 2358, comma 1, c.c. usa l'espressione di “prestito” vietato. Si tratta di una denominazione atecnica, voluta dal legislatore. Le forme tecniche con le quali si può realizzare un “prestito” sono il mutuo e l'apertura di credito. Con il mutuo, “una parte consegna all'altra una determinata quantità di danaro … e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie” (art. 1813 c.c.). Con l'apertura di credito, “la banca si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato” (art. 1842 c.c.). Nel caso affrontato dal Tribunale di Vicenza a Tizio viene concesso un affidamento di 50.000 euro, mediante il quale compra azioni e obbligazioni della banca che concede l'apertura di credito. Nel gergo, dette operazioni vengono definite “baciate”, per esprimere il collegamento funzionale tra prestito e acquisto. La prova del collegamento è un elemento centrale. Senza collegamento funzionale il prestito va considerato come autonomo, non finalizzato. Se vi è invece collegamento si considera il prestito come finalizzato all'acquisto delle azioni. Il Tribunale di Vicenza afferma che, nel caso di specie, il collegamento funzionale emerge con chiarezza per la stretta vicinanza temporale dei due negozi: il 15 luglio 2013 il contratto di affidamento e il 5 agosto 2013 la firma della scheda di adesione per l'acquisto degli strumenti finanziari. I danari necessari per comprare azioni e obbligazioni vengono addebitati sul conto corrente affidato, così dimostrandosi che quella provvista è stata usata per l'acquisto. La sentenza del Tribunale di Vicenza si sofferma su di un aspetto che è poco trattato in giurisprudenza, ma che merita di essere sottolineato. Si ricorderà che Tizio, quattro anni prima (nel 2009), aveva già comprato un pacchetto di azioni della medesima banca (con fondi propri, senza prestito) e che si era recato in banca per svincolare quelle azioni, al fine di rientrare in possesso di sufficiente liquidità. In questa seconda occasione (anno 2013), veniva convinto a sottoscrivere un contratto di affidamento, con la cui provvista – in parte – sono state acquistate azioni. L'affidamento avviene qui “in sostituzione” della difficile vendita delle azioni già possedute (quelle comprate nel 2009). Le azioni di Banca Popolare di Vicenza sono diventate progressivamente illiquide e la loro vendita difficile, se non impossibile. Il giudice vicentino conclude affermando la nullità delle due operazioni (affidamento e acquisto di azioni). Non specifica tuttavia se la nullità riguarda solo l'acquisto delle nuove azioni (anno 2013) o anche il precedente acquisto delle azioni (anno 2009). Certamente la nullità concerne le nuove azioni, per 13.375 euro, acquistate nell'agosto 2013. In questa prospettiva, la baciata può dirsi “parziale”, in quanto a fronte di un affidamento di 50.000 euro, solo una parte di esso è stato usato per acquistare le azioni. Rimane aperta la diversa (e suggestiva) questione: può ritenersi nullo l'acquisto delle azioni effettuato quattro anni prima, nel 2009? Di per sé non c'è collegamento funzionale tra l'affidamento e l'acquisto, in quanto l'affidamento è posteriore di quattro anni rispetto all'acquisto. Tuttavia, l'affidamento è stato concesso per supplire alla difficoltà di vendita delle azioni. Ecco allora che si può sostenere la tesi del collegamento funzionale anche tra l'affidamento del 2013 (sostitutivo dell'impossibilità di vendere) e il precedente acquisto del 2009. Ma quali sono le conseguenze della violazione dell'art. 2358 c.c.? Sul punto, la Corte di cassazione è intervenuta molto recentemente (Cass., 8 gennaio 2025, n. 372), statuendo che ne consegue la nullità tanto del contratto di finanziamento quanto del contratto di acquisto delle azioni. L'art. 2358 c.c. è volto a presidiare interessi di carattere generale, scrive la Suprema Corte, come sono quelli dei soci e dei terzi creditori all'integrità patrimoniale della società. L'operazione compiuta in violazione di detta norma integra l'inosservanza di una norma imperativa. Il mancato rispetto del divieto produce di conseguenza la nullità a norma dell'art. 1418, comma 1, c.c. dell'operazione di assistenza finanziaria nel suo complesso, vale a dire tanto del contratto di finanziamento quanto dell'atto di acquisto delle azioni cui lo stesso era funzionale. Se il legislatore vieta di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa; e ne discende la nullità dell'atto per ragioni ancor più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell'atto medesimo. Il Tribunale di Vicenza dà applicazione a questi principi enunciati a gennaio 2025 dalla Corte di cassazione, e tra l'altro cita proprio la sentenza della Suprema Corte. Secondo il giudice vicentino, dato il collegamento funzionale tra l'affidamento e l'acquisto delle azioni, la complessiva operazione è in violazione dell'art. 2358 c.c. ed è nulla per violazione di norma imperativa, con conseguente nullità delle operazioni derivatene. Purtroppo dal testo della sentenza del Tribunale di Vicenza non si riesce a comprendere con assoluta certezza se la nullità riguardi solo il secondo acquisto di azioni (quello del 2013) oppure anche il precedente acquisto delle azioni (quello del 2009). Il dispositivo recita testualmente: “accerta e dichiara la nullità dei contratti di sottoscrizione delle azioni e di affidamento in conto corrente sottoscritti da … per violazione dell'art. 2358 c.c., accertando conseguentemente che nulla è dovuto dall'attore ad Amco”. Dal momento che il dispositivo dice che nulla è dovuto ad Amco pare che la nullità investa solo la seconda operazione (quella del 2013), in quanto è solo nel 2013 che viene concluso il contratto bancario di affidamento. Peraltro l'affidamento aveva un accordato fino a 50.000 euro, mentre l'esborso per le azioni è stato di soli 13.375 euro. Vi è un altro tema che viene trattato poco in giurisprudenza. Abbiamo visto che la nullità investe sia il prestito che l'acquisto di azioni. Se un contratto bancario di credito è nullo, esso non produce effetti, e l'effetto del contratto è la produzione di interessi passivi (nel caso di specie, si ricorderà che era previsto un tasso passivo alto al 12,50%). Sul punto va però operata una distinzione: un conto è il capitale che è stato erogato, un altro conto sono gli interessi passivi generati dal capitale erogato. La nullità del contratto di mutuo o apertura di credito implica che il contratto non può produrre interessi passivi. La somma erogata costituisce tuttavia un indebito oggettivo, in quanto versata sulla base di un contratto nullo. A meno di ritenere che possa trovare applicazione l'art. 2035 c.c. e qualificare l'erogazione del finanziamento come una prestazione contraria al buon costume. In quest'ultimo caso la banca non avrebbe diritto nemmeno alla restituzione del capitale. Sul punto la sentenza del Tribunale di Vicenza non è molto chiara. L'affermazione contenuta nel dispositivo è che nulla è dovuto ad Amco. Nemmeno il capitale usato per acquistare le azioni? Conclusioni Infine, e per completezza di esposizione, si noti che un profilo di questa importante tematica delle operazioni “baciate” è stato trattato molto recentemente dalla già citata sentenza della Corte di cassazione n. 372/2025. La questione è se il divieto dell'art. 2358 c.c. valga anche per le società cooperative, quali erano le due banche venete al momento dell'erogazione dei finanziamenti. La sentenza della Suprema Corte risponde affermativamente al quesito. Bisogna partire dalla considerazione che l'art. 2358 c.c. è dettato nell'ambito della disciplina della società per azioni. Dal canto suo, peraltro, l'art. 2519, comma 1, c.c. stabilisce che “alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni”. La domanda allora è: l'art. 2358 c.c., nel vietare finanziamenti per l'acquisto di azioni nella s.p.a., è compatibile con il regime delle società cooperative? Secondo la Corte di cassazione sussistono nella società cooperativa esigenze di tutela assimilabili a quelle esistenti nella società per azioni. Anzi, trattandosi di banche, la necessità di tutela del patrimonio è ancora maggiore, tenuto conto dei vincoli di carattere prudenziale cui sono sottoposte. |