Delega di funzioni in materia ambientale valida in presenza dei requisiti di elaborazione giurisprudenziale

17 Aprile 2025

La Corte di cassazione ha nuovamente ribadito i requisiti richiesti ai fini della validità ed efficacia della delega di funzioni ambientale.

Massima

La delega di funzioni nel settore ambientale è ammessa a condizione che sia: a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; f) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell'impresa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite, obbligo di vigilanza che, pur non comportando il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiede comunque la verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato.

Il caso

Giova anzitutto ricostruire sommariamente la vicenda processuale da cui trae origine la pronuncia della Suprema Corte.  

Il Tribunale di Castrovillari condannava OMISSIS per il reato di cui agli artt.256 comma 1 lett. A) e B) d.lgs. n.152/2006 poiché, quale amministratore giudiziario della ditta OMISSIS, effettuava all'interno di un'isola ecologica attività di raccolta e gestione di rifiuti di varia natura, pericolosi e non (rifiuti RAEE, plastica, carte e suppellettili), in assenza della prescritta autorizzazione.

La Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la non punibilità dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis c.p., in considerazione della sopravvenuta bonifica del sito.

Avverso la suddetta sentenza il difensore dell'imputato presentava ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi di censura.

Anzitutto, secondo la difesa, le condotte contestate non potevano essere attribuite alla società di cui l'imputato era amministratore giudiziario, atteso che l'isola ecologica di proprietà del Comune, rimasto inerte, non era mai stata trasformata in deposito con carattere di definitività, né in discarica abusiva.

Inoltre, nel caso specie, i rifiuti dell'isola ecologica non sarebbero stati smaltiti con celerità dalla società amministrata dal prevenuto – comunemente deputata all'attività di raccolta e trasporto di rifiuti - a causa del pregresso stato di degrado dell'isola stessa e della mancanza di impianti cui avviare i rifiuti.

Con il secondo motivo di impugnazione, la difesa contestava la violazione dell'art.192 del d.lgs. 152 del 2006, lamentando che la responsabilità dell'amministratore giudiziario sarebbe stata dichiarata in base a dei criteri di mera responsabilità oggettiva senza considerare che «non è mai stato provato o anche solo ipotizzato che gli accumuli di rifiuti nell'isola ecologica di proprietà del Comune, committente del servizio di raccolta, fossero addebitabili alla società OMISSIS».

Inoltre, secondo la difesa, sul ricorrente non ricadeva alcun obbligo giuridico di impedire l'evento, non avendo neanche la possibilità pratica di evitarlo in quanto l'amministratore giudiziario era tenuto ad osservare le norme sulla gestione dei beni sequestrati per la confisca, nel rispetto delle disposizioni speciali di cui al d.lgs. n.159/2011.

Nel terzo motivo, invece, il difensore eccepiva il vizio di motivazione della sentenza impugnata poiché non sarebbero stati valorizzati alcuni elementi documentali.

La Suprema Corte, ritenuti infondati i motivi, ha rigettato il ricorso.

In particolare, ha ritenuto che nessuna efficacia scriminante potesse essere attribuita alle carenze del Comune in quanto le stesse non erano tali da impedire alla società di apprestare le misure necessarie ad impedire l'accumulo indiscriminato di rifiuti, sottolineando, altresì, che l'asserito conferimento di una delega di funzioni in favore dell'ing. OMISSIS è rimasto del tutto indimostrato. Ad ogni modo, ha precisato la Corte che, «pure fosse stata documentata, la predetta delega non avrebbe esonerato l'amministratore della società dal dovere di controllare l'operato del soggetto delegato e di scongiurare che si consolidasse e si protraesse nel tempo la situazione venutasi a creare nel sito, peraltro di immediata e agevole percezione».

La questione

Quali sono presupposti-condizioni affinché la delega di funzioni in materia ambientale assuma efficacia liberatoria dalla responsabilità penale? Il requisito dimensionale è davvero rilevante? In presenza di una delega di funzioni ambientale, a quali obblighi è sottoposto il delegante?

Le soluzioni giuridiche

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ha ribadito le regole di elaborazione giurisprudenziale per ritenere legittima ed operativa la delega in materia ambientale che presenta requisiti di carattere “oggettivo” e di natura “soggettiva”.

Sotto il profilo oggettivo occorre che la delega sia “puntuale ed espressa” ovvero deve riportare in maniera chiara e specifica quali sono i poteri delegati al fine di scongiurare qualsiasi dubbio sulla portata del conferimento.

Deve avere, dunque, un contenuto completo e ben determinato non potendo, come noto, essere desunta dalla ripartizione interna dei compiti tra i dipendenti dell'azienda.

Con riferimento, invece, ai poteri decisionali e di spesa”, occorre che il delegato sia dotato di una completa autonomia decisionale e di gestione nella materia delegata, con piena disponibilità economica, affinché possa esercitare effettivamente la responsabilità assunta. 

Sul punto si segnala un'importante sentenza della Cass. pen. a Sezioni Unite, n. 38343 del 18 novembre 2014, secondo la quale «… non vi è effetto liberatorio senza attribuzione reale di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa pertinenti all'ambito delegato. In breve, la delega ha senso se il delegante (perché non sa, perché non può, perché non vuole agire personalmente) trasferisce incombenze proprie ad altri, cui attribuisce effettivamente i pertinenti poteri».

Tra i requisiti c.d. “oggettivi” si annoverano le dimensioni e le esigenze organizzative dell'impresa.

Secondo un approccio tradizionale, la delega poteva escludere la responsabilità del titolare solo laddove l'impresa avesse notevoli dimensioni, tali da rendere impossibile il controllo dell'intera attività produttiva in capo ad una sola persona (Cass. pen., sez. III, 14 settembre 1993, n. 8538).

I giudici, difatti, ritenevano che soltanto in contesti imprenditoriali di grandi dimensioni l'imprenditore fosse davvero impossibilitato ad adempiere personalmente agli obblighi legali posti a suo carico e, pertanto, occorresse trasferirli ad altri appositamente incaricati.

Questo orientamento è stato finalmente superato da una giurisprudenza più illuminata secondo cui la delega di funzioni può essere validamente conferita anche nell'ambito di imprese medio – piccole, in quanto la necessità di decentrare compiti e responsabilità non può essere esclusa a priori nelle aziende di dimensioni più modeste, in considerazione della sempre maggior complessità dell'attività produttiva dell'impresa moderna e delle congerie di norme da osservare (Cass. pen., sez III, 26 maggio 2004, n. 1112; Cass. pen., sez. III, 26 giugno 2004, n. 28126).

Per quanto riguarda, invece, il c.d. requisito “dell'onere della prova”, il titolare dell'impresa deve essere sempre in grado di provare giudizialmente sia la delega sia il rispetto di tutti i requisiti richiesti, attraverso elementi accertabili in fatto che, nell'ambito di un giudizio ex ante, ne attestino in modo certo l'esistenza e la validità (Cass. pen., sez. III, 7 novembre 2007, n. 6420).

A tal riguardo, rileva il lieve contrasto giurisprudenziale sul requisito della forma scritta per la delega di funzioni.

Invero, mentre da un lato, i giudici di legittimità ritengono che l'atto di delega non necessiti di atto scritto (Cass. pen., sez. III, 29 gennaio 2009 n. 9489, Cass. pen., sez. III, 24 giugno 2016 n. 26434), dall'altro individuano nella forma scritta una condizione necessaria ai fini della sua validità (Cass. pen., 17 ottobre 2012, n. 16452).

Tuttavia, indipendentemente dalla posizione adottata in questo dibattito, come osservato da autorevole dottrina, sussiste comunque uno stretto legame tra forma scritta e onere della prova della delega di funzioni.

La stessa Corte di cassazione in una pronuncia del 2006 si è attestata su una posizione “intermedia”, ritenendo la forma scritta necessaria non ad substantiam, bensì ad probationem («…la forma scritta, ancorché non richiesta per la validità dell'atto, ha tuttavia un efficacia determinante ai fini della prova» Cass. pen., sez. III, 19 aprile 2006, n. 13706). 

Analizzati i requisiti oggettivi, si passa ora alla disamina dei requisiti soggettivi richiamati dalla pronuncia in esame, i quali riguardano più specificamente la figura del delegato e il suo rapporto con il titolare della funzione.

Nella sentenza in commento la Suprema Corte, sul solco segnato dagli univoci precedenti giurisprudenziali, ha ribadito che il delegato deve essere «tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatagli».

Il delegante è tenuto a scegliere “meticolosamente” il soggetto delegato in modo tale che questi possa esercitare le funzioni delegate con la dovuta professionalità poiché, nell'ipotesi in cui la scelta ricada su una persona tecnicamente non capace e non dotata delle necessarie cognizioni tecniche, potrebbe incorrere in una responsabilità per culpa in eligendo . (cfr. sul punto Cass. pen., sez. III, 28 aprile 2004, n. 19560).

Ad ogni modo, una volta operata la scelta del delegato, il delegante deve vigilare sul permanere della sua competenza, affinché «il livello di tutela rimanga adeguato e non si verifichi un'elusione di fatto delle norme di protezione»(Cass. pen., sez. III, 22 aprile 2020, n 12642).

Anche in materia ambientale vige in capo al delegante un obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite.

Tale dovere – ha precisato la Terza Sezione - pur non comportando un controllo “momento per momento” delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiede comunque la verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato.

In ragione di ciò, l'efficacia liberatoria della delega di funzioni non è da ritenersi assoluta.

Invero, qualora il delegante abbia contezza - o possa averla, con l'uso della diligenza richiesta - dell'inadeguato esercizio della delega e non intervenga, lo stesso potrebbe rispondere dei reati commessi dal delegato ai sensi dell'art. 40 comma 2 c.p. (Cass. pen., sez. IV, 8 giugno 2023, n. 33372). 

Si tratta, dunque, di una responsabilità di natura omissiva (culpa in vigilando) che si fonda su tre elementi: la presenza di una delega di funzioni valida ed efficace; il dovere del delegante di vigilare sul rispetto della normativa ambientale; inadempienze e inosservanze che siano certamente percepite o “percepibili” da parte dei deleganti, ovverosia da loro direttamente verificabili e conoscibili.

Osservazioni

L'istituto della delega di funzioni, che costituisce uno degli strumenti volti a promuovere la distribuzione dei compiti all'interno delle realtà aziendali, è stato per lungo tempo oggetto di un vasto dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

Secondo un approccio di tipo formale, il conferimento della delega non estingue la posizione di garante del soggetto delegante tenuto conto che – in ossequio al principio di legalità – è precluso ai destinatari della norma incriminatrice derogare ai doveri stabiliti dalla legge, tanto meno modificare l'ambito soggettivo di applicazione mediante un atto di autonomia privata.

In ragione di ciò, la delega non sarebbe in grado di produrre effetti liberatori, mantenendo in ogni caso un obbligo di vigilanza sull'adempimento delle incombenze affidate al delegato con la conseguenza che il dante causa potrebbe essere chiamato a rispondere, eventualmente in concorso con il delegato, per non aver ottemperato al dovere di verificarne i comportamenti ovvero di non aver impedito violazioni prevedibili ed evitabili.  

Per contro, la enfatizzazione del dato fattuale caratterizza l'opposto approccio funzionale in base al quale, ai fini dell'individuazione del garante, non rilevano dati formali, bensì l'effettivo esercizio dei poteri e i corrispondenti doveri di governo del bene protetto e dei rischi che vi sono connessi.

In tal caso, la delega, costitutiva di una posizione di garanzia “originaria” per il delegato in virtù del trasferimento degli obblighi normativi, esonera in toto il delegante da ogni responsabilità.  

Attesa la distinzione tra le teorie sovra esposte, parte della dottrina propende per una tesi intermedia secondo cui, per effetto della delega, si determina una modificazione del contenuto della posizione di garanzia: all'obbligo di adempimento diretto in capo al delegante si viene a sostituire un dovere di vigilanza e di controllo delle modalità concretamente adottate dai soggetti delegati. D'altra parte, il delegato assume una posizione di garanzia a titolo derivativo, dando così vita ad una “rete di garanti”.

Ebbene, il legislatore, recependo la visione eclettica cui si è da ultimo fatto cenno, è intervenuto a dare “veste legale” alla delega di funzioni nell'ambito della salute e sicurezza sul lavoro con l'art.16 del d.lgs. 81/2008 che ne disciplina presupposti, limiti ed ambito di efficacia.

Dottrina e giurisprudenza penale hanno, dunque, affrontato il problema dell'efficacia liberatoria della delega, partendo proprio dalla materia della sicurezza del lavoro, per poi estenderne i principi a tutto il settore ambientale.

Ad oggi, la delega di funzioni ambientale, frutto della sola elaborazione giurisprudenziale, è divenuta un valido strumento di organizzazione aziendale che consente a un soggetto, sul quale ricadono determinate posizioni di garanzia, di trasferire ad un altro i relativi poteri, doveri e responsabilità giuridiche.

Tuttavia, data la crescente attenzione rivolta alle tematiche ambientali, ci si domanda se forse non sia giunto il momento di regolamentare la delega di funzioni ambientale con una specifica disposizione normativa che le conferisca piena dignità di istituto giuridico in senso stretto. Tale intervento normativo contribuirebbe, inoltre, a offrire un quadro di riferimento solido in un ambito caratterizzato da un dibattito dottrinale ampio e articolato sui molteplici aspetti della delega di funzioni ambientale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.