Competenza del giudice del lavoro in tema di opposizioni a violazioni nel settore lavoro

23 Aprile 2025

La competenza a conoscere le opposizioni ad ordinanza ingiunzione emesse dalle Direzioni Territoriali del Lavoro per le violazioni amministrative concernenti la disciplina del rapporto di lavoro è in capo al giudice civile o al giudice del lavoro? La scelta non è priva di conseguenze, date le differenze tra rito del lavoro e rito ordinario

Premessa

La dottrina e la giurisprudenza si sono, negli ultimi anni, interrogate sull’attribuzione delle competenza a conoscere delle opposizioni ad ordinanza ingiunzione emesse dalle Direzioni Territoriali del Lavoro per le violazioni amministrative concernenti la disciplina del rapporto di lavoro.

Queste controversie spettano al giudice del lavoro o al giudice civile?

La “scelta” non è priva di conseguenze, considerata la diversità della disciplina processuale tra il rito lavoro e il rito ordinario, l’applicabilità o meno del regime di sospensione feriale, etc.

In questo contributo si cercherà di fare il punto della situazione auspicando, per il futuro, un intervento chiarificatore del legislatore.

La disciplina normativa

Come noto, l'art. 6, d.lgs. n. 150/2011 prevede che: «1. Le controversie previste dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo. 2. L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione. 3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l'opposizione si propone davanti al giudice di pace. 4. L'opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

b) di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette;

d) di igiene degli alimenti e delle bevande;

e) valutaria;

f) di antiriciclaggio.

5. L'opposizione si propone altresì davanti al tribunale:

a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a 15.493 euro;

c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

6. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale. 7. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. 8. Con il decreto di cui all'articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso e il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente e all'autorità che ha emesso l'ordinanza. 9. Nel giudizio di primo grado l'opponente e l'autorità che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente. L'autorità che ha emesso l'ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Nel giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di cui all'articolo 205 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il prefetto può farsi rappresentare in giudizio dall'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore, la quale vi provvede a mezzo di propri funzionari appositamente delegati, laddove sia anche destinataria dei proventi della sanzione, ai sensi dell'articolo 208 del medesimo decreto. 10. Alla prima udienza, il giudice:

a) quando il ricorso è proposto oltre i termini di cui al comma 6, lo dichiara inammissibile con sentenza;

b) quando l'opponente o il suo difensore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, convalida con ordinanza appellabile il provvedimento opposto e provvede sulle spese, salvo che l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente, ovvero l'autorità che ha emesso l'ordinanza abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 8.

11. Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente. 12. Con la sentenza che accoglie l'opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte l'ordinanza o modificarla anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l'articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile. 13. Salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta».

È opportuno riepilogare il quadro normativo e giurisprudenziale prima del d.lgs. n. 150/2011.

L'art. 35, comma 4, l. n. 689/1981 prevede che l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione emessa dagli enti previdenziali per violazioni consistenti in omissioni contributive (comma 2) o eziologicamente connessa a tali omissioni (comma 3) si propone al pretore (poi soppresso a decorrere dal 1° giugno 1999 e sostituito dal tribunale) in funzione di giudice del lavoro con il rito di cui agli artt. 442 ss. c.p.c. Lo stesso art. 35, al comma 7, prevede, poi, per le violazioni alle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie che non consistono nell'omesso o parziale versamento di contributi e premi o che non sono allo stesso connesse a norma del comma 3, l'applicazione delle disposizioni previste dalla l. n. 689/1981.

Nell'ambito della materia del lavoro e della previdenza, la disciplina delineata dalla l. n. 689/1981 (art. 35) imponeva di distinguere tre differenti tipologie di ordinanze-ingiunzioni assoggettate a due riti differenti:

  • l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativa a violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie consistenti nell'omissione di contributi e premi o da cui deriva l'omissione di contributi e premi (comma 4), assoggettate al rito del lavoro;
  • l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativa a violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie non consistenti nell'omissione di contributi e premi né connesse ad omissioni contributive, assoggettate al rito speciale disciplinato dalle Sezioni I e II, del Capo I della l. n. 689/1981 (comma 7);
  • l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativa a violazioni in materia di lavoro, anch'essa soggetta al rito speciale di cui alla L. n. 689 del 1981.

Per il vero, quest'ultima residuale categoria di opposizioni non è espressamente contemplata nell'art. 35; si è però affermato che «una piana applicazione del canone ermeneutico inclusio unius est esclusio alterius, unitamente al rilievo dell'identità del rito che caratterizza i giudizi in tale materia ed in quella previdenziale, implica come conseguenza necessaria che, in ogni ulteriore ipotesi di violazione amministrativa afferente all'area delle situazioni giuridiche passive correlate a rapporti di lavoro in atto, pregressi o costituendi, non possa non valere lo stesso criterio, enunciato dal detto art. 35, comma 7, di riconducibilità del giudizio di opposizione alla disciplina processuale dettata dalla legge speciale. Il principio generale è, quindi, quello della prevalenza di tale disciplina e della previsione di ipotesi eccezionali di prevalenza del rito del lavoro» (Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2000, n. 63). Con la sentenza Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2000, n. 63, la Cassazione a Sezioni Unite non si è limitata ad individuare nell'art. 35, l. cit. una norma meramente ricognitiva del rito; ma gli ha attribuito anche «la funzione di valutazione legale tipica della natura della causa di opposizione».

Affermano, infatti, le Sezioni Unite del 2000 che «l'espressa eccezione di limitata prevalenza del rito del lavoro non è sancita prescindendo dalla rilevanza della materia controversa ma, giusta le disposizioni riferite, soltanto per effetto della specifica considerazione di essa e del suo estendersi al tema dell'adempimento dell'obbligazione contributiva, come oggetto diretto ed immediato del giudizio o come conseguenza della violazione di cui trattasi. In sintesi, sussiste una valutazione legale tipica della natura della causa di opposizione come non rientrante, con esclusione dei soli casi sopra indicanti, nel novero delle controversie di cui agli artt. 409 e 442 c.p.c.: ciò che preclude qualsiasi possibilità di ricorso a criteri "ontologici" diversi».

In sostanza, secondo la sentenza Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2000, n. 63, l'attribuzione alle controversie di opposizione riguardanti omissioni contributive della “qualifica” di controversie di lavoro costituisce un'eccezione, frutto di una scelta discrezionale del legislatore che non consente una sua estensione a ipotesi diverse.

Le Sezioni Unite nel 2000 hanno, quindi, aderito ad un indirizzo già tracciato da Cass. civ., sez. lav., 28 marzo 1997, n. 2830 e da Cass. civ., sez. lav., 13 luglio 1998, n. 6865 e, prima ancora, da Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 1991, n. 11196; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 1995, n. 5231; Cass. civ., sez. I, 5 agosto 1996, n. 7146.

Come si è anticipato, il quadro normativo descritto è stato modificato dal d.lgs. n. 150/2011, attuativo della delega conferita al Governo dalla l. n. 69/2009, art. 54, per la riduzione e la semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.

L'art. 6, d.lgs. n. 150/2011, da una parte, ha ribadito la devoluzione al tribunale (senza ulteriore specificazione) piuttosto che al giudice di pace, tra le altre, di tutte le cause in materia di: «a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria», così confermando quanto già disposto dal legislatore nel d.lgs. n. 507/1999 che, con l'art. 98, ha introdotto, nella l. n. 689/1981, l'art. 22-bis(poi abrogato dall'art. 34, d.lgs. n. 150/2011); dall'altra, ha disposto che «Le controversie previste dalla l. n. 689/1981, art. 22, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo» (comma 1).

Il decreto legislativo ha poi:

  • sostituito l'art. 22, l. n. 689/1981, il quale è ora così formulato: «Salvo quanto previsto dal d.lgs. n. 104/2010, art. 133, e da altre disposizioni di legge, contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. L'opposizione è regolata dal d.lgs. n. 150/2011, art. 6» (D.Lgs. cit. art. 34);
  • ha abrogato i commi dal secondo al settimo dell'art. 22, l. n. 689/1981, nonché gli artt. 22-bis e 23, l. n. 689/1981, i quali disciplinavano, rispettivamente, l'opposizione ad ordinanza-ingiunzione, la competenza per il giudizio di opposizione e lo stesso giudizio di opposizione. Con tali interventi il legislatore, ispirato da un'evidente finalità di semplificazione, ha ricondotto a una disciplina unitaria quanto al rito, le controversie aventi ad oggetto l'opposizione alle ordinanze-ingiunzioni, privilegiando il modello del processo del lavoro: attualmente, pertanto, non è più consentito distinguere, come ancora previsto dall'art. 35, l. n. 689/1981, tra rito del lavoro - applicabile alle opposizioni ad ordinanze-ingiunzioni emesse per violazioni legate ad omissioni contributive o di premi - e rito speciale, previsto dalle disposizioni delle Sezioni I e II del capo I, della l. n. 689/1981, applicabile a tutte le altre violazioni in materia previdenziale e lavoristica.

La riconduzione di tutte le opposizioni a un unico rito fa dunque riemergere la necessità di individuare un criterio di distinzione tra i vari tipi di opposizione. La Cassazione, con la decisione Cass. civ., sez. un., 29 gennaio 2021, n. 2145, ha affermato, sul punto, che «Nel regime introdotto dall'art. 6, d.lgs. n. 150/2011 alle controversie, regolate dal processo del lavoro, di opposizione ad ordinanza-ingiunzione che abbiano oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria, diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un'omissione contributiva, si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, a norma dell'art. 3, l. n. 742/1969, trattandosi di controversie che non rientrano tra quelle indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c.. Ne consegue che, ai fini della tempestività dell'impugnazione avverso la sentenza resa in tema di opposizione a ordinanza ingiuntiva del pagamento di una sanzione amministrativa per violazioni inerenti al rapporto di lavoro o al rapporto previdenziale, deve tenersi conto della detta sospensione».

La decisione della Cassazione a Sezioni Unite consente quindi di ritenere che le opposizioni per violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro possono essere attribuite ad una sezione civile in ragione del fatto che la l. 689/1981 prevede che l'ordinanza-ingiunzione vada opposta «davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro» soltanto all'art. 35 - intitolato alle «Violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie» – che si occupa delle ordinanze ingiunzione emesse «dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza ed assistenza obbligatorie» per le  «violazioni consistenti nell'omissione totale o parziale dei contributi e dei premi non versati» o per le «altre violazioni  quando viene accertato che da esse deriva l'omesso o parziale versamento di contributi e premi» con cui detti enti ingiungano «anche il pagamento dei contributi e dei premi non versati e delle somme aggiuntive previste dalle leggi vigenti a titolo di sanzione civile».

Conclusioni

La Cass. civ., sez. un., 29 gennaio 2021, n. 2145 conferma quell'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui il giudice del lavoro è competente esclusivamente per le opposizioni relative a violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria.

Le altre opposizioni per violazioni relative alle disposizioni in materia di lavoro ed igiene devono ritenersi cause civili da attribuirsi al giudice civile. Va rilevato, comunque, che in numerosi Uffici Giudiziari queste cause vengono attribuite, con previsione tabellare, al giudice del lavoro in quanto trattasi di controversie che sono sostanzialmente connesse a quelle indicate dall'art. 409 c.p.c. e, quindi, il giudice del lavoro viene ritenuto quello “naturalmente” più specializzato a conoscere tali cause.

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